Ignazio Marino ha varato la sua nuova giunta, dopo la falcidie di arresti che ha colpito amministratori, crimine organizzato ed ex terroristi.
Una giunta che nasce sotto la spada di Damocle del Commissariamento, sia per i fattti di Mafia Capitale, che va ad aggiungersi ai tanti e tantissimi scandali (rifiuti e Malagrotta, assunzioni facili, nepotisimi nei CdA, spreco diffuso, leva tributaria carente, degrado diffuso dei servizi pubblici, deficit abissale) e – se non bastasse – anche ai troppi regolamenti di conti che la malavita organizzata sta impunemente facendo e ad una insicurezza diffusa che va dalla bbuca straale allo stupratore seriale, per non parlare dei bulli onnipresenti.
Ricordiamo questi ‘difettucci’ ed andiamo a vedere cosa dice la norma contro le infiltrazioni mafiose negli enti locali è stata introdotta nell’ordinamento giuridico italiano con decreto-legge n. 164, art. 1 del 31 maggio 1991, poi integrata da altre norme e prevedendo lo scioglimento degli interi consigli e non meramente quello delle giunte, cosa questa ribadita dalla Corte Costituzionale in una nota sentenza.
“I consigli comunali e provinciali sono sciolti quando emergono elementi su collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalita’ organizzata o su forme di condizionamento degli amministratori stessi che compromettono l’imparzialita’ degli organi elettivi e il buon andamento delle amministrazioni comunali e provinciali, nonche’ il regolare funzionamento dei servizi alle stesse affidati ovvero che risultano tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica. Lo scioglimento e’ disposto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Il procedimento e’ avviato dal prefetto della provincia e, quando ricorrono motivi di urgente necessita’, il prefetto, in attesa del decreto di scioglimento, puo’ sospendere gli organi dalla carica ricoperta, nonche’ da ogni altro incarico ad essa connesso, assicurando la provvisoria amministrazione dell’ente mediante invio di commissari. “
Ad una norma ‘semplice semplice’ ha corrisposto un’altrettanto chiara Corte Costituzionale che ha stabilito nella famosa sentenza n. 103/1993 che gli elementi su cui deve poggiare lo scioglimento sono innanzitutto i collegamenti diretti o indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata o in alternativa il condizionamento che la mafia impone agli amministratori nella libera determinazione per gli organi elettivi e/o amministrativi (dirigenti, personale), l’andamento negativo dell’ente locale, il malfunzionamento dei servizi affidati all’ente oppure pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica.
La casistica ‘tipica’ cui fa riferimento la Corte sono gli appalti pubblici (ad esempio per la raccolta dei rifiuti) affidati in maniera irregolare oppure ad un’impresa collegata direttamente o indirettamente (prestanome) alla mafia, concessioni o autorizzazioni amministrative rilasciate in modo irregolare o dietro minacce o pressioni oppure emesse in favore di soggetti collegati direttamente o indirettamente alla criminalità organizzata, affinità e frequentazioni degli amministratori e/o dipendenti pubblici con soggetti appartenenti direttamente o indirettamente alla criminalità organizzata, precedenti penali o procedimenti penali pendenti a carico di amministratori e/o dipendenti pubblici, la presenza di una o più famiglie mafiose sul territorio comunale, abusivismo edilizio diffuso, mancata riscossione dei tributi.
In poche parole, già ora non si comprende per quale motivo non venga sciolto il Consiglio Comunale di Roma Capitale e figuriamoci quanto ancora più difficile sarà comprendere, se le indagini porteranno alla luce che ‘il Sistema’ non sottraeva risorse al Comune e servizi ai meno abbienti ma funzionava anche per i ‘tipici settori’ della corruttela politica e della pressione mafiosa eccetera eccetera.
Ancor di più se Marino, come ha fatto per oltre un anno e mezzo, continuerà ad occuparsi di una Roma ‘astratta’ e non della Roma ‘di tutti i giorni’, impegnandosi sul serio a risanare bilanci e dismettere perdite, a garantire sicurezza e trasporti e servizi essenziali, ad offrire una pubbblica amministrazione comunale efficiente e decorosa.
Questo è quello che si aspettano da lui i cittadini, come da qualunque sindaco, ma soprattutto gli italiani e gli osservatori stranieri, mentre, soprattutto grazie a Roma e alle scelte che qui si prendono, l’Italia in tre soli anni è passata da un rating S&P A+ a BBB+.
Ma che problema c’è … passeremmo solo da BBB+ (che sta per ‘del tutto inaffidabili’) a BBB (leggasi ‘irrimediabilmente inaffidabili’) … che te po’ fregà na robba così se li sordi t’arriveno dar cielo … grazie al dissanguamento di un’intera nazione ed un romanzo criminale che dura da 150 (o forse 2700) – anni.
Dunque, c’è più di una spada di Damocle sul consiglio di Roma Capitale e davvero c’è da chiedersi se una situazione di stallo – per ignavia e per intempestività – non farà anch’essa il gioco del crimine organizzato che penetra come il burro in una città che non rinuncia a superare cooptazione e pressappochismo.
originale postato su demata
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