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L’Italia è fondata sul lavoro … che rende liberi

12 Ott

“È ora possibile e necessario affrontare il compito di un sapiente rinnovamento del nostro ordinamento costituzionale, coerente con i suoi valori”. (Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica Italiana)

Una dichiarazione che arriva a poche ore dalle manifestazioni organizzate ‘in difesa della Costituzione’ così com’è e che, evidentemente, vorrebbe mantenere lo status quo.

Eppure, a circa 55 anni dalla sua emanazione, la nostra ‘bella’ Costituzione non è riuscita a garantire il lavoro a Napoli e Palermo, non ha consentito una leva fiscale accettabile per i cittadini e adeguata per lo Stato, non ha chiarito ruoli e compiti delle Regioni, delle Provincie e dei Comuni, non ha attuato una Giustizia ‘prevedibile’ e, soprattutto, tempestiva, non ha precisato il ruolo dei vari organi dello Stato e tra le varie cariche pubbliche e private (conflitto di interessi), non ha messo mano nel pasticciaccio di Bankitalia e Cassa Depositi e Prestiti, non è riuscita a superare lo status di ‘religione di Stato’ riservata alla Chiesa Cattolica dai regimi (sabuto e fascista) precedenti, non ha permesso di contrastare adeguatamente l’avanzare territoriale e finanziario delle mafie, ha dimenticato qualcosa nel ruolo presidenziale, visto lo stallo politico in cui l’Italia versa da 5 o 10 anni almeno.

E si è dimostrata talmente ‘bella’ e rigida da essere difficilissimamente innovabile.

Tra l’altro, i nei della nostra Costituzione sono evidenti fin dai primi articoli, se non ai nostri occhi, a quelli di qualunque statunitense, tedesco, olandese, britannico, francese eccetera eccetera.

Ecco alcune ‘perle’.

Art. 1 “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.” Altrove si legge di popoli affratellati dal senso di legalità, dall’eguaglianza e la fratellanza, dalla libertà e dalla ricerca della felicità … ragioni e ideali ben più cogenti se si tratta di sentirsi parte di una Nazione.
Sarà per questo che gli italiani hanno un così limitato senso dell’interesse comune?

A cosa serve poi il ‘lavoro’ cui si ispira e ci obbliga la nostra Costituzione?
Art. 4 “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.”
Il lavoro serve innanzitutto a ‘concorrere’, ovvero pagare le tasse, per il progresso materiale della società. A parte il fatto che il ‘progresso’ è un concetto prettamente ‘massonico’ che ha fatto da almeno tre decenni il suo tempo ed è ormai in disuso nei contesti ‘official’ … dato che – nel 2013 – i parametri ci raccontano che è stato nel 1975, in Germania, che abbiamo raggiunto il massimo livello di benessere per il genere umano.
Progresso materiale di che? Per non parlare del progresso spirituale, altro concetto ‘massonico’ e, comunque, decisamente poco laico.

Una questione che è ben palesata dall’art. 7, che ribalta l’articolo 1 (la sovranità appartiene al popolo), annunciando che “lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani” (ndr. sul popolo) ed i loro rapporti sono extracostituzionali, ovvero “regolati dai Patti Lateranensi” senza alcun “procedimento di revisione costituzionale”.

Un non sense, se anche l’art. 3 “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione … di religione”, cosa che dovrebbe azzerare qualunque tutela particolare di legge verso i cittadini italiani appartenenti al clero cattolico, specie se parliamo di oscuri versamenti bancari presso una banca estera chiamata IOR, con i noti problemi che due Pontefici (Ratzinger e Bergoglio) hanno dovuto affrontare con enormi difficoltà.

Una palese discriminazione verso chi non è cattolico, visto l’art’ 8, che prima afferma che “tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge” e poi si ricorda che “le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti”.
Se fossero state tutte veramente uguali dinanzi alla legge, avremmo potuto leggere “tutte le confessioni religiose hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano.”

Vicecersa, c’è la religione cattolica, regolata da un patto extracostituzionale, e poi quelle ‘diverse’.

Ma ritorniamo al ‘lavoro’, ricordando di essere in un pase di disoccupati, sottoccupati, lavoranti a nero, evasori fiscali, immigrati schiavizzati, nonchè posti fissi, vitalizi, prebende e fannulloni.

Il nesso ‘anomalo’ tra cittadinanza, diritti e lavoro lo ritroviamo nell’art. 3 “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”

Chi non lavora, non partecipa? Non è ugualmente ‘libero’ di sviluppare la persona umana e di partecipare all’organizzazione del Paese?
Chi partecipa in misura minore al ‘progresso materiale della società’ – a causa di un reddito medio basso –  ha uguale voce in capitolo?

Sembrerebbe proprio di si, a vedere le condizioni in cui versa il Meridione, in cui sono ridotte le nostre periferie, dalla quale cercano di emanciparsi i nostri giovani.

Speriamo che i nostri futuri riformatori vorranno riflettere sul dato reale (la condizione in cui versa l’Italia) e porre rimedio a questo incipit costituzionale vistosamente obliquo e perigliosamente inclinato.

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M5S a convegno per governare?

4 Mar

Non era difficile non dare per scontato che centonove deputati e cinquantaquattro senatori avessero bisogno di un «conclave» del neonato Movimento Cinque Stelle, per decidere insieme le strategie ed i margini di accordo che vogliono attuare in Parlamento e, innanzitutto, la governabilità.

Altrettanto facile immaginare che la Premiata Ditta Grillo & Casaleggio si faccia scippare ‘al mercato delle vacche’ quelle due dozzine circa di senatori che mancano al Partito Democratico per governare.

Nel ‘conclave’ dei parlamentari del M5S, verranno chiarite anche alcune questioni essenziali, sulle quali non loro, ma gli italiani tutti stanno facendo una gran confusione.

La richiesta da parte di Grillo di un governo di minoranza senza una fiducia preventiva che contratta, di volta in volta, l’appoggio su singole leggi porrebbe inevitabilmente l’Italia in balia del Parlamento e delle Lobbies.

Anche se Bersani intima a Grillo: «Decida cosa fare o tutti a casa», il caso del capo dello Stato in scadenza – “semestre bianco” – impedisce che egli sciolga subito le Camere.

Come probabilmente sperano i sostenitori di Mario Monti, una prosecuzione “a tempo” del mandato presidenziale al Quirinale non rientra nei ‘parametri’ previsti dalla Costituzione.

Malgrado quanto sostenuto da una parte della Sinistra, nonostante il Procellum, spetta solo al Presidente della Repubblica, e solo a lui, scegliere in piena autonomia, al termine delle consultazioni, a chi affidare l’incarico per formare il governo.

Dunque, esistono solo due strade.

La prima via – quella che comunemente è chiamato ‘governo tecnico per le riforme’ – è quella che di un governo a tempo con un programma di riforme, sul genere di quelli ‘tecnici’ guidati da Dini e Amato per traghettare il Paese dalla Prima alla Seconda Repubblica, che si concluda con delle elezioni con un nuovo sistema elettorale e con le autonomie locali riformate.
Nella sostanza è quello che sta chiedendo – con poca chiarezza – Beppe Grillo e che, ragionevolmente, chiederà il Movimento Cinque Stelle di Casaleggio.

Il secondo percorso – quello che comunemente è chiamato ‘governissimo’ -è quello che di un governo a tempo con un programma di riforme, sul genere di quello guidato da un ‘tecnico’ come Mario Monti per salvare il sistema finanziario italiano, che si concluda con delle elezioni con un nuovo sistema elettorale e con il Welfare riformato.
Nella sostanza è quello che serve alla Seconda Repubblica per guadagnare qualche anno di vita ed avere il tempo, secondo loro, di lavorarsi ai fianchi il movimento dei Grillini.

In tutto ciò, c’è da insediare il Parlamento ed eleggere, anche con una certa rapidità, sia i Presidenti della Camera e del Senato, si individuare i candidati alla presidenza della Repubblica e darsene uno.

Dunque, che Bersani la smetta di portar fretta, che non ce ne è se non per lui, che, a breve, dovrà rendere ragione ai suoi sodali di partito in ordine all’ennesima cantonata presa e conseguente bastosta incassata, illudendosi di governare con il 33% ed un voto.

Tanto, finchè non si eleggerà ed insedierà il nuovo Presidente della Repubblica, c’è il Governo Monti per ‘l’ordinaria amministrazione’ e per la buona pace di banche, governi esteri e mercati vari.

Il Movimento Cinque Stelle è a convegno ed è la loro prima prova del nove. Avranno idee, condivisione e lungimiranza per resistere al canto delle sirene democratiche-democristiane? Riusciranno a stendere un decalogo delle priorità e delle negoziabilità, con cui sostenere un governo di programma per le riforme?
Probabilmente si, ma lo sapremo tra due giorni soltanto.

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Governabilità, ma come?

27 Feb

I dati elettorali e lo stallo parlamentare sono sotto gli occhi di tutti, il mondo della politica è sgomento, i cittadini un po’ meno, M5S ha annunciato che voteranno le leggi che ritengono giuste, all’estero pazientano. Allo stesso tempo, la Lega è egemone nelle tre regioni che contano (Piemonte, Lomnbardia E Veneto), mentre la Puglia e la Campania hanno abbandonato Vendola e De Magistris.

Già questo dato dovrebbe darci una chiave di lettura della exit strategy in cui dovrebbero dedicarsi il Quirinale ed il sistema partitico, salvo apporti ed interferenze da parte del sistema giudiziario e dai media, cui siamo notoriamente avezzi.

Il PD con SEL ha alla Camera più o meno gli stessi voti del PdL-Lega e del M5S, grazie ad una legge iniqua a dire di tutti, il Porcellum, ha, però, la maggioranza assoluta. Rivendicare una primazia o, addirittura, una sorta di diritto a governare è un atto classificabile – agli occhi di un elettore che badi alle regole ed non solo alla fazione – come un enorme atto di arroganza.
Per giunta, proponendo al M5S un abbraccio suicida per non pochi motivi, visto che tra ‘ruggine storica’ e ‘pastoie governative’ Beppe Grillo rischierebbe di perdere un’enorme massa di consensi nel giro di pochi mesi da un elettorato che aborrisce il consociativismo, i capibastone, le scuderie eccetera eccetera.

Inoltre, c’è la disponibilità già dichiarata dei Grillini ad operare nel pieno, vero mandato cui ogni parlamentare dovrebbe adempiere: votare le leggi secondo coscienza.
Questo significa che esiste ampio spazio per un governo di minoranza.

Certo, in politica mai dire mai, ma la via del governo di minoranza è la prima balzata gli occhi, dato che l’abbraccio di Bersani con il Giaguaro Berlusconi è improponibile agli elettori di sinistra, come è impensabile un Mario Monti premier con un Scelta per l’Italia che è ‘quasi’ l’UDC ma ‘non è l’UDC’ e con la carenza di carisma e di opportunità politica dimostrate in quest’anno.
E’ però improponibile anche che il PdL sostenga un governo di minoranza guidato da Bersani: una comprensibilissima questione di principio.

Ed, allora, non resta che Casini, che a guardarlo bene, ha tutte le caratteristiche per assolvere alle funzioni di un Premier di minoranza o di un governo a termine, che abbia i poteri di programma e non solo tecnici, onde intervenire su alcuni aspetti costituzionali.
Le caratteristiche così ‘rare’ sono quelle di non essere sgradito all’elettorato di sinistra, non incassa troppa ostilità dal PdL, fa parte della compagine montiana, così rassicurante per i ‘mercati’, ha interesse a riformare la legge elettorale, conosce a menadito i regolamenti parlamentari, conosce molto bene vezzi e difetti di tanti suoi colleghi.
I limiti sono quelli noti: non aver mai dimostrato un carisma ‘non solo fotogenico’, non avere un gruppo di ‘cavalli di razza’ nel partito, essere indirettamente legato ad una certa ‘romanità’ di cui il cinema ha raccontato fatti e misfatti ed in tanti si è imparato a diffidare, essere additato dai Montiani come la causa del loro flop.

Ad ogni modo, Casini o non Casini ed acclarato che M5S non farà bieco ostruzionismo parlamentare, di alternative ad un governo di minoranza non sembra che se ne vedano all’orizzonte, salvo quella del Partito Democratico che forma un governo con SEL e Cinque Stelle. Ma, in tal caso, di quanto e per quanto saremo sballottolati, piallati, compressi, svalutati, massacrati, disfatti dai mercati e dalle diplomazie di mezzo mondo?
E chi si prende una responsabilità storica del genere? Pierluigi Bersani a cui, forse, il partito dovrebbe chiedere le dimissioni?

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Elezioni: gli errori dei sondaggisti

27 Feb

Quando Fini decurtò la maggioranza berlusconiana al Parlamento, era il caso di votare subito, come lo era votare l’estate scorsa, quando ‘i conti erano in sicurezza’ ed era ben chiara la memoria delle politiche tremontiane e non solo montiane, oltre ad un inquietante ricordo dei tesoretti mai esistiti e della fiscalità creativa dei governi prodiani.
Che andasse a finire così c’era da aspettarselo, chi si è illuso di governare con il 30% ha, adesso, la riprova di quanto fosse sbilenca la sua idea. Non solo per l’expolit di Beppe Grillo che si è potuto avvantaggiare una campagnia elettorale di Bersani. Anche la ripresa di Silvio Berlusconi era prevedibilissima.

Secondo Eugenio Scalfari, riferendosi a Silvio Berlusconi, certi elettori sono, purtroppo, ‘gonzi o furbi’, che corrono dietro ‘all’asino che vola’ o chiedono di entrare nella ‘clientela berlusconiana’.

In realtà, non è proprio così. Chi occupi seriamente di politica sa che la questione ‘meno tasse’ è essenziale per la propaganda. Persino Obama si è ben guardato in campagna elettorale di spiegare che all’incremento di tasse per i ricchi, sarebbe corrisposto un decremento degli sgravi per i ceti medi.
Berlusconi ha promesso meno tasse, Bersani è rimasto nel vago ed ha lasciato intendere a nuovi sacrifici.

Altra questione essenziale è quella della ‘spesa pubblica’, che si traduce commesse alle aziende e servizi ai cittadini, più lavoro e maggiore crescita, per la quale chi la attende vuole promesse chiare, magari poche, ma chiare. Berlusconi ha promesso il taglio dell’IRAP per le aziende, Bersani ha parlato di un piano di sostegno ed investimento industriale ed infrastrutturale, a carico delle (eventuali) risorse derivanti dalla lotta all’evasione.

Infine, la libertà nella propria proprietà, ovvero il diritto di modificare un proprio immobile senza troppi intoppi e con regole chiare, se lo si desidera o se si rende necessario.
Berlusconi ha promesso il ‘condono, che è una soluzione, indecente, ma soluzione, Bersani ha urlato ‘no al condono’, ma senza promettere semplificazioni e regolamenti comunali omogenei.

Era prevedibile che un bel tot di persone comuni decidesse di votare seguendo le questioni di maggiore appeal come accade in ogni luogo del mondo: tasse, lavoro, casa, investimenti. Viceversa, chi semima vento, raccoglie tempesta. Più che di un furbesco avvantaggiarsi di Berlusconi, sarebbe il caso di parlare, soprattutto, di grandi autogol di Bersani.

Ma il dato finale dei consensi era prevedibile anche per un altro, semplice motivo.
Il PdL era dato al 19% nella scorsa primavera, con la Lega sotto il 10%, mentre scoppiavano scandali e cadevano teste. La coalizione veltroniana, le scorse elezioni, non andò molto lontana dal 40% e senza Di Pietro è monca, guarda caso, di un’entità paragonabile.

Ovviamente, la storia dei consensi è trasmigratoria per eccellenza, ma quella dei grandi numeri no. Era prevedibilissimo un PdL+Lega al 29% ed un PD+SEL al 33%, come lo era supporre che larghissima parte degli ‘probabili’ astenuti si sarebbe rivolta al Movimento Cinque Stelle e non ai partiti ‘storici’.

Ilvo Diamanti spiegava, l’altra sera in televisione, che gli analisti avevano tenuto conto del dato che più si approssima il voto più gli indecisi si collocano su scelte che potremmo dire ‘moderate’, ‘affidabili’, ‘sagge’. Il punto è che più che un dato questa è una (mera) ipotesi, mentre i dati raccontavano ben altro.

Con una buona lettura della realtà, il Partito Democratico avrebbe perduto per strada Casini e/o Di Pietro, avrebbe investito su Mario Monti e sull’austerity ad oltranza, avrebbe temporeggiato sulla legge elettorale ‘che si vince anche col 30%’, avrebbe strutturato le liste superando le vecchie logiche di apparato democomunista? Avrebbe candidato Renzi?

Sempre a proposito di dati e di letture, come far emergere nei numeri la fotografia di un partito che è ‘da sempre’ al 30%, qualunque cosa accada, e che è ormai senz’anima perche troppe sono le anime che lo paralizzano.
Un partito che nasce da ‘l’importante è esserci’ – noto slogan degli Anni che furono – per cui oggi esiste, ai vertici come tra la base e tra gli elettori, un’anima demoliberale ed una postcomunista, una populista ed una socialdemocratica, una ambientalista ed una infrastrutturale, eccetera.

Dunque, l’ipotesi che si vorrebbe far passare, danneggiandoci pesantemente all’estero, è che l’Italia non è quella ‘giusta’, come campeggiava nei manifesti di Bersani, ci sono ‘gonzi e furbi’, come afferma Scalfari, dove gli abitanti sono bizarramente imprevedibili, come i flop di tante previsioni vorrebbero dimostrare a propria discolpa.
Oppure no. Non era l’Italia giusta.

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Tre, due, uno … eleggiamoli!

21 Feb

La Stampa - Shopping Elezioni 1

Siamo a tre giorni dalle elezioni ed il rancore popolare o la diffidenza della gente si sta trasformando da astensione a voto di protesta.

Giannino, stella mai nata del panorama parlamentare italiano, è knock out grazie ad un siluro lanciato da un italiano all’estero come Zingales, che di professione fa il professore come quelli che il buon Oscar, vero e colto self made man, ha beffato per anni con una piccola bugia, oggi diventata marachella imperdonabile.
Cose ordinarie in un paese che mette in carcere i ragazzini con lo spinello e prescrive noti ladri pubblici.

Come andranno a finire le elezioni, tra l’altro, lo sappiamo tutti e non ci vuole la Maga Circe o la Sibilla Cumana per fare ‘profezie’.

Il tutto inizierà con Bersani che annuncia ‘abbiamo vinto’. Probabilmente, avrà Rosy Bindi o Franceschini al fianco, forse Vendola o Renzi, il discorso è già scritto in 11 versioni differenti. Sarà colpa del Porcellum che nessuno ha riformato, ma già sappiamo che gli elettori ‘democratici’ sono avvisati che in prima fila troveremo (altro che primarie) i salvatori di province e piccoli comuni, di ospedali e aziende municipalizzate, di sistemi consortili e finto-volontaristici.

Dal PdL arriverà il fido Cicchitto, il Tallyerand della Seconda Repubblica, a spiegare che si ‘hanno vinto’, ma che senza il Berlusconi Partito non si governa neanche per un giorno senza finire in pasto ai ‘comunisti’, temuti – forse, anzi di sicuro – da Angela Merkel e Barak Obama. Intanto, sotto banco, ferveranno trattative e negozi, con colpi di mano e spostamenti di parlamentari, specie al Senato, dove Casini ha già annunciato la necessità della sua vigile ‘presenza’.

I Grillini per un bel tot staranno zitti su quello che conta, che cimentarsi con i regolamenti parlamentari comporta studio notturno, tanto tempo e grande fatica, salvo sbraitare all’inciucio su ogni tentativo di governabilità che dovesse verificarsi.
La Lega starà lì a guardare, pronta ad accettare soluzioni che le permettano definitivamente di liberarsi dall’immagine dei Bossi e dei Borghezio. Fratelli d’Italia è già pronto a far parte di una maggioranza di governa: è nato apposta con la Meloni, novella Le Pen, in testa.

Di Ingroia, poco o nulla si profila all’orizzonte, visto che – con De Magistris, Orlando e Di Pietro – non aveva altro da fare che lanciare il partito meridionalista, conquistando Campania, Sicilia e Puglia: gli errori di percorso si pagano molto cari. Se c’è una Destra che fa la destra, arriviamo a Storace, che potrebbe rivelarsi una piccola sorpresa.

Mario Monti, molto inopportunamente, non resisterà alla tentazione di ricordarci che ‘lui’ è senatore a vita e che senza di ‘lui’ l’Europa ci guarda di sbieco.

Come farà Giorgio Napoliano a conferirgli il mandato esplorativo per formare un governo senza un passo indietro di Bersani, resta un mistero. E altro mistero è come farà Monti a governare l’Italia, da premier politico e non tecnico, senza far imbestialire tutti qui da noi e deprimere tutti nell’Eurozona.

Governi possibili? Uno ed uno solo, lo si scrive da tempo: una Grosse Koalition senza Vendola, SEL ed il non-partito CGIL e senza Berlusconi e gli indagati del Centrodestra. Praticamente, la Democrazia Cristiana rediviva, con il PCI del 1966 alle porte, senza, però, nessuno dei talentuosi politici del Dopoguerra.

Facile a dirsi? Fantasie confermate o sconfessate nei prossimi giorni?
I soliti Italianer?

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Ad una settimana dal voto

18 Feb

Ad una settimana dal voto, il quadro politico italiano non manca di promettere (cattive) sorprese.

La Stampa - Shopping Elezioni 2occhiello tratto da una homepage di La Stampa

A partire da Barak Obama che si consulta sul futuro dell’Italia con l’unico di noi che futuro non ha: l’ottuagenario Giorgio Napolitano, di cui a breve si voterà l’avvicendamento. Misteri del sistema mediatico estero, che tira la volata gli antiberlusconiani? Forse. Intanto il Presidente della Repubblica, bontà sua, precisa “nessuna ingerenza sul voto, comportamento sempre impeccabile.”

Passando ad Oscar Giannino, che potrebbe superare il quorum tra le amiche mura lombarde, e portare, finalmente, un po’ di buon senso e cosmopolitismo tra le asfittiche mura delle nostre Camere, con una messe di parlamentari sufficiente a costruire un fare ed un futuro per l’Italia, quando ‘lorsignori’ ci lasceranno, finalmente, con le nostre macerie da ricostruire.

Od il Movimento Cinque Stelle che, ormai, sembra completamente fuori dal controllo del vate Beppe Grillo e che – molto prevedibilmente e con grande onta per i suoi elettori – si frammenterà e/o confluirà altrove, come tutti gli altri partiti ‘autoconvocati’ della Storia, alla prima bozza di programma di governo. Ipotesi alternativa: trovarsi con un sostanzioso aggregato di estrema sinistra (superiore al 20%) al Parlamento, con una ‘balena’ centrista al 40%. Praticamente, come ai tempi della Guerra Fredda, che, però, è finita da tempo, mentre nè Castro e nè Chavez godono di buona salute.

Del PdL c’è poco da dire, trascinato non si sa dove da un Silvio Berlusconi, che cura troppi interessi suoi per garantire anche quelli nostri. E dell’Alleanza Nazionale dei tempi che furono c’è ancor meno da dire, con Storace solitario a destra, La Russa, Gasparri e Meloni affratellati, mentre Gianfranco Fini è quasi all’estinzione. Quanto alla Lega, vedremo Maroni cosa riuscirà a portare a casa, non tanto per lo scandalo di Bossi, quanto per la concorrenza di Tremonti a Sondrio e di Gelmini a Bergamo.

Dicevamo di Oscar Giannino e del suo piacere nelle metropoli e tra i ceti acculturati post-sessantottini, finamo a parlare di Mario Monti, dei bei tempi che furono con i Beatles e la Humanae Gentium e del modesto contributo che darà ad una Scelta Civica per l’Italia che si presenta come montiana, ma in realtà sarà l’UDC e solo l’UDC, più un tot di volenterosi parrocci e qualche Club, con l’aggiunta di Fini, Baldassarri, Buongiorno e Della Vedova.

Se al Centro piove, andando a Sinistra grandina e nevica. Infatti, il quadro osservabile mostra una propaganda elettorale di sinistra, una proposta politica centro-populista, un effettivo apporto di voti ‘per Bersani’ dall’estrema sinistra, un consistente numero di eletti blindati (alla Camera) che arriveranno dalla fascia appenninica, demitiana e postcomunista. Si aggiunge un’inquietante visibilità per Rosy Bindi ed Ignazio Marino, proprio quando c’è da smontare e rimontare un sistema sanitario assurdo. Il tutto mentre D’Alema non si candida ma esiste, Renzi c’è ma è sparito dai media, Fassina con Monti sarà baruffa quotidiana e la CGIL che incombe sul futuro con il peso di un partito-ombra.

In due parole: stabilità e governabilità a rischio, mentre la Cleptocrazia guadagna mesi ed anni di linfa e vita e gli investimenti stranieri vengono – come da tradizione – gioco forza dirottati altrove.

Da un lato la vecchia Democrazia Cristiana, dall’altro il nuovo PCI, ormai ‘gruppettaro’ ad oltranza, in un Paese dove la Pubblica Amministrazione è ripiombata nel trasformismo e nell’opportunismo, grazie alla lentenzza dei processi, alla derubricazione dei falsi in bilancio e dei conflitti d’interessi, al monopolio politico-sindacale sulla previdenza sociale, allo strapotere della lobby dei ‘baroni’ universitari?

Sembra proprio di si.
Fini, Monti, Meloni, Chicchitto e Tabacci avrebbero potuto fare di meglio, riunendo in un solo ‘polo’ le anime liberali del Paese. Tanto, l’essere in minoranza era comunque assicurato e, comunque, era questo quello che chiedevano ‘i mercati’: essere l’ago della bilancia.

Se Obama cerca conferme da Giorgio Napolitano – ben sapendo che potrà solo nominare il futuro governo e poi pensionarsi – vuol dire che siamo messi male: non è solo il ritorno di Berlusconi, ma anche (e soprattutto?) il mantenimento di un centosinistra di ‘soliti noti con i soliti intenti effimeri e spreconi’ e l’affermarsi delle estreme fazioni come in Grecia, che solleva una densa (e cupa?) nebbia sul Paese del Sole.

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Pagherete caro, pagherete tutto

21 Mar

Mentre le disposizioni riguardanti le manovre capaci di riaccendere lo sviluppo economico languono, ovvero la Fase Due non arriva, arrivano le pallottole. A Torino, un “terrorista” ha sparato otto colpi, mettendone 4 a segno, contro il consigliere comunale dell’UDC Alberto Musy, professore universitario, liberale, avvocato d’affari.

Un fatto imprevedibile? Affatto. Viste le politiche del welfare portate avanti da Elsa Fornero e sentite le “battutelle” di Mario Monti, poteva prevederlo chiunque abbia più di 50 anni, ovvero ha vissuto gli “Anni di piombo”, specie se conosce la disperazione e l’abbandono delle periferie italiane odierne.

Inoltre, visto che si parla di politica e di terrorismo, potrebbero o dovrebbero ricordarselo anche gran parte dei nostri parlamentari e, soprattutto, i nostri “professori”, sennò che professori sono …

Una escalation attesa, quella dell’agguato al consigliere Musy, ed ampiamente percepibile dal “Palazzo”, se proprio sotto il Parlamento l’altro ieri c’erano manifestanti con la scritta “Fornero devi morire” …

Insomma, per ora ci rimette le penne il povero Musy, che non è al Governo e neanche in Parlamento, e questo, dopo le violenze in cui sfociano puntualmente i cortei a Roma,  dovrebbe dare un’idea del caos in cui può piombare il Paese.

E’ incredibile ed intollerabile che vada a finire così, dopo che gli italiani, molto responsabilmente, hanno sopportato per quasi 20 anni sia gli “effimeri governi Prodi” sia gli “scandalosi governi Berlusconi”. Ma, d’altra parte, se “per salvare l’Italia” ci tocca d subire un “iniquo governo Monti”, come meravigliarsi se ritornerà il giorno dei giovani allo sbaraglio, dei falsi profeti e dei cattivi maestri in sella e del sangue per le strade?

Come anche come stupirsi della prevedibile escalation di violenze “a sinistra”, se il Partito Democratico è composto per la maggior parte da centristi e se Vendola e SEL tacciono più per incapacità propositiva che per piaggieria verso il “partito a vocazione maggioritaria”, mentre sulle pensioni decide il governo a porte chiuse, sul lavoro l’opposizione della CGIL è “mero dissenso”, la colpa del disastro è di “tassisti e farmacisti”, di patrimoniale e legge elettorale non se ne parla, di aiuti per la povertà che si espande a macchia d’olio neanche una prece.

Stiamo parlando di oltre il 30% dell’elettorato che sappiamo bene come la pensa e che, nei fatti, non ha voce in Parlamento: andare avanti così è un suicidio politico …

… che pagheremo caro e che pagheremo tutto, stavolta come allora.

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PD a San Giovanni: una manifestazione pacifica

6 Nov

A due settimane dalla guerriglia dei Blck Bloc, Piazza San Giovanni è tornata a riempirsi di gente, il popolo del PD, dimostrando che si può manifestare per ore anche senza sfilare in corteo, come il sindaco Alemanno aveva imposto.

Un primo ed evidente dato che dovrebbe convincere anche i non pochi politici del PD accorsi, 24 ore prima, in soccorso di 500 studenti romani, bloccati dalla polizia per un corteo non autorizzato.

Speriamo che questo sia l’inizio d una riflessione e di una moratoria generalizzata sulla necessità (in un mondo di 7 miliardi di persone, di manifestare la propria opinione senza turbare l’attività di quei cittadini che la pensano diversamente.
A prescindere da vandalismi e violenze, bloccare strade, treni, ambulanze, persone al lavoro non è più tollerabile: i danni per la società intera sono troppo elevati rispetto al “diritto” (presunto) di una limitata parte dei cittadini di sfilare nelle zone strategiche delle nostre metropoli per ore ed ore.

La Costituzione garantisce lo sciopero, la libertà di riunione, il diritto d’opinione, cose che non richiedono necessariamente sfilare in corteo, che dovrebbe rimanere un evento straordinario, rispetto ad un’ordinarietà fatta di incontri pubblici, di scambi d’opinioni, di resistenza eventualmente passiva (lo sciopero).

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Tutti precari? Facciamo qualche distinzione …

23 Ott

Come tutti abbiamo potuto constatare in questi giorni, dietro la “denominazione” precariato, convivono realtà piuttosto diverse.

I precari propriamente detti sono solo i laureati ed il personale tecnico under40, vittime di una eccessiva flessibilità del lavoro nei settori di riferimento, che, in realtà, sarebbero perfettamente in grado di assorbirli e stabilizzarli, se non fosse per la pessima legge sulle pensioni che ci ritroviamo a causa dell’immantinenza degli enti di Stato di fascista memoria.

Poi ci sono, da una parte i lavoratori senior poco qualificati, che soffrono a causa della crisi ma soprattutto dell’arretratezza del paese, di cui sono loro stessi concausa, e tanti under30 che stentano a trovare un lavoro stabile e sono pressochè privi di qualifica, con lo striminzito diplomino da 60/100esimi che si ritrovano dopo anni di promozioni facili ed autogestioni bimestrali.

I lavoratori precari sono un’altra cosa: sono qualificati, hanno esperienze consistenti di lavoro, cercano di migliorare la propria posizione e di tenersi il lavoro.

Tre mondi diversi, di cui uno solo, quello dei veri precari, andrebbe tutelato, ma non lo è, mentre per gli altri due non esiste una legge che includa, come generalmente in Europa,  l’accesso alla formazione ed al volontariato, oltre che un’effettiva ricerca di lavoro, come conditio sine qua non per accedere a sussidi e status protetti.

E’ corretto e legittimo definire “precari”, persone che in realtà non studiano e non hanno studiato per “imparare un mestiere” o migliorare una qualifica, che non cercano lavoro in base a cosa sanno fare realmente, che, pur stando senza far nulla, non chiedano di esser aiutati/coinvolti in quel sistema di volontariato che ci costa un occhio della testa in tasse?

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Roma, la Val di Susa ed il Fight Club

23 Ott

Ad una settimana dalla manifestazione convocata dal Partito della Rifondazione Comunista ed altri, che ha coinciso con l’ennesima devastazione di Roma a causa di “black bloc infiltrati”, gli arresti si contano ancora sulla punta delle dita.

In tutto tredici, incluso un gruppetto di amici dei Castelli Romani dall’aspetto dark e che poco sembra avere a che fare con gli scontri, l’ormai arcinoto Er Pelliccia, lanciatore di estintori in Mondovisione, ed un antiTAV, già noto alle forze dell’ordine. Dimenticavo, c’è anche un giovane lavoratore rumeno, forse lì senza scopi violenti, pensando che a Roma sarebbe stato come a Madrid o Londra.

Arresti tutti da perfezionare, sia per gli aspetti legati alle indagini sia per quanto relativo il dato antropologico generale .

Da un lato è impensabile che chi si vesta di nero, per altro colore principe della moda e delle discoteche, debba cambiarsi d’abito prima di andare ad una manifestazione. Sono i black bloc ad aver trasformato “il nero” in una divisa, ma è la polizia a cadere, eventualmente, in equivoco.

In secondo luogo, Er Pelliccia. Un ragazzo a modo per i genitori, un pericoloso soggetto a vedere le foto. Ventiquattro anni ed, a leggere gli articoli, non sembra lavorasse o studiasse. Non ho capito perchè i genitori siano così stupiti di ritrovarsi, purtroppo per loro, il “mostro” in prima pagina.

Un “non sembra lavorasse o studiasse” che ritorna con persistenza dalle tante interviste televisive di questi giorni, fatte a leader di base della cosiddetta “rivolta sociale”. Un ripetersi di “lavoro che non c’è”, “di crisi che affama il popolo”, “di abbandono da parte dello Stato”; mai un dire “ho studiato non mi trovo nulla”, “ho cercato di inserirmi”, “ho fatto corsi”, “ho perso il lavoro perchè …”.

Una marginalità che vuole lavoro ma non cerca qualificazione e meritocrazia. Qualcosa di molto, molto diverso dagli “operai specializzati” della FIOM di Landini, questo va detto, e non si capisce perchè e per come Ferrero o Maroni vogliano metterli tutti assieme.

E qui arriviamo all’antiTAV arrestato ieri a Chieti, in procinto di partire, dopo Roma, per andare in Val di Susa, che si spera proprio venga condannato con severità se non collaborerà con la giustizia, facendo i nomi di tutto il network cui appartiene. Qualcosa di simile potrebbero, forse, fare gli abitanti della Val di Susa, dove finora i violenti hanno potuto contare sulla “non ostilità” della popolazione.

E’ dal G8 di Genova che abbiamo dovuto prendere atto dell’esistenza di questi personaggi. All’epoca, l’attenzione fu distolta dalla morte di Carlo Giuliani e dai pestaggi avvenuti nella scuola media, ma pochi ricordano, ormai, che i fatti degenerarono anche perchè le Tute Bianche rifiutarono, ad assalti già iniziati più avanti, il momentaneo alto là delle forze dell’ordine.

Oggi, abbiamo un piccolo network di “teste calde” che si ispirano al noto film “Fight Club”, è da lì che prendono la “divisa nera”, è quello lostile dei piccoli devastatori di scuole medie e superiori, è quella la divisa in black che “sfoggia” Er Pelliccia con i due amici ai giardinetti.

Fight Club è una parola a doppio senso, ricordiamolo, e significa sia Circolo del Combattimento sia Fascio (mazza fasciata per l’esattezza) da Combattimento …

Siamo partiti col legittimare gli Antagonisti e con il coccolare Ultras e Centri Sociali ed, oggi, siamo ai piromani ed agli iconoclasti.

Ci siamo persi qualcosa?

originale postato su demata