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Roma e l’Italia ignorano il Fascismo?

26 Ott

L’aspetto più grottesco delle reazioni agli adesivi con la foto di Anna Frank con la maglia della Roma è che la questione sia limitata agli ultras della Lazio ed, non a caso, i settori “perbene” di questa tifoseria  denunciano atti simili commessi da avverse tifoserie e non altrettanto pubblicizzati. Sta di fatto che ieri, in televisione, quando i calciatori hanno esibito la maglietta ‘No all’antisemitismo’, i fischi si sono sentiti in diversi stadi e, pochi giorni fa, i tifosi della A.S. Roma in trasferta a Londra sono assurti alle cronache mondiali- incluso il New York Times – per gli ‘uh uh’ rivolti ad un calciatore africano.

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Dunque, siamo un caso mondiale, specialmente se arrivano le elezioni e accade che per mero vantaggio elettorale una parte dei liberali e dei centristi intende allearsi con Salvini e Meloni in ascesa, come già fecero con Mussolini, consegnandogli il Parlamento.

Perchè? Per ignoranza, innanzitutto: c’era già una Storia scomoda da raccontare nelle scuole, fatta di eroi come Cavour, Garibaldi,  Bixio, Cialdini, i cui crimini di guerra sono ancora secretati nei nostri archivi (ma non in quelli esteri). Figuriamoci l’imbarazzo ‘patriottico e risorgimentale’ verso criminali contro l’umanità come  Graziani o Mussolini …

Ancora oggi pochissimi italiani sanno che il 4 settembre del 1940 Mussolini firmò un decreto con cui vennero istituiti i primi 43 campi di internamento – che poi diventeranno oltre 200 più centinaia di strutture di confino – per coloro appartenenti alla “razza ebraica” inclusi gli gli zingari, quelli “pericolosi nelle contingenze belliche” (cioè antifascisti), gli stranieri sudditi di “paesi nemici” tra cui gli apolidi che avevano già ottenuto la cittadinanza italiana, gli “allogeni” appartenenti alle minoranze etniche o/e linguistiche come albanesi, francesi, sloveni, catalani, ladini, cioè complessivamente circa il 2% della popolazione italiana.

Verso gli ebrei, in particolare, fu un atto di trasformismo e di manipolazione delle masse di rara perfidia, dato che 350 di loro avevano partecipato alla marcia su Roma e ben 746   alla fondazione del Partito Nazionale Fascista, mentre nel 1933 erano 4.920 gli ebrei iscritti al partito. Inoltre, Aldo Finzi era sottosegretario agli Interni del gabinetto diretto da Benito Mussolini e membro del Gran consiglio del fascismo, Dante Almansi vice capo della polizia, Guido Jung ministro delle Finanze, Maurizio Ravà vice-governatore della Libia e governatore della Somalia, nonché generale della Milizia fascista.
Infine, era ebrea Margherita Sarfatti, amante e biografa ufficiale del Duce, la cui opera “Dux” fu tradotta in molte lingue come propaganda del fascismo a livello mondiale.

E cosa dire di quando  – pochi giorni dopo Napoli insorta al primo tentativo di rastrellamento nazista – a Roma non  accadde nulla, dinanzi alla retata di 1.023 ebrei, prevalentemente donne, anziani e bambini, deportati direttamente al campo di sterminio di Auschwitz, da cui soltanto 16 di loro sopravvissero?

Qualcuno sarebbe orgoglioso o nostalgico di tutto questo? Sicuramente no, se qualcun altro glielo avesse insegnato.

Allo stesso modo è evidente che non si conoscono i crimini di guerra del Fascismo, quelli che servivano ad alimentare le finanze italiane, le sue industrie ed il suo popolo basso. Ad esempio, il bombardamento con armi chimiche di Amba Aradam in Etiopia, alla quale ‘vittoria’ è intitolata ancora oggi una nota via di Roma, ed di Neghelli, ‘commemorata’ dalla toponomastica di comuni come Latina e Vercelli.

Del Fascismo gli italiani non hanno studiato l’ondata di terrore sulla popolazione indigena in Cirenaica, dove furono “giustiziate” circa 12.000 persone, mentre tutta la popolazione nomade veniva deportata per molte centinaia di chilometri in enormi campi di concentramento lungo la costa desertica della Sirte, in condizione di sovraffollamento, sottoalimentazione e mancanza di igiene.

Peggio ancora, troppi tra coloro che parlano del Fascismo in termini revisionstici non sanno dell’occupazione di Cufra in Libia: tre giorni di violenze ed atrocità impressionanti a donne incinte e giovani indigene, decapitazioni ed evirazioni dei maschi, almeno tre bambini immersi in calderoni di acqua bollente, vecchi a cui vennero cavati gli occhi.

Nè, evidentemente, chi si sente nostalgico o possibilista del Regime prova vergogna per la Strage di Addis Abeba, che seguì l’attentato al generale Graziani, quando squadre composte da camicie nere, autisti, ascari libici e civili uscirono nelle strade mossi da autentico squadrismo fascista, armati di manganelli e sbarre di metallo, picchiando e uccidendo i civili etiopici che si trovavano in strada:  un vero e proprio massacro indiscriminato con saccheggi e rapine, incendi di interi quartieri e migliaia di morti.

Chi si pone in difesa di una Fede (cattolica) sa che il Fascismo assaltò la città religiosa cristino-copta di Debra Libanos, dove vennero massacrati 297 monaci, 129 diaconi e 23 laici ed fu chiuso definitivamente il convento, con l’esplicito avallo di Mussolini?

E quando si vantano ‘civiltà’ ed ‘imperium’, ci si ricorda anche che, durante la Seconda Guerra Mondiale, la repressione dei partigiani greci fu condotta con efferate violenze, deportazioni, devastazioni di interi paesi o villaggi, internamento di civili (in campi con elevatissimo tasso di mortalità), stupri di massa, non mendo di 200 villaggi distrutti, migliaia di  sommarie esecuzioni di civili inermi, al punto che il comando tedesco in Macedonia arrivò a protestare con gli italiani per il ripetersi delle violenze?

Oppure, dei 29 mesi di occupazione italiana della Provincia di Lubiana – ma cose simili accaddero anche in Croazia e Montenegro – dove vennero fucilati circa 5 000 civili, ai quali furono aggiunti 200 bruciati vivi o massacrati in modo diverso, 900 partigiani catturati e fucilati e oltre 7 000 persone, in buona parte anziani, donne e bambini, morti nei campi di concentramento, per un totale di circa 13 100 persone uccise su un totale di 339 751, cioè il 3,8% della popolazione totale?

Quando guardiamo dall’alto in basso un albanese, sappiamo che all’Albania toccò una sorte simile, se non peggiore, visto che si ribellò, al punto che solo a Mallakasha tutti gli 80 villaggi della zona vennero rasi al suolo con centinaia di morti, usando artiglieria pesante e aviazione, e che alla fine della guerra si contarono « 28.000 morti, 12.600 feriti, 43.000 deportati ed internati nei campi di concentramento, 61.000 abitazioni incendiate, 850 villaggi distrutti, 100.000 bestie razziate, centinaia di migliaia di alberi da frutto distrutti »?

Chi si sente superiore ad un africano o sorvola su certa propaganda di Salvini e Meloni oppure, ad esempio qualche Cinque Stelle, ritiene certe questioni come dei ‘distrattori di massa’ lo sa che, in Africa, i Fascisti italiani erano famosi perchè «in genere davano fuoco ai tucul con la benzina e finivano a colpi di bombe a mano quelli che tentavano di sfuggire ai roghi»?

Quanti, per ignoranza o malafede, non sanno che l’Italia si macchiò di disonore almeno tanto quanto la Germania, che c’è solo da vergognarsi dell’Impero Fascista, che dopo Berlino l’ultimo posto al mondo dove “scherzare” su queste cose è a Roma?

E chissà come ci vedono all’estero – dove la Storia la conoscono – a proposito di Fascismo, se abbiamo femminicidi da record, se rinviamo ed ostacoliamo leggi su tortura, ius soli e legalizzazioni varie, se negli stadi e nelle periferie lo squadrismo esiste, se il razzismo ha da anni superato il limite di guardia, se non si riesce a garantire servizi essenziali ai migranti che subito scoppia una protesta, se i nostri Cie sono oggetto di scandali e se respingiamo natanti verso un paese che commette sistematicamente crimini contro l’Umanità, se solo a Roma non viene considerato il ‘potere di intimidazione mafiosa’ dei colletti bianchi, se … il Comitato Olimpico internazionale – e non solo – avranno ben potuto notare l’obelisco dedicato ancora oggi a Mussolini, se a Roma la toponomastica mantiene ancora ‘gloriosi ricordi’ come ad esempio Adua, Cireanaica od Amba Aradam, se le diverse etnie cattoliche frequentano  a Roma chiese diverse quasi vi fosse uno spontaneo apartheid, eccetera, eccetera.

Il tutto senza parlare dei rapporti mai ben chiariti tra Fascismo e Vaticano, di cui l’unica cosa certa sono gli enormi movimenti di capitale ed investimenti infrastrutturali che arricchirono la Santa Sede, grazie al Concordato.

Quanto voglia abbiamo a Roma e in Italia di smentire l’affermazione che “l’italiano è antropologicamente fascista’? Quanto Roma e l’Italia – che ormai sono due cose molto diverse –  sono rimaste fasciste mutando tutto per non cambiare nulla?

Demata

 

Il caso Speziale: una vicenda da conoscere

6 Mag

filippo racitiIl due febbraio 2007, due ore dopo il termine del derby di Sicilia, tra Catania e Palermo, mentre ancora si verificavano scontri davanti lo stadio di Catania, moriva in ospedale l’ispettore di polizia Filippo Raciti (40 anni, due figli) a seguito di un trauma epatico causato dall’impatto di un corpo contundente non individuato, sul quale sono tuttora in corso delle indagini.

Le perizie e le indagini dimostrarono che il trauma epatico non fu dovuto alla bomba carta lanciata verso il mezzo su cui era a bordo o causato dalla tossicità del denso fumo che aveva invaso il veicolo, come da prima ipotesi.
Fu presa in considerazione la possibilità che Raciti fosse stato investito dallo sportello del fuoristrada della polizia che si muoveva in retromarcia, ma alcune immagini della emittente televisiva SKY mostrarono un Land Rover che arretrava a velocità insignificante.
Eppure, Salvatore Lazzaro (il poliziotto alla guida del mezzo) – interrogato dalla polizia il 3 e il 5 febbraio 2007 – avrebbe raccontato i momenti concitanti che hanno preceduto la morte dell’ispettore: “…Mentre era in corso un fitto lancio di oggetti, si udivano i boati delle esplosioni, chiudevo gli sportelli ed innescata la retromarcia, ho spostato il Discovery di qualche metro. In quel momento ho sentito una botta sull’autovettura ed ho visto Raciti che si trovava alla mia sinistra assieme a Balsamo portarsi le mani alla testa. Ho fermato il mezzo ed ho visto un paio di colleghi soccorrere Raciti ed evitare che cadesse per terra“. (fonte catania.livesicilia.it)
Viceversa, nel processo Lazzaro racconta di avere notato Raciti lontano dal Discovery di circa 10 metri e verrà denunciato per falsa testimonianza dalla famiglia di uno dei condannati.
Anche la madre dell’altro giovane condannato è dello stesso avviso. “In cinque anni non c’è stato un vero processo. I colleghi di Raciti, che quella sera erano con lui come l’autista, devono parlare. Sono loro e solo loro la vera testimonianza…”. (fonte catania.blogsicilia.it)

Alla fine si perviene, secondo gli inquirenti, all’ipotesi che Raciti durante gli scontri nei pressi dello stadio venne colpito da Antonino Speziale, un ragazzo diciassettenne fermato durante gli scontri, con un tubo di metallo asportato da un lavello dello stadio, che gli provocò una lesione mortale al parenchima del fegato.
La Repubblica del 25 maggio 2007 dette notevole risalto all’impraticailità di questa ipotesi.
“I Ris di Parma esprimono consistenti dubbi sulla presunta “arma” che avrebbe ucciso l’ispettore Filippo Raciti durante gli scontri del 2 febbraio allo stadio Massimino di Catania durante il derby Catania-Palermo. … L’arma in questione è un sottolavello che il giovane avrebbe lanciato contro Raciti.  La perizia è stata letta dall’avvocato Lipera che ha convocato una conferenza stampa per fare il punto sulle indagini.
“Il sottolavello con il quale sarebbe stato ferito mortalmente l’ispettore Filippo Raciti è inidoneo a procurare le lesioni che avrebbero causato il decesso dell’investigatore”, ha affermato il legale del minorenne, invitando i giornalisti a “non parlare più di omicidio dell’ispettore Filippo Raciti, ma di morte del povero poliziotto perché – ha sostenuto – non si può parlare più di omicidio”. A sostegno della sua ipotesi, l’avvocato Lipera ha mostrato un modello di sottolavello analogo a quello sul quale è in corso la perizia rilevando che “la flessibilità del lamierino non lo renderebbe idoneo a cagionare la ferita mortale subita da Raciti”.

Riguardo la sicurezza dello stadio, Wikipedia riporta che “bisogna vedere se lo stadio Massimino è idoneo a ospitare incontri di calcio e in particolare incontri a rischio come sono diventati i derby siciliani», ha dichiarato il giudice Fonzo, precisando che «oltre a verificare le responsabilità di chi ha lanciato la bomba che ha ucciso Raciti occorrerà anche verificare se vi sono responsabilità nella manutenzione dello stadio con particolare riferimento al decreto Pisanu e al regolamento anti violenza della Figc».
L’intero impianto sportivo «sarà sequestrato per consentire a una commissione di periti nominati dalla magistratura di accertarne i livelli di sicurezza», come ha dichiarato il Procuratore aggiunto di Catania, Renato Papa.”

Giuseppe Lo Bianco e Piero Messina, articolisti dell’Espresso, l’8 marzo del 2007 scrivono: «Due telecamere fisse riprendono l’unica carica cui partecipa l’ispettore Raciti, riconosciuto con certezza dal casco opaco, ricordo del G8 di Genova, dai gradi sulle spalline e dall’assenza dei parastinchi. La prova più forte dell’accusa è un “combinato disposto di due filmati realizzati da due posizioni diverse”. Le riprese non sono complete perché entrambi gli obiettivi non colgono l’eventuale contatto.
La prima telecamera puntata verso l’interno della Nord riprende i tifosi che raccolgono un pezzo di lamiera, probabilmente un coprilavabo in alluminio con delle spalliere, che pesa circa cinque chili. Si intravedono altre cinque o sei persone, non riconosciute, che insieme ad Antonio raccolgono quella sbarra e la lanciano “a parabola”.
L’altra telecamera è puntata verso l’esterno e ritrae i poliziotti che si dirigono verso l’ingresso della curva Nord. Viene ripreso anche il momento in cui la lamiera cade per terra sollevando polvere».
(fonte Agenzia Stampa Italia)

Le accuse contro Antonino Speziale, un ragazzo diciassettenne fermato durante gli scontri, andarono avanti, nonostante una perizia così autorevole e l’assenza di un filmato che provi l’impatto con l’ispettore, come anche i pareri ‘a caldo’ degli inquirenti, e nonostante un altro filone di indagine portasse all’arresto di Daniele Natale Micale, ventitreenne, anch’egli accusato del medesimo reato.
L’unica cosa certa è che – in mancanza di testimoni oculari – con quello che volava dagli spalti dello stadio Massimino di Catania avvolto nel fumo, chiunque poteva restare ferito come chiunque poteva essere l’autore del lancio.

Finì che, il 9 febbraio 2010,  il Tribunale dei Minori di Palermo condannò Antonino Speziale alla pena di 14 anni di reclusione per omicidio preterintenzionale e il 22 marzo 2010 la Corte di Assise di Catania ha irrogato la pena di 11 anni a Daniele Natale Micale.
Nel 2011 la Corte d’Assise d’Appello di Catania ha confermato la condanna a 11 anni di reclusione per Daniele Micale per omicidio preterintenzionale e la Corte d’Appello per i minorenni di Catania ha ridotto quella di Antonino Speziale a 8 anni di carcere per omicidio preterintenzionale. Circa un anno dopo, la Corte di Cassazione ha confermato le sentenze di appello.

Tutto finito? Due giovani violenti assicurati alla giustizia?
Forse no. Non nel caso di Antonino Speziale, almeno.

Il Giornale di Sicilia del 30 aprile scorso riportava che la Corte di Cassazione ha annullato il diniego del Tribunale di Catania alla revisione del processo di Antonino Speziale, sottolineando che «il provvedimento impugnato è stato emesso da giudice sprovvisto di competenza funzionale, con la conseguente nullità assoluta degli atti processuali e della decisione assunta, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento».

Dunque, la Suprema Corte ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte di Appello di Messina sezione minori per valutare l’eventuale revisione del processo per ‘errore giudiziario’ come chiede il condannato. «Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto anche se per ragioni differenti da quelle dedotte dal ricorrente».

In poche parole, Antonino Speziale al momento è ritenuto l’autore di un omicidio, quello dell’ispettore Filippo Raciti, in base ad un processo di cui restano degli aspetti non chiari/legittimi per i quali potrebbe essere dato avvio ad una revisione.
Se la tesi della difesa di Speziale venisse accolta, la morte di Raciti non sarebbe più un delitto, ma un incidente in servizio, con la famiglia di Antonino che – tra l’altro – non avrebbe da pagare centinaia di migliaia di euro per gli indennizzi e quella di Filippo che dovrebbe contare – si fa per dire – sugli spiccioli che lo Stato offre per chi muore sul lavoro.
Intanto, è stato presentato dai legali del ragazzo detenuto un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa di Strasburgo, perchè “un giovane è stato condannato per un gravissimo reato che non ha commesso, senza che vi siano delle vere prove a suo carico e ha perso la sua libertà”, chiedendo di “condannare lo Stato italiano, per la violazione dell’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, a corrispondere al loro assistito almeno un milione di euro” in applicazione dell’articolo 34 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e degli articoli 45 e 47 del regolamento della Corte.

Difficile prevedere come andrà a finire la vicenda processuale di Antonino Speziale, ma adesso almeno sappiamo perchè ci sono dei ‘signori’ – spesso brutti ceffi a dire il vero – che ne chiedono la liberazione, visto che la vicenda si aggira ancora per le aule giudiziarie e che una revisione del processo con acquisizione delle prove portate dalla difesa potrebbe portare a diverse conclusioni su come è morto il poliziotto.

Sarebbe bello che oltre alla libertà per un ragazzo, che credono innocente, gli stessi ‘signori’ esibissero sulla stessa maglietta la scritta ‘Giustizia per Raciti”, che non potrà più tornare a casa dai suoi figli e che è morto per evitare che proprio i ‘signori’ si sbranassero tra loro come belve per una partita di calcio, coinvolgendo una massa di spettatori in fuga nel panico, proprio come accadde a Catania …

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Di questo, sicuramente, sono responsabili gli ultras e solo la buona stella dell’Italia ha evitato un massacro come ad Heisel. E per questo dovrebbero pagare.

Invece di Raciti, quella sera a Catania, i morti potevano essere ‘civili’ e in numero discreto, visto cosa accadde.

Chi va in mezzo alla gente – stadi o cortei fa lo stesso – per scatenare il caos va duramente perseguito, non bastano i DASPO (provvedimenti di allontanamento dagli stadi). Peggio ancora se qualche criminale organizzato si fosse messo in testa di ‘gestire la plebe’ come già fa nella suburbia.
Andrebbero indurite le pene – come in Gran Bretagna o Germania – per chi organizza o si associa per turbare il tranquillo andamento di manifestazioni in luoghi affollati, andando a creare una situazione di pericolo pubblico.

Ma questa in Italia è un’altra storia, una questione che non riguarda solo gli ultrà …

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Il PD trionfa … nel deserto

11 Giu

Ve lo immaginate voi l’inesperto Ignazio Marino ad amministrare l’Urbe e la sua Suburbia con una maggioranza bulgara – e di estrema sinistra – in Campidoglio, mentre due romani su tre borbottano, diffidano e reclamano, con promesse impossibili da mantenere e un debito da record, consolidato fin dalla gestione Veltroni?

Oppure, che accadrà a Catania,  dove Enzo Bianco si accinge a diventarne sindaco per la quarta volta in sei consigliature e senza neanche le primarie ‘democratiche’ per sceglierlo, raccogliendo meno del 20% dei consensi effettivi, in una Sicilia dove l’astensionismo è arrivato al 66%.

Od a Treviso e Brescia, dove i neosindaci del Partito Democratico dovranno gestire una coalizione che va dalle liste civiche ‘moderate’ alla sinistra estrema, mentre tra astenuti e oppositori, anche lì, possiamo contare due cittadini su tre.

I giornali titolano, intanto, il Partito Democratico vince nelle città e trionfa a Roma. Peccato che nella Capitale il 51% degli elettori si sia astenuto e che il ‘trionfo’ consista in un misero 30,8% della base elettorale.

In realtà, infatti, non è il PD a vincere, bensì l’Ulivo, ovvero ritorna in auge l’idea di una coalizione antiberlusconiana, oggi ‘antidestra, che in altri tempi si sarebbe chiamata ‘fronte popolare’ e che da sempre è pervenuta ad una sola conclusione: conflitti irrisolvibili interni alla maggioranza, nuove tasse e nuove spese, incremento delle tensioni sociali.

Ed è altrettanto vero che, al momento, un elettore su due sarebbe disponibile a votare un ‘nuovo’ partito, purchè dotato di un programma credibile, del personale esperto ed un editore che voglia sostenerlo.

Molto probabile che, andando per queste vie, il Partito Democratico si ritrovi a dover fare i conti con una dura realtà: i pro ed i contro di poter contare su uno zoccolo duro, che a ben vedere è sempre più eroso.

Infatti, il 30,8% effettivo di Marino è molto lontano dal quasi 40% effettivo raccolto da Veltroni meno di dieci anni fa a Roma, senza che siano particolarmente cambiati i dati demografici od economici della città.
Certamente, ha influito l’invecchiamento del proprio elettorato e la diminuzione del numero di anziani, fedelissimi elettori dell’ex-PCI, come hanno pesato i gravi errori delle giunte ‘rosse’, se ha votato solo il 40% a Tor Bella Monaca, tra case popolari e famiglie under50.
Ma è anche vero che il ricambio generazionale è scarso e limitato – sia in termini di età anagrafica sia di mentalità – se a Siena è un funzionario del Monte dei Paschi a diventare sindaco e se a Viterbo è l’ex Presidente della Coldiretti provinciale e Presidente del Consorzio Agrario.

Il Partito Democratico ha preso “tutti i capoluoghi”, “trionfa a Roma”, si esalta per il “cappotto”, ha vinto questa tornata di elezioni amministrative, ma è il popolo italiano – quello ‘sovrano’- che ha perso anche queste elezioni. Un dato ormai certo, se in Italia siamo arrivati al 51% degli astenuti (con punte del 66%), mentre la legge elettorale (Porcellum) è incostituzionale ed, in barba al ballottaggio, ai Comuni si vota con coalizioni blindate e di cartello.
Una dura sconfitta per il PdL, ma anche una vittoria di Pirro, sia per il tipo di coalizione vincente, sia per il rifiuto di una larga parte degli elettori, sia per i deficit enormi che si dovranno affrontare – almeno fino alle elezioni tedesche ed al semestre italiano in UE – dopo aver promesso, in poche parole, la fine della Crisi ed il ritorno del Bengodi …

Intanto, dalla sponda opposta, l’esperto Fabrizio Cicchitto invoca «un salto di qualità nella costruzione di un partito che sappia tenere assieme una leadership carismatica e un partito forte, democratico, capace di discutere e scegliere, anche attraverso consultazioni interne, i suoi dirigenti», prima che sia troppo tardi.

Almeno un elettore su due sarebbe disponibile a votare un ‘nuovo’ partito, purchè dotato di un programma credibile, di personale esperto e di un editore che voglia sostenerlo.
Il conto alla rovescia è iniziato?

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Alemanno, cinque anni a Roma

7 Giu

Si va al ballottaggio per la poltrona di Sindaco di Roma Capitale, il ‘pretendente’ Ignazio Marino promette di tutto di più, mentre il candidato ‘uscente’ Gianni Alemanno poco aggiunge al ‘non c’è una lira’ di questi ultimi cinque anni.

E’ vero che Walter Veltroni aveva lasciato una situazione finanziaria sa svenarsi, ma troppo poco è stato fatto, mentre gli scandali travolgevano il centrodestra capitolino, alla Regione come al Comune.
Inoltre, sul tema sicurezza, Roma è ormai nelle mani degli esagitati di Campo dei Fiori, dei graffitari indelebili dovunque, degli okkupanti e degli antagonisti semi-professionali, degli ultrà dello stadio più attenzionato d’Europa, di organizzazioni criminali d’importazione che sparano e uccidono, di qualche squadretta ‘nera’ che pesta qua e là (link).
Andando ai ‘famigerati’ Rom ed accampati vari, i manifesti elettorali di Gianni Alemanno ‘vantano’ un migliaio di sgomberi in totale, uno al giorno sembrerebbe, che è davvero poca cosa. Sgomberi e controlli ai quali non si sa se seguano interventi dei servizi sociali e ricollocazioni, tra l’altro. Probabilmente no, visto come è andata per Sanità e Welfare in Regione Lazio ed a cascata in città.

Flop totale, caro signor Sindaco?

Eppure, anche senza il presenzialismo del buon Veltroni, c’erano da rivendicare le strade che riprendevano ad essere tali, anche se rattoppate in economia. La Crisi che ha colpito limitatamente Roma, anche per le resistenze della Giunta Alemanno a raschiare risorse privata tramite l’IMU. Il completamento di un tunnel e di una metropolitana, che hanno ridotto notevolmente il traffico su Roma Nord.
La resistenza opposta a chi voleva e vorrà destinare ad alloggi popolari le sterminate periferie invendute che i palazzinari hanno realizzato grazie al Piano Regolatore di Morassut e Veltroni. Il bilancio del Comune che è meno disastrato di prima, mica poco.

Qualcosa da ‘vendere’ in campagna elettorale c’era. Come si poteva portare aria nuova nella lista elettorale.

Purtroppo, la Roma caput mundi cui fa riferimento Gianni Alemanno – quella delle rendite, delle deroghe, della bona fidae e dei sussidi – non è la stessa Roma Capitale (modernista, tecnica, esecutiva, imprenditoriale) – che voterebbe un sindaco laico di centrodestra, alla Chirac per intenderci.

Una Roma che ben sa che la giunta Veltroni lasciò un debito lordo di 22,4 miliardi di euro, a fronte di crediti reali di 5,7 miliardi di euro, che rappresenta il più clamoroso e grave dissesto finanziario nella storia della amministrazione pubblica italiana.
E che non comprende perchè la campagna elettorale – a sinistra come a destra – non si sia ispirata al risanamento finora ottenuto e da continuarsi. Forse per i 4.500 ‘parenti’ assunti in ATAC di cui si vocifera in città? O di quegli altri, tanti, di cui si è già vociferato, in questi anni, per le tante aziende in cui il Comune è coinvolto?

La somma degli astenuti e la loro distribuzione nei quartieri di Roma ci darà la misura  – probabilmente la parte più produttiva ed informata – di questo popolo romano insoddisfatto.

Leggi anche La maxiofferta elettorale di Ignazio Marino

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Legge sugli stadi: non era difficile farla

24 Set

Cagliari – Roma, ieri, non si è giocata: “il Prefetto di Cagliari, a conclusione della riunione di coordinamento delle forze di Polizia, ha disposto che la gara Cagliari-Roma, programmata presso lo stadio Is Arenas a porte chiuse, sia differita ad altra data. Tale decisione si è resa necessaria per l’urgente e grave necessità di prevenire ogni forma di turbativa dell’ordine e della sicurezza pubblica conseguente alle reazioni emotive, irrazionali e inconsulte ingenerate dall’invito formulato dal presidente della Cagliari Calcio”. A guardare le foto dello stadio circolanti sul WEB, si potevano notare alcuni settori del cantiere, dove erano riposti pali di ferro ed imbullonature oppure ammassi di terreno e pietre, troppo facilmente accessibili da quella minoranza di pazzi e piccoli delinquenti che sappiamo essere assidui frequentatori degli stadi.
Demagogia? Sotto elezioni tutto è possibile. Intanto dal Giudice Sportivo arriva una sconfitta a tavolino per 0-3 afavore della A.S. Roma, giusto per chiarire dove fosse il torto.

Napoli, Stadio San Paolo, diversi giorni fa: abbiamo visto un manto erboso che tale non era, a causa, sembrerebbe, di un fungo (o un virus) colpevolmente introdotto con lo scopo di danneggiare la città e la società, dopo che circa 100 persone e ben due ditte erano state estromesse dalal gestione (comunale) dell’impianto sportivo. Da sottolineare che il terzo livello dello stadio è inagibile a causa dei lavori per la copertura voluti da Italia ’90, che vibrano ecausano onde sismiche percepibili nel raggio di oltre un chilometro. Con la situazione che c’è a Napoli, solo la SSC Napoli può avere i capitali e le sponsorship per sitemare il tutto, magari rendento fruttifera tutta l’area flegrea che include un porto turistico tutto da costruire, un’area dismessa dalla NATO di enorme valore immobiliare, la Mostra d’Oltremare che è un sito ricreativo dalle potenzialità eccezionali.

Roma, Stadio Olimpico, dove da anni alcune frange delle tifoserie della A.S. Roma e della S.S. Lazio spadroneggiano, approfittando del fatto che lo stadio è prospiciente al centro storico ed a quartieri residenziali, dove non di rado si è estesa la ‘guerriglia’ con conseguenze su passanti e residenti. Inspiegabilmente, dato che solo dal primo anello delle tribune si ha una buona visibilità del campo, l’impianto rientra nella categoria quattro (Elite) degli stadi europei. Da ricordare che tutti i progetti presentati dalle società calcistiche (e cassati da istituzioni e pubblica opinione) prevedevano rilevanti edificazioni ‘a contorno’ e tutti i costi diurbanizzazione a carico del Comune.

Torino, 905.780 abitanti: due stadi, lo Juventus Stadium, 69.000 posti), nato dove sorgeva lo Stadio delle Alpi, a fronte di soli 28.000 abbonati che potevano essere ampiamente ospitati nell’Olimpico (28.000 posti), sorto dalle ceneri del vecchio Stadio Comunale. Wikipedia lascia intendere, inoltre, che il ‘delle Alpi’ fu una sorta di disastro dal punto della malagestione: “costi di manutenzione di molto superiori ad ogni più infausta previsione pre-costruzione”, “la non buona visibilità del campo, soprattutto dai lati delle curve, poiché tra questo e le tribune c’era una pista di atletica leggera, che fu costruita essenzialmente per poter usufruire dei finanziamenti del CONI dal momento che il suo impiego effettivo si limitò a qualche rarissimo evento”, un tipo di impianto di irrigazione che causava una sorta di “allagamento” del terreno, “la Tribuna Ovest è stato il più costoso stand del Delle Alpi, il suo secondo livello era riservato esclusivamente per la stampa, commentatori e personaggi importanti avendo incluso palchi d’onore”, “la Juventus Football Club ha acquistato per 25 milioni di euro il diritto di superficie sull’area dello stadio per la durata di 99 anni”, che, a dire il vero, sono quattro spiccioli.

Milano, Stadio San Siro – Giuseppe Meazza: si regge ormai sugli investimenti del Consorzio San Siro, che, in cambio, verseranno al Comune di Milano circa di 15-6 milioni di euro per l’affitto in ben sei anni.  “Oltre 51 milioni di euro spalmati su sei anni di affitto per interventi di riqualificazione sulle coperture, sui controsoffitti del secondo anello e sulle rampe di accesso, per realizzare una nuova segnaletica e rifare tutti i bagni, per aggiungere un’altra rizollatura all’anno del campo oltre a quelle già previste e per sistemare l’area esterna (quella dove sorgeva il Palazzetto dello Sport) con aree giochi e verde. Le migliorie riguarderanno soprattutto le zone dove i posti costano di più, tra “Sky lounge” (sei al primo anello settore rosso, altrettanti al primo anello arancio, dove ci sarà anche una nuova sala executive), poltrone riscaldate con monitor nelle tribune d’onore, ma anche nuovi spazi per il museo delle squadre, un negozio e un ristorante, quel genere di servizi che danno punti nella corsa per la finale di Champions. Lavori che, come spiegano in Comune, avranno tempi più rapidi, «visto che il Consorzio non deve attendere i tempi tecnici dei finanziamenti delle opere».  … Alla fine il Comune ha strappato un cadeau: 50mila euro di bonus all’anno (oltre i 100mila già previsti) dagli introiti dei concerti.” (La Repubblica) Siamo sempre ai quattro spiccioli.

Dunque, la necessità di legiferare sugli stadi ha due evidenti origini: la malagestione pubblica di longeva tradizione – che in qualche caso appare addirittura come una “sudditanza psicologica” dei politici verso i vertici di alcune società di calcio – e la lucratività del business commerciale che oggi rappresentano gli stadi.

L’impossibilità di legiferare rapidamente deriva dalla malagestione pubblica di longeva tradizione – che in qualche caso appare addirittura come una “sudditanza psicologica” dei politici verso i vertici di alcune società di calcio – e dalla forte azione di lobbing derivante dalla lucratività del business commerciale che oggi rappresentano gli stadi.

Fermata la Casta, fatti gli stadi.
Intanto, mentre si aspetta qualcosa da anni, le malagestioni proseguono e le perdite aumentano, le aspettative delle lobbies crescono ed incalzano, il lavoro e la ricchezza che potrebbero arrivare languono, i tifosi bisticciano e la sicurezza è una chimera.

Tra un po’, forse, qui inizia a piovere. Governo ladro?

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PD a San Giovanni: una manifestazione pacifica

6 Nov

A due settimane dalla guerriglia dei Blck Bloc, Piazza San Giovanni è tornata a riempirsi di gente, il popolo del PD, dimostrando che si può manifestare per ore anche senza sfilare in corteo, come il sindaco Alemanno aveva imposto.

Un primo ed evidente dato che dovrebbe convincere anche i non pochi politici del PD accorsi, 24 ore prima, in soccorso di 500 studenti romani, bloccati dalla polizia per un corteo non autorizzato.

Speriamo che questo sia l’inizio d una riflessione e di una moratoria generalizzata sulla necessità (in un mondo di 7 miliardi di persone, di manifestare la propria opinione senza turbare l’attività di quei cittadini che la pensano diversamente.
A prescindere da vandalismi e violenze, bloccare strade, treni, ambulanze, persone al lavoro non è più tollerabile: i danni per la società intera sono troppo elevati rispetto al “diritto” (presunto) di una limitata parte dei cittadini di sfilare nelle zone strategiche delle nostre metropoli per ore ed ore.

La Costituzione garantisce lo sciopero, la libertà di riunione, il diritto d’opinione, cose che non richiedono necessariamente sfilare in corteo, che dovrebbe rimanere un evento straordinario, rispetto ad un’ordinarietà fatta di incontri pubblici, di scambi d’opinioni, di resistenza eventualmente passiva (lo sciopero).

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Tutti precari? Facciamo qualche distinzione …

23 Ott

Come tutti abbiamo potuto constatare in questi giorni, dietro la “denominazione” precariato, convivono realtà piuttosto diverse.

I precari propriamente detti sono solo i laureati ed il personale tecnico under40, vittime di una eccessiva flessibilità del lavoro nei settori di riferimento, che, in realtà, sarebbero perfettamente in grado di assorbirli e stabilizzarli, se non fosse per la pessima legge sulle pensioni che ci ritroviamo a causa dell’immantinenza degli enti di Stato di fascista memoria.

Poi ci sono, da una parte i lavoratori senior poco qualificati, che soffrono a causa della crisi ma soprattutto dell’arretratezza del paese, di cui sono loro stessi concausa, e tanti under30 che stentano a trovare un lavoro stabile e sono pressochè privi di qualifica, con lo striminzito diplomino da 60/100esimi che si ritrovano dopo anni di promozioni facili ed autogestioni bimestrali.

I lavoratori precari sono un’altra cosa: sono qualificati, hanno esperienze consistenti di lavoro, cercano di migliorare la propria posizione e di tenersi il lavoro.

Tre mondi diversi, di cui uno solo, quello dei veri precari, andrebbe tutelato, ma non lo è, mentre per gli altri due non esiste una legge che includa, come generalmente in Europa,  l’accesso alla formazione ed al volontariato, oltre che un’effettiva ricerca di lavoro, come conditio sine qua non per accedere a sussidi e status protetti.

E’ corretto e legittimo definire “precari”, persone che in realtà non studiano e non hanno studiato per “imparare un mestiere” o migliorare una qualifica, che non cercano lavoro in base a cosa sanno fare realmente, che, pur stando senza far nulla, non chiedano di esser aiutati/coinvolti in quel sistema di volontariato che ci costa un occhio della testa in tasse?

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Roma, la Val di Susa ed il Fight Club

23 Ott

Ad una settimana dalla manifestazione convocata dal Partito della Rifondazione Comunista ed altri, che ha coinciso con l’ennesima devastazione di Roma a causa di “black bloc infiltrati”, gli arresti si contano ancora sulla punta delle dita.

In tutto tredici, incluso un gruppetto di amici dei Castelli Romani dall’aspetto dark e che poco sembra avere a che fare con gli scontri, l’ormai arcinoto Er Pelliccia, lanciatore di estintori in Mondovisione, ed un antiTAV, già noto alle forze dell’ordine. Dimenticavo, c’è anche un giovane lavoratore rumeno, forse lì senza scopi violenti, pensando che a Roma sarebbe stato come a Madrid o Londra.

Arresti tutti da perfezionare, sia per gli aspetti legati alle indagini sia per quanto relativo il dato antropologico generale .

Da un lato è impensabile che chi si vesta di nero, per altro colore principe della moda e delle discoteche, debba cambiarsi d’abito prima di andare ad una manifestazione. Sono i black bloc ad aver trasformato “il nero” in una divisa, ma è la polizia a cadere, eventualmente, in equivoco.

In secondo luogo, Er Pelliccia. Un ragazzo a modo per i genitori, un pericoloso soggetto a vedere le foto. Ventiquattro anni ed, a leggere gli articoli, non sembra lavorasse o studiasse. Non ho capito perchè i genitori siano così stupiti di ritrovarsi, purtroppo per loro, il “mostro” in prima pagina.

Un “non sembra lavorasse o studiasse” che ritorna con persistenza dalle tante interviste televisive di questi giorni, fatte a leader di base della cosiddetta “rivolta sociale”. Un ripetersi di “lavoro che non c’è”, “di crisi che affama il popolo”, “di abbandono da parte dello Stato”; mai un dire “ho studiato non mi trovo nulla”, “ho cercato di inserirmi”, “ho fatto corsi”, “ho perso il lavoro perchè …”.

Una marginalità che vuole lavoro ma non cerca qualificazione e meritocrazia. Qualcosa di molto, molto diverso dagli “operai specializzati” della FIOM di Landini, questo va detto, e non si capisce perchè e per come Ferrero o Maroni vogliano metterli tutti assieme.

E qui arriviamo all’antiTAV arrestato ieri a Chieti, in procinto di partire, dopo Roma, per andare in Val di Susa, che si spera proprio venga condannato con severità se non collaborerà con la giustizia, facendo i nomi di tutto il network cui appartiene. Qualcosa di simile potrebbero, forse, fare gli abitanti della Val di Susa, dove finora i violenti hanno potuto contare sulla “non ostilità” della popolazione.

E’ dal G8 di Genova che abbiamo dovuto prendere atto dell’esistenza di questi personaggi. All’epoca, l’attenzione fu distolta dalla morte di Carlo Giuliani e dai pestaggi avvenuti nella scuola media, ma pochi ricordano, ormai, che i fatti degenerarono anche perchè le Tute Bianche rifiutarono, ad assalti già iniziati più avanti, il momentaneo alto là delle forze dell’ordine.

Oggi, abbiamo un piccolo network di “teste calde” che si ispirano al noto film “Fight Club”, è da lì che prendono la “divisa nera”, è quello lostile dei piccoli devastatori di scuole medie e superiori, è quella la divisa in black che “sfoggia” Er Pelliccia con i due amici ai giardinetti.

Fight Club è una parola a doppio senso, ricordiamolo, e significa sia Circolo del Combattimento sia Fascio (mazza fasciata per l’esattezza) da Combattimento …

Siamo partiti col legittimare gli Antagonisti e con il coccolare Ultras e Centri Sociali ed, oggi, siamo ai piromani ed agli iconoclasti.

Ci siamo persi qualcosa?

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Black Bloc a Roma e la Sinistra divisa

18 Ott

La Repubblica riporta che, riguardo l’aiuto da dare alle forze dell’ordine, la posizione di Ateneinrivolta: “Assolutamente no, siamo contro ogni tentativo di repressione e criminalizzazione del movimento”.

Va da se che un’organizzazione che non intende collaborare con le forze dell’ordine non può convocare cortei e manifestazioni, in un paese democratico e legalitario. Qualcuno dovrebbe spiegarlo agli studenti degli atenei in rivolta …

Una posizione che non trova una netta e legalitaria contrapposizione a Sinistra, dato che, tra le tante organizzazioni che hanno emesso comunicati, solamente la Rete Universitaria Nazionale e la Federazione degli Studenti non mostrano  “sulla necessità di aiutare le forze dell’ordine, nessun tentennamento: “Si, le aiuteremo”. Le motivazioni: “Chi ha sfregiato la giornata di sabato sapeva di non poter convivere con questo movimento, dunque ha preso piazza S. Giovanni con la forza.”

Riguardo le devastazioni e gli incendi di sabato scorso a Roma, ricordiamo che si sono così espressi:

  • Valentino Parlato sul Manifesto, “A Roma ci sono stati anche scontri con la polizia e manifestazioni di violenza. Meglio se non ci fossero state, ma nell’attuale contesto, … aggiungerei: è bene, istruttivo che ci siano stati. Sono segni dell’urgenza di uscire da un presente che è la continuazione di un passato non ripetibile”;
  • Pierluigi Bersani, segretario del Pd, “E’ indispensabile un rigoroso isolamento dai movimenti che hanno manifestato pacificamente di chi si è reso protagonista di questi gesti inaccettabili”;
  • Nicky Vendola, Sinistra e Libertà: “Minoranze di teppisti, di black bloc che sono in azione per togliere la scena agli ‘indignati”;
  • Beppe Grillo, leader a 5 stelle: “E’ andata esattamente come previsto. Bersani e Vendola hanno la stessa dignità di Ponzio Pilato”;
  • Paolo Ferrero, di Rifondazione Comunista: “Il movimento è stato stritolato da un’aggressione politica e anche fisica”;
  • Alberto Perino, leader No-TAV: “Io a Roma non c’ero. Non mi fido di quello che ho letto sui giornali”;
  • Antonio Di Pietro, leader Italia dei Valori: “Si deve tornare alla Legge Reale. Anzi bisogna fare la legge Reale bis”.

Posizioni a di poco contrastanti, specialmente se consideriamo che, da Perino a Di Pietro, passando per Grillo, Bersani, Vendola e Ferrero, si tratta di un’unica coalizione se solo andassimo a guardare come sono composte le giunte dei comuni.

D’Alema, intanto, parla di una possibile vittoria elettorale al 60% …

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Indignati, con sdegno e senza rabbia

17 Ott

Se un osservatore alieno dovesse inviare un brief report sulla nostra Italia non avrebbe affatto l’imbarazzo della scelta nel condensare la situazione in alcuni fatti che parlano da se.

Il paese non ha attualmente una centrale di spesa e di monitoraggio autonoma rispetto al Governo, dato che non viene nominato il Governatore. Intanto, nonostante sia una nazione ricca e sostanzialmente operosa, la scadenza del default (insolvenza dello Stato) non è, forse, così lontana come si potrebbe credere.

Il Governo non ha una politica finanziaria visto che è andato sotto, giorni fa, proprio sul bilancio generale dello Stato. Tra l’altro, ricordiamolo, ha negato la crisi finanziaria, non ha tenuto fede al programma elettorale in materia di fiscalità e di infrastrutture e stava andando in ferie agostane, se non fosse arrivata l’Europa a ricordarci che c’era un disastro in corso.

Il Parlamento non ha una maggioranza, dato che il tutto, da un anno, si regge su una dozzina di voti ed anche meno. Il principale partito d’opposizione, il Partito Democratico, è alla paralisi e, salvo il gruppo che fa capo a Zingaretti, non avanza proposte e programmi da molto tempo. Anzi, ha recentemente fatto capire a chiare lettere che non intende agevolare la nascita di un governo tecnico per la legge elettorale e la finanziaria.

Il Presidente della Repubblica, un nobiluomo, non può sciogliere le Camere perchè non si può andare a votare con una legge elettorale che non funziona e non può avvicendare il Governo senza la collaborazione del Premier perchè glielo impedisce, naturalmente, la legge elettorale che non funziona.

I Sindacati non riescono a darsi una veste unitaria, oltre che garantire la democrazia interna, e, stando così le cose, non possono rappresentare unitariamente i lavoratori. La Confindustria continua a pensare agli investimenti ed alle infrastrutture senza chiedere anche interventi per garantire maggiore legalità nel paese, più celerità nei processi penali, più certezza della pena/sanzione per i disastri ambientali e gli infortuni sul lavoro.

La Società Civile ed i cittadini indignati vengono oscurati, nella piazza e nei media, prima da una torma di bandiere rosse, che protestavano “contro i tagli” (alla maniera greca, non in quella spagnola o inglese per intenderci), e poi da una banda di teppisti lasciati liberi di vandalizzare Roma e di assaltare i due o  tre esigui avamposti di polizia che c’erano, giusto per confermare ai media internazionali che di indignados in Italia non ce ne sono e che la drammatica deriva greca sta ispirando almeno una parte dei nostri giovani e meno giovani.

Naturalmente, in un dissesto del genere, una sentenza definitiva per un banale prestito non restituito può durare anche dieci anni, le Tasse sono al limite massimo sostenibile, la Sanità e l’Istruzione sono molto decadute, l’Agricoltura ci costa in sussidi quasi più di quanto produce, le strade sono scassate, pericolose e stracolme di cartelli,  i trasporti pubblici erano, ma non lo sono più, l’orgoglio del paese, i morti sul lavoro sono tanti e troppi, buona parte della dirigenza apicale è corresponsabile del disastro insieme alla classe politica. Ovviamente, le Mafie sono ben presenti in una buona metà del Paese, i fondi per l’Antimafia vengono decurtati ed alcuni accusati di rapporti con la criminalità organizzata o con dei cartelli finanziari occulti sono coperti dall’immunità parlamentare.

This is Italy, the Pizza Republic …

Questo, più o meno, è il quadro generale che un lettore straniero, acculturato e non superficiale, riceve dai media del suo paese e possiamo immaginare cosa stiano “captando” i ceti meno istruiti delle altre nazioni riguardo l’Italia ed il nostro “stile di vita”: mafia, disastri ambientali, donnine facili, corruzione diffusa, sanzioni poche e differite.

Dopo il (prevedibilissimo) fallimento della manifestazione romana degli autonominatisi Indignati, convocata però da anarchici e comunisti, all’Italia non resta altro che lo sdegno e l’indignazione, non la rabbia, della gente comune, che, ricordiamolo, non ama manifestare sotto la bandiera di alcuno e che in Italia non è ancora scesa in piazza, a differenza degli altri paesi europei.

Ed è proprio di queste persone che si sta nutrendo l’istanza di rinnovamento nelle altre nazioni: le persone comuni, quelle che facendo dei lavori ordinari sanno come funzionano le cose e come andrebbero cambiate.

Lo sdegno non può essere fermato da un manipolo di ragazzini violenti o da un legislatore inadeguato oppure dai media che non danno voce alle istanze concrete di riforme.

Ordinary people, common law: la Storia siamo noi, la Storia continua.

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