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Il PD e la Sinistra sono votabili?

12 Mar

Il fantasma dell’astensionismo terrorizza la Sinistra italiana, sia che parliamo di PD e di ex Democrazia Cristiana sia che  di ‘antagonisti’ ed ex comunisti.

Ma perchè molti italiani potrebbero decidere di non votarli, costi quel che costi?

Potremmo partire dalla balzana idea di Prodi, D’Alema e Visco di finanziare l’elefantiaco sistema sanitario italiano grazie alle accise sui carburanti proprio mentre l’attenzione e il controllo sulle emissioni e sui consumi diventava stringente.
Oggi, infatti, l’Italia consuma almeno il 10% di benzina in meno rispetto ad allora e … ecco che arrivano tagli su tagli alla Sanità pubblica, con il risultato che a Roma per una visita specialistica servono circa sei mesi, ma i media – a partire da Repubblica e Rai del posto – che mica insorgono invocando la libertà di cura … e il diritto minimo alla salute.

Oppure potremmo parlare dell’Inps che è stata trasformata in una specie di compagnia assicuratrice – come Generali o Lloyds – che – oltre agli interventi ‘sociali’ per i quali nacque e che sono del tutto impropri per una public company – ha in concessione dallo Stato le pensioni di coloro che lavorano, ma senza un appalto, un comitato parlamentare di controllo o, almeno, la Consob e Cassa Depositi e Prestiti che mettano naso.
Ovviamente, accade che l’Inps faccia a modo suo. Ad esempio non esigendo dai datori di lavoro i crediti accumulati dall’ex Inpdap. Oppure non parametrando al costo della vita le pensioni che eroga agli invalidi. Peggio, intevenendo con circolari non impugnabili in nessuna sede sui diritti che le persone hanno contratto con lo Stato italiano e non con una ‘company’.

E che dire dei servizi sociali e sociosanitari, ormai del tutto esternalizzati e spesso appaltati in modo anomalo ai soliti noti, per i quali nessuno controlla insieme agli utenti che vi sia trasparenza, riservatezza e qualità … pur essendo questo obbligatorio per le norme europee sulle forniture pubbliche.
Del tutto prevedibile che poi non si sappia bene come finanziare queste attività, che salti fuori che occupano immobili pubblici a prezzi stracciati, che i bilanci delle onlus vedano raramente economie od attivi eppure sono ‘non a fini di lucro’ …

La riforma del Titolo V per il Federalismo congegnata da D’alema e Amato è stata un drammatico insuccesso … se è proprio la Commissione Stato-Regioni a far da tappo a qualunque accordo o combiamento dello status quo, bloccando il Patto di Stabilità e le assunzioni locali da anni.

E ci sono le leggi sulle pensioni ‘volute’ da Monti – Fornero (ma votate dal PD e da NCD) che erano temporizzate al superamento della crisi e non, come stanno facendo Renzi – Poletti, per essere utilizzate a perpetuo puntello del Fiscal Compact, mentre spendiamo miliardi e miliardi per salvare banche e cooperative.
Dunque, come dimenticare che fu Giuliano Amato (e poi Dini) a salvaguardare le esose pensioni d’annata che proprio non potremmo permetterci? Oppure che Enrico Letta si apprestava a far votare la riforma Damiano che sbloccava questa vergogna, allorchè Matteo Renzi – con un blitz degno del migliore golpista – prese in un colpo solo partito e parlamento?

Dulcis in fundo, a sinistra del PD, ci sono personaggi come Marino, Crocetta e Vendola, di cui in tanti vorremmo comprendere cosa abbiano imparato dall’esperienza di pubblici amministratori, vista la quantità di scandali e disastri in cui le loro giunte furon coinvolte.

Crollati indegnamente sia il modello sovietico sia quello francese e finito l’alibi dell’antiberlusconismo,  questo è il PD e, più in generale, questa è la Sinistra che fino ad oggi ne ha sostenuto retorica e bugie per poi lagnarsene a babbo morto.

La gran parte degli italiani non conosce le follie su menzionate, ma ne assaggia quotidianamente i nefasti effetti.
Dunque, ci spieghino perchè votarli.

Demata

 

 

Perchè l’affluenza alle urne è un problema primario proprio in Italia

24 Nov

Secondo Renzi “l’affluenza è problema secondario” e per Bersani è “sbagliato litigare con Cgil”, ma è nei fatti che in Emilia Romagna  il PD raccoglie il consenso ‘minimo garantito’, il 17,8% dei votanti, la Destra (FI + Lega) arriva sotto l’11%, il ‘nuovo’ 5S raccatta quasi il 5%, NCD e UDC semiestinti al di sotto dell’1%, la Sinistra ‘sinistra’ men dell’1,5%.
E alle urne mancano i voti  di ben 2.214.657 emilian-romagnoli su un totale di 3,5 milioni di aventi diritto al voto.

Dunque, NON è affatto “sbagliato litigare con Cgil”, se il  PD bene o male racimola – in tempi di vacche magre – il ‘suo’ quasi 20% effettivo.

“L’affluenza  è problema secondario” se, però, qualcuno dimostrasse che ad ‘esserci’ è sempre lo ‘zoccolo duro’ del PD, quello delle Coop e delle AssoCult, mentre gli elettori in fuga sono i pensionati con tessera sindacale ‘a vita’, che vedono in qualunque riforma il rischio di ritrovarsi le proprie  pensioni ridimensionate in favore di chi più giovane di loro.
L’affluenza resta un problema primario se insieme al PD c’è solo la Lega e la Destra, tenuto conto che sono – a differenza del centrosinistra – in crescita anzichè in calo. Salvini ormai è sicuro: “Siamo la vera alternativa al Pd. Renzi dovrebbe preoccuparsi, stiamo arrivando”. E come non dargli torto se NCD e UDC sono al lumicino?
Affluenza che affonda duramente le  5S, se in quattro anni son cresciuti solo di 23.000 voti in tutto su 3,5 milioni totali, ed ha voglia Grillo a dire che: “l’astensionismo non ha colpito il M5S”.
Morale della favola le elezioni  sono andate davvero male: non c’è solo l’Emilia Romagna con il suo astensionismo generalizzato. C’è anche la Calabria, una regione notoriamente ‘difficile’, dove PD  e Sinistra ottengono un risultato plebiscitario (61%) ma in realtà potranno contare sul consenso effettivo di un solo cittadino su quattro …

E che le elezioni siano andate davvero male si vede anche dalla scomparsa delle forze centriste, che preannunciano un oligopolio della sinistra nel medio periodo e delle debacle alla Obama o alla Hollande nel lungo (dieci anni).
Forse in tempi anche più brevi, se Matteo Renzi  non dimostrerà rapidamente di voler dare una risposta ai milioni di lavoratori (e contribuenti Inps ed ex Inpdap) danneggiati dalla Riforma Fornero.

Tra poche settimane lo ‘scudo’ del mandato europeo si  esaurirà e la fragilità del governo (come dei 5S) verrà tutta in luce: praticamente tutti i dirigenti pubblici  con ruoli esecutivi sono nati tra il 1950 e il  1962, proprio la fascia d’età che è esclusa ‘da sempre’ dal dibattito politico nel nostro  Paese.
Il vuoto di consensi che si sta allargando a macchia d’olio in Italia deriva anche e soprattutto dall’esclusione di un’intera generazione dai  ruoli direttivi della società, pur dirigendola come esecutivi, cioè garantendone quel poco di  servizi e di  produttività che restano. Una generazione che il sessantenne Grillo ed il quarantenne Renzi escludono a priori, dimenticando  che finchè non convincono (o coinvolgono) proprio questi  opinion maker – ovvero i padri dei ventenni e i figli  dei settantenni – non convinceranno gli altri …

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Iva e Imu: le bugie con le gambe corte

14 Giu

Il fronte dell’Iva potrebbe essere la caporetto del Governo Letta, se si avvererà l’aumento, a partire dal primo luglio, riguardo il quale il ministro per lo Sviluppo Economico, Flavio Zanonato, è perentorio: “fra 16 giorni, senza che il governo faccia nulla, visto che è stato un provvedimento già deciso dal precedente esecutivo, noi avremo l’Iva aumentata di un punto dal 21 al 22%.”

Una situazione confermata anche dal ministro per l’Economia, Fabrizio Saccomanni: “Siamo consapevoli degli effetti negativi che un aumento può provocare, anche se il reperimento delle coperture alternative potrebbe essere non meno gravoso.”

Una situazione analoga anche sull’Imu. “Si tratta di un’imposta che se dovesse essere eliminata comporterebbe un onere di finanziamento di 4 miliardi l’anno che, se si aggiungono ai 4 miliardi per l’Iva, fanno ipotizzare la necessità di interventi di tipo compensativo di estrema severità che al momento attuale non sono rinvenibili”.

Cosa accadrà alle famiglie ed alle piccole imprese, prese tra Scilla e Cariddi, Iva e Imu, è presto detto: meno consumi, più debiti.
E cosa resterà da fare, se non andare al voto dopo un brevissimo governo tecnico, per modificare il Porcellum seguendo le “prescrizioni” della Corte Costituzionale, che ha espresso ampi dubbi di costituzionalità sulla legge con cui abbiamo votato per otto anni e tre elezioni?
Perchè il Partito Democratico ha demandato ‘a diciotto mesi’ la riforma della legge elettorale, invece di adempiere subito, come chiedeva, viceversa,  il capogruppo del Pdl alla Camera, Renato Brunetta? E perchè il Centrodestra rifugge dal ritorno alle preferenze in scheda elettorale, mentre si rifugia in un obsoleto ‘progetto Forza Italia’?

Intanto, le bugie hanno le gambe corte e, dopo i fatti turchi, mancano solo l’Italia e la Spagna alla conta dei paesi del Mediterraneo precipitati nel caos.

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Il PD trionfa … nel deserto

11 Giu

Ve lo immaginate voi l’inesperto Ignazio Marino ad amministrare l’Urbe e la sua Suburbia con una maggioranza bulgara – e di estrema sinistra – in Campidoglio, mentre due romani su tre borbottano, diffidano e reclamano, con promesse impossibili da mantenere e un debito da record, consolidato fin dalla gestione Veltroni?

Oppure, che accadrà a Catania,  dove Enzo Bianco si accinge a diventarne sindaco per la quarta volta in sei consigliature e senza neanche le primarie ‘democratiche’ per sceglierlo, raccogliendo meno del 20% dei consensi effettivi, in una Sicilia dove l’astensionismo è arrivato al 66%.

Od a Treviso e Brescia, dove i neosindaci del Partito Democratico dovranno gestire una coalizione che va dalle liste civiche ‘moderate’ alla sinistra estrema, mentre tra astenuti e oppositori, anche lì, possiamo contare due cittadini su tre.

I giornali titolano, intanto, il Partito Democratico vince nelle città e trionfa a Roma. Peccato che nella Capitale il 51% degli elettori si sia astenuto e che il ‘trionfo’ consista in un misero 30,8% della base elettorale.

In realtà, infatti, non è il PD a vincere, bensì l’Ulivo, ovvero ritorna in auge l’idea di una coalizione antiberlusconiana, oggi ‘antidestra, che in altri tempi si sarebbe chiamata ‘fronte popolare’ e che da sempre è pervenuta ad una sola conclusione: conflitti irrisolvibili interni alla maggioranza, nuove tasse e nuove spese, incremento delle tensioni sociali.

Ed è altrettanto vero che, al momento, un elettore su due sarebbe disponibile a votare un ‘nuovo’ partito, purchè dotato di un programma credibile, del personale esperto ed un editore che voglia sostenerlo.

Molto probabile che, andando per queste vie, il Partito Democratico si ritrovi a dover fare i conti con una dura realtà: i pro ed i contro di poter contare su uno zoccolo duro, che a ben vedere è sempre più eroso.

Infatti, il 30,8% effettivo di Marino è molto lontano dal quasi 40% effettivo raccolto da Veltroni meno di dieci anni fa a Roma, senza che siano particolarmente cambiati i dati demografici od economici della città.
Certamente, ha influito l’invecchiamento del proprio elettorato e la diminuzione del numero di anziani, fedelissimi elettori dell’ex-PCI, come hanno pesato i gravi errori delle giunte ‘rosse’, se ha votato solo il 40% a Tor Bella Monaca, tra case popolari e famiglie under50.
Ma è anche vero che il ricambio generazionale è scarso e limitato – sia in termini di età anagrafica sia di mentalità – se a Siena è un funzionario del Monte dei Paschi a diventare sindaco e se a Viterbo è l’ex Presidente della Coldiretti provinciale e Presidente del Consorzio Agrario.

Il Partito Democratico ha preso “tutti i capoluoghi”, “trionfa a Roma”, si esalta per il “cappotto”, ha vinto questa tornata di elezioni amministrative, ma è il popolo italiano – quello ‘sovrano’- che ha perso anche queste elezioni. Un dato ormai certo, se in Italia siamo arrivati al 51% degli astenuti (con punte del 66%), mentre la legge elettorale (Porcellum) è incostituzionale ed, in barba al ballottaggio, ai Comuni si vota con coalizioni blindate e di cartello.
Una dura sconfitta per il PdL, ma anche una vittoria di Pirro, sia per il tipo di coalizione vincente, sia per il rifiuto di una larga parte degli elettori, sia per i deficit enormi che si dovranno affrontare – almeno fino alle elezioni tedesche ed al semestre italiano in UE – dopo aver promesso, in poche parole, la fine della Crisi ed il ritorno del Bengodi …

Intanto, dalla sponda opposta, l’esperto Fabrizio Cicchitto invoca «un salto di qualità nella costruzione di un partito che sappia tenere assieme una leadership carismatica e un partito forte, democratico, capace di discutere e scegliere, anche attraverso consultazioni interne, i suoi dirigenti», prima che sia troppo tardi.

Almeno un elettore su due sarebbe disponibile a votare un ‘nuovo’ partito, purchè dotato di un programma credibile, di personale esperto e di un editore che voglia sostenerlo.
Il conto alla rovescia è iniziato?

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Bassa affluenza, governo a termine

10 Giu

Nell’intervista concessa ieri dal Presidente Giorgio Napolitano ad Eugenio Scalfari di La Repubblica emergono tutti i non sense dell’attuale situazione italiana e le cause profonde del crollo dei consensi e dell’afflusso alle urne.

Innanzitutto, l’ammissione che quello attuale è un governo di “sopravvivenza istituzionale” che è un po’ come dire che è rimasta solo la facciata, specialmente se è il Capo dello Stato a chiarirlo.
Un governo con le gomme bucate, se per Giorgio Napolitano bisogna farlo vivere “per un’esigenza minima di stabilità” e, poi, “ognuno riprenderà la sua strada”.
Eppure, fu proprio il Presidente della Repubblica a dare mandato a Gianni Letta di formare un governo di programma, che, per altro, è sostenuto da una maggioranza ampissima.

Inoltre, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ritiene che la priorità per il Paese è di “creare le condizioni, anche con una certa discrezione, per una intesa per una nuova legge elettorale, indipendentemente dai correttivi urgenti che possa suggerire la Corte costituzionale“, precisando di non essere “intenzionato a rivivere l’incubo di quei mesi durante i quali nella commissione Affari costituzionali del Senato si è pestata l’acqua nel mortaio e non si è stati capaci di partorire nessuna riforma elettorale avendo tutti i partiti giurato che bisognava farla”.

In parole povere, sembra una conferma ‘autorevole’ che il Parlamento, creato da un sistema elettorale incostituzionale, non sia del tutto legittimato e, conseguentemente, il governo.

Napolitano da ragione a Beppe Grillo?
Forse no, non nei modi di sicuro, ma il richiamo alle responsabilità epocali di tutte le compagini politiche è chiaro: le riforme per il Paese “devono essere nella maggior misura possibile concordate, fermo restando che poi un’alleanza politica è sempre un’alleanza a termine, in modo particolare quando è un’alleanza eccezionale come lo è quella attuale”.

fotomontaggio pubblicato dal blog di Beppe Grillo

Se, dunque, è falsa la notizia “di un termine posto dal Presidente della Repubblica alla durata dell’attuale governo“, Giorgio Napolitano ribadisce di nuovo, dopo l’intervista a Barbara Spinelli, tutto il proprio dissenso e la propria divergenza rispetto ad una situazione di stallo generale sempre più anomala.

”Mi si permetta di dire che a circa 40 giorni, vedo serpeggiare la preoccupazione che questa alleanza possa durare troppo, anzi, per l’eternità: francamente sono un po’ sbalordito”.

E, dopo lo scarso afflusso alle urne delle amministrative, come non prendere atto che tra post democristiani e post comunisti non si raccoglie, ormai, più del 30-40% dei consensi e che il resto degli italiani è in attesa di proposte politiche diverse? Qual’è il messaggio che arriva dai cittadini se Alemanno o Marino ‘fa lo stesso’ per oltre un milione di romani?
E, viste le liste del Porcellum e gli eletti al Parlamento, come non pensare che è un’anomalia dichiarata che nel PD un terzo dei deputati sia un ‘politico di professione’ e che un parlamentare su dieci arrivi dal settore sanitario, quello dei buchi neri delle Regioni e dei circa 90.000 casi annui di malasanità? Oppure che i parlamentari (ed i candidati) esperti nella governance – provenienti dalla pubblica amministrazione, dalla magistratura e dalla carriera militare – siano davvero pochissimi, a differenza delle altre democrazie?

E quale etica, quale New Deal, quale senso di appartenenza nazionale può esserci se – ancora oggi, dopo secoli di disastri – che il messaggio evangelico ‘ama il prossimo tuo come te stesso’ si traduca – nella gestione del consenso e nelle alleanze – in un ben più prosaico e discutibile ‘volemose bene’, mentre, oprmai, ‘non c’è più trippa per gatti’?

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Spread or not to spread?

5 Feb

Riparte lo spread, la Borsa di Milano perde cinque punti in poche ore, il Wall Street Journal addita l’untore, l’allarme si estende all’Eurozona e, come al solito, la colpa sarebbe di noi italiani, cbe permettiamo a Silvio Berlusconi di candidarsi, di fare la sua campagna elettorale e magari di convincerci – alcuni o tanti – a votarlo.

Ovviamente, le cose non stanno esattamente così.

Innanzitutto, lo spread risale per diversi motivi, a partire dal dato congiunturale con l’Eurozona che resta stagnante in tutta l’area mediterranea, mentre l’Europa vede la Gran Bretagna e la Svezia sempre più diffidenti.

In secondo luogo perchè la vicenda MPS – la banca, ma soprattutto la fondazione – rivela un sistema incompatibile con le logiche di un liberale o di un finanziere e lascia ombre indelebili su quel Partito Democratico che Monti e Bersani stavano faticosamente cercando di accreditare come unico partner di governo possibile ed affidabile per futuro premier italiano.

Infine, perchè, salvo Mario Monti, praticamente tutti i nostri politici – e non solo Berlusconi –  hanno ‘promesso di abbassare le tasse in caso di elezione’, dato che si rivolgono ad un paese in recessione e devastato dalla disoccupazione, anche a causa di una delle più esose leve fiscali del mondo. Chi li ha promessi alle aziende, chi ai meno abbienti, ma tutti hanno promesso.

Dunque, c’è poco da agitare la pubblica opinione con il ‘fantasma di Berlusconi’, dato che il problema è generale e che alcune promesse rispondono a precise istanze del popolo italiano.

Infatti, chi di spread ferisce potrebbe, addirittura, di spread perire: gli italiani associano il termine al salasso che Monti e Bersani gli hanno inflitto e ad un qualcosa che la Germania avrebbe potuto/dovuto fare e non ha fatto.

Mandare gli italiani al voto con lo spread in risalita potrebbe generare una situazione imprevedibile.

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L’elogio del non voto

30 Gen

Più si avvicina il giorno fatidico delle elezioni e più l’elettorato italiano appare in crisi, dinanzi allo scenario malconcio e malfermo della politica italiana, ed anche i sondaggi più edulclorati confermano la valanga dei non voti, che le urne si appresteranno a sfornare a breve.

A partire da tutte le liste che non raggiungeranno un quorum arrivando a quelle che riusciranno a collocare si e no una manciata di parlamentari.

Passando da coloro che voteranno il Movimento Cinque Stelle di Grillo o la Rivoluzione Civile di Ingroia, i cui parlamentari dovranno scegliere se diluirsi nei partiti maggiori od attestarsi per una lunga battaglia d’opposizione che, finora, neanche il Partito Radicale ha avuto la forza di sostenere.

Proseguendo per quanti, abitando in regioni relativamente piccole, per ben che vada e qualsiasi cosa votino, vedranno al massimo due-tre eletti nella lista che hanno scelto.
Pervenendo, infine, a quanti annulleranno la scheda o non voteranno del tutto.

Una situazione che è confermata da tutti i sondaggi, come ad esempio, il più recente, pubblicato ieri da EMG Srl per La7, dal quale emergono alcuni dati interessanti.

Innanzitutto, per raggiungere le 1.000 adesioni necessari al campione sono stati necessari ‘solo’ 5.241 contatti, a fronte degli oltre 7.000 che erano necessari meno fa, che conferma, indirettamente, un rientro dell’astensionismo nell’ordine del 30-35% e non più del 45-50%, come mesi fa.
Infatti, EMG stima un’affluenza del 72,3% (28,7% di astenuti), mentre gli indecisi sul voto sarebbero al 9.2% e le schede bianche previste al 2.4%.

In quest’ottica è impossibile che un partito (ad esempio il Partito Democratico) possa ‘governare con il 30%’, come qualche chiacchiera da politicanti raccontava un paio di mesi fa.

Il ‘peggio’ viene dopo, andando a vedere come si andrebbero a ripartire le preferenze degli elettori, secondo EMG.

Infatti, la coalizione di Centrodestra è data al 28% (PdL  20.0% – Lega  4.7% – La Destra: 1.6% – Fratelli d’Italia 0.7% – Altri 1.0%), mentre il Centrosinistra raccoglierebbe il 36,8% (PD 30.7% – SEL 4.7% – Altri 1.4%) ed i Montiani solo il 14,5% (UDC 3.1% – Con Monti 9.6% – FLi 1.8%). A Rivoluzione civile andrebbe il 5.0% ed al M5S il 13.5%.

E’ chiaro a prima vista che l’unica alleanza di governo che arriva dai numeri è tra Montiani e Centrosinistra, ma con due enormi talloni d’Achille:

  1. il Senato in bilico od all’opposizione, dato che una Lega al 5% nazionale con il PdL in ripresa equivale a dire che la Lombardia e Veneto – con il loro pesantissimo premio di maggioranza – non andranno al Centrosinistra, come è prevedibile che accada anche in Campania ed in Sicilia, se Ingroia è al 5% ed il Grande Sud oltre il 10%;
  2. in una coalizione tra Montiani e Centrosinistra sarebbe la Sinistra a far da ago della bilancia e non i moderati, visto che le istanze sostenute da SEL non sono granchè diverse da quelle del M5S o di Ingroia & compagni.

Dai dati pubblicati da EMG, però, traiamo anche un’altra informazione, ovvero che una coalizione tra Montiani, PdL e PD – analoga alla Grosse Ammucchiata che già conosciamo – raggiungerebbe il 65,7% dei consensi elettorali, garantendo sia la stabilità sia la durevolezza del governo, anche in caso di defezioni.

Un Monti bis alla stessa identica stregua, salvo Vendola, di quello sollecitato da Giorgio Napolitano ed Eugenio Scalfari a suo tempo.

GROSSE AMMUCCHIATA

Purtroppo, però, una tale coalizione non garantirebbe – nè a noi italiani nè all’Eurozona nè ai mercati – che andrà a produrre – con celerità, semplicità ed equilibrio – le sostanziose riforme di cui ha bisogno il nostro paese da almeno 20 anni.

Tra l’altro, sono esattamente gli stessi che, durante l’anno appena trascorso, ci hanno subissato di tasse e tributi, per finanziare fabbriche militari e salvare banche al lumicino, mentre la spesa pubblica cresceva, il Porcellum restava, le province ed i piccoli comuni non venivano aboliti, senza dimenticare le pensioni ‘progettate’ a difesa dello status quo, ovvero a favore di una sola generazione.

E, se un popolo non crede, accade anche che non obbedisca e non combatta …

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Un mese per convincerci

30 Gen

Mario Monti non appare avere nè quel minimo di carisma politico nè quel tot di relazionalità mediatica, che gli sarebbero necessari per gestire l’Italia senza ritrovarsi con un Parlamento forse saldo, ma con un’opinione pubblica all’isteria. Questo, insieme alle sue idiosincrasie, sembra essere il primo problema che l’Italia dovrà affrontare nel dopo-elezioni.

Abbiamo potuto constatarlo tutti, ieri mattina su La7, dove è riuscito a rispondere con aride visioni economiche e/o sistemiche ai diversi interlocutori che cercavano di portarlo su tematiche sociali, di politica estera o di governance nazionale.

Se la comunicazione verbale lasciava alquanto a desiderare, non andava meglio quella complessiva.

Dalla giacca con le ‘spallone rinforzate che si vede lontano un miglio’, agli occhiali perennemente inforcati, mentre il suo sguardo si perdeva nelle riflessioni, anzichè cercare l’interlocutore od il telespettatore.
Fino alla totale assenza di empatia, nelle parole e nei gesti, verso le famiglie e le imprese sul lastrico o senza un futuro, proprio mentre gli altri contendenti alla premiership stanno ricordando a tutti che lui, Mario Monti, ha imposto sacrifici a pioggia per racimolare pochi miliardi, mentre ben più miliardi venivano spesi per troppi F-35 o peggio ancora bruciati per Monte Paschi di Siena.

Sullo sfondo, una precisa concezione etica della società ‘come dovrebbe essere’ che ricorda più un governatore mitteleuropeo di qualche località puritana od evangelica, piuttosto che un italiano che dovrebbe rappresentare gli altri italiani, che qualche difetto o vizio amano, magari, avercelo.

Dunque, se gli italiani, i Poteri Forti, l’Eurozona e anche Mario Monti vogliono dare stabilità, crescita e futuro all’Italia, sarebbe il caso che qualche spin doctor fornisca al più presto i dovuti consigli al nostro premier-professore e, soprattutto, che lui, Mario Monti, alla veneranda età di 74 anni, si lasci consigliare da qualcuno.

Ad esempio, constatando che, essendosi messo in politica, non può pensare di salvare un alleato – individuato non sulla base di un programma o di un’affinità ma solo in base a scelte preconcette – senza anche prevedere che, prima o poi, l’elettorato attribuirà a lui, Monti Mario, il fio di questa colpa.

Non può solo a lagnarsi dei partiti, dato che, agli occhi degli elettori, tra un mese ci andrà a braccetto.

Se vuole che gli elettori lo sostengano, deve dire le cose come stanno.

Ad esempio, che l’impianto degli F-35 è indispensabile per sostenere il comparto metalmeccanico in Piemonte e per consentire all’Italia di riprendere progressivamente il proprio ruolo equilibratore nel Mediterraneo, dopo 150 anni di assenza.
Che la riforma delle pensioni, così come voluta da Elsa Fornero, rassicura forse l’Europa, ma non la Corte dei Conti o l’INPS ed è, dunque, tutta da monitorare e, probabilmente, da rivedere.
Che Monte Paschi di Siena è quello che è, che era e che è stata.

Cose che van dette ora, visto che nell’arco dei prossimi 5 anni, della prossima legislatura, dovremo usare i nostri caccia. Come dovremo dare risposte ai nati tra il 1950 ed il 1958, ormai sessantenni, e riequilibrare un sistema pensionistico pubblico, che però vede 700.000 fortunati e 20 milioni di dannati. Ed anche dovremo chiudere la partita non solo di MPS, ma di tutte le ex-municipalizzate, degli enti territoriali e delle agenzie varie, i cui direttivi, sempre e solo di nomina politica, assorbono stipendi e benefit principeschi, dilapidando il bene collettivo.

Se Monti vuole governare davvero l’Italia, metta da parte le alleanze in fieri, prenda atto che corre da solo contro Bersani e Berlusconi e pensi ad arrivare in Parlamento con il maggior consenso possibile.

porcellum

Non si dimentichi di chi – sì sostenendolo, ma azzardando un governo di programma, anzichè tecnico – ha anche evitato una nuova legge elettorale, mettendolo nelle fauci dei capipartito, ovvero preannunciando che il suo governo non avrebbe completato la legislatura.
E non tema di promettere ‘lacrime e sangue’, se sarà anche capace di strizzare l’occhio al popolo per fargli capire che ‘i professori’ tengono anche loro alla famiglia – incluso il ‘solito cugino impresentabile’ – e che ‘i professori’ non sono quegli elitari giacobini di cui l’italiota serba orgogliosamente una pessima memoria.

Buon lavoro, Mr. Monti: le restano solo quattro settimane per convincerci.

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Il barile è raschiato. La cleptocrazia andrà a finire?

6 Giu

Oggi, ‘Il Jester’ esce con una efficace e sintetica disanima del fallimento di Mario Monti (Ecco i dati del fallimento del Governo Monti. Il gettito fiscale è diminuito di 3,5 miliardi di euro), analogamente alle notizie e riflessioni diffuse da questo blog ieri (DEF: i conti di Mario Monti, alla prima verifica semestrale, non tornano), aggiungendo che la “Corte dei Conti, proprio ieri ha denunciato l’eccessiva pressione fiscale che ha avvitato l’economia italiana in una recessione pericolosa.”

Sono andato a spulciare tra i suoi post di dicembre: anche Il Jester, come questo blog ed altri, ha sentito odore di bruciato e di marcio fin da subito.

Rispetto al post in questione, però, non mi allarmerei troppo per lo ‘spread’, dato che è evidente che non dipende da noi quano dalla Germania e dal sistema finanziario in-grassato dalle decine di migliaia di miliardi di Euro che dai paesi dell’Est le ‘oligarchie’ (mafie?) locali hanno riversato sull’Europa da 15 anni a questa parte.

Quello che preoccupa me e non solo è altro, come scrivevo ieri.

La riforma delle pensioni è vigente e sta facendo solo danni, la riforma del lavoro presenta troppe ‘dimenticanze’ e troppi salti in avanti per lasciar ben sperare, dei cacciabombardieri F-35 (che costano tantissimo) e dell’effettiva quantità non si è saputo più nulla.

Del Meridione inutile parlarne, neanche se impugna i Forconi o inneggia ai Briganti oppure, peggio ancora, se è vittima di un oscuro e gravissimo attentato a Brindisi. Niente per le donne, per l’istruzione e la formazione professionale nulla, la sicurezza che – neve o terremoti, viabilità o rapinatori – non c’è. Niente famiglia, niente bambini, niente anziani, niente disabili: non esistono nelle priorità di questa maggioranza di governo.

Solo farisaica ignavia e flaccida inazione per la Sanità, dove i giusti tagli hanno interrotto parzialmente il ‘Paese del Bengodi’, ma che, senza monitoraggio e government, sono in balia delle Regioni e dei loro dissesti o delle oligarchie che fanno da base consensuale di questo sistema partitico. I malati? Siano … pazienti. Il buco nero del deficit pubblico? Andiamo oltre …

Alle province da abolire per legge, ma che possono restare per legge. Oppure, alla riforma elettorale che non c’è, dato che – come la mettono la mettono – comunque la Partitocrazia perderà tanti seggi. Meglio tenesi le attuali mille poltrone mille …

Questo è lo stato attuale della Nazione e, da oggi, non è più un cittadino blogger a pensarlo: il disastro è firmato di loro pugno nel Documento di Economia e Finanza (DEF).

Cosa fare?

Continuare a rincorrere lo ‘spread’ è impresa folle, come lo fu quella di immettere nelle aste titoli con interessi del 7%: praticamente una corda al collo.

Continuare ad incidere sul welfare e sulle infrastrutture, sottraendo risorse, sarebbe la negazione del Programma di governo – poca roba – e, soprattutto, del Keynesismo, in nome di un ultraliberismo che non trova più adepti neanche tra i Repubblicani statunitensi.

Allo stesso modo, in nome di una stabilità che si sfilaccia di giorno in giorno, non si è voluto abbandonare al proprio destino Unicredit, aumentando il gravame sull’Italia e gli Italiani, come non si vuole prendere atto che il consenso dei partiti di governo è pressochè inesistente, vista l’astensione ed il voto espresso alle recenti amministrative.

Come anche, per più antichi ed imbarazzanti motivi, si evita di nominare il Meridione od a non pretendere efficienza e sobrietà dalle pubbliche amministrazioni, dagli ospedali, dalle scuole, dalla Politica e dai Partiti.

Dunque, è la realtà dei fatti a dirci che il barile è raschiato e va a finire questa cleptocrazia iniziata 150 anni fa con il saccheggio del Triveneto e delle Due Sicilie e con ‘l’acquisizione’ del patrimonio clericale.

Cosa ne sarà è difficile dirlo, visto il senso di ‘irresponsabilità’ verso la Nazione che questa gerontocrazia all’ultima spiaggia sta dimostrando.

L’unica cosa certa è che, con gente così al potere, non lasciamo spazio che agli speculatori ed agli usurai. Quale pazzo, ma onesto investitore giocherebbe le sue fiches sull’Italia?

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DEF: i conti di Mario Monti, alla prima verifica semestrale, non tornano

5 Giu

Circa sette mesi fa, dinanzi alle prime avvisaglie del Governo Monti, scrissi che questa gestione del paese ci avrebbe portato, prima dell’estate, allo stallo e/o al caos.

Diciotto giorni fa, annotai che “tra pochi giorni, i dati ci dimostreranno che l’inflazione è salita, le economie sulle pensioni non sono così tante, i cacciabombardieri F-35 non sono 131 e neanche 25″ e “delle richieste diffuse, anche tra i ceti più informati, di rimpasto del governo Monti o di elezioni anticipate.”

Oggi, il Corriere della Sera titola “Lo Stato incassa meno: entrate tributarie in calo. Il Def (Documento di Economia e Finanza): 3.477 milioni di euro in meno nei primi 4 mesi dell’anno rispetto alle previsioni” e aggiunge che sono “in flessione anche i ruoli per -93 milioni di euro (-4,5%), le poste correttive per -160 milioni di euro (-2,2%) e le entrate tributarie degli enti territoriali per -84 milioni di euro (-1,2%)”.

Un mese prima (e 66 giorni fa) scrivevo che arrivava l’inflazione, “un qualcosa di prevedibile se i commercianti non vendono (stagnazione) e le tasse aumentano vertiginosamente. L’alternativa sarebbe quella di vedere serrande callate e avvisi di fallimento.

Ricordiamo che inflazione e recessione non vanno molto d’accordo, anzi, non sono affatto sostenibili da un sistema produttivo-finanziario. Qualunque professore di economia o sostenitore di un “ordine mondiale” sa che la congiuntura va evitata a tutti i costi.

Un situazione che si sta accompagnando, ma saranno i dati di fine anno a confermarlo, all’inabissamento dell’evasione e della corruttela secondo un meccanismo abbastanza prevedibile. Infatti, il monitoraggio ossessivo dei conti bancari di chiunque sta creando (ed era prevedibilissimo) un circuito parallelo di attività saldate per contanti e, ovviamente, non fatturate o sotto-fatturate.

Questo è quello che provoca un Welfare iniquo ed una fiscalità esosa e sprecona. I libri di storia coloniale e del Terzo Mondo grondano di esempi simili.

Ma Elsa Fornero e Corrado Passera non lo sanno e non riescono a comprendere che sarebbero bastati una patrimoniale sui redditi, lo spacchettamento di Finmeccanica e l’abbandono di Unicredit agli squali tedeschi suoi partner per evitare la mattanza sociale, lo stallo economico del Paese, l’interessata inerzia tedesca.”

Adesso la frittata è fatta e volge alla fine la saccenza di Mario Monti e delle centinaia di ‘professori’ di cui hanno lautamente riempito ministeri e commissioni di lavoro.

Non è un caso che Fassina, l’esperto di economia pubblica del Partito Democratico, ha presentato “l’asso di picche” proprio ieri, paventando l’approssimarsi di elezioni anticipate.

Nulla di male, in Italia hanno praticamente floppato quasi tutti e nessuno ha pagato il pegno, anzi talvolta è stato richiamato a ‘completare l’opera’.

Il punto è che la riforma delle pensioni è vigente e sta facendo solo danni, la riforma del lavoro presenta troppe ‘dimenticanze’ e troppi salti in avanti per lasciar ben sperare, dei cacciabombardieri F-35 (che costano tantissimo) e dell’effettiva quantità non si è saputo più nulla.

Del Meridione inutile parlarne, neanche se impugna i Forconi o inneggia ai Briganti oppure, peggio ancora, se è vittima di un oscuro e gravissimo attentato a Brindisi. Niente per le donne, per l’istruzione e la formazione professionale nulla, la sicurezza che – neve o terremoti, viabilità o rapinatori – non c’è. Niente famiglia, niente bambini, niente anziani, niente disabili: non esistono nelle priorità di questa maggioranza di governo.

Solo farisaica ignavia e flaccida inazione per la Sanità, dove i giusti tagli hanno interrotto parzialmente il ‘Paese del Bengodi’, ma che, senza monitoraggio e government, sono in balia delle Regioni e dei loro dissesti o delle oligarchie che fanno da base consensuale di questo sistema partitico. I malati? Siano … pazienti. Il buco nero del deficit pubblico? Andiamo oltre …

Alle province da abolire per legge, ma che possono restare per legge. Oppure, alla riforma elettorale che non c’è, dato che – come la mettono la mettono – comunque la Partitocrazia perderà tanti seggi. Meglio tenesi le attuali mille poltrone mille …

Questo è lo stato della Nazione allo stato attuale e, da oggi, non è più un cittadino blogger a pensarlo: il disastro è firmato di loro pugno nel Documento di Economia e Finanza (DEF).

Complimenti, dunque, a Mario Monti, Elsa Fornero e Corrado Passera per … la loro capacità di ipnotizzare leader di partito e direttori di testate.

Purtroppo, per noi, però, i loro conti, alla prima verifica semestrale, non tornano.

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