Paolo Savona, la Lira nel 1975 e la Patrimoniale del 1992

24 Mag
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Il professor Paolo Savona ha avuto il grande merito di annunciare, in tempi non sospetti, che l’Italia non avrebbe avuto i requisiti economico-finanziari e – soprattutto – amministrativi adeguati per entrare in Europa, ma per ragioni di opportunità politica la Germania avrebbe chiuso un occhio, come il Der Spiegel confermò nel 2012 dopo una ampia indagine su centinaia di documenti governativi, dai quali “emergerebbe che l’esecutivo di Ciampi e di Prodi raggiunse i requisiti con misure cosmetiche”.

Paolo Savona era un ministro (piuttosto controverso) di quel Governo Ciampi e questo scriveva di lui La Repubblica del 4 aprile 1994: Nei pochi mesi in cui è stato a capo del dicastero dell’ Industria si è scontrato con il presidente dell’ Iri, Romano Prodi, con quello dell’ Eni Franco Bernabè e, nei giorni passati, come riferiscono le cronache, anche con quello della Funzione pubblica, Sabino Cassese. Per finire, il suo ministero è entrato in rotta di collisione anche con l’ Antitrust di Francesco Saja sul piano di privatizzazione dell’ Enel.”
Controversie ‘meritevoli’, almeno nel caso dello scontro con Prodi, sfociato nelle dimissioni di Savona, sulle privatizzazioni ed ancor più delle modalità: “nocciolo duro” per il ministro, “public company” per il presidente dell’ Iri.

Oggi, son trascorsi quasi 25 anni da allora, ma andando ancora più indietro nel tempo, quando Paolo Savona era il Direttore quasi quarantenne del Servizio Studi della Banca d’Italia, ci imbattiamo nel 10 dicembre 1975, data in cui l’Istituto Bancario San Paolo emise miniassegni circolari per conto della Confesercenti, dato che la Lira era talmente messa male da scatenare un’inflazione altissima e da non poterci permettere neanche il metallo per gli spiccioli, con commercianti e clienti che dovevano ricorrere a caramelle, francobolli, gettoni telefonici e in alcune città anche dai biglietti di trasporto pubblico. Altro che cryptovalute …

Miniassegni-circolari-istituto-bancario-san-paolo-1975

Non sappiamo se Paolo Savona fosse fautore o critico di quel disastro, ma fatto sta che l’anno dopo divenne Direttore Generale della Confindustria seguendo Guido Carli, già direttore generale della Banca d’Italia dal 1959 e dimessosi nel 1975, dopo il crollo pre-annunciato dall’altalenante andamento della lira durante il decennio precedente ed i corrispettivi ‘warning’ degli analisti internazionali rimasti inascoltati (Italy’s Capital Market—Bank’s Warning. From Our Own Correspondent. The Financial Times (London, England), Tuesday, June 04, 1963; pg. 5; Edition 23,021).

Fu in quegli anni che l’Economia e la Finanza italiane constatarono che non era possibile indebitarsi all’infinito, svalutando la Lira ed aggiungendo Bot a mini-Bot, a causa del progressivo peso dei costi di importazione delle merci, a partire da metalli e carburanti.

A dire il vero, l’Italia se ne era già accorta tante altre volte che invocare il Sovranismo a fronte di un mare di debiti è impresa scellerata. Ce ne saremmo accorti anche dopo, nel 1994, con l’Eurotassa approvata dal Governo Prodi che contava di risanare i conti pubblici con un salasso da 4.300 miliardi di lire, dopo che già nel 1992 l’allora governo Amato impose un prelievo forzoso del sei per mille su tutti i conti correnti bancari (Legge Patrimoniale) per evitare il crack finanziario, mentre Paolo Savona era  Presidente del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, che non si oppose.

Non solo tasse, ma anche titoli, come certamente avrà insegnato ai suoi allievi il professor Savona, menzionando quanto accadde nel 1904, quando i Bot emessi nel 1901 vennero annullati dalla Corte dei Conti … con buona pace di chi li aveva acquistati o accettati.

1901-REGNO-DITALIA-Certificato-di-rendita-su-Debito

Fu un caso, ma l’effigie in testa al Certificato di credito era proprio quella di Vittorio Emanuele I, il re sabaudo che diede avvio all’Unificazione italiana con l’immediata emissione di Bot già nel 1861, nonostante le immense requisizioni di beni ecclesiastici e nobiliari e nonostante il fatto che – a parte il Regno di Piemonte e la Santa Sede – il resto dell’Italia vantava da secoli i bilanci in pareggio.

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Diciamo che siamo noti per esser relativamente puntuali  a pagare interessi, ma di saldare i debiti non se ne parla, se l’Italia si trovò a nascere – nonostante le requisizioni di beni vaticani o borbonici – con il 100% di rapporto debito/Pil e gli unici riscontri positivi li dobbiamo ad operazioni di risanamento ‘virtuali’ come il saldo delle Guarentigie per il Concordato, l’economia di guerra di Mussolini, il debito enorme nascosto dal boom economico del Dopoguerra fino agli Anni ’60.

italia grafico percentuale debito pil 1861 2015

Oggi, il professor Paolo Savona ha oltre ottanta anni, conosce molto meglio di noi tutti la storia degli andamenti e sa bene che è questo genere di ‘precedenti’ a spaventare nazioni, mercati e cittadini: che gli italiani usino qualche disastroso espediente nella folle speranza di non onorare i propri debiti.

E questo è anche il timore degli imprenditori e dei risparmiatori italiani, cioè dei cittadini.
Non certamente che il professor Paolo Savona possa essere ‘anti-banche’ o ‘anti-globalizzazione’, se fino all’altro ieri era ai vertici di una cryptobank anglo-lussemburghese con investitori Usa-based.

Possibile che l’Italia non ricordi come siano andate effettivamente le cose ai tempi della Lira?
Non durante i ‘favolosi’ Anni ’60 di Carli e Savona, in cui il boom economico mascherava debiti e sprechi immensi, ma subito dopo, dal 1975 fino al 1994, quando dovemmo pagare pegno?

Demata