Archivio | Economia e finanza RSS feed for this section

Clima e Digitale: la Germania accelera e il Sud Europa no

4 Nov

La Germania – dopo le ‘difficoltà’ con Mosca – ha accelerato sulla via dell’autonomia energetica con fonti rinnovabili, contando di coprire l’intero fabbisogno industriale e – forse – residenziale tra pochi anni.
Quanto all’autotrazione, l’anno scorso è stato scoperto che la zona della valle dell’Alto Reno è abbastanza ricca di litio da poter supportare la produzione di batterie per oltre 400 milioni di veicoli elettrici.
Già nell’attuale il Climate Change sta permettendo di trasferire merci dall’Oriente all’Europa tramite la Rotta Artica anzichè tramite Suez e il Mediterraneo.

L’obiettivo malcelato? Rendere la Germania e la MittelEuropa del tutto autonome dal punto di vista energetico sia per i consumi residenziali sia per quelli industriali.
Come? Gestendo il Cambiamento ambientale in termini di mercato e consumi, come attuando la Trasformazione Digitale nell’ambito tecnico e diffondendola tra la popolazione.

Infatti, il Cancelliere tedesco Scholz è a Pechino, dopo aver approvato lo scorso 26 ottobre la cessione di una partecipazione del 24,9% di Hhla, società che controlla tre terminali del porto di Amburgo, al colosso navale cinese Cosco, nonostante una forte opposizione anche nel consiglio dei ministri.

Una scelta dei Socialdemocratici e dei Demoliberali che ha visto l’opposizione non solo della Cdu, ma anche dei Grunen al governo, che – come ha dichiarato il ministro degli Esteri Annalena Baerbock: “hanno invitato a non ripetere gli errori fatti in passato con la Russia, dal momento che una possibile escalation di tensione su Taiwan potrebbe mettere di nuovo Berlino di fronte a scelte molto difficili”.

Ma è pur vero che le ‘scelte molto difficili’ toccherebbero a tanti, se solo in Europa Cosco ha già in uso il porto del Pireo (Grecia), la gestione nel trasporto dei container per i porti spagnoli di Bilbao e di Valencia come di Zeebrugge (in Belgio) come controlla il 40% del porto di Vado Ligure , terminale nel trasporto di container.

Infatti, i Grünen al governo della città-Stato di Amburgo e l’attuale sindaco Peter Tschentscher, (socialdemocratico come Scholz) si sono espressi a favore dell’accordo con la Cina: “Ciò che è sensato dal punto di vista imprenditoriale deve anche essere possibile e realizzato nella pratica”.

In termini di impresa (e occupazione) c’è da sapere che il 70% delle importazioni cinesi dalla Germania appartengono a quattro macro-settori: AutomotiveMeccanica strumentaleElettrotecnica e elettronica e Farmaceutica.
Un export made in Germany da 95 milioni di euro, grazie alla forte differenziazione dei prodotti tedeschi, cioè rivolti sia alla crescente industrializzazione del mercato cinese (sviluppo) sia all’emergere di una nuova classe media (domanda). 

E se una escalation a Taiwan dovesse mettere Berlino di fronte a scelte molto difficili con Pechino?

Si vedrà … intanto la Germania punta a rendersi del tutto autosufficiente prima possibile.

Ben altro che governicchi di una nazione ricchissima ma all’inedia, che sanno solo sottoscrivere debiti per spostare un sussidio da destra a sinistra o viceversa pur di accontentare i clientes nullafacenti, come in Brasile ad esempio.

Venendo all’Italia, che non è il Brasile, l’imprenditoria subalpina manifatturiera che rifornisce direttamente l’industria tedesca sarà certamente avvantaggiata e la domanda da porsi è: cosa accadrà alla demografia delle regioni a nord del Po e cosa all’economia del resto dell’Italia, specialmente se le merci cinesi per arrivare in Germania passano dal Mare Artico e non da Suez?

Demata

Soros, i soldi a +Europa e lo Stato di diritto

3 Nov

“Il finanziere George Soros ha sovvenzionato con un milione e mezzo di euro +Europa ponendo come condizione imprescindibile che si facesse un listone antifascista. Me lo disse ripetutamente Della Vedova prima della rottura”, accusa il leader di Azione Carlo Calenda nell’intervista riportata da Bruno Vespa nel suo ultimo libro.

Lo stesso Vespa, però, riporta la precisazione di Benedetto Della Vedova, segretario nazionale di +Europa, che non ha ricevuto contributi da Soros, che altrimenti sarebbero già stati pubblicati, cioè rendicontati.
A ricevere fondi, invece, secondo Della Vedova sono stati “alcuni candidati di +Europa“, i quali “hanno ricevuto un contributo diretto da parte di George Soros per le spese della campagna elettorale.”

I rendiconti di +Europa di questi ultimi 4 anni convalidano quanto afferma il segretario di +Europa, che – però – non va a smentire Calenda, anzi conferma che ci siano stati contributi del finanziere di origini ungheresi ad esponenti del suo partito.

Infatti, Libero racconta dei prestiti erogati dalla Fondazione Open Society di Soros e ricevuti dalla Lista Bonino nel 2004 e nel 2006 per circa 3,5 milioni di euro complessivi per la campagna elettorale.

A riguardo il comunicato di +Europa di poche ore fa è ben chiaro: “il filantropo di origini ungheresi da tempo condivide e sostiene i nostri valori europeisti e le nostre battaglie per i diritti umani e lo Stato di diritto. Siamo orgogliosi che alcuni nostri candidati abbiano chiesto e ricevuto il suo sostegno, certamente disinteressato”.

Fa piacere essere rassicurati che Soros sia disinteressato, dato che è impressionante la mole di finanziamenti che Soros spende fuori dagli Stati Uniti, specialmente in Africa, ma anche in Europa.

Riguardo i valori europeisti, Soros divenne famoso perchè il 16 settembre 1992 ha sbancato la Banca d’Inghilterra, immettendo sul mercato 10 miliardi di sterline, che aveva pazientemente accumulato.
Per far fronte alla mossa speculativa, il Regno Unito dovette abbandonare il Sistema monetario europeo, svalutando la sterlina. Nello stesso giorno, Soros vendette lire allo scoperto, costringendo la Banca d’Italia a svalutare per compensare l’ormai insostenibile sopravvalutazione della moneta e anche la lira dovette uscire dal Sistema monetario europeo.

Quello del 1992 è stato l’evento che maggiormente ha condizionato il futuro dell’Europa sul suo nascere.

Riguardo le ricadute sui diritti umani, nel 1997, la sua azione causò il deprezzamento delle monete malesi e thailandesi, dando il via alla crisi asiatica finanziaria che coinvolse anche Indonesia e Corea del Sud. Nel 2007 ha piazzato un numero di aste tendenti al ribasso nel settore immobiliare degli Stati Uniti, traendo così un profitto di oltre un miliardo di dollari.

Quanto allo Stato di diritto, nel 2006 Soros è stato condannato da un tribunale francese a pagare una penale di 2,3 milioni di dollari per insider trading, dopo l’accumulazione di azioni della Société Génèrale francesi in via di privatizzazione. E nel 2016 ha investito in oro e minerali preziosi, avvantaggiandosi dal ‘black friday’ della Brexit.

Soros si propone come un critico del neoliberismo e del libero mercato, ma ha fatto fortuna ai primi Anni ’70 con i Fondi di investimento speculativo (Hedge Funds) nel paradiso fiscale di Curacao.

Demata

Reddito di Cittadinanza: arriva il danno erariale?

29 Ott

Era il 2019 ed il Governo a Cinque Stelle voleva l’istituzione del Reddito di Cittadinanza a tutti i costi e di fretta e furia.
Lo scopo? Al popolo si raccontò che c’era da ‘abolire la povertà’, ma il risultato atteso era che innalzando artificialmente il PIL … poi si poteva sforare il Debito ancora di più.

Dunque, accadde che il RdC venne erogato senza controlli preventivi sul diritto effettivo di chi lo richiedeva: bastava una autocertificazione.
Eppure, lo Stato non dovrebbe poter erogare somme senza aver prima accertato l’esigenza e la sua legittimità.

Infatti, Corte dei Conti, Ufficio parlamentare di bilancio e uffici dell’Unione europea non avevano un parere positivo sul sistema dei controlli, che appariva rischioso per un sistema di incrocio elettronico dei dati tutto da definire e dei controlli che avrebbero individuato irregolarità con notevole ritardo a fronte dell’impossibilità di recuperare crediti da nullatenenti. (LINK)

Dunque, dopo tre anni continuano ad emergere casi eclatanti che lasciano intravedere un sommerso davvero indecente.

Infatti, tra gennaio 2021 e il 31 maggio 2022 gli uomini del comando generale della Guardia di Finanza hanno accertato (e denunciato) ben 29mila persone per truffa allo Stato con una perdita secca di 171 milioni, dato che sarà impossibile per l’Inps recuperare crediti da personaggi dichiaratamente nullatenenti.

Fortunatamente, l’Inps ha potuto recuperare 117 milioni richiesti “fraudolentemente” e non ancora riscossi. 
E se addirittura il 2% dei percettori di RdC al momento è indagato per truffa, dalla Sardegna arriva anche la notizia che i “furbetti del RdC” non sono solo un fenomeno “fai da te”, ma anche qualcosa di organizzato e su vasta scala.

Si tratta di almeno 300 extracomunitari (forse il doppio) venuti per pochi giorni in Italia per una vacanza in Sardegna durante la quale presentavano la autocertificazione di risiedere stabilmente e un numero di conto alle Poste per poi tornare al Paese di residenza (nord Africa, Africa sub-sahariana, Sud America e Paesi balcanici) e ricevere ogni mese per tre anni ben 600 euro spesati dai contribuenti italiani.

Il tutto avveniva esibendo un passaporto extraeuropeo, tanto né l’Inps, né i Centri di assistenza fiscale (Caf) avevano gli strumenti per controllare la validità del visto.
Si tratta della sola provincia di Cagliari e, per ora, il danno accertato sarebbe di ben 8 milioni di euro.

Pagherà qualcuno per questo disastro che incide sulle somme accantonate dagli italiani per le proprie pensioni: arriverà il danno erariale?

No.
Il decreto-legge ‘Semplificazioni’ del Governo Conte, ha apportato una modifica importante alla l. 20/1994 circa l’elemento soggettivo dei presunti responsabili ed, in particolare, si è limitata la responsabilità erariale ai soli casi di dolo, da riconoscersi in sede penale e non più assimilati al dolo civile. (LINK)

Giusto in tempo: ormai era trascorso oltre un anno senza particolari controlli sui Redditi di Cittadinanza e la ‘patata bollente’ passava inevitabilmente alla Guardia di Finanza … dimostrando come il Reddito di Cittadinanza sia davvero mal fatto, se sono serviti quasi due anni per intercettare le centinaia di stranieri che mai hanno risieduto in Italia.

Tanto paga il contribuente e, intanto, … la povertà è aumentata, come il Debito.

Demata

Il Mare e la credibilità del governo Meloni

25 Ott

La credibilità del nascente governo presieduto da Giorgia Meloni si gioca tutta sul Mare, risorsa fondamentale dell’Italia quanto ministero trascurato e negletto che non si riduce alle spiagge e agli sbarchi clandestini.

Sarà così per i tanti che vedono il mare solo per un paio di settimane l’anno in vacanza o in televisione nei telegiornali. Ma non è così.

Infatti, l’Italia ha 8.300 km di coste, di cui circa 7.500 sono naturali, mentre sono quasi 800 i chilometri di strutture, sia portuali e marittime (costa fittizia) sia permanenti realizzate a ridosso (costa artificiale).

In altre parole, è come se le infrastrutture portuali e marittime italiane si estendessero da Napoli a Milano senza soluzione di continuità. Cioè il Mare e le sue infrastrutture sono qualcosa di davvero complesso, nevralgico e vitale.

Ad esempio, il traffico di container nei porti italiani (elaborazione DIPE su dati Assoporti e autorità portuali) è di diverse decine di milioni di TEU l’anno e l’interscambio via mare si aggira sul mezzo miliardo di tonnellate annue di merci.
Il traffico di passeggeri è sostenuto dall’incremento dei crocieristi che è di diversi milioni di persone ogni anno che imbarcano e sbarcano.

Inoltre, l’Italia è il quarto paese produttore di pesce d’allevamento dell’UE-28 (Regno Unito incluso) ed il nono per quanto riguarda le catture, con 325 porti pescherecci ed oltre 12mila imbarcazioni.
E dal mare arrivano quasi 25 milioni di metri cubi di gas e oltre 20 milioni le tonnellate di petrolio greggio.

In termini di ricadute sull’occupazione va sottolineato anche che, secondo i dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, le concessioni demaniali marittime sono circa 52mila, di cui circa 27mila a uso “turistico ricreativo”.

Quanto alle urgenze, c’è che negli ultimi 15 anni un totale di 841 chilometri di costa italiana ha mostrato fenomeni di erosione e – stando al WWF – “il 51% dei paesaggi costieri italiani”, circa 3.300 km, è degradato” con il “rischio di perdere preziosi servizi ecosistemici come la difesa dalle mareggiate“.

E sono le Capitanerie (e il loro Ministro) ad occuparsi di tutto questo, dal demanio marittimo in concessione a quello soggetto ad erosione, dalla sicurezza dei porti e delle navi a quella del personale marittimo, dalla  filiera della pesca alla prevenzione e repressione di tutti i tipi di inquinamento marino, incluse le  acque di zavorra e lo sfruttamento dei fondi marini.

Dunque, a cosa serve un Ministero del Mare privato delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera?

Se la collocazione di Matteo Salvini ad una funzione tecnica come il Ministro delle Infrastrutture ha già comportato lo spacchettamento del PNRR su diversi tavoli, cosa comporterà per l’economia italiana (e la pace sociale) la cancellazione ‘de facto’ del ministero del mare, se il leader della Lega ottenesse anche le Capitanerie?

E, comunque, quali sarebbero i destini di Pesca, Demanio e Ambiente marittimi, Flotta commerciale, Gente di Mare eccetera se si ritrovano ad essere … gestiti dalle Infrastrutture?

Demata

Governo Meloni: punti di forza e debolezza

22 Ott

Era dal 2011 che la democrazia italiana tirava avanti con premier nominati dal Presidente, di cui 3 su 4 (Monti, Conte e Draghi) neanche eletti.
Dunque, vedremo se “non è un governo conservatore, ma reazionario” – come titola Huffington Post – ma ad oggi quello di Giorgia Meloni è certamente un governo ‘politico’ e ‘democratico’.

Intanto, i nomi sono sul tavolo e, se qualche testata annuncia l’arrivo di “autarchia, sovranismo e nostalgia”, qualche altra reclama che Giorgia Meloni “aveva promesso un esecutivo di alto profilo e invece ha profili modesti in ambiti cruciali” e qualcuna ancora sottolinea che “cinque sono tecnici di area“.

Ma come stanno le cose?

Di sicuro, la cordiale stretta di mano tra Mattarella e Meloni sembra essere lontana dalla faziosa storia del nostro continente e- soprattutto – è notevole che una donna sia pervenuta all’apice della politica italiana, fatto che nelle grandi nazioni industrializzate è avvenuto solo in Germania e in Gran Bretagna.
D’altra parte, i neo Ministri dovranno essere visti alla prova dei risultati, anche se il livello dei curriculum professionali di tanti lascia ben sperare, specialmente rispetto alle due compagini governate da Giuseppe Conte, con non pochi ministri appena diplomati e non di rado carenti di esperienze professionali.

Fa scalpore il ‘Merito’ che andrà ad accompagnarsi all’Istruzione, ma è pur vero che la Scuola degli ultimi 50 anni non è che abbia granchè badato al merito.
Sono ormai due generazioni che mancano sistemi di verifica (esami) imparziali, le assunzioni non sono rigorose se si raschia puntualmente il fondo delle graduatorie, le carriere non possono essere dignitose se mancano progressioni e premialità, il buon esempio resta vano se sussidiamo i peggiori ma non i meritevoli, la qualità dell’edilizia e l’efficienza tecnica delle dotazioni sono sulle cronache a ciclo continuo, la visibilità e l’immagine della professione docente si scontrano con un burnout diffuso e un livello di contenzioso abnormi.

Inoltre, l’importanza data alla Famiglia e alla Natalità induce molti a prevedere che diritti e libertà civili non conosceranno una stagione felice.
Certamente, però, quel che è urgente è la carenza di politiche per la famiglia, per la natalità e la genitorialità, mentre abbiamo tassi povertà e abbandono scolastico sempre più eclatanti.

Se questi potrebbero essere dei punti di forza, certamente possono esserlo Adolfo UrsoGuido Crosetto, Antonio Tajani e tutti i tecnici messi a capo di alcuni ministeri strategici come non non si vedeva da tanti anni.

Piuttosto – in negativo, visti l’estremismo del passato e il possesso solo di un diploma liceale, Matteo Salvini alle Infrastrutture suscita perplessità, dato che anche questo è un ministero ‘tecnico’ e gli competeranno anche quei 3-4 tunnel in Liguria, i destini di Venezia, il salvataggio Alitalia o la siderurgia di Taranto e non solo le polemiche dell’ultimo mese contro il sindaco Beppe Sala per lo stop ai motori diesel dentro l’Area B di Milano.
Come se non fosse una questione di Salute, come lo era quando c’era da mettere in lockdown una parte della Lombardia.

Una prova non semplice anche per Nello Musumeci, che da giornalista si ritrova alle Politiche del mare a cui andranno i porti, a partire dall’hub di Gioia Tauro, come toccherà la lotta agli sbarchi illegali, a partire da ‘migliori’ accordi con i regimi libici e una maggiore ‘sovranità nel Mediterraneo’ rispetto all’Unione Europea, su cui ha fondato la sua campagna elettorale.
Speriamo solo che non finisca a litigare con gli altri paesi mediterranei, quelli che ci danno gas e petrolio, … perché fermino loro i migranti, dopo aver noi smantellato ripetutamente la nostra flotta.

Ma quel che fa arricciare il naso agli analisti (e farà dubitare le agenzie internazionali) è che di Coesione territoriale, Pnrr regionali, Transizione digitale e Transizione ecologica non c’è più traccia, cioè saranno spacchettati tra vari Ministeri, sia come spesa sia come rendiconto e – si spera almeno – non anche come progettualità.
In altre parole, sarà molto più complicato ricostruire la logica, gli interventi e i risultati in termini di resilienza, resistenza, innovazione, adeguamento eccetera … mentre il Digital Divide già mostra nei populismi i suoi letali effetti sociali e politici.

Infatti, il “Pnrr” diventa un mero piano di finanziamento negoziale e non prima di tutto un progetto di transizione nazionale, se dalle Infrastrutture e Finanze passa agli Affari Europei affidati all’esperto Raffaele Fitto.

Intanto, come per il Pnrr e le Politiche del Mare, dalle Infrastrutture s’è dovuta togliere anche la “Sicurezza energetica”, trasferita all’Ambiente affidato a Gilberto Pichetto Fratin, finora viceministro allo Sviluppo Economico con Mario Draghi. 

Un buon governo, almeno in termini di competenze ‘sulla carta’, ma vistosamente azzoppato da Salvini, che ha preteso un Ministero “tecnico”. Speriamo che non accada come l’altra volta, che dopo non essere andato in ufficio per giorni e settimane, s’è chiamato fuori dal governo con un tweet dalla spiaggia.

Demata

Berlusconi: la vodka di Putin viola le sanzioni

20 Ott

Dalla Germania arriva la notizia (LINK) che la vodka di Vladimir Putin regalata a Silvio Berlusconi violerebbe le sanzioni dell’Unione europea contro la Russia.

Infatti, nell’aprile 2022 è stato deciso di estendere il divieto di importazione di merci dalla Russia all’UE per includere gli alcolici, compresa la vodka, senza prevedere eccezioni per i regali.

La notizia è stata confermata da un portavoce della Commissione europea, che – però – non esamina i singoli casi e sarebbero le autorità in Italia devono determinare chi è responsabile della presunta violazione delle sanzioni, dopo l’audio in cui Berlusconi avrebbe detto che Putin gli ha inviato 20 bottiglie di vodka per il suo compleanno.

“In una registrazione di un discorso segretamente registrato da Berlusconi, il politico, che ha compiuto 86 anni il 29 settembre, ha affermato di essere stato nuovamente in contatto con il boss del Cremlino e di averlo descritto come uno dei suoi cinque migliori amici.

Nella registrazione audio, l’ex presidente del Consiglio, di cui Forza Italia vuole formare il futuro governo come piccolo partner di una coalizione di destra, ha detto: “Ho ripreso un po’, un po’ tanto i rapporti con il presidente Putin, quindi ha mi ha regalato 20 bottiglie di vodka per il mio compleanno e una dolcissima lettera”.

Gli Stati membri sono responsabili dell’attuazione delle sanzioni dell’UE.

Fonte Suddeutsche Zeitung © dpa-infocom, dpa:221020-99-189788/6

Morosi, arrivano le messe in mora, ma c’è la soluzione

17 Ott

A chi nel 2021 e nel 2022 non ha pagato qualche bolletta stanno per arrivare (se non sono già arrivate) le raccomandate di costituzione in mora del Fornitore di gas o luce, con il termine ultimo per pagare le fatture e come comunicare l’avvenuto pagamento.
Un fatto inevitabile dopo che il Governo Conte ha ridotto la prescrizione a soli 2 anni per le bollette di energia elettrica e gas in base alla legge di bilancio 2020, numero 160 del 2019.

Negli ultimi nove mesi sono 4,7 milioni di italiani NON hanno pagato la luce e il gas che consumano in parte o del tutto, 3,3 milioni potrebbero NON pagare le prossime fatture, oltre 2,6 milioni gli italiani che hanno saltato una o più rate del condominio, secondo un monitoraggio di mUp Research e Norstat per Facile.it.

Il fenomeno è omogeneamente distribuito su tutto il territorio nazionale, con una percentuale di morosi pari al 10,7%, mentre quelli che saltano abitualmente il pagamento delle bollette sono il 3,8%.
Ed è un fenomeno molto complesso, dato che, se sugli italiani che hanno investito i propri risparmi sui Fornitori di gas e luce aleggia lo spettro del deficit di bilancio, … sono stati proprio i morosi di oggi a scegliere liberamente dei contratti in libero mercato, invece che restare con contratti di maggior tutela.

Ancor peggio, la percentuale di italiani che hanno saltato una o più rate condominiali è pari al 20,1% a livello nazionale, che al Sud e nelle Isole arriva al 24,8%. Per più di 1 condomino su 4 il debito è superiore ai 500 euro. Il 65% dei morosi ha saltato 1 o 2 rate, il 15% tre rate e circa uno su cinque ne ha saltate quattro o più.

Un dato allarmante ma in miglioramento, visto che il monitoraggio di maggio 2021, evidenziava da erano quasi 4,9 milioni (il doppio) gli italiani che avevano dichiarato di non aver pagato una o più rate delle spese condominiali nel periodo compreso tra marzo 2020 a marzo 2021.

Nel caso dei condomini, il 49,6% dei morosi ha dichiarato di essere riuscito a mettersi in pari con i pagamenti utilizzando i propri risparmi o risorse, mentre il 23% dei rispondenti, pari a 1,1 milioni di italiani, ha dovuto chiedere un prestito per far fronte alle spese di manutenzione del condominio.
Più di 1 su 5 aveva ricevuto dagli altri condomini ulteriore tempo per pagare quanto dovuto, ma nonostante questo circa 130.000 italiani hanno dichiarato di essere in causa con i Condomìni.

Le conseguenze di queste massive morosità per le bollette luce e gas sono gravissime: fornitori che falliscono o vanno in sofferenza, Comuni che non ricavano utili nella partecipazione ad ex-Municipalizzate, risparmiatori che vedono bruciati i propri investimenti, consumatori che sono sommersi dai debiti. Ancor più nei Condomìni, dove si bloccano manutenzioni e viene meno la coesione sociale.

Insomma, se il 10% degli italiani è moroso, tocca farsene carico agli altri italiani che contribuisce. Non ad entità astratte come lo Stato, le Banche o le Imprese …

Come se ne viene fuori?
Come a Berlino, dove il Reddito di cittadinanza e qualsiasi altro sussidio sono vincolati ad una visita medica che attesti l’incapacità parziale o totale al lavoro e dove di norma il tetto degli affitti e delle utenze in maggior tutela è fissato (e conguagliato) dalla spesa sociale metropolitana.
In altre parole, dalle economie sul Reddito di Cittadinanza – derivanti da criteri giusti, chiari e monitorati – possono arrivare le risorse per sussidiare la situazione debitorie delle famiglie in fascia ISEE.
Come anche – andando a spendere in edilizia sociale ben 27,5 miliardi € di PNRR (fonte Sole24Ore) – si rende inderogabile una maggiore giustizia sociale, che tenga conto di quale sia l’effettiva estensione del nucleo familiare e di quanto si incrementa il reddito in termini di potere di spesa, sommando benefits come l’alloggio popolare, l’esenzione da ticket e contributi scolastici, il bonus bebè, il bonus luce-gas e il bonus vacanze, rispetto a chi non ce li ha.

E la disoccupazione che affligge le periferie romane come gran parte del Meridione?
Se solo la metà dei posti di lavoro occupati da stranieri venissero assunti da italiani non si porrebbe affatto la questione ‘disoccupazione’ e ci sarebbero più sussidi per chi davvero non può lavorare.

Ma il fotovoltaico? Basterebbe qualche comma per sbloccare quello plug&play da balcone … rendendo la gente più attenta e responsabile nei consumi, oltre ad un certo risparmio sulla bolletta energetica di tutti, Stato italiano incluso.

Demata

Fotovoltaico: sarà obbligatorio ed economico

16 Ott

La crisi ucraina hanno indotto  la Svizzera ad intraprendere la svolta «green»: l’Ufficio federale delle strade ha emesso il bando di gara per la produzione di energia fotovoltaica lungo le autostrade svizzere e tutti gli edifici di nuova costruzione saranno obbligati a montare impianti fotovoltaici.

Il fotovoltaico autostradale servirà per le barriere acustiche (350 ripari fonici) e per le aree di sosta (cieca 100) che abbiano superfici idonee con un potenziale di produzione stimato di 55 GWh annui.
Sul versante italiano, saranno implementati da Novazzano a Quinto, a Grono e Lostallo e nelle aree di sosta di Mesocco e San Vittore.

Stando alla statistica sull’energia solare pubblicata a metà luglio, la costruzione di nuovi impianti fotovoltaici in Svizzera è aumentata del 43% nel 2021, raggiungendo i 686 megawatt. Nell’anno in corso, inoltre, si stima la costruzione di impianti per la produzione di 900-1’000 megawatt supplementari.

Riguardo i nuovi edifici,  con sei voti contrari e sei favorevoli (tra cui quello della presidente), la Confederazione Elvetica ha deciso che dal 2024 dovranno essere dotati di pannelli fotovoltaici tutti i nuovi immobili con una superficie a livello strada superiore ai 300 metri quadrati.  Ai singoli Cantoni resta la facoltà di introdurre norme più restrittive.

All’unanimità, viceversa, la decisione di permettere la costruzione di grandi impianti all’aperto (almeno 10 Gigawatt) nelle zone di alta montagna, come il progetto di 4.500 pannelli a circa 2.000 metri di quota al confine tra la Svizzera e la val d’Ossola piemontese.

In Svizzera, il 66% dell’elettricità prodotta proviene già oggi da centrali idroelettriche, il 20% dal nucleare, mentre la produzione fotovoltaica vede gli svizzeri al decimo posto nel mondo con 412 watt pro capite. Diversa la situazione per il gas, che arriva dalla Russia (43%).

Gli investimenti svizzeri sul fotovoltaico e l’indipendenza energetica non si fermano qui.

Proprio pochi giorni prima delle decisioni della Commissione del Consiglio nazionale svizzero, un gruppo di ricercatori dell’Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne (EPFL), hanno annunciato un importante passo avanti per l’introduzione del ‘fotovoltaico vivente’ anche nel settore dell’energia. (link)
I laboratori svizzeri sono riusciti ad impiantare nanotubi di carbonio all’interno di batteri fotosintetici, aumentando la loro capacità di generare elettricità quando illuminati. (link)

Questi batteri modificati sono un’alternativa al in modo silicio cristallino che oggi usiamo e – soprattutto – quando si riproducono trasmettono alla discendenza i nanotubi: un modo molto economico, pulito e rapido per produrre i pannelli fotovoltaici.

E l’Italia?
Se è lucrativo installare fotovoltaico sulle autostrade alpine, dovrebbe esserlo ancor di più se si trattasse dell’Autostrada del Sole … basta la parola.
E la ricerca sui ‘batteri fotovoltaici’ l’Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne (EPFL) ha collaborato con la Università Sapienza di Roma. Dunque, delle prospettive esistono anche per noi, come lo è per il ‘nucleare pulito’ ideato in Italia e sviluppato in Francia.

Sceglieremo di tenere anche queste tecnologie ‘batteriche’ fuori dai nostri confini, come abbiamo fatto con il nucleare, anche se poi ne siamo circondati e indirettamente lo finanziamo, comprandone l’energia?

A.G.

La fine della guerra: una scadenza a Mid Term?

12 Ott

Ormai un po’ tutti abbiamo imparato che le sanzioni possono essere un atto ostile e non solo commercio e diplomazia: non proprio come dichiarare guerra, ma qualcosa che la avvicina. E ricordiamo tutti le minacce – poi avveratesi – che volavano tra Putin, Zelenski e Biden per via del Donbass, come era stato per Danzica e Sarajevo.

Otto mesi dopo la conta dei danni è enorme.
Il commercio internazionale è devastato, a partire dal prezzo del gas alle stelle e di petrolio se ne produce meno. La ripresa economica conseguente alla ripartenza del complesso industrial-militare è tutta da venire, anzi sembra manchino le munizioni. L’Unione Europea è stravolta dalle sue stesse sanzioni e dal conseguente deficit di energia. L’Ucraina e Kiev richiederanno una generazione per essere ricostruite. Il popolo russo dovrà affrontare per lungo tempo l’impoverimento causato dalle scelte di Putin.
E Joe Biden?

Innanzitutto, c’è che alle sanzioni Nato hanno aderito pienamente solo gli europei, i giapponesi e nazioni non di primo piano.
A parte la Cina, si sono chiamate fuori India, Brasile, Messico, i vari potentati arabi eccetera. E’ un fattore che conterà non per la guerra – lontana ai confini dell’Europa – ma per l’economia, cioè sulle Elezioni di Mid Term del mese prossimo.

Infatti, oltre all’inflazione, i prezzi del carburante sono tornati a salire, dopo la decisione dell’Arabia Saudita e dei Paesi Opec di ridurre la produzione di petrolio di due milioni di barili al giorno, che proprio Jeo Biden aveva tentato di scongiurare, incontrando  il principe saudita Bin Salman, quello accusato dall’ONU di essere responsabile dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi.

Poi, c’è che la già scarsa popolarità di Biden si è accresciuta, mentre quella di Trump tiene alla distanza e c’è il senatore repubblicano Marco Rubio, la stella delle generazioni più giovani.
Intanto, la popolarità di Joe Biden potrebbe crollare in un istante, travolgendo le elezioni di Mid Term e con loro i Democratici.

Infatti, secondo quanto riporta il Washington Post, sarebbe già stati inviati al giudice i fascicoli di Hunter Biden (link)  con le prove per incriminarlo riguardo i suoi affari non solo  nella società ucraina Burisma (link), come si credeva all’inizio, ma anche con la CEFC China Energy (link), “specialmente alla luce di un messaggio di testo che invia al suo socio in affari Tony Bobulinski il 1 maggio 2017” (link).

La fine della guerra tra Russia e Ucraina?
Bisognerà attendere le elezioni di Mid Term statunitensi e … manca ancora un mese.

Demata

Fotovoltaico: la burocrazia soffoca davvero il risparmio sulle bollette?

10 Ott

Il fotovoltaico sarebbe la soluzione ottimale per dare energia alle abitazioni dei centri urbani di un paese come l’Italia, specialmente da quando esistono i pannelli plug&play.

Si tratta di pannelli da collocare sui balconi con potenza inferiore a 350 W, che con la corretta esposizione solare e con la giusta inclinazione può produrre fino a 450 kWh di energia elettrica all’anno (+/- 10% tra sud e nord Italia), che corrispondono a circa il 25% dei consumi di una famiglia media.

In tutto un pannello plug&play completo di centralina inverter e batteria al litio (pronto per il balcone) costa intorno ai 2.000 € al netto dei bonus fiscali e dura una decina di anni.
Praticamente, produce corrente ad un costo superiore ai 0,277 €/kWh come è oggi e la convenienza (il risparmio) deriva dallo sconto fiscale del 50%.

In pratica, serve un pannello preconfezionato per i balconi, con due dispositivi (inverter e batteria) che vanno alla rete elettrica di casa. Basterebbe un tecnico autorizzato ed una registrazione dell’impianto, come per caldaie o condizionatori.
Ma in Italia non è così.

Innanzitutto, c’è che l’impianto elettrico deve essere a norma, ma in Italia molti impianti risultano obsoleti, cioè realizzati prima degli anni ’90, anche se un impianto elettrico generalmente dura dai 15 ai 20 anni, altrimenti aumentano i rischi per la sicurezza e gli incendi.
Non è la burocrazia delle carte in regola, ma quella del lasciar fare, ma sempre burocrazia è.

Poi, è necessario evitare che il contatore distingua la corrente che circola prodotta dal pannello rispetto ai consumi da pagare in bolletta. Si potrebbe ovviare con un semplice commutatore (switch), ma è una prassi non consentita, cioè serve un contatore abilitato per la bi-direzionalità dalla compagnia elettrica, che ha non solo un costo, ma anche lunghi tempi di attesa pur essendo attivabile dalla centrale.

Arrivati al contatore, si potrebbe credere che la corrente prodotta dal pannello e non consumata sul momento venga pagata dalla compagnia elettrica che la riceve, visto che il contatore è bidirezionale. No, niente da fare, se l’impianto è plug&play per legge viene regalata.

A questo punto, qualcuno potrebbe pensare di farsi installare una batteria ad accumulo, in modo da usare la sera la corrente che produce di giorno. Non sia mai.
Le Norme CEI 0-21 e 0-16, nell’attuale formulazione, considerano le ‘batterie’ ad accumulo (LFP) come fossero “generatori indirettamente connessi” (sic!) e non come “gruppo di continuità” (UPS) per un mero cavillo: a differenza delle LFP gli UPS si attivano nel solo caso di assenza o anomalia della rete stessa.

Ovviamente, come per la corrente regalata anche se si è obbligati al contatore bidirezionale, è difficile capire i motivi tecnici per cui pannelli plug&play siano autorizzati pur essendo per davvero dei generatori connessi, ma le ‘batterie’ ad accumulo no.

Qualche malizioso potrebbe trovare facile intuirne le cause: la politica che fa le leggi è anche quella che partecipa nei CdA delle compagnie del gas, dell’acqua e dell’energia elettrica.
In effetti, con lo sconto fiscale sul fotovoltaico, metà bolletta la coprono i cittadini che pagano le tasse, anche i meno abbienti, e questo spiega le resistenze ad estendere i bonus.

Ma non c’è ragione di complicare quelle del comparto tecnico se parliamo di tecnologie ormai alla portata di tutti (link), già diffuse tra gli informatici e … i campeggiatori.

Demata