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Una nuova giunta Marino, cosa dice la legge sullo scioglimento per mafia?

23 Dic

Ignazio Marino ha varato la sua nuova giunta, dopo la falcidie di arresti che ha colpito amministratori, crimine organizzato ed ex terroristi.

Una giunta che nasce sotto la spada di Damocle del Commissariamento, sia per i fattti di Mafia Capitale, che va ad aggiungersi ai tanti e tantissimi scandali (rifiuti e Malagrotta, assunzioni facili, nepotisimi nei CdA, spreco diffuso, leva tributaria carente, degrado diffuso dei servizi pubblici, deficit abissale) e – se non bastasse – anche ai troppi regolamenti di conti che la malavita organizzata sta impunemente facendo e ad una insicurezza diffusa che va dalla bbuca straale allo stupratore seriale, per non parlare dei bulli onnipresenti.

Ricordiamo questi ‘difettucci’ ed andiamo a vedere cosa dice la norma contro le infiltrazioni mafiose negli enti locali è stata introdotta nell’ordinamento giuridico italiano con decreto-legge n. 164, art. 1 del 31 maggio 1991, poi integrata da altre norme e  prevedendo lo scioglimento degli interi consigli e non meramente quello delle giunte, cosa questa ribadita dalla Corte Costituzionale in una nota sentenza.

“I consigli comunali e  provinciali  sono sciolti quando emergono elementi su collegamenti  diretti o indiretti degli amministratori con la criminalita’ organizzata o su forme   di   condizionamento   degli   amministratori   stessi    che compromettono  l’imparzialita’  degli  organi  elettivi  e  il   buon andamento delle amministrazioni comunali e provinciali,  nonche’  il regolare funzionamento dei servizi alle stesse  affidati  ovvero  che risultano tali da arrecare grave  e  perdurante  pregiudizio  per  lo stato della sicurezza pubblica.  Lo scioglimento e’ disposto con decreto  del  Presidente  della Repubblica,   su   proposta   del   Ministro   dell’interno,   previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Il procedimento e’  avviato dal prefetto della provincia e, quando ricorrono motivi di urgente necessita’, il prefetto,  in attesa del decreto di scioglimento, puo’ sospendere gli organi  dalla carica ricoperta, nonche’ da ogni altro incarico  ad  essa  connesso, assicurando la provvisoria amministrazione dell’ente  mediante  invio di commissari. “

Ad una norma ‘semplice semplice’ ha corrisposto un’altrettanto chiara Corte Costituzionale che ha stabilito nella famosa sentenza n. 103/1993 che gli elementi su cui deve poggiare lo scioglimento sono innanzitutto i collegamenti diretti o indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata o in alternativa il condizionamento che la mafia impone agli amministratori nella libera determinazione per gli organi elettivi e/o amministrativi (dirigenti, personale), l’andamento negativo dell’ente locale, il malfunzionamento dei servizi affidati all’ente oppure pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica.
La casistica ‘tipica’ cui fa riferimento la Corte sono gli appalti pubblici (ad esempio per la raccolta dei rifiuti) affidati in maniera irregolare oppure ad un’impresa collegata direttamente o indirettamente (prestanome) alla mafia, concessioni o autorizzazioni amministrative rilasciate in modo irregolare o dietro minacce o pressioni oppure emesse in favore di soggetti collegati direttamente o indirettamente alla criminalità organizzata, affinità e frequentazioni degli amministratori e/o dipendenti pubblici con soggetti appartenenti direttamente o indirettamente alla criminalità organizzata, precedenti penali o procedimenti penali pendenti a carico di amministratori e/o dipendenti pubblici, la presenza di una o più famiglie mafiose sul territorio comunale, abusivismo edilizio diffuso, mancata riscossione dei tributi.

In poche parole, già ora non si comprende per quale motivo non venga sciolto il Consiglio Comunale di Roma Capitale e figuriamoci quanto ancora più difficile sarà comprendere, se le indagini porteranno alla luce che ‘il Sistema’ non sottraeva risorse al Comune e servizi ai meno abbienti ma funzionava anche per i ‘tipici settori’ della corruttela politica e della pressione mafiosa eccetera eccetera.
Ancor di più se Marino, come ha fatto per oltre un anno e mezzo, continuerà ad occuparsi di una Roma ‘astratta’ e non della Roma ‘di tutti i giorni’, impegnandosi sul serio a risanare bilanci e dismettere perdite, a garantire sicurezza e trasporti e servizi essenziali, ad offrire una pubbblica amministrazione comunale efficiente e decorosa.
Questo è quello che si aspettano da lui i cittadini, come da qualunque sindaco, ma soprattutto gli italiani e gli osservatori stranieri, mentre, soprattutto grazie a Roma e alle scelte che qui si prendono, l’Italia in tre soli anni è passata da un rating S&P A+ a BBB+.

Ma che problema c’è … passeremmo solo da BBB+ (che sta per ‘del tutto inaffidabili’) a BBB (leggasi ‘irrimediabilmente inaffidabili’) … che te po’ fregà na robba così se li sordi t’arriveno dar cielo … grazie al dissanguamento di un’intera nazione ed un romanzo criminale che dura da 150 (o forse 2700) – anni.

Dunque,  c’è più di una spada di Damocle sul consiglio di Roma Capitale e davvero c’è da chiedersi se una situazione di stallo – per ignavia e per intempestività – non farà anch’essa il gioco del crimine organizzato che penetra come il burro in una città che non rinuncia a superare cooptazione e pressappochismo.

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Perchè la Mafia a Roma?

4 Dic

Quanto è probabile che la Mafia – il ‘sistema’ – si impossessi di una città, anzi di una capitale ‘mondiale’, se la politica locale continua a fondare il proprio consenso sul clientelismo dei servizi esternalizzati, sulla concussione degli appalti e  dei servizi, sulla corruzione eletta a formula meritoratica, mentre quella nazionale bada solo agli orticelli delle provincie loro?

Quanto è facile per la Mafia – il ‘sistema’ –  inserirsi in una città, anzi in una capitale ‘mondiale’, se la sua pubblica amministrazione è riuscita ad esternalizzare qualsiasi servizio o buona pratica introdotte dalle riforme e dall’innovazione tecnologica dell’ultimo decennio ed ha operato del tutto out of control fino a ieri, stando a scandali ed arresti?

Quanto è appetibile per la Mafia – il ‘sistema’ – una città, anzi di una capitale ‘mondiale’, dove opera un’importante banca, lo IOR, definita nel 2005 ‘torbida’ dalla Ninth U.S. Circuit Court of Appeals in occasione del processo per l’oro sottratto dai Nazifascisti in Croazia, dove vi è uno Stato che, più di un decennio dopo che l’OCSE ha iniziato la sua indagine dei paradisi fiscali nel 1998, non è ancora sulla “lista bianca” dei paesi con un buon record in materia di trasparenza?

Quanto è simile al ‘sistema’ una città dove i ‘ricchi’ si sono arricchiti non creando industria o commercio, ma spesso lucrando sull’enorme flusso di denaro che dal 1864 ad oggi si è riversato sulla città ed usando quei denari per investire su tutte le principali infrastrutture italiane e sullo sviluppo immobiliare manco fosse Gotham City?

Quanto è vulnerabile alla Mafia una città di anziani, che prima ha sottovalutato lo sviluppo tecnico e industriale e poi quello informatico e digitale, dovee la meritocrazia è una leggenda, al punto che non ha (ancora) un sistema di “informatizzazione e dematerializzazione dei SUAP e degli uffici entrate, per censire le autorizzazioni presenti sul territorio di Roma e consentirne un sistematico controllo”, ma è ben attenta a mantenere tutte le sue radiotelevisioni, le sue agenzie e i suoi giornali il controllo di quell’opinione pubblica che viene costantemente disinformata, almeno a stare alle classifiche che Reuter e altre agenzie specializzate pubblicano ogni anno?

E quanto può cambiare davvero una città dove il Sindaco, su La7 da Lilli Gruber, parla di ‘mele marce’ a fronte di un racket dei servizi pubblici con centinaia di persone coinvolte, di ‘patina’ mentre la scena politica cittadina è stravolta da arresti, indagini e sospetti, di non dimettersi quando proprio il partito che gli ha dato la maggioranza vede il vertice cittadino sotto inchiesta e si ritrova con il sistema delle Coop sulla graticola?

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Corruzione Lazio: ancora scandali e sprechi

4 Dic

Il Consiglio uscente della Regione Lazio sembra essere ormai diventato una sorta di vaso di Pandora del malaffare. Non che tutti – ma proprio tutti – fossero corrotti, ma la lista degli indagati si allunga sempre di più.

E’ ormai ‘storia di Roma’ la festa organizzata allo Stadio dei Marmi da Carlo De Romanis – indagato per truffa – con i consiglieri travestiti da maiali. Come  lo sono i fascicoli aperti un anno fa per concorso in abuso d’ufficio – ovvero  sull’uso spregiudicato dei fondi regionali – a carico dei membri dell’Ufficio di Presidenza della Regione Lazio, tra cui Mario Abbruzzese, presidente del Consiglio alla Pisana, il vice presidente del Consiglio Raffaele D’Ambrosio, Isabella Rauti, consigliere e moglie del sindaco di Roma Gianni Alemanno, ed i consiglieri Bruno Astorre, Gianfranco Gatti, Claudio Bucci.
Per non parlare di Franco ‘Er Batman’ Fiorito, capogruppo del PdL,  e dei suoi collaboratori, Bruno Galassi e Pierluigi Boschi. ormai condannati a diversi anni di carcere.

Ma, dopo la denuncia di Gianfranco Paris, avvocato reatino, candidato alle regionali del 2010 con la Lista Bonino-Pannella, si aggiungono altri nomi, come i quattro indagati per peculato del Partito Democratico: l’ex tesoriere e consigliere regionale, Mario Perilli, l’ex vicepresidente della Regione Lazio e attuale sindaco di Fiumicino, Esterino Montino, l’allora consigliere del Pd e attuale caposegreteria del sindaco di Roma, Enzo Foschi, e l’ex consigliere Giuseppe Parroncini.
O le indegini per truffa che coinvolgono l’ex consiglieri regionali del Pdl, Stefano Galetto e Francesco Battistoni, e la dirigente scolastica e consigliere regionale e comunale (Rieti), Lidia Nobili.

Storie di provincia che vedono – nelle ipotesi di reato – rivoli di denaro pubblico confluire verso anonimi studi fotografici, società sportive estinte, pieni di carburante e belle automobili, eventi inesistenti e propaganda elettorale, tanta propaganda elettorale.

Storie che raccontano come esista una città di Rieti, che vede la sua elite coinvolta in scandali di bassa lega e che, pur avendo solo 48.000 abitanti, sta per vedersi autorizzare un piano assunzionale al Comune di Rieti per una spesa di 1.098.000 euro o che attende altri 30 milioni per l’indispensabile superstrada Rieti – Lago del Turano, voluta dalla Provincia dell’allora presidente on. Fabio Melilli (PD), nato a Poggio Moiano, ovvero a pochi chilometri dal lago.
Poco male che ci sarebbe da promuovere l’ottima produzione olearia della Sabina e la direttrice di mobilità Terni-Poggio Mirteto-Roma, come anche di sostenere le comunità appenniniche, sempre più colpite dai tagli ai servizi pubblici e dall’esodo senza ritorno.

O come Viterbo, 65.000 anime e patria del leader democratico Giuseppe Fioroni, medico cattolico, che in questi mesi ha visto sbloccare 1.850.000 euro per coprire le voragini di bilancio delle case di cura di Nepi e della clinica Santa Teresa di Viterbo oppure altri 7,5 milioni di fondi europei per agricoltura e turismo.
Peccato che dell’enorme parco archeologico etrusco – esistente tra Sutri e Tarquinia – se ne ricordi ormai solo il National Geographic, pur essendo un sicuro investimento, visto che il territorio offre spiagge e laghi, oltre che antichità ed agriturismo.

Considerato che, per l’intera Puglia, con il ‘Fondo di microcredito’ sono arrivati alle piccole imprese solo 20 milioni di euro , come ‘misura anti-disoccupazione”, è evidente che in Italia esistono diversi pesi e diverse misure.

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Roma: un’emergenza ‘casa’ tutta da capire

3 Lug

Da pochi giorni, il Comune di Roma Capitale ha una nuova Giunta, guidata dal Sindaco Ignazio Marino e, soprattutto, dal suo vice, l’assessore al Patrimonio Luigi Nieri, le cui ‘migliori’ referenze sono quella di assessore al Bilancio, programmazione economico-finanziaria e partecipazione della Regione Lazio per la Giunta Marrazzo.
Un bilancio con un buco valutato in 277 milioni per  una scorretta e costosa distribuzione dei farmaci destinati alle terapie continuative per pazienti cronici non ricoverati e sotto monitoraggio, che si concluse solo nel 2008 e solo a seguito delle indagini della Guardia di Finanza, mentre la Legge 405/2001 prescriveva che dovessero essere forniti in modalità “diretta”, cioè dalle stesse Asl e/o farmacie convenzionate, con sconti minimi del 50% sul prezzo intero.

Un viceSindaco che, con buona pace per i 3/4 dei romani che ‘di sinistra non sono’, mantiene anche la carica di capogruppo di SEL in Consiglio Comunale, nonostante non sia stato lui, con soli 4.810 voti, ad essere il primo eletto del partito, bensì Gemma Azuni, con 5.430 preferenze.

Un Luigi Nieri, oggi vestale e tutore del patrimonio comunale, che, solo sei mesi fa, dichiarava “Le manifestazioni eclatanti che si sono tenute oggi a Roma, con l’occupazione di decine fra palazzi e strutture da parte di migliaia di persone, serviranno a portare all’attenzione di tutti un dramma che riguarda migliaia di persone e che non si può continuare a ignorare. La ghigliottina della speculazione, con l’aumento esponenziale degli affitti e con le case degli enti pubblici privatizzati messe in vendita a prezzi di mercato, rischia di decapitare intere famiglie ogni giorno. L’esasperazione di chi non riesce a guardare oltre domani è, quindi, più che legittima”.

Va da se che le case degli enti pubblici vadano privatizzate a prezzi di mercato e che nei centri storici gli affitti aumentino, come anche che a Roma è difficile parlare di legittimità, quando l’argomento è la casa. Un argomento tabù, la casa, non solo per la continua attrattiva di nuovi residenti, fagocitati a caro prezzo dai palazzinari, mentre il PIL capitolino da decenni suggerisce l’insostenibilità di una tale crescita demografica, confermata da numero incommensurabile e sempre crescente di alloggi pubblici esistenti ed il blocco perpetuo degli sfratti nei rioni centrali.

Infatti, a Roma le case pubbliche si occupano per rivendersele o si ereditano dai vecchietti, a volte prima ancora che siano defunti, come raccontava poco tempo fa Il Messaggero, che, nel 2010, denunciava come, su 53.000 alloggi Ater fossero almeno 8000 quelli occupati senza alcun titolo. Un dato di assoluto arbitrio e caso confermato dalla recente necessità, per ATER Roma, di indire un  censimento degli inquilini e dal fatto che, su 7.410 messi in vendita solo 434 alloggi sono stati effettivamente venduti e meno di tremila inquilini hanno chiesto di essere ammessi alla procedura di rogito.

E, non a caso, alle manifestazioni dei ‘comitati per la casa’ di solito non partecipano più di qualche centinaio di cittadini come, puntualmente, gli occupanti delle case in consegna risultano non avere i diritti di precedenza sui legittimi assegnatari.
Una questione complessa, dunque, se, poi, ci si ritrova anche dinanzi a precedenti con la giustizia, formazione e qualificazione professionali assenti, incapacità a trovarsi un posto di lavoro fisso. Specialmente se, a Roma, non è noto nè il numero esatto delle case concesse a fitto agevolato nè la tipologia degli inquilini e, soprattutto, come venga monitorata la sussistenza dei requisiti. In un paese, come l’Italia, dove non è previsto un particolare controllo fiscale per coloro che beneficiano di un alloggio pubblico.

In questo contesto – e con le promesse elargite ‘a mari e monti’ con la maxiofferta elettorale di Ignazio Marino – non ci vuole molto a scatenare il putiferio in città.
Ieri, ad esempio, è accaduto che qualche centinaio di manifestanti si è scontrato con la polizia, dopo che s’era cercato di uscire dal percorso prestabilito per avvicinarsi ad manifestanti antagonisti, come  Paolo Divetta, dei blocchi precari metropolitani, riferisce al Corsera: «all’inizio del corteo abbiamo saputo che esponenti de La Destra avevano organizzato il benvenuto a Marino sulla piazza del Campidoglio, che invece a noi era stata vietata a causa delle strutture di un concerto. Quando abbiamo saputo che i manifestanti de La Destra stavano dirigendosi verso il Campidoglio abbiamo chiesto alle forze dell’ordine di arrivare anche noi più in prossimità. Invece siamo stati bloccati nei pressi di piazza Madonna di Loreto con delle cariche immotivate».
Ovviamente, nessuno pensa al clima di tensione e al pericolo che un gruppo di persone, con intenti violenti, può scatenare in una città come Roma affollata di turisti e di cittadini se non arginato.

Risultato?
Un agente contuso, una ragazza manganellata ed il sindaco Ignazio Marino in serata va a trovare la giovane attivista – ma non il servitore dello Stato – e condanna ”gli episodi di violenza accaduti, sui quali va fatta piena luce, per questo chiederò immediatamente al Prefetto di accertare le responsabilità di quanto accaduto”.
Secondo la questura, gli agenti sono stati bersagliati da oggetti. E’ su questo che andrebbe fatta piena luce, come sul mercato delle okkupazioni, assicurando alla giustizia i colpevoli.

«Il sistema – racconta un anziano abitante delle case di Torrevecchia – è saltato quando gli occupanti abusivi si sono sentiti legittimati. E’ successo anche con le occupazioni dei vari movimenti per la casa. Chi è dentro è dentro. Chi aspetta continua ad aspettare. E non importa se in questo modo vengono lesi i diritti di chi è in graduatoria…». (Il Messaggero – 2010)
«Le dichiarazioni rilasciate dal sindaco di Roma sugli scontri (…) rappresentano l’ennesimo attacco gratuito nei confronti delle forze di Polizia – ha dichiarato in una nota il segretario provinciale dell’Ugl polizia di Stato di Roma, Massimo Nisida – chiamate a fronteggiare tensioni sociali provocate dai vuoti lasciati dalla politica e poi aprioristicamente criticate dalle stesse istituzioni che le hanno investite del difficile ruolo di garantire l’ordine pubblico».
Chi semina vento, raccoglie tempesta ed il tempo del panem et circenses è ormai finito. Si spera …

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Iva e Imu: le bugie con le gambe corte

14 Giu

Il fronte dell’Iva potrebbe essere la caporetto del Governo Letta, se si avvererà l’aumento, a partire dal primo luglio, riguardo il quale il ministro per lo Sviluppo Economico, Flavio Zanonato, è perentorio: “fra 16 giorni, senza che il governo faccia nulla, visto che è stato un provvedimento già deciso dal precedente esecutivo, noi avremo l’Iva aumentata di un punto dal 21 al 22%.”

Una situazione confermata anche dal ministro per l’Economia, Fabrizio Saccomanni: “Siamo consapevoli degli effetti negativi che un aumento può provocare, anche se il reperimento delle coperture alternative potrebbe essere non meno gravoso.”

Una situazione analoga anche sull’Imu. “Si tratta di un’imposta che se dovesse essere eliminata comporterebbe un onere di finanziamento di 4 miliardi l’anno che, se si aggiungono ai 4 miliardi per l’Iva, fanno ipotizzare la necessità di interventi di tipo compensativo di estrema severità che al momento attuale non sono rinvenibili”.

Cosa accadrà alle famiglie ed alle piccole imprese, prese tra Scilla e Cariddi, Iva e Imu, è presto detto: meno consumi, più debiti.
E cosa resterà da fare, se non andare al voto dopo un brevissimo governo tecnico, per modificare il Porcellum seguendo le “prescrizioni” della Corte Costituzionale, che ha espresso ampi dubbi di costituzionalità sulla legge con cui abbiamo votato per otto anni e tre elezioni?
Perchè il Partito Democratico ha demandato ‘a diciotto mesi’ la riforma della legge elettorale, invece di adempiere subito, come chiedeva, viceversa,  il capogruppo del Pdl alla Camera, Renato Brunetta? E perchè il Centrodestra rifugge dal ritorno alle preferenze in scheda elettorale, mentre si rifugia in un obsoleto ‘progetto Forza Italia’?

Intanto, le bugie hanno le gambe corte e, dopo i fatti turchi, mancano solo l’Italia e la Spagna alla conta dei paesi del Mediterraneo precipitati nel caos.

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Il PD trionfa … nel deserto

11 Giu

Ve lo immaginate voi l’inesperto Ignazio Marino ad amministrare l’Urbe e la sua Suburbia con una maggioranza bulgara – e di estrema sinistra – in Campidoglio, mentre due romani su tre borbottano, diffidano e reclamano, con promesse impossibili da mantenere e un debito da record, consolidato fin dalla gestione Veltroni?

Oppure, che accadrà a Catania,  dove Enzo Bianco si accinge a diventarne sindaco per la quarta volta in sei consigliature e senza neanche le primarie ‘democratiche’ per sceglierlo, raccogliendo meno del 20% dei consensi effettivi, in una Sicilia dove l’astensionismo è arrivato al 66%.

Od a Treviso e Brescia, dove i neosindaci del Partito Democratico dovranno gestire una coalizione che va dalle liste civiche ‘moderate’ alla sinistra estrema, mentre tra astenuti e oppositori, anche lì, possiamo contare due cittadini su tre.

I giornali titolano, intanto, il Partito Democratico vince nelle città e trionfa a Roma. Peccato che nella Capitale il 51% degli elettori si sia astenuto e che il ‘trionfo’ consista in un misero 30,8% della base elettorale.

In realtà, infatti, non è il PD a vincere, bensì l’Ulivo, ovvero ritorna in auge l’idea di una coalizione antiberlusconiana, oggi ‘antidestra, che in altri tempi si sarebbe chiamata ‘fronte popolare’ e che da sempre è pervenuta ad una sola conclusione: conflitti irrisolvibili interni alla maggioranza, nuove tasse e nuove spese, incremento delle tensioni sociali.

Ed è altrettanto vero che, al momento, un elettore su due sarebbe disponibile a votare un ‘nuovo’ partito, purchè dotato di un programma credibile, del personale esperto ed un editore che voglia sostenerlo.

Molto probabile che, andando per queste vie, il Partito Democratico si ritrovi a dover fare i conti con una dura realtà: i pro ed i contro di poter contare su uno zoccolo duro, che a ben vedere è sempre più eroso.

Infatti, il 30,8% effettivo di Marino è molto lontano dal quasi 40% effettivo raccolto da Veltroni meno di dieci anni fa a Roma, senza che siano particolarmente cambiati i dati demografici od economici della città.
Certamente, ha influito l’invecchiamento del proprio elettorato e la diminuzione del numero di anziani, fedelissimi elettori dell’ex-PCI, come hanno pesato i gravi errori delle giunte ‘rosse’, se ha votato solo il 40% a Tor Bella Monaca, tra case popolari e famiglie under50.
Ma è anche vero che il ricambio generazionale è scarso e limitato – sia in termini di età anagrafica sia di mentalità – se a Siena è un funzionario del Monte dei Paschi a diventare sindaco e se a Viterbo è l’ex Presidente della Coldiretti provinciale e Presidente del Consorzio Agrario.

Il Partito Democratico ha preso “tutti i capoluoghi”, “trionfa a Roma”, si esalta per il “cappotto”, ha vinto questa tornata di elezioni amministrative, ma è il popolo italiano – quello ‘sovrano’- che ha perso anche queste elezioni. Un dato ormai certo, se in Italia siamo arrivati al 51% degli astenuti (con punte del 66%), mentre la legge elettorale (Porcellum) è incostituzionale ed, in barba al ballottaggio, ai Comuni si vota con coalizioni blindate e di cartello.
Una dura sconfitta per il PdL, ma anche una vittoria di Pirro, sia per il tipo di coalizione vincente, sia per il rifiuto di una larga parte degli elettori, sia per i deficit enormi che si dovranno affrontare – almeno fino alle elezioni tedesche ed al semestre italiano in UE – dopo aver promesso, in poche parole, la fine della Crisi ed il ritorno del Bengodi …

Intanto, dalla sponda opposta, l’esperto Fabrizio Cicchitto invoca «un salto di qualità nella costruzione di un partito che sappia tenere assieme una leadership carismatica e un partito forte, democratico, capace di discutere e scegliere, anche attraverso consultazioni interne, i suoi dirigenti», prima che sia troppo tardi.

Almeno un elettore su due sarebbe disponibile a votare un ‘nuovo’ partito, purchè dotato di un programma credibile, di personale esperto e di un editore che voglia sostenerlo.
Il conto alla rovescia è iniziato?

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Bassa affluenza, governo a termine

10 Giu

Nell’intervista concessa ieri dal Presidente Giorgio Napolitano ad Eugenio Scalfari di La Repubblica emergono tutti i non sense dell’attuale situazione italiana e le cause profonde del crollo dei consensi e dell’afflusso alle urne.

Innanzitutto, l’ammissione che quello attuale è un governo di “sopravvivenza istituzionale” che è un po’ come dire che è rimasta solo la facciata, specialmente se è il Capo dello Stato a chiarirlo.
Un governo con le gomme bucate, se per Giorgio Napolitano bisogna farlo vivere “per un’esigenza minima di stabilità” e, poi, “ognuno riprenderà la sua strada”.
Eppure, fu proprio il Presidente della Repubblica a dare mandato a Gianni Letta di formare un governo di programma, che, per altro, è sostenuto da una maggioranza ampissima.

Inoltre, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ritiene che la priorità per il Paese è di “creare le condizioni, anche con una certa discrezione, per una intesa per una nuova legge elettorale, indipendentemente dai correttivi urgenti che possa suggerire la Corte costituzionale“, precisando di non essere “intenzionato a rivivere l’incubo di quei mesi durante i quali nella commissione Affari costituzionali del Senato si è pestata l’acqua nel mortaio e non si è stati capaci di partorire nessuna riforma elettorale avendo tutti i partiti giurato che bisognava farla”.

In parole povere, sembra una conferma ‘autorevole’ che il Parlamento, creato da un sistema elettorale incostituzionale, non sia del tutto legittimato e, conseguentemente, il governo.

Napolitano da ragione a Beppe Grillo?
Forse no, non nei modi di sicuro, ma il richiamo alle responsabilità epocali di tutte le compagini politiche è chiaro: le riforme per il Paese “devono essere nella maggior misura possibile concordate, fermo restando che poi un’alleanza politica è sempre un’alleanza a termine, in modo particolare quando è un’alleanza eccezionale come lo è quella attuale”.

fotomontaggio pubblicato dal blog di Beppe Grillo

Se, dunque, è falsa la notizia “di un termine posto dal Presidente della Repubblica alla durata dell’attuale governo“, Giorgio Napolitano ribadisce di nuovo, dopo l’intervista a Barbara Spinelli, tutto il proprio dissenso e la propria divergenza rispetto ad una situazione di stallo generale sempre più anomala.

”Mi si permetta di dire che a circa 40 giorni, vedo serpeggiare la preoccupazione che questa alleanza possa durare troppo, anzi, per l’eternità: francamente sono un po’ sbalordito”.

E, dopo lo scarso afflusso alle urne delle amministrative, come non prendere atto che tra post democristiani e post comunisti non si raccoglie, ormai, più del 30-40% dei consensi e che il resto degli italiani è in attesa di proposte politiche diverse? Qual’è il messaggio che arriva dai cittadini se Alemanno o Marino ‘fa lo stesso’ per oltre un milione di romani?
E, viste le liste del Porcellum e gli eletti al Parlamento, come non pensare che è un’anomalia dichiarata che nel PD un terzo dei deputati sia un ‘politico di professione’ e che un parlamentare su dieci arrivi dal settore sanitario, quello dei buchi neri delle Regioni e dei circa 90.000 casi annui di malasanità? Oppure che i parlamentari (ed i candidati) esperti nella governance – provenienti dalla pubblica amministrazione, dalla magistratura e dalla carriera militare – siano davvero pochissimi, a differenza delle altre democrazie?

E quale etica, quale New Deal, quale senso di appartenenza nazionale può esserci se – ancora oggi, dopo secoli di disastri – che il messaggio evangelico ‘ama il prossimo tuo come te stesso’ si traduca – nella gestione del consenso e nelle alleanze – in un ben più prosaico e discutibile ‘volemose bene’, mentre, oprmai, ‘non c’è più trippa per gatti’?

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La maxiofferta elettorale di Ignazio Marino

6 Giu

Arriva il ballottaggio per l’elezione del sindaco di Roma Capitale: Ignazio Marino, Gianni Alemanno o nessuno dei due? A vedere il primo turno, è inequivocabile che la fiducia dei romani nei candidati proposti sia ai minimi storici, ma non è detto che il tonfo non possa essere ‘migliorato’.

Infatti, la campagna di Gianni Alemanno è tutta incentrata sul suo immobilismo che non ha provocato disastri e l’ha tenuto fuori da tanti scandali e latrocini romani, ma forse non abbastanza per far fronte ad un candidato come Ignazio Marino, che “non è di Roma, che non sa nulla della città, che non ne consoce la vita, che non ne conosce i problemi” e che “parla tanto di merito, ma ha avuto incidenti anche gravi nell’amministrare piccole realtà di decine di dipendenti, ad esempio il Centro Trapianti della Sicilia. E’ stato, come sanno tutti, licenziato dall’Università di Pittsburgh per sovrapposizioni di numeri che lo hanno messo in cattiva luce.”

Un immobilismo, quello di Alemanno, che tiene realisticamente in conto sia la recessione corrente e la crisi generale, ovvero la carenza di fondi, e che non ha ceduto davanti alle spinte ‘alla spesa pubblica’ dei palazzinari e delle borgate romane.

Un attivismo, quello viceversa di Ignazio Marino che sta promettendo di tutto e di più, senza spiegare da dove prenderà i soldi e, soprattutto, come farà Roma a sostenere una tale spesa a regime.

Ad esempio, mentre le strade sono da rifare e mentre c’è da dismettere parte dell’edilizia pubblica, si promettono agli elettori romani:

  1. Parchi giochi e aree pedonali nei quartieri, a partire da quelli in periferia, per favorire le attività ludiche, ricreative e sportive a contatto con la natura.
  2. Rafforzare la rete dei servizi pubblici nei quartieri, con interventi di formazione, incentivo e supporto alle necessità economiche, sociali e culturali delle famiglie.
  3. Piano straordinario di edilizia scolastica per rinnovare e aumentare le strutture esistenti, con l’obiettivo di abbattere le liste di attesa in tre anni.
  4. Piena messa in sicurezza, manutenzione ordinaria e straordinaria delle scuole, riqualificazione degli edifici, programma speciale di costruzione di nuovi edifici ecosostenibili.
  5. Assicurare un’adeguata distribuzione degli asili nei quartieri, scuole aperte al pomeriggio e nei mesi estivi.
  6. Case del Welfare e del benessere diffuse in tutti i quartieri, con servizi meglio tarati sui bisogni reali delle persone, molto spesso disabili, con disagio psichico, anziani.
  7. Sostenere le famiglie numerose e le famiglie che si fanno carico di una persona anziana.  Sviluppo di un mercato dei servizi di prossimità per l’accudimento non sanitario degli anziani, con servizi mirati ai diversi bisogni delle fasi della vita.

Proposte che, oltre ad avere un costo, suonano come ‘nuove tasse o tributi e ticket maggiorati’. Ad esempio, il “bollino di qualità per negozi, bar e ristoranti a misura di bambino e di passeggino”,  il “registro pubblico degli assistenti familiari (badanti)”, il “nuovo sistema di agevolazioni tariffarie per l’accesso ai servizi d’infanzia”.

Un vero e proprio salasso a cu si aggiungono proposte del tutto aleatorie, come “costruire una città che permette di conciliare i tempi e gli spazi familiari con ritmi del lavoro”, “costituire una task force di studio e supporto ai problemi sociali connessi all’età dello sviluppo adolescenziale”, “rafforzare l’offerta formativa immaginando la città come un immenso laboratorio didattico all’aperto”,   “creazione del Centro di Cultura del Mediterraneo”.

Per non parlare delle promesse elettorali sulle quali un Sindaco non ha competenza particolare, ma la hanno la Regione e/o lo Stato come:

  1. Collaborazione tra i servizi socio-sanitari presenti sul territorio e gli istituti scolastici per migliorare l’integrazione dei casi di disabilità, il supporto psicologico, l’educazione al rispetto del proprio corpo e sessuale, la prevenzione di fenomeni di bullismo.
  2. Rilanciare l’azione dell’Azienda Speciale FARMACAP, che con la sua rete di farmacie comunali costituisce un presidio nei territori più periferici. Coinvolgere le parocchie nel sostegno ai più deboli e ai più poveri. Sostenere persone e famiglie a rischio povertà e che vivono in strada.
  3. Ricostruire la rete dei poliambulatori pubblici e dei servizi domiciliari, stimolando le ASL, d’intesa con la Regione, a investire sul territorio in termini di strutture e risorse umane.
  4. Riconoscimento delle competenze specifiche dei profili professionali dei medici e maggiore trasparenza dell’organizzazione dei servizi a garanzia della qualità e della sicurezza.

 O, peggio, di quelle che suonano come ‘nuove cementificazioni e speculazioni edilizie’, se Ignazio Marino promette che il Comune di Roma, “pur non avendo risorse economiche da mettere in campo, ha la possibilità, con l’uso sapiente del patrimonio pubblico, di governare la strategia di rigenerazione. Chiameremo gli imprenditori ad aiutarci a perseguire un modello di sviluppo nuovo per Roma ma in atto da anni in molte città europee, concentrando le occasioni di lavoro e di impresa nella trasformazione urbana dell’esistente.”

Ad esempio per “realizzare uno sviluppo urbano a maggiore concentrazione di funzioni e di edificato in alcune aree strategiche”, per i “circa 15.000 gli ettari di città che devono essere riqualificati, tra le aree da ristrutturare già individuate dal PRG, i quartieri dell’edilizia residenziale pubblica e gli immobili del demanio statale e militare”.
Per un “programma graduale e progressivo di pedonalizzazione e sistemazione degli spazi pubblici”, prevedendo “una quota di alloggi sociali in tutti gli interventi di trasformazione urbana e di riuso in aree interne al centro storico” e “realizzare circa 3.000 alloggi sociali, destinati a individui e nuclei familiari svantaggiati che non sono in grado di accedere alla locazione in libero mercato”.
Per la  “valutazione di qualsiasi nuovo impianto sportivo sia di proprietà pubblica che di proprietà privata all’interno delle scelte strategiche di sviluppo della città” e la “messa in sicurezza e riqualificazione degli impianti sportivi esistenti”.

“Un’azione complessiva nella città finalizzata all’efficientamento energetico-climatico degli edifici anche per rilanciare il settore dell’edilizia e quindi l’occupazione” … più chiaro di così.

Come è chiaro, a fronte del convulso traffico romano e della lentezza dei sistemi di trasporto pubblico, che sarà improbabile:

  1. ridurre le distanze esistenti tra i quartieri, a partire da qualità e disponibilità dei servizi di base: offerta scolastica, qualità degli spazi pubblici, luoghi di aggregazione sociale, culturale e sportiva, spazi verdi, collegamenti veloci con il centro,
  2. individuare insieme agli abitanti di ogni quartiere una strada da trasformare e riprogettare in modo da far tornare la vita in strada, come centri commerciali naturali ed un immobile pubblico da destinare a spazi per il lavoro condiviso per i giovani del quartiere,
  3. far diventare le 40 biblioteche di Roma Capitale un presidio non solo culturale ma anche sociale,
  4. rimuovere ogni barriera per rendere accessibile ai pedoni, alle mamme con il passeggino, ai disabili e soprattutto alla popolazione anziana, la fruizione dello spazio pubblico e per favorire lo spostamento a piedi dei bambini nel tragitto casa-scuola.

Quanto alla sicurezza e alla legalità, tasto dolente di una metropoli insicura, potrebbe non bastare la “riorganizzare la distribuzione territoriale delle forze di polizia”, il “maggiore coinvolgimento delle associazioni di territorio”, la “estensione della rete di illuminazione pubblica e di incremento dei punti luce”.

Ci fermiamo qui, ma ad andare sul sito di Ignazio Marino (link) di promesse se ne trovano a bizeffe e non rappresentano affatto ‘un nuovo che avanza’, ma, piuttosto, manca solo di trovarsi davanti un Achille Lauro redivivo.

Le migliori in assoluto?

“Metteremo in rete le sedute del consiglio comunale. Così tutti i cittadini potranno ascoltare le discussioni che avvengono all’interno del consiglio”.
“Apriremo anche un ufficio trasparenza, dove i conti del Comune saranno spiegati con la stessa semplicità con cui la signora Maria o il signor Giovanni fanno i conti a casa propria alla fine del mese. Ognuno saprà come viene speso ogni singolo euro delle proprie tasse”.
“Sistemare tutti i marciapiedi come luogo per l’attività fisica di base: camminare. Punire la sosta delle macchine e dei motorini sui marciapiedi, verniciare le strisce pedonali.”

Intanto, mentre Marino lancia un appello agli elettori del M5S, Roberto Fico – già candidato a sindaco di Napoli – annuncia, lavandosene le mani, che ‘per il ballottaggio di Roma non diamo indicazioni di voto’. Eppure, ce ne era in abbondanza per attirare le ire di Beppe Grillo, specialmente dopo che un candidato M5S ‘de sinistra’, Marcello De Vito, aveva perso 305.705 (-66,1%) dei voti ottenuti alle Politiche …

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Amministrative: crollo dell’affluenza. Perchè?

27 Mag

Crolla l’affluenza alle urne alle Amministrative. A Roma un cittadino su cinque, tra quelli che avevano votato la volta scorsa, ha deciso di astenersi. In dubbio la legittimità di un sindaco della Capitale, se eletto da meno del 50% del quorum.

Le cause? Effetto larghe intese?
No.

Effetto stesse facce, stesse chiacchiere, stessi partiti, stesse idee, stessi compromessi, stessa avidità,.
Stessi disastri?

Se la legge elettorale è un problema, ancora più difficile da digerire è il constatare che chi è stato eletto in 20 anni di cleptocrazia continua ad essere candidato. Se non lui, qualche nepote …

E, allora, perchè votarli, se sono cooptati? E perchè farceli votare, quando basterebbe nominarli in qualche congresso di partito?

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IMU: Alemanno trova la soluzione?

10 Mag

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha comunicato che le domande di anticipazione di liquidità superano l’importo delle disponibilità del Fondo dedicato agli Enti locali dalla Cassa depositi e prestiti. Parliamo di un fabbisogno stimato in sei miliardi di euro a fronte di soli quattro distribuiti su due rate per l’esercizio corrente e per quello del 2014.

Dunque, sono ancora aperti i nodi per i quali si dovette intervenire d’urgenza, un anno e mezzo fa, proclamando Mario Monti a salvatore della Patria e lasciando Elsa Fornero libera di usare il Welfare per salvare la cassa.

Se qualcuno cerca il ‘tesoretto di Mario Monti’ è meglio che lasci perdere, anzi sarebbe bene che si preparasse al peggio: la Corte dei Conti ha bocciato il DL Sviluppo, la Legge di Stabilità e, persino, la fiscalità che Monti e chi lo sosteneva hanno voluto.

Le norme di carattere fiscale “risultano prive di clausole di salvaguardia per fronteggiare il minor gettito rispetto alle stime”.  La legge di Stabilità “viene svuotata della sua componente fondamentale, non si realizza la manovra.” Il Decreto Legge per lo Sviluppo costituisce “un provvedimento disorganico, che reca i più disparati interventi; molti emendamenti approvati in sede parlamentare sono privi di relazione tecnica o registrano un visto negativo”.

Per il resto, “coperture improprie”, “gettito non affidabile”: un’ennesima voragine nei conti pubblici?

Intanto, la ‘pacificazione’ passa attraverso il taglio dell’IMU (voluto da Berlusconi) ed il rinnovo della Cassa integrazione speciale (voluta dalla CGIL), mentre è più che evidente che non la copertura finanziaria, andando avanti con questo metodo, non c’è.
L’IVA non aumenta, forse, ma, di sicuro, non cala, eppure c’è recessione. L’Irperf viene lasciata libera di crescere in balia della malasanità e della malagestione, come se non contribuisse ad aumentare il carico fiscale di tutti.

E, per non farsi mancare nulla, anche i parlamentari del Movimento Cinque Stelle scoprono che vivere a Roma con seimila euro al mese è difficile, chissà come faranno i residenti che vanno avanti con 1.000-4.000 euro mensili per nucleo familiare …
Dunque, niente interventi sui costi della Casta o della P.A., i piccoli comuni e le Province son tutti lì, la magistratura ha avuto il periodico aumento stipendiale, i nostri media neanche più ricordano che i mercati e gli stati esteri ci guardano ancora con attenzione, sorpresa e sospetto.

Tornando all’IMU, c’è l’esempio della Giunta di Roma Capitale, presieduta dal sindaco Alemanno, che ha dato il via libera all’esenzione totale dal pagamento dell’Imu sulla prima casa per le famiglie con un reddito Isee non superiore a 15.000 euro.
La copertura finanziaria sarà assicurata dai maggiori introiti garantiti dalla rivalutazione delle rendite catastali degli immobili situati nelle zone di pregio di Roma, che rappresentano il 7,49% delle prime case.  La stima di incremento di gettito derivante dalle nuove rendite in base alle stesse aliquote IMU dello scorso anno è di un gettito di 116,2 milioni di euro. In questo modo, non saranno penalizzate le attività produttive, come, viceversa, sembra prevedere il decreto al vaglio del Governo Letta.

Saranno 376.000 le  famiglie romane, in particolari situazioni di disagio economico-sociale, che beneficieranno di questi provvedimenti di solidarietà sociale.

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