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Il nesso tra Matteo Renzi e Consip

21 Giu

Carlo Cottarelli – il commissario alla spending review voluto da Enrico Letta – aveva come obiettivo l’adozione dei costi standard per l’acquisto di beni e servizi e la riduzione delle stazioni appaltanti da 34mila a 35. Interventi con risparmi previsti, a regime, fino a 7,2 miliardi, raccontava il Fatto Quotidiano.

Enrico Letta aveva adempiuto per quanto possibile, durante i 10 mesi di governo, avviando l’aggiornamento della banca dati dei Fabbisogni Standard presso le varie amministrazioni coinvolte.

Dopo di che è arrivato Matteo Renzi e Consip ritornò in auge, anzichè spingere per completare i descrittori e i parametri dei ‘costi standard‘.

Finito il Governo Renzi, scoppiano a catena gli scandali Consip. Intanto, stiamo ancora a far statistiche, per qualcosa – il giusto prezzo – che qualunque mercante sa definire senza troppe storie.

Il bello di questa storia è che, se i costi standard non sono ‘esattamente’ applicati, quel che è vigente è il fabbisogno standard.

E il fabbisogno standard è il criterio a cui ancorare il finanziamento integrale dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali degli enti locali (art. 11, comma 1, lettera b) della legge delega).

In poche parole, chi spende o spande per mantenere lo status quo finisce comunque in un mare di debiti e chi gli succederà non potrà rinnovare ed ottimizzare, perchè avrà i bilanci bloccati per molto tempo.

Infatti, Roberto Maroni, il Governatore della Lombardia, durante l’inaugurazione della struttura d’eccellenza Villa San Mauro nel giugno 2013, incalzava Berlusconi: “affinché il Governo applichi i costi standard in sanità. Abbiamo fatto un calcolo, dal quale emerge che, se tutte le Regioni italiane applicassero il rapporto costi/prestazioni che c’è in Lombardia, risparmieremmo 30 miliardi di euro, 1/3 degli interessi del debito pubblico. Perché noi riusciamo a farlo e gli altri no?”

Bella domanda, da girare ai Governatori Zingaretti, De Luca e Crocetta del PD.
Grazie Governo Renzi.

Demata

Sanità: come iniziò il «Sistema»

17 Feb

A Milano, per lo scandalo degli appalti sanitari, si parla oggi di «Sistema». Ma quando e come è iniziato il  «Sistema»? Ed in cosa consiste il «Sistema»?

Iniziamo col dire che un «Sistema» è tale perchè esiste sia ‘dal basso’ (ad esempio, le false invalidità, la ‘raccomandazione’ per il ricovero, la cartella clinica vuota di contenuti) sia ‘dall’alto’ (ad esempio, appalti e forniture, finanziamento delle campagne elettorali, controllo di enti pubblici).

E, detto, questo andiamo a vedere come nacquero questa mentalità e queste abitudini, che fin dagli Anni ’80 – quando le Corti dei Conti regionali bocciavano i bilanci ed aprivano processi – sono acclaratamente una ‘realtà diffusa’ e non locale od occasionale.

Michele Navarra era un medico, nipote di Angelo Gagliano, un mafioso corleonese assassinato nel 1930, e cugino del mafioso Angelo Di Carlo, emigrato negli Stati Uniti nel 1926 per sfuggire alla repressione del prefetto Cesare Mori e rientrato dopo aver combattuto nei marines.
Con l’avvento della democrazia, Michele Navarra ottenne l’incarico prima di medico condotto di Corleone e poi di medico fiduciario dell’INAM, che era il predecessore dell’attuale Sistema Sanitario Nazionale.

Nel 1946, dopo l’omicidio del direttore dell’ospedale Carmelo Nicolosi per ‘mano ignota’, Navarra divenne caporeparto di medicina interna dell’ospedale di Corleone. In quegli anni, Michele Navarra costituì insieme al fratello una società di autolinee ottenendo appalti dal governo militare alleato per poi cederla a caro prezzo, nel 1947, alla Regione Siciliana per creare l’Azienda Siciliana Trasporti. Navarra in quel tempo controllava anche il settore politico-economico tramite i voti: inizialmente li fece confluire al Movimento Indipendentista Siciliano, poi verso la Democrazia Cristiana.

Michele Navarra, dal 1945, era diventato anche il boss indiscusso della cosca mafiosa di Corleone (quella poi di Riina e Provenzano) e, tra i tanti delitti di cui si rese colpevole, va ricordato quello di particolarmente ignobile del pastorello tredicenne Giuseppe Letizia, che aveva assistito all’eliminazione del sindacalista Placido Rizzotto e che – portato da Navarra con la febbre alta, morì in ospedale per un’iniezione letale praticata da un altro medico, il dottor Ignazio Aira che poco dopo la morte del giovane partì senza alcun motivo per l’Australia, come riportarono le cronache dell’epoca, sempre che non sia stato fatto ‘sparire’.

Dicevamo … falsi invalidi, carriera medica per nomina politica, appalti, campagne elettorali, mafia.

Andando ancora più indietro nel tempo, troviamo Melchiorre Allegra che era un ufficiale medico, in forza all’ospedale militare San Giacomo di Palermo, dove per sua ammissione aveva facilitato il riconoscimento di esonero o pensione per soldati che, viceversa, si erano feriti appositamente e con entità ben inferiori, tra questi non pochi mafiosi tra cui un congiunto del boss Giulio D’Agate di Villabate.

Nel 1924, Allegra si candidò alle elezioni politiche per conto di Salvatore Maranzano, capo della mafia di Trapani e boss di massima pericolosità negli Stati Uniti), in una lista apparentata con il Listone Mussolini.

Nel corso degli anni fu imputato di favoreggiamento personale verso mafiosi, per procurato aborto, per omissione di cure mediche verso un criminale di un’altra cosca, favoreggiamento per la fuga di un soggetto fino al suo arresto nel 1937 per il suo coinvolgimento nell’eliminazione di un mafioso, un certo Ponzio. Interrogato dapprima dai Carabinieri della stazione di Castelvetrano, poi dagli agenti dell’ufficio del Settore di P.S. di Alcamo, fu il primo a raccontare dei riti di iniziazione mafiosi e dei rapporti mafia-politica.

Fra le protezioni che la mafia offriva ai propri associati, Allegra elenca una serie di indebiti come «raccomandazioni, allora efficaci presso le autorità giudiziarie di P.S., finanziarie, amministrative, ecc. da cui derivavano molti benefici come: concessione di porto d’armi a pregiudicati, revoche di ammonizioni e di altri provvedimenti, proscioglimenti giudiziari, concessioni di libertà provvisorie in pendenza di processi, revoche di mandati di cattura, agevolazioni in pratiche amministrative, finanziarie e di ogni genere, concessione di passaporti ed altro».

Di nuovo,  … falsi invalidi, appalti, distorsione dei processi, campagne elettorali, mafia.

L’infiltrazione mafiosa negli ambienti sanitari è di vecchia data, dati gli interessi in ballo: potremmo ricordare anche i medici Antonino Cinà e Giuseppe Guattadauro, Vincenzo Ferro, figlio del mafioso Giuseppe, o più recentemente di Ignazio Melodia e Vincenzo Pandolfo, medico personale di Matteo Messina Denaro. O di alcune ASL calabresi, dove gli organici sono stati stravolti, qualche anno fa, per arresti di mafia.

I medici – ovviamente – non hanno alcuna ‘propensione’ alla Mafia, ma è storia che da molte generazioni  i mafiosi in vista puntano a far laureare i propri giovani ‘migliori’ in medicina, legge ed economia allo scopo di infiltrarsi nel sistema sanitario, legale, bancario, politico.

Un fenomeno non meramente siciliano, se Navarra prima di Corleone fu medico per 20 anni a Trieste e se i rapporti tra mafia e politica hanno un’origine ed una ‘sede’ ancora più antica.

1889, 25 febbraio. A Castelbuono (Palermo) si suicida il delegato di Pubblica sicurezza Stanislao Rampolla Del Tindaro. Aveva denunciato le compromissioni del sindaco di Marineo (Palermo) con la mafia per via delle concessioni sui pascoli e dei tributi da versare al Dazio comunale in mano a mafiosi da lui assunti. Il sindaco era rimasto al suo posto e il funzionario era stato trasferito. La vedova Giovannina Cirillo , nel 1889, si appellò al ministro dell’Interno Francesco Crispi, siciliano anche lui, ma nulla accadde: a Marineo la mafia non esisteva.

Dicevamo del «Sistema» … come se corruzione, tangenti, finanziamenti elettorali, servizi esternalizzati come vacche da mungere, disservizi pubblici ‘strutturali’, personale libero di essere arrogante e inefficiente, degrado diffuso, sprechi e decrescita … nei dialetti meridionali non si chiamino «Mafia» da sempre.

Oggi, Milano e Maroni con Salvini scoprono che ‘mafia e camorra sono arrivate al Nord’.
Ben venga per l’essersene finalmente accorti, anche se il boss Angelo Epaminonda imperò su Milano e la Romagna per quasi vent’anni.

Speriamo solo che i nostri politici – quando fanno discorsi roboanti pieni di indignazione e promesse – si ricordino che la ‘corruzione politica’ (il “sistema”) è il termine italiano che traduce ‘mafia’ dal siciliano o ‘camorra’  dal napoletano … sono oltre 150 anni che glielo diciamo …

Demata

Francia, nei numeri una vittoria di Pirro

14 Dic

I numeri delle Amministrative francesi sono ‘secchi’:

  1. solo Bretagna, Piccardia e Provenza potranno essere governate dalla Sinistra (la prima) o dalla Destra (la seconda e la terza) senza dover l’una e l’altra affratellarsi in un abbraccio mortale
  2. solo in Bretagna il numero di lettori di sinistra è superiore a quello di chi vota a destra (Uniòn o Fronte Nazionale che sia)
  3. in ben due regioni (Piccardia e Provenza) il Partito Socialista è irrilevante.
Ormai è difficile parlare di un bipartitismo alla francese a meno di non accettare da una parte l’alleanza (conflittuale) tra i due partiti storici e tradizionali, dall’altra il Front o, fuori dalla Francia, i così detti Populisti.
Intanto, se Destra e Sinistra sono ormai «succubi della globalizzazione», il Fronte di Le Pen (come gli omologhi movimenti europei) offre una «visione» e comunque risposte – spesso semplificate o poco realistiche – a problemi complessi.
L’Unione di Destra ha già individuato in Alain Juppé  – «il migliore di tutti noi»  secondo Chirac – l’uomo che dovrà far dimenticare Sakozy e sconfiggere Le Pen alle prossime presidenziali del 2017: “i francesi hanno bisogno di una «visione», non antieuropea, non quella di un paese ripiegato su se stesso, non in controsenso rispetto al mondo di domani.”
Il premier socialista Valls riedita – a paura passata – che ‘il pericolo (ndr. fascista) non è scongiurato’  … tutto qui.

Demata

  Unione di Sinistra % Unione di Destra % Fronte Nazionale %
Bretagna 51 30 19
Piccardia 58 42
Normandia 36 36 28
Loira 37 43 20
Centro 35 35 30
Ile de France 42 44 14
Borg. Fr. Contea 35 33 32
Charente 44 34 22
Rodano Alpi 38 40 22
Pirenei 45 34 21
Provenza 55 45

 

Pensioni, esodati? Solo parole al vento e lacrime da coccodrillo

16 Ott

Le ‘pensioni non si toccano’ fu uno degli slogan della campagna elettorale della sinistra di base italiana ai tempi di Fausto Bertinotti. Sembrava una bella cosa, ma poi abbiamo scoperto che era una fregatura: chi in pensione restava intatto, chi in procinto aveva da aspettare e per chi futuro nulla sarebbe rimasto.

La riprova arriva in questi giorni:

  1. niente agevolazioni per i lavoratori precoci;
  2. niente scivoli per gli invalidi gravi;
  3. quattro centesimi di ‘opzione donna’;
  4. esodati poi si vedrà;
  5. zero opzioni per anticipare.

Intanto, Tito Boeri – neo direttore dell’Inps – resta inascoltato e nè istituzioni nè sindacati hanno finora presentato un esposto uno per acclarare cosa ne sia stato dei miliardi e miliardi che mancano all’ex Inpdap e alle tante Casse assorbite dall’Inps.

E, se la CGIL piange lacrime da coccodrillo dopo aver affondato le proposte di Boeri e di Damiano, va da se che Poletti proprio non sembra interessato alla previdenza come all’assistenza: oggi è ministro, ma ieri era  Coop …

Renzi? Per ora ha dato lavoro nelle scuole a quasi centomila suoi coetanei, ha salvato i privilegi iniqui del catasto e di chi vive nei centri storici, ha lasciato in piedi la Cassa Integrazione, mentre per i (ne)fasti di Roma ha finora scucito almeno un miliardo di euro e mentre l’Europa presta quasi 2.000 miliardi di euro alla Grecia.

Aggiungiamo che i Cinque Stelle intervengono su tutto ma non riguardo le pensioni od il salario minimo ed anche il Centrodestra e persino l’estrema Destra non mostrano interesse alla questione.

Inutile ricordare che qualcuno aveva sbagliato metodo e conti per le pensioni – specie se apicali – come è comprovato dall’intervento corrrettivo di Maroni, come anche che i dati sul livello di istruzione dei maschi e sulla sottoccupazione femminile sono la riprova dei danni prodotti dall’assenza di un welfare organico e rigoroso e di percorsi professionalizzanti (Mafia Capitale docet) .

Eppure, basterebbero qualche dozzina di miliardi e dei sindacati ‘come quelli degli altri paesi avanzati’ per sbloccare la questione. I miliardi ci sarebbero pure, quel  che manca da noi sono dei sindacati ‘normali’, cioè in grado di gestire fondazioni ed enti benefici, Cda assicurativi, case per anziani eccetera.
L’organizzazione del dissenso, come sentivamo in tv tempo fa? Quella compete ai partiti, mica ai sindacati …

Demata

Sanità Lombardia: la Lega tutela gli immigrati irregolari, la Sinistra di Renzi meno della metà

19 Apr

In dieci anni la Regione Lombardia ha acccumulato un credito di 100 milioni verso lo Stato per le cure mediche prestate ai 100mila stranieri presenti in Lombardia senza il permesso di soggiorno (37.500 solo a Milano, dati Orim-Ismu).

Questi 100 milioni li deve alla Regione Lumbàrd il ministero dell’Interno, che notoriamente langue di divise e benzina, oltre che di organici e stipendi, e che afferma di volerne versare meno della metà, 40 milioni tanto è quanto ‘passa il Governo’ Renzi.

Rincari pisapia Dracula-2Ma “il Pirellone è costretto a rimborsare le prestazioni sanitarie offerte dagli ospedali praticamente in tempo reale, altrimenti più nessuna azienda sanitaria se ne farebbe carico. È la Regione, in pratica, ad anticipare i soldi che poi dovrebbe ricevere dal governo. Di qui il maxi credito ormai più che decennale con Roma. Ma è giusto che il ministero dell’Interno ritardi a pagare e addirittura chieda di fatto di forfetizzare le cure prestate in cambio di un rimborso più veloce, ma comunque che si trascina da anni?” (Corsera)

Così accade che sia Matteo Salvini a tuonare per ottenere i denari che vanno in servizi agli immigrati irregolari e che sia Matteo Renzi a proporre un forfait con Pisapia che straparla di leghisti che vogliono cannoneggiare i barconi …

A proposito, seppur come partenopeo ho serie difficoltà a votare Lega, devo ammettere che il volantino della Lega spiega molto bene al Sindaco Pisapia quale sia l’unica persistente differenza tra Destra e Sinistra: le tasse.

originale postato su Demata (blogger dal 2007)

Scuola italiana al crash?

27 Gen

Mentre Parlamento e Media si accapigliano per una riforma elettorale che cambierà tutto per non cambiare nulla, l’Italia va avanti. O, meglio, tenta.

Una marea di italiani ‘travolti da un insolito destino agostano’, quando – era il 2011 – il Governo Monti intervenne sulla spesa pubblica in base a conti rivelatisi poco affidabili, e rimasti in balia dei flutti – siamo ormai al 2014 – a causa dello stallo politico in cui viviamo.

Uno dei settori più vessati ‘ma invisibile’ è quello della scuola. Anzi, ad essere esatti, dell’istruzione e della formazione professionale, del diritto allo studio, delle tutele sociali verso le categorie svantaggiate. Una scuola che si arrangia senza che nessuno le dia il benchè minimo raggio di luce o filo di speranza, dato che – da Cinque Stelle a La Destra, passando per SEL o la Lega ed arrivando a PD, Scelta Civica, NCD e Forza Italia – non c’è programma o istanza ne faccia menzione.

scuola precariaA partire dagli stipendi e dallo status del personale, che vede una sequel di perequazioni a dir poco mostruose:

  1. le docenti di scuola elementare e materna (ndr. maestre) retribuite praticamente quanto un’ausiliaria, nonostante molte di loro abbiano una laurea;
  2. i docenti delle scuole medie e superiori (ndr. professori) , anch’essi con stipendi da fame, ma con un sistema di prestazioni talmente obsoleto e rabberciato che nessuno è finora riuscito a confrontarlo – nei tempi e nei compensi – con quelli stranieri;
  3. il personale amministrativo che dovrebbe essere diretto da laureati in economia (o legge), che dovrebbe rispondere a requisiti di qualità ed efficienza nazionali e che percepisce uno stipendio base in linea con quello del settore bancario;
  4. i dirigenti scolastici che sono equiparati alla dirigenza pubblica solo per le responsabilità connesse, ma senza benefit, progressioni di carriera, mobilità, tutele e, soprattutto, stipendi adeguati, dato che percepiscono 2/3 del compenso di un medico di base, pur essendo gli unici dirigenti pubblici a gestire direttamente un centinaio di lavoratori e servizi alla persona quotidiani;
  5. i tecnici (insegnanti e assistenti) nel limbo funzionale, tra contratti che non si aggiornano e, soprattutto, con finanziamenti per laboratori e innovazione che non arrivano;
  6. gli ausiliari ai quali, ridotti a mezza dozzina con il subentro delle ditte di pulizia, toccherebbe di vigilare su chilometri di corridoi o piazzali e decine di bagni, oltre a garantire aperture pomeridiane e domenicali;
  7. i precari che attendono anni prima di essere stabilizzati, dato che – con le norme pensionistiche introdotte nel corso del ventennio – a tutto si è pensato, fuorchè a gestire il turn over dei docenti nel settore scolastico e universitario, che è una nota e prevedibilissima esigenza del sistema;
  8. la formazione in servizio non esiste da almeno 15 anni e sarà un decennio che non si vedono ispettori. Nessuno verifica se si sia in grado di insegnare con lauree conseguite 40 anni fa e mai aggiornate, nessuna statistica ci racconta delle prevedibili anomalie amministrative (e finanziarie) delle scuole;
  9. gli anziani e gli invalidi che – da un tot d’anni – vedono sempre più allontanarsi la prospettiva di andare a riposo, rinviata con leggine e lacciuoli, mentre si erano ‘arruolati’ con la prospettiva di andar via dopo soli 20 anni, accettando una pensione da fame, che ancora oggi preferirebbero negoziare in vece di un ‘lauto’ TFR;
  10. sul fronte sindacale, non c’è che prendere atto che per gli statali c’è l’attestamento su benefit vecchi, datati, oblsoleti e probabilmente inutili o controproducenti, mentre il personale didattico delle scuole private, dei centri professionali e dei servizi esternalizzati è gestito con contratti di lavoro nazionali indecenti nell’indifferenza generale;
  11. i dati PISA-OCSE raccontano di un’inefficienza ed un’inefficacia del sistema di instruzione epocali (in certe aree), i dati di Confindustria e di Unioncamere sui neoassunti confermano, mentre nessuno interviene per migliorare meritocrazia e selezione in un Paese che vede ancora il 65% dei maschi adulti privo di un diploma ed ancora la metà delle donne (diplomate o laureate) a casa senza lavoro. Intanto, crescono i diplomati con il massimo dei voti (ndr. licei) e diminuiscono gli studenti non ammessi agli esami di maturità 2013 così come i bocciati;
  12. dopo la sentenza TAR del Lazio – che ha annullato la riforma dei programmi e delle cattedre degli istituti tecnici e professionali – si ritornerà a svolgere 36 ore settimanali anzichè 32 come oggi oppure arriverà in extremis la ‘soluzione’? Bello a sapersi. Intanto, le iscrizioni sono aperte e tra un po’ anche gli organici;
  13. l’ediliza scolastica la conosciamo tutti e rappresenta bene un popolo che non si preoccupa di offrire sicurezza, dignità e futuro ai propri figli, mentre le scuole pubbliche le finanziano de facto le famiglie e mentre le devastazioni di tante scuole denotano una certa illegalità diffusa e – nonostante l’esposizione di tanti ragazzi/e a modo – non hanno, finora, trovato particolare sanzione o prevenzione;
  14. scuole_precarie_bassasul fronte del ‘sociale’, basti dire che per mandare in gita un alunno indigente si va ancora avanti con le collette a scuola. Mica provvede il Comune di residenza …
  15. di status istituzionale per le scuole siamo al non sense, con la Costituzione (e qualche sentenza) che le definisce gestionalmente ‘autonome’ e il MEF che le considera meri ‘punti di erogazione del servizio’, mentre il MIUR ha risolto tutto con un decreto e gestisce tutto da un paio di uffici e poco più;
  16. per non parlare della spesa pubblica che registra almeno 100 miliardi annui (6-7% del PIL) per ‘istruzione’, ‘formazione professionale’ e ‘diritto allo studio’, di cui una quarantina vanno via in stipendi dei docenti statali, mentre il resto non si sa bene dove vada … e soprattutto a cosa serva.

In questi giorni, sta facendo scalpore la vicenda di 4.000 docenti che, pur avendo diritto alla pensione in base alla Legge Damiano, si vedono negare l’accesso per un cavillo burocratico e … per i soliti motivi di ‘cassa’. Persone che, comunque, hanno versato 35 anni di contribuzione assicurativa.
Niente paura, è solo un’avvisaglia. Dal 2015, chiunque volesse pensionarsi dovrà aver lavorato almeno 42 anni e tre mesi, ovvero non potrà avere meno di 61 anni, con buona pace degli invalidi e di quanti – vedendosi scippare l’agognata pensione a uno o due anni dalla meta – non potranno sentirsi particolarmente motivati. Per non parlare degli invalidi di una certa entità  che saranno forse 100.000, forse meno. Nessuno lo sa.

Gelmini Tremonti

Per risolvere questi problemi l’Italia non ha molto tempo, considerato che nel 2015 ci saranno le ‘annunciate’ elezioni anticipate, ma non servono chissà quanti soldi. Anzi, forse ne verrebbero anche delle economie.

Il problema è nella ‘concertazione’, ovvero portare ad un accordo ragionevole alcuni soggetti:

  1. la Conferenza Stato-Regioni ed i rapporti con l’ANCI, se si vuole razionalizzare il tesoretto di 100 mld che ‘andrebbe’ all’istruzione, formazione e diritto allo studio, trovando le risorse per l’edilizia ed il ‘welfare scolastico’ tenuto conto dei servizi ‘esternalizzati’, del ricalcolo dell’ISEE e/o il ‘così detto’ salario minimo;
  2. il tavolo di Governo che dovrebbe garantire i dovuti equilibri (ndr. ed il problema non è nè Carrozza nè fu Gelmini)  nei poteri dei diversi ministeri, visto lo strapotere del MEF – di tremontiana memoria –  come dimostrano i tanti casi di contenzioso, spesso a causa di semplici circolari che, ormai, superano l’effetto di decreti e bloccano norme e accordi, in nome di una competenza costituzionale che il Fiscal Compact, però, attribuisce al Governo e non ad un solo Ministero;
  3. i vertici sindacali (che non di rado hanno un’esperienza di lavoro effettivo di pochi anni, svolto nella scuola degli Anni ’70 /80) e la dirigenza del MIUR (tra cui non ve ne è uno che provenga dal comparto scuola), che da almeno un decennio non riescono a trovare parametri contrattuali moderni e univoci per un personale che ormai opera in un settore fortemente diversificato;
  4. il sistema assicurativo (pensionistico della scuola) – prima ENPAS, ENAM e KIRNER, ovvero semi-privatistico ed oggi meramente INPS – e l’esigenza che il Sistema di Istruzione Nazionale  che tenga conto dell’esigenza (per il tessuto produttivo, culturale e sociale) di ‘turn over’, ovvero di fornire personale con un’età media di 45 anni ed assunto subito dopo la laurea. Il contrario di un precariato decennale – da cui i migliori spesso fuggono andando all’estero – mentre si abroga la ‘Quota 96’, imponendo a tutti il pensionamento dopo 43 anni contributivi (ndr. ma non a chi ha ormai 65 anni e passa), lasciando i parametri e le pensioni da fame che abbiamo sulle invalidità e lesinando mobilità, part time o telelavoro, ma, soprattutto, impedendo ogni forma di negozialità per chi voglia optare per una pensione decurtata, ma anticipata.

laoro pensioniMissione impossibile? Di sicuro, ma iniziamo a renderci onto che è impossibile anche il contrario.

La Scuola è esausta, il suo personale non vede prospettive di riconoscimento del proprio lavoro o di completamento di una ‘eterna riforma’, i nostri alunni non sempre frequentano strutture sicure, i nostri diplomi spesso non valgono granchè e vengono conseguiti con un anno di ritardo (18 anni anzichè 17) rispetto all’estero, la questione ‘Quota 96’ e del suo blocco sta arrivando al capolinea del 2015.
Di edilizia, trasporti, formazione professionale e permanente, accessibilità per disabili e stranieri, contratti di lavoro, monitoraggio e valutazione, finanziamenti pubblici e politica locale, come dicevamo, meglio non parlarne.

scuola famigliaE sembrerebbe che tutti abbiano dimenticato che l’istruzione pubblica non fu solo istituita per ragioni di equità e solidarietà umana, ma anche e soprattutto per garantire pace e ricambio sociale, come competitività, meritocrazia e produttività, diffondendo conoscenze, competenze e regole di convivenza. Utile sapere anche che i dati comprovano come la dispersione scolastica si accompagni al bullismo e alla violenza negli stadi, alla microcriminalità e alla dipendenza da sostanze o da gioco, di disturbi comportamentali come depressione e anoressia, eccetera …

In Italia, anche quest’anno, si diplomerà circa mezzo milione di studenti, di cui circa il 20% ha ripetuto un anno (dati 2006) e quasi il 40% supererà l’esame con voti inferiori a 80/100 (dati 2011), mentre un altro 20% a scuola proprio non ci va.
Chissà perchè le agenzie di rating – che guardano al futuro oltre che al contingente – sono così restie da dar fiducia all’Italia …

originale postato su demata

Roma come Berlino, novanta anni dopo

1 Ott

“Una crisi che appare irresponsabile”, con “ripercussioni economiche” e “ricadute sulla credibilità dell’intera classe politica italiana”. “Italia costretta a una nuova crisi politica” e “timore che il tessuto condiviso di regole sul quale si basa ogni convivenza civile, lacerato nel corso di questi anni da un confronto politico esasaperato, rischi di uscire definitivamente compromesso da una chiamata permanente allo scontro”.

Questo il punto di vista della Santa Sede, tramite L’Osservatore Romano, e come non correre – oggi come già scritto ieri – con la memoria agli Anni Venti tedeschi, agli indulti ed amnistie che misero in libertà e riabilitarono Hitler e tanti altri, alla debolezza congenita del governo di Gustav Stresemann?

I problemi sono gli stessi della Germania degli Anni ’20:

  1. una crisi che intacca seriamente il potere d’acquisto del cittadino medio e, soprattutto, inficia il futuro dei propri figli;
  2. un uomo con accesso a capitali illimitati che incatena il proprio destino a quello della propria nazione,
  3. una Sinistra riluttante a tagliare ogni legame con i sindacati e con i partiti antagonisti o comunisti
  4. un elettorato di Centrodestra – ‘moderati’ o ‘duri e puri’ che siano – privo di un’effettiva rappresentanza in Parlamento.

Una vera e propria polveriera in cui l’uomo della strada può solo sfiduciare tutta la classe dirigente del Paese, il popolo della Sinistra che – inevitabilmente – andrà a rifugiarsi nel Giacobinismo e nei provincialismi velleitari, i giovani di Destra non possono che trarre la conclusione che l’interesse patrio è leso da incapaci e imbelli, per non parlare dei ‘traditori’.

E, giusto per non farsi mancar nulla, se ai tempi di Weimar c’era una stampa scandalistica degna del peggiore tabloid e un’editoria vagheggiante a non si sa quale Arcadia perduta, oggi c’è l’untore Beppe Grillo con il suo ‘blog’ (per l’esattezza ‘portale WEB’), su cui passa di tutto di più.
Dai NO-TAV ai ciclisti, andando ai autotrasportatori ‘ngazzati e ufologi di varia fazione, ai problemi della Val Brembana e alle macchinose teorie su denaro e valute, con un programma di ‘governo’ che – per l’istruzione – sembra ricalcato dal sito dei Cobas e che – per i regionalismi – sembra la fotocopia di un volantino di qualche gruppuscolo di estremisti autonomisti (di destra).

Per non parlare del fatto che, dopo aver fatto una campagna contro ‘i privilegi’, il M5S non spinge per riformare il catasto, non pretende una legge elettorale, non urla e neanche si lamenta per la gravissima infiltrazione delle Eco-mafie nel settore energia, ‘lascia perdere’ sull’improduttività della pubblica amministrazione, neanche si ricorda della questione meridionale. Di economia, programmazione finanziaria, relazioni UE neanche a parlarne, almeno in termini realistici.

Dunque, non manca nulla: l’uomo nero, l’untore, i difensori della patria, gli (ex)giovani ribelli, la gente che vede calare il potere d’acquisto dei propri redditi lordi ed il valore del suo bene primario, la prima casa.

Figuriamoci se, con Berlusconi o senza di lui, qualcuno si facesse venir voglia di aumentare l’IVA, dopo non aver aggiornato/riformato il catasto – come chiedeva Mario Monti un anno e mezzo fa – e dopo aver ‘abolito’ l’IMU anche per chi vive in una casa signorile o di lusso.

Intanto, fatti i conti della serva, una coalizione PdL + Forza Italia + Lega + Autonomie ha, sulla carta, una certa probabilità di uscire a testa alta dalle elezioni anticipate …
Un azzardo, come tutti gli altri, che non fa bene all’Italia.

originale postato su demata

Un golpe al gobierno di Enrico Letta?

30 Set

El Mundo, domenica 29 settembre 2013, titola con “un golpe al gobierno de Letta”, un concetto appena addolcito da El Pais, che annuncia che “los ministros de Berlusconi dimiten del gobierno italiano”. A differenza degli altri media stranieri, gli spagnoli – che di fibrillazioni ispaniche se ne intendono – colgono il ‘dettaglio fatale’: i ministri del PdL non ‘si sono dimessi dal’, bensì ‘hanno dimesso’ il Governo Letta.

El Mundo  Golpe al gobierno

Secondo il viceministro Stefano Fassina (PD): «Tre giorni fa non c’era lo Stato di diritto. Tre giorni fa eravamo al colpo di Stato. Sembrano non rendersi conto della gravità della situazione e dei danni economici e costituzionali provocati dalle loro posizioni eversive». (fonte Sole24Ore)

La conferma che ‘tiri una brutta aria’ – se non di golpe, quanto meno di tempesta – arriva anche dalle parole del Presidente Napolitano che ha lanciato due appelli al Parlamento:

  • “l’Italia ha bisogno di continuità e non di continue elezioni”;
  • ”pongo al Parlamento un interrogativo: se esso ritenga di prendere in considerazione la necessità di un provvedimento di clemenza, di indulto e di amnistia”.

Come non correre con la memoria agli Anni Venti tedeschi, agli indulti ed amnistie che misero in libertà e riabilitarono Hitler e tanti altri, alla debolezza congenita del governo di Gustav Stresemann, che – tra l’altro – ad Enrico Letta somigliava un bel po’.

Gustav Stresemann (premier tedesco 1929) - Enrico Letta (premier italiano 2013)

Gustav Stresemann (premier tedesco 1929) – Enrico Letta (premier italiano 2013)

Ma quali sono gli scenari determinati dalle dense nubi che persistono sull’Italia?

Scenario A: il Parlamento vota “un provvedimento di clemenza, di indulto e di amnistia”, Enrico Letta resta al proprio posto con il PdL ed il PD che lo sostengono. Prosegue l’ingessatura del Paese, mentre ambedue i partiti tentano una ristrutturazione, a causa della quale l’ipotesi delle elezioni anticipate resta una spada di Damocle. Un governo dalle gambe corte.

Scenario B: il Partito Democratico cede alle lusinghe di SEL e M5S, optando per una maggioranza ‘di lotta e di governo’, o, peggio, resta al palo in attesa del Congresso e dell’Autunno Caldo. Un governo impossibile per la compresenza di antagonisti e moderati, se non vogliamo dimenticare cosa accadde con Pecoraro Scanio, Ferrero, Mastella e Padoa Schioppa.

Scenario C: cade il Governo e si va ad elezioni anticipate, dopo una mattanza di mesi e mesi nel caos generale e con il Porcellum, visto che – dopo aver sbraitato contro per anni – anche Beppe Grillo lo trova ‘utile alla causa’. Il risultato è già noto: Camera con maggioranza bulgara (PD o M5S), Senato ingovernabile, aumento delle tensioni sociali, delle speculazioni finanziarie e del deficit.

Scenario D: il Parlamento NON vota “un provvedimento di clemenza, di indulto e di amnistia”, Enrico Letta resta al proprio posto con il PdL (ma senza Forza Italia) ed il PD che lo sostengono, a patto che arrivi il sostegno in Senato di una parte del M5S o della Lega di Zaia e Maroni. Il governo delle ‘larghe intese’ che servirebbe ad avviare un tot di riforme strutturali.

Salvo quest’ultimo caso, l’instabilità dei sistemi finanziari e la leva fiscale, la recessività del PIL e l’iniquità sociale diventerebbero rapidamente insopportabili.

Foto Infophoto

Un governo di pacificazione che darebbe sia al PD il tempo per uscire dal duopolio Letta-Renzi – dopo essersi dissanguato con quello Veltroni-D’Alema – sia al PdL quello di affrancarsi dal Berlusconismo e risorgere dalle proprie ceneri sia al M5S lo spazio necessario per crescere e dotarsi di uno staff politico all’altezza della situazione.

Intanto, oltre alle dissociazioni da Forza Italia di alcuni (ex)ministri dell'(ex)PdL, prendiamo atto che è il solo Luca Cordero di Montezemolo a formulare un’ipotesi di buon senso: “spero che persone come Lupi, Quagliariello, Sacconi, Gelmini, Lorenzin e Alfano, riflettano bene prima di decidere di assecondare, fino alla fine, una deriva populista e irresponsabile che riporta il paese sul ciglio del baratro e che non corrisponde al sentire di milioni di elettori moderati“.
Per gli imprenditori che combattono sui mercati internazionali è un vero e proprio tradimento” da parte di chi “dovrebbe rappresentarne più di altri le istanze”.

Come anche che Papa Francesco, proprio l’altro ieri, lamentava che «il diavolo cerca la guerra interna in Vaticano», che – ricordiamolo – ha anch’esso la sua Santa Sede proprio a Roma. Non a caso, ieri, ribadiva: “mai adagiarsi ad avere, si diventa nullità”.

Inoltre, «non si possono sciogliere le Camere prima che il 3 dicembre la Corte Costituzionale si sia pronunciata sulla legittimità della legge elettorale»  – come ricordava il ministro Quagliariello del PdL – ed in caso di incostituzionalità del Porcellum è evidente che il Parlamento dovrebbe comunque farsi da parte, dopo aver emendata la Legge Calderoli, per consentire ai cittadini di scegliere legittimamente i propri rappresentanti.
In caso contrario, se il Governo presentasse le proprie dimissioni, il Presidente della Repubblica dovrebbe sciogliere il solo Senato per rinviarlo ad elezioni, visto che alla Camera dei Deputati esiste una maggioranza assoluta, in mano al Partito Democratico.

E, per non farsi mancare nulla, “il 19 ottobre si preannuncia una giornata di fuoco. A Milano, presso la III Corte d’Appello di Milano, andrà in scena il processo d’appello bis per il ricalcolo dell’interdizione dai pubblici uffici a carico di Silvio Berlusconi, condannato a quattro anni di reclusione per frode fiscale nell’ambito della vicenda Mediaset. A Roma, lo stesso giorno, i No Tav e altri movimenti sociali scenderanno in piazza per protestare contro “l’austerity e la precarietà”. Nell’appello alla mobilitazione apparso in Rete, si legge che l’intenzione è quella di “dare vita a una giornata di lotta che rilanci un autunno di conflitto nel nostro paese, contro l’austerity e la precarietà impostaci dall’alto da una governance europea e mondiale sempre più asservita agli interessi feroci della finanza, delle banche, dei potenti”. Il 19 ottobre, quindi, “vogliamo dare vita ad una sollevazione generale“. (fonte Il Sussidiario.net)

Più chiaro di così …

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IMU, service tax, catasto: la verità che non vogliono sentire

16 Set

I dati riportati da L’Espresso sui valori catastali nelle maggiori città italiane segnalano una situazione di mostruoso privilegio per i residenti dei quartieri centrali, in particolar modo a Roma.

Basti dire che un appartamento zona via Frattina a Roma (valore commerciale 10.000 euro per metro quadro) vale per il catasto appena 1.211 euro, meno del valore catastale di un immobile zona Cimitero Maggiore a Milano e meno del valore commerciale di una casa nella suburbia di Napoli o Palermo.

Una casa a ridosso di VIlla Pamphili (via Vitellia ad esempio) vale per il catasto poco meno di una abitazione di una casa nella suburbia di Napoli o Palermo ed un quinto dell’effettivo valore commerciale.

Un’abitazione in Via San Giovanni in Laterano ha un valore catastale quasi la metà di un’abitazione sulla Prenestina (Via Giuseppe Donati) a Roma e – incredibile – pari a due terzi di quello attribuito a Quarto Oggiaro (Via Carlo Amoretti) a Milano.

Una mostruosità capitolina che è la punta dell’iceberg di un dato consolidato: se la casa è centrale per il Fisco vale molto meno che in periferia. Incredibile ma vero.

A Torino una casa a Via Garibaldi varrebbe la metà che in via Sabaudia. A Palermo un immobile in via Colonna Rotta o in Via Scordia varrebbe più o meno quanto uno in Via Pietro Perricone. A Firenze, chi abita nella periferica Via di Fagna possederebbe un immobile dal valore più che doppio di quelli siti in via Giano della Bella e Via Giuseppe la Farina o in Via Aretina e Viale Europa.

Praticamente un’enorme evasione fiscale legalizzata per ‘inertia legis’, visto che il valore catastale degli immobili contribuisce alla parametrazione delle fasce ISEE che hanno diritto ad esenzioni, riduzioni e servizi sociali.

Un sistema di privilegi causato dallo Stato Sabaudo che costruì in centri amministrativi delle nostre città (come Prati a Roma o il Rettifilo a Napoli), destinando interi blocchi residenziali di pregio con affitti irrisori ai propri funzionari … e alle loro discendenze.

Un’enorme intrigo di interessi piccini ed enormi che vede strenui difensori del paesaggio italiano affiancarsi ai portabandiera delle cementificazioni palazzinare, se si tratta di difendere la ‘slow life’ e i ‘mitici Anni ’60’ con tutte le prebende necessarie a mantenerli in vita.

Un popolo di presunti arricchiti che non potrebbe permettersi le case in cui vive o da cui trae lauto reddito con affitti e subaffitti, se il Fisco italiano facesse il proprio dovere.
Una lunga fila di ‘ticket esenti’ che tali non sarebbero se il loro appartamentino al centro risultasse valere quanto vale per il mercato e/o se vendessero ciò che non possono permettersi, ricomprando casa altrove, al loro livello, e, magari, reinvestendo qualche centinaio di migliaia di euro in attività produttive.
L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro … che i quartieri migliori vadano a chi effettivamente produce di più per la nazione. Un principio che non sarebbe male adottare anche per i redditi oltre i 60.000 euro annui, visto che di risultati nella pubblica amministrazione se ne vedono molto pochi da un ventennio e passa e dato che di ricchi scialaquatori sembrano essercene non pochi in giro, visti i raggiri e le cessioni fallimentari che raccontano le cronache.

Il gap catastale è ormai tale e così interlacciato con il sistema del Welfare da rendere inevitabile che la schiera di ‘poco o non abbienti’, di ‘pensionati minimi’ con appartamenti da un milione di euro debba scomparire e che la crisi del mercato immobiliare subirà non poche turbolenze. Ciò è scritto nella globalizzazione dei sistemi finanziari, inclusi quelli previdenziali (ndr. e noi stiamo ancora all’INPS …) e nelle riforme che vanno inevitabilmente fatte: nessuna service tax può funzionare e passare il vaglio costituzionale se non verte sul valore catastale degli immobili, come nessun welfare decente può essere finanziabile se esistono falle irreparabili nel sistema di computo del reddito.

Cambiare, ma come? Come hanno fatto i nostri coinquilini europei.

I siti per la ricerca/vendita/affitto di case forniscono di continuo dati aggiornati sul valore medio per metro quadro degli immobili e i dati tra le diverse agenzie sono sostanzialmente convergenti. Basterebbe che il Fisco attribuisse un valore catastale pari alla media dei valori commerciali nel triennio per risolvere il problema ed avremmo potuto farlo già 5-10 anni or sono.
Tra l’altro, in un paese dove si urla ‘dagli all’evasore’ da un ventennio, sarebbe ora di porre fine a quella che appare una forma legalizzata di elusione dei propri doveri verso la Comunità nazionale.

Comprensibile che i ‘vecchi partiti’ siano restii a mutare scenari e alleanze lobbistiche, molto meno se parliamo dei partiti come SEL, Lega, M5S, Scelta Civica per Mario Monti e, venendo alla loro credibilità, prendiamo atto che lo studio di L’Espresso, che denuncia lo scandalo del Catasto e anche quello delle fasce ISEE, risale al 1° agosto scorso. Son trascorsi quasi 50 giorni e tutto tace, se non il sibillino Enrico Letta che tiene appeso il suo governo all’abolizione dell’IMU.

Eppure Casaleggio, Renzi, Maroni, Boldrini dovrebbero rifuggire un’Italia con una sbilenca service tax e tutti i quattrini che restano a Roma che li redistribuisce a modo suo a Comuni, Regioni e Agenzie varie. Come anche tutti i partiti dovrebbero dar conto ai loro elettori, spiegando che si intende redistribuire la leva catastale e risanare il Welfare. Non aumentare come al solito le tasse ai soliti ceti medi.

Senza dimenticare che se il Governo Letta riuscirà a portare a casa almeno questa riforma entro la fine dell’anno, avremo dato all’Europa e ai Mercati uno dei segnali politici che si attendono.

Altrimenti, oltre alle conseguenze finanziarie e di consenso, sarà un po’ più difficile sfatare il mito che l’Italia è fondata sul lavoro di tanti ma non di tutti. Tra l’altro, se dovettero scriverlo in capo alla Costituzione, vuol dire che il problema è di vecchia data e che potremmo, ancora oggi, rifarci al Pinocchio di Collodi per conoscere i ‘colpevoli’ dell’eterno stallo italiano.

Tra l’altro, quella del Catasto sarà il banco di prova per capire se l’M5S di Casaleggio, la Lega di Maroni e Zaia e Sinistra renziana sono effettivi portatori di cambiamento oppure rappresentano il solito opportunismo provinciale di Bertoldo e Bertoldino.
Sempre troppo tardi se, poi, i nostri sindacati, che invadono la sfera politica con tradizione cinquantennale, volessero pronunciarsi dinanzi a tale scandalo e tale iniquità che colpisce vistosamente i ceti meno abbienti. O, forse, dovremmo constatare che tanti nostri leader abitano proprio nei quartieri privilegiati?
E non sarebbe male se anche il Clero – che è una nota presenza nei centri delle città – volesse prendere atto del danno sociale e umano causato da certe prebende.

Da un mese traballiamo perchè cade Letta, ritorna l’IMU o forse no?
Ma vogliamo scherzare? Meglio tenersi la service tax …

Resta un mistero del perchè M5S, SEL e Lega – che sono all’opposizione – facciano finta di nulla e della ‘questione catasto’ i guru della ‘democrazia dal basso’ non ne facciano un cavallo di battaglia, visto che basterebbe far muro sul volume compessivo del gettito catastale per poter promettere almeno a metà degli italiani che il sistema sarà più equo e, soprattutto, che chi vive in provincia o nelle periferie suburbane avrà qualche diritto e qualche risparmio in più.

A proposito, con un catasto che funziona anche il costo di acqua e energia diventa più equo … non solo l’accesso a servizi, cure e medicinali, studi universitari.

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Bayern, brutte notizie per l’Italia: la CSU stravince

16 Set

Dalla Germania non arrivano buone notizie per l’Italia e l’Eurozona: la CSU, costola bavarese e di destra della CDU di Angela Merkel, ha vinto le elezioni nel land del Bayern, raggiungendo la maggioranza assoluta.

Crollano i Liberali (al 3%), Verdi (8,5%) e Socialdemocratici (21%) nell’angolo come da anni.

Franz Josef Strauss – leader storico della CSU

Come vince la Merkel – proprio quello che speravano i nostri ‘fini strateghi di partito’ – e va tutto male per noi? Certamente.

Innanzitutto, perchè più pesa il conglomerato dei partiti cristiani (CDU e CSU) e più va a farsi benedire l’ipotesi di un coinvolgimento del centro sinistra nel governo federale.

Inoltre, perchè un governo federale futuro con un ancora maggiore peso dello ‘Stato libero di Baviera’, il più ricco e industrializzato della Repubblica federale, se non del mondo – aumenterà la deriva degli altri Lander che, ricordiamolo, hanno già rigettato l’introduzione del Fiscal Compact ed erano già restii a sostenere il debito dei paesi mediterranei … ed i crediti della Goldman & Sachs, che in Baviera ha profonde radici.

Infine, perchè solo a condizione di un tot di nazionalismo e protezionismo che può funzionare il capitalismo sociale con cui la Germania ha superato il nazionalsocialismo, costruito il suo successo nel Dopoguerra e superato la corrente crisi finanziaria. Ne sanno qualcosa gli spagnoli ed i greci che contavano sul turismo giovanile tedesco, come se ne sono accorte le imprese italiane, sotto attacco da anni dalla concorrenza teutonica.

Dunque, prepariamoci a saldare qualche conticino, noi italiani, dato che mancano tra i venti ed i trenta miliardi di euro, tra cancellazione IMU (-2 mld), blocco dell’IVA (-3 mld), moratoria sul gioco d’azzardo (- 6 mld), minor gettito dal PIL (-1,5%).

Quanto al caso Berlusconi, il PD di Renzi e Bindi, l’amletico M5S, la velleitaria Lega, iniziamo a prendere atto – nelle redazioni dei cantastorie all’italiana – che non sono certamente loro a poter tenere la barra al centro delle riforme da ‘lacrime e sangue’ che servono.

Piuttosto, sarebbe ora che il PD divenisse un partito maturo ed adulto, rinunciando al codazzo della ‘base di lotta e di governo’, alimentata dai piccini interessi delle lobby di provincia e dei professionisti del welfare.
Come sarebbe il caso che il PdL si rendesse conto che la legislatura potrebbe durare altri 4 anni e che questo dipende principalmente dalle proprie scelte. Considerato che tra 4 anni, SIlvio Berlusconi sarà fin troppo anziano per la polititica, non dovrebbero esserci problemi, per una classe politica che vuole esistere, temporeggiare sul fronte ‘sentenze del premier’ e procedere su quello delle riforme del sistema ordinamentale dello Stato di ottocentesca memoria.

Intanto, attenti alla Germania, ma anche attenti alla Francia di Hollande, che ben saprà ricollocarsi, dinanzi ad una smaccata vittoria dei cristiano-popolari tedeschi e delle prevedibili conseguenze sull’Eurozona.

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