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Rating Italia: le quattro domande di oggi

22 Feb

Era il 31 Agosto 2018, quando l’agenzia Fitch confermava il rating BBB dell’Italia, ma rivedeva al ribasso le proiezioni da ‘stabili’ a ‘negative’.

BBB significa che, quando si è insediato il Governo Conte, l’Italia aveva “adeguate capacità di rispettare gli obblighi finanziari. Tuttavia, condizioni economiche avverse o cambiamenti delle circostanze sono più facilmente associabili ad una minore capacità di adempire agli obblighi finanziari assunti.”

Ieri, la Camera ha approvato l’ennesimo rinvio sull’Alta velocità Torino-Lione senza che neanche fosse presente in aula il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli.

Domani, con la Tav in sospeso tra spese e pesanti penali, quante possibilità ci sono che qualcuno valuti che in Italia “il dover fronteggiare condizioni di incertezza economica, finanziaria, amministrativa potrebbe interferire con le capacità di soddisfacimento degli obblighi assunti”?

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Alla fine del 2018, l’Istat registrava una “accentuata diminuzione tendenziale per i beni di consumo (-7,2%) e per i beni intermedi (-6,4%); diminuzioni più contenute si osservano per l’energia (-4,4%) e per i beni strumentali (-3,5%).
Tutti i principali settori di attività economica registrano variazioni tendenziali negative. Le più rilevanti sono quelle dell’industria del legno, della carta e stampa (-13,0%), delle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-11,1%) e della fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche, altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (-7,9%).

Dopo aver annunciato una crescita del Pil che non c’è stata, di quanto si è avvicinata l’Italia a non essere più considerata un paese dove investire (BBB), ma solo dove speculare (BB)?

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La speranza è di un rating BBB-1, che eviterebbe questo disastro, ma anche in questo caso gli ‘aiuti’ dalla BCE di Mario Draghi non arriverebbero prima dell’estate e – soprattutto –  il rialzo (spread) del rendimento dei Btp finirebbe col pesare su PIL, debito e deficit con buona pace della legge di bilancio del governo Conte.

Con l’Autonomia Amministrativa e Finanziaria in corso, cosa ne sarà dei rating – ad esempio – della Regione Lazio (BBB- Fitch), della Campania (BB Fitch) o di Roma Capitale (BBBa3 di Moody’s, analogo a BBB- Fitch)?

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Grafico Fondazione Edison

L’Italia ha un rating BBB da tempo e convive con la possibilità che “cambiamenti delle circostanze sono più facilmente associabili ad una minore capacità di adempire agli obblighi finanziari assunti.”

Quali  “cambiamenti delle circostanze” ha avuto l’Italia da marzo 2018 in poi, con accentuazioni continue dello spread, della spesa, del debito e del deficit, come del calo della produzione industriale e dei consumi?

Demata

I titoli di Stato italiani, la sottile leggerezza del populismo e la stretta dell’anaconda

24 Ott

Solo il 32% del debito pubblico italiano è in mano a istituzioni finanziarie straniere. L’Italia è anche il Paese in cui le istituzioni finanziarie residenti, cioè le banche e le assicurazioni italiane, sono più attive nell’acquisto del debito pubblico dello Stato.

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Gli acquirenti del debito pubblico italiano, infatti, sono al 62% da soggetti italiani tra cui il sistema assicurativo italiano detiene da solo poco più di un sesto del nostro debito sovrano.
A questi va aggiunta anche la quota di debito pubblico in mano alle famiglie che è intorno al 5-6% e questo significa che oltre due terzi dell’intero debito è in mano ad italiani, siano essi società, banche, assicurazioni o famiglie.

Ecco chi ci guadagna quando lo spread sale e con esso l’interesse dovuto agli investitori.

Tra gli stranieri troviamo la BCE tramite Bankitalia, con una quota che si aggira oggi intorno al 13-14%, cioè intorno ai 350 miliardi di BTP. In altre parole, gli investitori stranieri non pubblici posseggono meno del 30% del nostro debito pubblico.

Il problema, però, è che questi investitori ci stanno abbandonando da maggio scorso al ritmo di 35-40 miliardi euro al mese, cioè in cinque mesi gli stranieri hanno venduto circa 4-5% del Debito Pubblico italiano che ‘possedevano’ in titoli di Stato.

Complotto? E quale investitore cederebbe i propri titoli sapendo che così  l’interesse aumenterà di valore? 

Cosa sta accadendo? A parte la fragilità di un governo formato da due partiti populisti di opposta impostazione, c’è il ‘successo’ delle politiche finanziarie di quel Donald Trump che Salvini e il Centrodestra come il Premier Conte tanto ammirano.

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“Il Treasury bond americano è soprannominato l’anaconda perché non attira l’attenzione, dormendo per la maggior parte del tempo, ma quando si sveglia è micidiale e provoca un vero e proprio terremoto. Il rendimento è in risalita, ormai al 3,354% e questo fa paura persino a Wall Street, perchè ad esso “sono agganciati i tassi di milioni di mutui e il prezzo che i governi e le società devono pagare per il proprio debito.” (Milano Finanza)

Il prezzo che i governi e le società devono pagare per il proprio debito …

Piuttosto, con lo spread che sale ed il Populismo che grida al complotto finanziario, ma il Presidente Mattarella che ribadisce il mettere “i conti a posto”,  perchè il nostro Ministero dell’Economia e Finanze continua a bandire aste per Bot , come quella annunciata il 24 ottobre 2018 per sei miliardi di euro?

E come lagnarsi che il rating nazionale si abbassa, se il recente riacquisto del BTP Italia in scadenza il 23 aprile 2020 è stato solo “pari a 3,8 miliardi di euro, a fronte di una offerta complessiva pari a circa 7,1 miliardi” e il MEF ha annunciato la “contestuale emissione di ulteriori tranche di titoli” BTP in scadenza nel 2025, 2026, 2028, 2029 e 2046 …

Demata

In difesa delle Agenzie del Rating

24 Ott

Diciamolo subito: le Agenzie di Rating non piacciono perchè sono ‘privatissime’. Vero, ma perchè mai credere che il ‘pubblico’ sia onesto, veritiero, oculato, corretto, se il sistema del rating privato divenne ‘istituzione’ proprio dopo che la SEC ‘non si accorse’ dell’enorme truffa perpetrata da Madoff.
Rating privato che venne poi coinvolto nello scandalo Enron, di matrice politica-corruttiva (cioè pubblica), ma – a differenza della SEC – l’agenzia (Andersen Consulting) ne uscì azzerata, seppur fosse storica e famosa.
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Andando a Moody’s, diciamo anche subito che ha pagato amaramente le “sviste” dei suoi funzionari con i mutui USA, versando in multe qualcosa come il ricavo netto di due anni e perdendo una bella fetta di credibilità.
A proposito, dispiacerà ai cospirazionisti, ma il primo azionista di Moody’s, con il 13,4% del capitale, risultava a fine dicembre del 2009 secondo rilevazioni Reuters, Warren Buffett, il guru di Omaha con il suo fondo Berkshire Hathaway. Molto minore il contributo di Black Rock – additata dai complottisti – e aggiungiamo che ci sono tutti: Vanguard, Investco, Morgan Stanley etc.

Che ci fanno gestori di fondi nel capitale di chi dà i voti ai bond emessi dalle stesse società che abitualmente un gestore compra e vende?
La prima risposta è semplice: si sta lì perché si guadagna e perché i fondi in America sono da sempre gli investitori istituzionali per eccellenza. La seconda è più maliziosa, ma indotta da questa strana presenza. Stare nel capitale di chi determina i destini di una miriade di società magari è utile per avere accesso a informazioni privilegiate.” (Sole24Ore

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Inoltre, quella che qualcuno chiama ‘quota di controllo’ da una società maggiore a una minore, un altro può chiamarla ‘quota di partecipazione’ di una società minore in una maggiore. Considerato che gli azionisti privilegiati spesso sono imparentati tra loro, direi che è davvero solo una questione di punti di vista.

Ad esempio, potremmo chiederci cosa sarebbe accaduto se la Fiat, alla morte di Gianni Agnelli, avesse preso la via della procedura ‘pubblica’, come per il Lodo Mondadori, anzichè quella di un accordo flessibile tra privati.
Non avremmo di certo la Fiat che oggi produce tanto al Sud e non avremmo a Torino quella oggi chiamata Jeep, che consente all’Italia di superare il vincolo commerciale sui fuoristrada inserito nell’Armistizio. 

Tutto qui: la Storia ci insegna che, fin dall’Ottocento, se i Poteri Forti vogliono intervenire in Politica, caso mai comprano un giornale, una casa editrice, una televisione, un partito. Meglio ancora qualche leader del Popolo, politico o sindacalista o demagogo che sia. Perchè usare un qualcosa chiamato ‘terrorismo finanziario’ che – applicato ad un G8 come l’Italia – equivarrebbe ad un terremoto di scala elevata con corrispettivo tsunami dall’altra parte del mondo? Quale analista potrebbe permettersi di proporre una cosa simile senza essere licenziato in tronco per ‘vandalismo’?

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Tra l’altro, c’è che il Popolo, anche secondo Carlo Marx, è da sempre noto per essere povero se non indigente, perchè privo di capacità produttiva se non sfruttando la propria stessa prole (proletari). 
Gran parte della ricchezza esistente oggi trova origine non nel Popolo o nella Proprietà terriera, ma in un unico processo chiamato Espansione Scandinava, poi Olandese ed infine Anglo-Sassone, che che ha creato l’Evo Moderno con saccheggi, piraterie ed usurpazioni, poi ‘investite’ in hub, fabricae e plusvalenze, che sono le radici della Società Contemporanea, cosmopolita, commerciale, tecnologica: industriale.

Un New Brave World con le sue Temporary Autonomous Zone ed i  suoi Stati Nazionali che progressivamente le assorbivano. Un’Idea, degli Ideale, certe Ideologie che hanno squassato l’Umanità con guerre e progresso per quasi due secoli, di cui uno a velocità iperbolica, il Novecento, secolo ‘breve’.
Già, perchè il Progresso non è sempre e comunque un fattore di arricchimento, come disse il capo di una tribù antillana specializzata nella produzione di conchiglie decorative (cioè ‘valuta’ locale), che divenne da ricchissima a poverissima poco dopo lo sbarco di Colombo nelle Americhe.

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Riepilogando,

  • il ‘sistema’ del rating prende piede dopo la Crisi di Wall Street per ovvi motivi di sicurezza della Borsa stessa 
  • viene progressivamente esteso nel Dopoguerra al sistema pubblico, cioè al Mercato Valutario, visto il disastro di Weimar che aveva portato all’affermazione di Hitler e l’enorme afflusso finanziario correlati al Piano Marshall e al subentro USA in alcune aree post coloniali
  • con la Crisi del Petrolio e il disallineamento Dollaro-Petrolio-Oro, l’esigenza di rating sulle valute (cioè sulla forza produttiva e finanziaria degli Stati) divenne importante come lo divenne a seguire per il mercato della delocalizzazione industriale, con l’esplosione delle Futures
  • poi, lo scandalo Madoff rese chiaro a tutti quanto fosse poco opportuno un controllo sulla ‘affidabilità’ pubblico, date le ripercussioni possibili sulla valuta gestita dal controllante (SEC), ed arrivammo ad affidarlo alle Agenzie di Rating che così bene funzionavano nel privato
  • a seguire, scoprimmo che la Politica – cioè  coloro che noi eleggiamo – era … in grado di corrompere anche le Agenzie di rating, a partire dall’emblematico Caso Enron
  • molti dimenticano che le Agenzie di Rating valutano gli investimenti e questo implica di ‘difetto’ di sopravvalutare una nazione africana ricca di diamanti e povera di tutto inclusa la possibilità di sfruttare a pieno tale ricchezza rispetto ad uno stato europeo che ormai ha tutto ma che anche consuma tutto.

Piuttosto, dopo il crollo del Ponte Morandi e pure quello della Metro Repubblica di Roma Capitale, abbiamo tutti qualcosa da considerare: il sistema di Bilancio dello Stato italiano non consente di includere tra le Spese Fisse la manutenzione, neanche quella ordinaria. E le Entrate non possono essere destinate direttamente alla gestione, prima vanno a Bilancio centrale e poi ritornano agli Enti periferici. Per questo viene dato tutto in concessione.

Che Rating daremmo ad una Nazione che non prevede di manutentare le proprie infrastrutture (scuole incluse) od a delle Regioni che scaricano i debiti sulle infrastrutture sanitarie così rendendole incapaci ad operare?

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Tra l’altro il Debito Italiano sta lì dal 1974 ed era così già nel 1861. Noi siamo quelli che due giorni dopo lo stipendio già stanno con il bancomat a debito ed a chiedere rinvii ai commercianti. 
Quasi quasi ringrazierei le agenzie di rating per la loro clemenza …

Demata

Cronache di un’Italia colonizzata

22 Ott

Mario Monti spera che «grazie a noi si dica che l’Italia non è stata colonizzata dall’Europa e ha mantenuto la sua sovranità».

Quasi in simultanea, però, TGcom24 ci informa che “non c’è stato nessun incontro a Palazzo Chigi sul futuro dei vertici di Finmeccanica“, dopo che la Uilm aveva annunciato “che Finmeccanica ha confermato di voler passare “da una quota di maggioranza a una di minoranza” in Ansaldo Energia, l’azienda genovese oggetto di trattative per una dismissione, e ha confermato anche trattative con un partner “estero” per la cessione di Ansaldo Breda.

Riguardo gli F35, “l’impianto Final Assembly and Check-Out (FACO) sulla base aerea novarese partirà a regime ridotto, con inevitabili aggravi di costo cui si aggiunge per il Governo – che li ha spesi – l’onere di recuperare i circa 800 milioni di euro investiti per realizzare la struttura. … Non mancheranno tuttavia di avere conseguenze almeno indirette sul nostro Paese i nuovi contrasti fra Pentagono e Lockheed sulla conduzione complessiva del programma, con una sovrapposizione di attività che porta a risultati negativi sul piano del costo-efficacia … Il Pentagono è preoccupato fra l’altro per le difficoltà di sviluppo del software dell’aereo, la non corretta pianificazione de collaudi, la vulnerabiltà ai “cyberattack” del sistema logistico integrati“. (fonte AnalisiDifesa.it)
Intanto, il futuro ‘civile’ di Alenia Aermacchi, il Superjet 100, è al 49% della Sukhoi, che ne gestisce anche la commercializzazione in Europa. Dulcis in fundo, i piani alti di Finmeccanica sono scossi da scandali che raccontano di tangenti, commesse sporche e leader di partito.

Restando all’aereonuatica, abbiamo di recente scoperto che il Commissario europeo alla Concorrenza ha aperto un numero impressionante di procedure contro aeroporti di piccole e medie dimensioni per finanziamenti illeciti alle compagnie aeree, che non pochi aeroporti italiani che non sono in grado di sostenersi senza aiuti pubblici, che si prospettano “tagli ben più drastici di quelli proposti dal piano elaborato dal ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, mettendo a repentaglio persino aeroporti centrali come Genova, Bologna, Firenze o secondari come Ciampino” (fonte Gazzettino.it).

Intanto, giorni prima, Alitalia annunciava 690 esuberi a fronte di diverse centinaia di milioni di perdite ed un magistrato la condannava per ‘monopolio sulla tratta Roma-Milano”, ordinando di “liberare entro il 28 ottobre gli slot necessari all’ingresso sul mercato di un altro competitor.”

Ricordiamo che l’INAIL racconti di “cantieri navali senza più ordini, di fatturato dimezzato sul pre-crisi dei posti barca, di porti deserti” o che Tassinari, presidente di Coop Italia annunci che “la grande distribuzione soffre per la caduta dei consumi provocata dalla crisi. Ci aspettiamo, per la prima volta dopo 20 anni, non solo la chiusura di punti di vendita, ma la cessione di rami d’azienda e purtroppo anche la chiusura di imprese distributive“. Mettiamo in conto anche che a Torino si fanno le Jeep ed a Pomigliano ‘solo la Panda’, che ILVA Taranto è affogata nell’inquinamento, che da alcuni mesi Parmalat fa parte del gruppo francese Lactalis, che ne ha acquisito l’83,3%, ed andiamo alla sostanza: le Banche.

Di Unicredit si legge, in questi giorni, di “voci che corrono sul taglio di 35mila bancari, ma secondo l’Abi di Mussari non sarebbero più di 25mila” (Dagospia), che “il consiglio ha anche cooptato Mohamed Ali Al Fahim quale consigliere. Mohamed Ali Al Fahim è attualmente responsabile della Divisione Finance dell’International Petroleum Investment Company, società di investimenti interamente detenuta dal governo di Abu Dhabi e controllante di Aabar, uno dei maggiori azionisti di Unicredit” (Milano Finanza), riguardo lo “scorporo della banca italiana dalla holding, l’ad Ghizzoni spiega che per ora e’ un tema che non e’ in agenda” (Borsaitaliana.it).

Una settimana fa,  Moody’s declassava la gloriosa Monte Paschi di Siena a livello ‘trash’, con un downgrade a «Ba2» da «Baa3», nonostante il ‘dono’  – è proprio il caso di dirlo – fatto dal governo Monti per 1 miliardo e mezzo di euro, tagliati a pensionati, scolari e malati.
Una situazione che richiedeva cautela, se parliamo di soldi pubblici, visto che, nonostante un ‘provvidenziale’ accordo tra MPS e CartaSì – siglato pochi giorni prima del report di Moody’s, “il primo in Italia di questo genere” – consentiva “all’istituto senese di diventare il quarto operatore per numero di carte emesse (circa 3,3 milioni) sul mercato nazionale” (fonte MPS), l’agenzia di rating ritiene «che ci siano probabilità reali che la banca abbia bisogno di ulteriore aiuto esterno nell’arco dell’orizzonte del rating. Come gli stress test dell’European Banking Authority (EBA) e della Banca d’Italia hanno mostrato, Mps non è stata in grado di aumentare la propria base di capitale ai livelli richiesti».

A cosa si riferiva, allora Mario Monti con ‘abbiamo mantenuto la sovranità’? Quali informazioni lo inducono a promettere che «pochi mesi, spero pochi, che ci mancheranno all’emergere chiaro di segni di ripresa»?

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Allarme Italia in crescita

17 Lug

Mentre il ‘fantasma’ del Berlusconismo si aggira nelle sale di Montecitorio e nelle redazioni dei nostri media, visto che il PD solo alleandosi con l’UDC può sperare di vincere le prossime elezioni, accadono cose  davvero inquietanti.

A partire dal documento pubblicato da The Guardian, quasi in simultanea con il de-rating di Moody’s, dal quale è possibile evincere – in tutta la sua ‘grandezza e piccineria’ – il disastroso bilancio dello Stato italiano. Nessuna eco dalle nostre parti, come del resto atteso.

Oppure, il Presidente della Repubblica che – mentre si avvicina il semestre bianco preelettorale – tacita per ‘conflitto istituzionale’ l’inchiesta palermitana sulla cospirazione che portò alla morte di Falcone, Borsellino e relative scorte, con il seguito di stragi e trattative mafia-Stato. Cosa di talmente imbarazzante (e lampante) deve esserci in quelle intercettazioni?

E che dire dei tanti e tanti consigli locali che si sono incrementati i vitalizi a pochi mesi dalla fine dei mandati, se non prendere atto che ‘i topi scappano quando la nave affonda”‘? O del Fondo Monetario Internazionale che va ad aggiungersi alla lunga fila di commenti negativi, specie riguardo la situazione sociale/politica e quella che è stata la sua gestione negli ultimi mesi?

Intanto, Eugenio Scalfari da La Repubblica – non quella di Platone, ma quella ‘all’amatriciana’ ed ‘espresso’ – ci invita a rileggere Marx e Keynes per scoprire i limiti dle Capitalismo. L’impressione è che l’invito sia diretto a Mario Monti e ministri vari, oltre che alla segreteria del Partito Democratico, dato che gli italiani questo l’hanno già capito da soli, specialmente da otto mesi a questa parte.

Varrebbe la pena di leggere d’altro e di più recente, sia Lei sia gli altri come Lei, egregio dottor Scalfari. Ad esempio, i brevi stralci che riporto.

Al di sopra dei governi, dei parlamenti, dei giudici, dei giornalisti, dei sindacati, degli intellettuali, delle chiese, degli eserciti, degli scienziati regnano casì i mercati finanziari. Ecco che allora le istituzioni pubbliche si svuotano del loro sangue e la repubblica soffre di anemia. Ben presto sarà ridotta a un fantasma“. (da La privatizzazione del mondo – 2002 – di Jean Ziegler, parlamentare ed economista svizzero)

L’esautoramento della politica da parte del mercato si manifesta così nel fatto che allo stato nazionale viene meno la capacità politica di proteggere la sua base di legittimità rastrellando risorse fiscali e stimolandola crescita economica“. (da La costellazione postnazionale – 1999 -di Jurgen Habermas, sociologo e membro del Partito Social-democratico tedesco)

Per restare concorrenziali sui mercati mondiali sempre più importanti, gli stati sono costretti a prendere iniziative che danneggiano irreparabilmente la coesione della società civile.” (da Quadrare il cerchio – 1995 – di Ralf Dahrendorf, sociologo e membro del Partito Liberale Tedesco)

In Italia, come dicevamo, stiamo ancora a Marx e Keynes, alle classi sociali ed agli stati nazionali – con tanto di codazzo di nostalgici di Giolitti, Mussolini, Togliatti e De Gasperi – mentre la situazione è vistosamente mutata e, soprattutto, ci sono altri autori e nuovi studi che consentono una visione diversa e delle soluzioni differenti.

Una consapevolezza che non attecchisce solo negli ambienti ‘estremi’ o radical, ma che sta coinvolgendo anche i cattolici – almeno per quanto riguarda l’America Latina – e che meriterebbe ben altra attenzione da parte dei ‘guru’ nostrani.

Cos’altro dire ai nostri ‘intellettuali’?
Che, da anni e decenni, in Italia, l’acqua è poca e la papera non riesce a galleggiare?

Leggi anche J’Accuse …! Lettera al Presidente Mario Monti

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J’Accuse …! Lettera al Presidente Mario Monti

14 Lug

Sappiamo da almeno 150 anni che gli italiani sono un popolo pronto ad inseguire lucciole e falene: il Trasformismo ottocentesco e la Cleptocrazia della Seconda Repubblica ne sono la prova.

Sappiamo anche che la qualità delle nostre scuole ed università non è eccelsa, forse non lo è da decenni, come dimostra quel 56% circa di adulti non diplomati e la fuga dei nostri (migliori) cervelli all’estero.

E ci è ampiamente noto che i nostri media non hanno alcuna intenzione di disturbare il conducente di turno: la riprova è nell’enorme quantità di politici indagati, condannati o prescritti di cui non v’è neanche una statistica riassuntiva.

Dunque, qui da noi è ampiamente possibile che venga data fiducia ad un personaggio, Mario Monti, che pur occupandosi di banche e finanza ‘da sempre’ riesca a dire “siamo virtuosi e invece di premiarci ci puniscono“.

E quando mai, egregio dottor Monti, la finanza speculativa (ndr. perchè ce ne sono altre?)  ha premiato la ‘virtuosità’? E, tra l’altro, chi è che può affermare che il programma attuato dal Governo Italiano sia ‘virtuoso’ se non le agenzie di rating che stanno lì apposta?

Dunque, non nascondiamoci dietro un dito, signor Presidente del Consiglio, che a quello ci pensa già Pierluigi Bersani.

Lei, presidente Monti, non sta eseguendo il programma con cui si presentò al Senato. Non ha rilanciato il sistema-Italia e, viceversa, l’ha messo in stallo, pur di dragare denaro privato e salvare banche (Unicredit e Monte Paschi) ed industrie belliche (Finmeccanica). Non ha risanato il sistema di governance e neanche ha spinto per farlo, mentre – a rileggere i giornali di settembre scorso – era questa la prima azione di risanamento da attuare.

Il suo piano ‘salva Italia’ non ha finora tutelato gli anziani, i sottoccupati ed i disoccupati, le famiglie, i giovani e le donne, i malati, gli scolari e gli studenti. Non ha tutelato i cittadini che, tramite il voto, affidano i loro destini al Parlamento ed al Governo.
Eppure, per ‘sistemare le pensioni’ bastava intaccare quelle milionarie e d’annata, che stravolgono persino i conti dell’INPDAP, che pur attinge dai contributi certi e noti del personale pubblico.

Come anche, invece supertassare i cittadini e portare l’Italia in una cupa recessione, potevamo ricorrere ad una Patrimoniale da 40 miliardi di euro, che, a far due conti, sono 670 euro per italiano di media. Una Patrimoniale che avrebbe evitato lo spread, ci avrebbe posto al di fuori dei ‘ricatti’ dei mercati finanziari e, soprattutto, rappresentava denaro cash e non a rate con gli interessi, come accade per i titoli di stato.

Tra l’altro, egregio professore, Lei ha forse ascoltato, ma certamente non ha raccolto consigli e suggerimenti che da più parti sono arrivati in questi otto mesi di delirio. Come anche ha avocato a Lei stesso tutte le decisioni riducendo in poltiglia il già penoso dibattito politico, con il risultato che “the political climate, particularly as the Spring 2013 elections draw near, is also a source of implementation risk“.
Oggi, lo scrive Moody’s, da otto mesi lo sta scrivendo Demata.

Dunque, non resta che prendere atto che Moody’s ha sfiduciato Lei, dottor Mario Monti, per due ben precisi motivi e lo ha fatto proprio mentre Lei andava ad incontrare il Big Business di Silicon Valley.

Il primo dei motivi del declassamento è che Lei ha adottato misure rivelatesi perniciose (recessione, deindustrializzazione generale ed abbandono del Meridione) e destabilizzanti (pensioni, lavoro e BTP). Un brutto flop di cui i media italiani – risvegliandosi dal torpore – iniziano ad sottolineare, come ad esempio LA7 di ieri sera.

Il secondo motivo del declassamento di Moody’s trova origine dal fatto che, come tecnico, Lei non ha avuto l’umiltà di ricorrere alla ‘concertazione’, ovvero al dibattito tra le parti e alla responsabilizzazione delle parti,  viatico unico ed imprescindibile per riformare la Casta, ripristinare un ‘political climate‘ ed abbattere ogni ‘source of implementation risk‘.

Oggi, con un rating in caduta libera, non Le restano molte scelte, egregio presidente Monti, se escludiamo il ricorso ad elezioni anticipate, ovvero il salto nel buio senza una riforma del parlamento e delle autonomie locali.

Dunque, o qui si continua a tirare avanti non si sa come, come da marzo accade, portando a fibrillazione completa il corpo elettorale e creando i presupposti per un ‘problema italiano’ di lunga durata (un Ventennio?), oppure Lei inizia a comportarsi da Clistene o da Cincinnato, come tutti si aspettavano, ricorrendo ad una Patrimoniale, riformando la Casta, semplificando il Paese.

 

Intanto, prenda atto che stavolta ‘l’asso di picche’ del Bel Mondo e della Bella Gente è toccato a Lei, prima, e poi, solo poi, all’Italia ed agli italiani.

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Eurozona? I soliti tedeschi …

11 Giu

Alla fine del 1943, i territori europei controllati dalla Germania del III Reich erano, nella sostanza, quelli dove era solido il senso di appartenenza alla ideologia nazionale germanica. Altrove, lo sfondamento degli Alleati e l’appoggio massivo della popolazione impediva ai soldati della Wermacht una resistenza adeguata.

Questa è la cartina che indica, grosso modo, i territori rimasti in mano alla Germania dopo l’Armistizio italiano e la Liberazione di Parigi.

La cartina di seguito, invece, descrive l’Eurozona ed, in particolare, quella rigidamente germanocentrica che Angela Merkel, Mario Monti e Corrado Passera difendono a spada tratta.

Incedibile, vero?

E possiamo notare come poco sia combiato dal 962 dopo Cristo, quando Ottone I cinse il capo con la corona imperiale.

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Dunque, stando alla geografia politica ed economica, siamo alle solite, come da mille anni a questa parte, con i  Guelfi ed i Ghibellini ad investire in fabbriche e commerci, per loro avidità, ma sempre pronti a batter cassa ‘a Sud’ se i conti, poi, non tornano.

E, sempre come al solito, – come accade quando c’è qualcuno che impone regole in nome del ‘buon esempio’ ma guardando al protafogli  – anche questo  (quarto) ‘tentativo’  di un’Europa germanocentrica ci riporta ad un continente con tre anime e tre stili: uno sassone-normanno, uno celto-latino ed uno germanico-polacco.

Tra meno di dodici mesi voteremo per il Parlamento Europeo – una babele di migliaia di deputati – ma il governo d’Europa, mancando una Costituzione, resterà altrove.

E questo non è bene.
Come non vanno (più) bene – in Italia come altrove – le isterie sullo spread e le minacce di default, il campo libero agli speculatori ed il moloch ‘svalutazione’, gli aiuti agli Stati in difficiltà ed i tabù sul welfare, gli aiuti alle banche, ma non ad imprese e cittadini, e l’enorme spesa per le amministrazioni pubbliche.

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Il default italiano fu cospirazione?

8 Giu

Nel 2010, la Procura di Trani aprì un fascicolo, su denuncia dell’Adusbef e della Federconsumatori, in relazione ad un report di Moody’s che, nel maggio 2010, ‘certificava’ l’Italia come un “paese a rischio”. L’inchiesta si estese anche alle agenzie di rating Fitch e Standard & Poor’s.
L’ipotesi di reato, formalizzata in questi giorni, è di ‘manipolazione di mercato continuata e pluriaggravata’ e coinvolge, nella sostanza cinque oligarchi: Deven Sharma, presidente di Standard & Poor’s financial service,  Yann Le Pallec,  managing director del rating di Londra, Eileen Zhang, S&P Europe, Frankiln Crawford Gill e Moritz Kraemer, direzione europea del rating sui debiti sovrani.

Secondo la Procura di Trani, i dirigenti di Standard & Poor’s, “attraverso descritti artifici, a carattere informativo – costituenti condotte solo in apparenza lecite, ma effettivamente illecite per come combinate fra loro, con modalità e tempi accuratamente pianificati – fornivano intenzionalmente ai mercati finanziari, quindi agli investitori, un’informazione tendenziosa e distorta (come tale anche “falsata”) in merito all’affidabilità creditizia italiana ed alle iniziative di risanamento e rilancio economico adottate dal governo italiano, per modo di disincentivare l’acquisto di titoli del debito pubblico italiano e deprezzarne, così, il valore”.

Il Corriere della Sera riporta anche che “l’ad per l’Italia di S&P, Maria Pierdicchi, è indagata per favoreggiamento degli analisti a cui la procura di Trani ha notificato l’avviso conclusione indagini. … Pierdicchi fu ascoltata a Trani come persona informata dei fatt il 30 gennaio scorso. La sua audizione, durata quattro ore circa, riguardò in sostanza il percorso seguito dalle informazioni confidenziali – che per loro natura non possono essere rivelate prima di quelle ufficiali – che sfociarono nei report diffusi dall’agenzia di rating sul debito sovrano dell’Italia”.

Chiarita la posizione di Standard & Poor’s, che rischia il divieto ad operare in Italia oltre che condanne penali, rimangono aperte le indagini su Moody’s, l’agenzia che, mesi fa, ha declassato 26 banche italiane senza alcun rilievo o protesta da parte del Governo Monti, nonostante le allarmate reazioni dei partiti e nonostante l’intervento di Consob verso l’agenzia di rating.

Fatto sta che Mario Monti, fino a pochi mesi fa, era Senior European Advisory Council di Moody’s proprio quando, anche grazie alle ‘certificazioni’ delle agenzie di rating, si creava  quell’emergenza che lo ha portato a capo del governo.

Non credo accadrà mai che la Procura di Trani formalizzi anche a Moody’s l’accusa di aver diffuso “un’informazione tendenziosa e distorta (come tale anche “falsata”) in merito all’affidabilità creditizia italiana ed alle iniziative di risanamento e rilancio economico adottate dal governo italiano, per modo di disincentivare l’acquisto di titoli del debito pubblico italiano e deprezzarne, così, il valore”.

Infatti, se ciò accadesse e se, addirittura, si dovesse arrivare ad una condanna o, più rapidamente, a sanzioni della Consob, come evitare a Mario Monti e sodali l’accusa di cospirazione?

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C’è consenso e consenso

16 Feb

In tutte le televisioni, a qualunque ora, troviamo qualcuno che ci spiega che il “governo Monti ha un largo consenso”.

In effetti è vero, ma dovremmo, poi, chiedere se il consenso che Monti e Passera riscuotono è degli elettori italiani o di quei politici, seduti in Parlamento, di cui gli italiani, da anni, vorrebbero il ricambio.

Potremmo anche chiederci perchè, con tutti i talk show che ci sono, i nostri politici “consensienti” non vadano in trasmissione a spiegarci questo e quell’altro … ma sarebbe troppo.

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L’ottimismo viene dal consenso

15 Feb

L’Italia è ufficialmente in recessione, i dati di ottobre-dicembre 2011 sono carta stampata, ma questo è il passato, la scommessa è il futuro.

Ce lo racconta Corrado Passera, ministro dello sviluppo del governo Monti.

I dati «sono una conferma di quanto ampiamente previsto e del fatto che proprio da lì dovevamo partire, come abbiamo fatto, con riforme e interventi strutturali».

La recessione, annunciata da questo blog e non solo, ma snobbata dai nostri “professori”, secondo Passera «ci spinge ad andare avanti con grande determinazione: un’iniziativa al mese per rimettere il Paese in condizione di reagire».
«Un ottimismo che viene dal consenso del Parlamento e dell’opinione pubblica, questa è la grande spinta».

Ah, beh, … allora stiamo inguaiati, se la “grande spinta” arriva dal consenso dell’opinione pubblica.

Ma non solo …

«Messi i conti in sicurezza», va attuato «un’insieme di iniziative per la crescita. Infrastrutture, competitività e internazionalizzazione delle imprese, innovazione, costo e disponibilità del credito, costi dell’energia, semplificazione».
E per le opere già previste, il ministro annuncia 60 miliardi entro quest’anno: «Una messa in moto oltre le aspettative, un passaggio fondamentale per la competitività del Paese».

Male, peggio, malissimo, cosa dire?

Sostenere con 60 miliardi le opere già previste, senza entrare nel merito, significa, molto probabilmente, incrementare la cementificazione senza provvedere agli interventi urgentissimi per contrastare il dissesto idrogeologico, più volte richiesti da Giorgio Napolitano, invano, alla legislatura di Berlusconi.
Inoltre, senza intervenire sulle norme inerenti i subappalti, si rischia di consegnare all’Italia un ulteriore ammasso di sprechi, collusioni, infiltrazioni mafiose, clientela politica.

Quanto alla crescita ed all’ottimismo, le domande sono tante o tantissime.

  • Quali nuove infrastrutture, se l’Italia muore di scarsa o nulla manutenzione dell’ordinario?
    Internazionalizzazione delle imprese significa molte cose, incluso che arrivino i “russi” a comprarsi tutto o, peggio, che la Padania possa incrementare la spoliazione produttiva del paese, delocalizzando ancor più la produzione?
    Costo e disponibilità del credito è cosa corretta in un paese che, causa declassamento, paga caro il denaro e che ha bisogno di “inflazione” per superare la recessione? O, guardando alla demografia ed agli anziani che abbiamo, in un paese che non dovrebbe affatto invoglaire i giovani continuino ad indebitarsi “a vita” per un mutuo trentennale?
    Per non parlare dei costi dell’energia, che possono aprire la strada a maggiori privatizazioni, e della semplificazione, che finora ha comportato solo un aumento dei contenziosi, delle collusioni e delle corruttele, visto che tra farraggini, tributi e territorialità l’iter è solo peggiorato.

Domande non eccessive se ricordiamo che Corrado Passera si è finora distinto per la sua abilità nel far ricadere  i costi aziendali sullo Stato (Alitalia, Caboto-FinMek, Nextra-Parmalat …) e per la sua capacità di tagliare posti di lavoro a favore delle concentrazioni di capitale (Comit, Intesa San Paolo, Olivetti, Telecom …).

Un manager che della politica e della pubblica amministrazione conosce solo un aspetto riflesso, come Tremonti era esperto sono nella fiscalità e nella gestione di un bilancio.

Un uomo che muove i primi passi in politica e già gode dell’appoggio di Roberto Formigoni, governatore della Lombardia ininterrottamente dal 1995, e di Pier Ferdinando Casini, genero di Francesco Gaetano Caltagirone, undicesimo italiano più ricco al mondo, a capo di uno dei più importanti gruppi industriali italiani.

Un ministro che annuncia “un’iniziativa al mese per rimettere il Paese in condizione di reagire”, mentre la riforma delle pensioni non trova una forma regolativa, gli F-35 si son ridotti di un terzo, le liberalizzazioni raccolgono migliaia di emendamenti, la riforma del lavoro è deve essere recepita dai lavoratori e non semplicisticamente i sindacati con cui discute il governo.

Mala tempora currunt.

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