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L’ineluttabile fine di ogni Autocrazia (e putinismo)

13 Nov

L’ideologo nazionalista russo Aleksandr Dugin ha pubblicato su Telegram un post poi rimosso e infine disconosciuto dallo stesso filosofo, la cui figlia è stata assassinata ad agosto in un attentato di cui i russi accusano i servizi ucraini.

Una schietta, dura, amara riflessione su come vadano a finire inevitabilmente (male) le Autocrazie.

“Il potere è responsabile di questo. Che senso ha l’autocrazia, che è quello che abbiamo?

Diamo al Sovrano la pienezza assoluta del potere e lui ci salva tutti, il popolo, lo Stato, la gente, i cittadini, in un momento critico.

Se per farlo si circonda di schifezze o sputa sulla giustizia sociale, è spiacevole, ma lo fa solo per salvarci. E se non lo fa?

Se non lo fa, il suo destino è quello del Re della pioggia”. (ndr. che viene ucciso perché non è riuscito a portare la pioggia durante la siccità: per punizione, gli viene gli viene squarciato lo stomaco”)

L’autocrazia ha un lato negativo: la totalità del potere nel successo, ma anche la totalità della responsabilità nel fallimento. Kherson non si è quasi arresa, si è arresa del tutto.

Voi sapete per chi è il colpo. E non saranno più le pubbliche relazioni a salvare la situazione. In una situazione critica le tecnologie politiche non funzionano affatto.
Oggi la storia parla. E dice parole terribili per noi”.

Il post è stato poi rimosso – come riporta Huffington Post – e Dugin ha patriotticamente precisato che “nessuno ha voltato le spalle a Putin. La Russia e Putin non capitoleranno mai”.

Ma questo non alleggerisce il ‘peso’ di queste sue riflessioni come ideologo della Destra nazionalista che ripudia l’autocrazia e, più in generale, la leadership “dell’uomo solo al comando”.
Vedremo quali saranno le ripercussioni sui partiti di Destra e più in generale populisti’, specialmente quelli che sono incentrati sulla personalità del leader – talvolta anche per statuto e spesso per propaganda elettorale.

Demata

Il reato anti-rave e la Convenzione europea dei Diritti

1 Nov

In primo provvedimento importante del Governo Meloni è consistito nell’accontentare Matteo Salvini ed istituire almeno un nuovo reato a cui appioppare pene pesantissime.

Il punto – però – era che la norma anti-rave sarebbe consistita in una aggravante della “Invasione di terreni o edifici” (art. 633 del codice penale), ma per questi reati contro il patrimonio si interviene solo se c’è la querela della persona offesa.

Così qualcuno ha avuto la brillante idea “di introdurre un reato diverso dai reati contro il patrimonio”, cioè di inserire i rave illegali tra i “Delitti contro l’incolumità pubblica“.

Così è nato l’articolo 434-bis, per perseguire “l’invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”. 

Ma ‘raduni’ più ‘ordine pubblico’ ci portano dritti dritti all’articolo 11 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo tutela la libertà di riunione e di associazione.
E … la apposita guida 2020 del Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, precisa che l’articolo 11 “protegge il diritto a una “riunione pacifica” e si applica a tutti i raduni, tranne che a quelli in cui gli organizzatori e i partecipanti … istigano alla violenza o rifiutano in altro modo i fondamenti di una società democratica.” (LINK)

L’aspetto paradossale è chi occupa era perseguibile già prima del 434-bis, i cui effetti sono tra l’altro effimeri … se il reato scatta solo se i partecipanti al rave sono 50 o di più.

Chi ha da temere siamo tutti noi italiani perchè c’è da temere per la stabilità del governo, se il primo atto è una violazione del diritto internazionale e delle libertà individuali … per compiacere quel Matteo Salvini già distintosi per aver affossato il Governo Conte I e II più quello Draghi.

Demata


Il Mare e la credibilità del governo Meloni

25 Ott

La credibilità del nascente governo presieduto da Giorgia Meloni si gioca tutta sul Mare, risorsa fondamentale dell’Italia quanto ministero trascurato e negletto che non si riduce alle spiagge e agli sbarchi clandestini.

Sarà così per i tanti che vedono il mare solo per un paio di settimane l’anno in vacanza o in televisione nei telegiornali. Ma non è così.

Infatti, l’Italia ha 8.300 km di coste, di cui circa 7.500 sono naturali, mentre sono quasi 800 i chilometri di strutture, sia portuali e marittime (costa fittizia) sia permanenti realizzate a ridosso (costa artificiale).

In altre parole, è come se le infrastrutture portuali e marittime italiane si estendessero da Napoli a Milano senza soluzione di continuità. Cioè il Mare e le sue infrastrutture sono qualcosa di davvero complesso, nevralgico e vitale.

Ad esempio, il traffico di container nei porti italiani (elaborazione DIPE su dati Assoporti e autorità portuali) è di diverse decine di milioni di TEU l’anno e l’interscambio via mare si aggira sul mezzo miliardo di tonnellate annue di merci.
Il traffico di passeggeri è sostenuto dall’incremento dei crocieristi che è di diversi milioni di persone ogni anno che imbarcano e sbarcano.

Inoltre, l’Italia è il quarto paese produttore di pesce d’allevamento dell’UE-28 (Regno Unito incluso) ed il nono per quanto riguarda le catture, con 325 porti pescherecci ed oltre 12mila imbarcazioni.
E dal mare arrivano quasi 25 milioni di metri cubi di gas e oltre 20 milioni le tonnellate di petrolio greggio.

In termini di ricadute sull’occupazione va sottolineato anche che, secondo i dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, le concessioni demaniali marittime sono circa 52mila, di cui circa 27mila a uso “turistico ricreativo”.

Quanto alle urgenze, c’è che negli ultimi 15 anni un totale di 841 chilometri di costa italiana ha mostrato fenomeni di erosione e – stando al WWF – “il 51% dei paesaggi costieri italiani”, circa 3.300 km, è degradato” con il “rischio di perdere preziosi servizi ecosistemici come la difesa dalle mareggiate“.

E sono le Capitanerie (e il loro Ministro) ad occuparsi di tutto questo, dal demanio marittimo in concessione a quello soggetto ad erosione, dalla sicurezza dei porti e delle navi a quella del personale marittimo, dalla  filiera della pesca alla prevenzione e repressione di tutti i tipi di inquinamento marino, incluse le  acque di zavorra e lo sfruttamento dei fondi marini.

Dunque, a cosa serve un Ministero del Mare privato delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera?

Se la collocazione di Matteo Salvini ad una funzione tecnica come il Ministro delle Infrastrutture ha già comportato lo spacchettamento del PNRR su diversi tavoli, cosa comporterà per l’economia italiana (e la pace sociale) la cancellazione ‘de facto’ del ministero del mare, se il leader della Lega ottenesse anche le Capitanerie?

E, comunque, quali sarebbero i destini di Pesca, Demanio e Ambiente marittimi, Flotta commerciale, Gente di Mare eccetera se si ritrovano ad essere … gestiti dalle Infrastrutture?

Demata

Governo Meloni: punti di forza e debolezza

22 Ott

Era dal 2011 che la democrazia italiana tirava avanti con premier nominati dal Presidente, di cui 3 su 4 (Monti, Conte e Draghi) neanche eletti.
Dunque, vedremo se “non è un governo conservatore, ma reazionario” – come titola Huffington Post – ma ad oggi quello di Giorgia Meloni è certamente un governo ‘politico’ e ‘democratico’.

Intanto, i nomi sono sul tavolo e, se qualche testata annuncia l’arrivo di “autarchia, sovranismo e nostalgia”, qualche altra reclama che Giorgia Meloni “aveva promesso un esecutivo di alto profilo e invece ha profili modesti in ambiti cruciali” e qualcuna ancora sottolinea che “cinque sono tecnici di area“.

Ma come stanno le cose?

Di sicuro, la cordiale stretta di mano tra Mattarella e Meloni sembra essere lontana dalla faziosa storia del nostro continente e- soprattutto – è notevole che una donna sia pervenuta all’apice della politica italiana, fatto che nelle grandi nazioni industrializzate è avvenuto solo in Germania e in Gran Bretagna.
D’altra parte, i neo Ministri dovranno essere visti alla prova dei risultati, anche se il livello dei curriculum professionali di tanti lascia ben sperare, specialmente rispetto alle due compagini governate da Giuseppe Conte, con non pochi ministri appena diplomati e non di rado carenti di esperienze professionali.

Fa scalpore il ‘Merito’ che andrà ad accompagnarsi all’Istruzione, ma è pur vero che la Scuola degli ultimi 50 anni non è che abbia granchè badato al merito.
Sono ormai due generazioni che mancano sistemi di verifica (esami) imparziali, le assunzioni non sono rigorose se si raschia puntualmente il fondo delle graduatorie, le carriere non possono essere dignitose se mancano progressioni e premialità, il buon esempio resta vano se sussidiamo i peggiori ma non i meritevoli, la qualità dell’edilizia e l’efficienza tecnica delle dotazioni sono sulle cronache a ciclo continuo, la visibilità e l’immagine della professione docente si scontrano con un burnout diffuso e un livello di contenzioso abnormi.

Inoltre, l’importanza data alla Famiglia e alla Natalità induce molti a prevedere che diritti e libertà civili non conosceranno una stagione felice.
Certamente, però, quel che è urgente è la carenza di politiche per la famiglia, per la natalità e la genitorialità, mentre abbiamo tassi povertà e abbandono scolastico sempre più eclatanti.

Se questi potrebbero essere dei punti di forza, certamente possono esserlo Adolfo UrsoGuido Crosetto, Antonio Tajani e tutti i tecnici messi a capo di alcuni ministeri strategici come non non si vedeva da tanti anni.

Piuttosto – in negativo, visti l’estremismo del passato e il possesso solo di un diploma liceale, Matteo Salvini alle Infrastrutture suscita perplessità, dato che anche questo è un ministero ‘tecnico’ e gli competeranno anche quei 3-4 tunnel in Liguria, i destini di Venezia, il salvataggio Alitalia o la siderurgia di Taranto e non solo le polemiche dell’ultimo mese contro il sindaco Beppe Sala per lo stop ai motori diesel dentro l’Area B di Milano.
Come se non fosse una questione di Salute, come lo era quando c’era da mettere in lockdown una parte della Lombardia.

Una prova non semplice anche per Nello Musumeci, che da giornalista si ritrova alle Politiche del mare a cui andranno i porti, a partire dall’hub di Gioia Tauro, come toccherà la lotta agli sbarchi illegali, a partire da ‘migliori’ accordi con i regimi libici e una maggiore ‘sovranità nel Mediterraneo’ rispetto all’Unione Europea, su cui ha fondato la sua campagna elettorale.
Speriamo solo che non finisca a litigare con gli altri paesi mediterranei, quelli che ci danno gas e petrolio, … perché fermino loro i migranti, dopo aver noi smantellato ripetutamente la nostra flotta.

Ma quel che fa arricciare il naso agli analisti (e farà dubitare le agenzie internazionali) è che di Coesione territoriale, Pnrr regionali, Transizione digitale e Transizione ecologica non c’è più traccia, cioè saranno spacchettati tra vari Ministeri, sia come spesa sia come rendiconto e – si spera almeno – non anche come progettualità.
In altre parole, sarà molto più complicato ricostruire la logica, gli interventi e i risultati in termini di resilienza, resistenza, innovazione, adeguamento eccetera … mentre il Digital Divide già mostra nei populismi i suoi letali effetti sociali e politici.

Infatti, il “Pnrr” diventa un mero piano di finanziamento negoziale e non prima di tutto un progetto di transizione nazionale, se dalle Infrastrutture e Finanze passa agli Affari Europei affidati all’esperto Raffaele Fitto.

Intanto, come per il Pnrr e le Politiche del Mare, dalle Infrastrutture s’è dovuta togliere anche la “Sicurezza energetica”, trasferita all’Ambiente affidato a Gilberto Pichetto Fratin, finora viceministro allo Sviluppo Economico con Mario Draghi. 

Un buon governo, almeno in termini di competenze ‘sulla carta’, ma vistosamente azzoppato da Salvini, che ha preteso un Ministero “tecnico”. Speriamo che non accada come l’altra volta, che dopo non essere andato in ufficio per giorni e settimane, s’è chiamato fuori dal governo con un tweet dalla spiaggia.

Demata

Salvini: perché tanta Destra non lo vorrebbe come ministro?

6 Ott

Mentre il mondo avrebbe bisogno di Mario Draghi per dipanare la matassa ucraino-russa e magari anche quella tedesco-ungherese, Giorgia Meloni arranca nella formazione di un governo ‘grazie’ al suo alleato Matteo Salvini.

E se Matteo Salvini come ministro in un governo è una bomba ad orologeria, come sa bene Giuseppe Conte, ritrovarselo a di fuori a fare sostegno esterno è una mina vagante, come Mario Draghi può confermare. E vediamo perchè.

Innanzitutto, Salvini è l’uomo che ha scelto di trasformare in leader politico nazionale uno sconosciuto avvocato di provincia, Giuseppe Conte, creando le premesse per la sopravvivenza del Movimento Cinque Stelle e la sua trasformazione in un partito ad personam.
Certamente, un errore politico decisivo non è di per se un ‘veto’ al ruolo di ministro, ma l’aver creato dal nulla il maggior antagonista è un demerito epocale in politica.

Poi, c’è che Matteo qualche passaggio giudiziario decisamente infelice ce l’avrebbe e non parliamo degli eccessi contro le Organizzazioni Non Governative o della violazione di diritti privati (copyright), ma dei 497 milioni di finanziamenti pubblici sottratti indebitamente allo Stato, per cui lui come segretario nazionale della Lega non si costituì parte civile … contro Bossi che ce lo ritroviamo in Senato, dopo che nel 2018 è stato condannato a 1 anno e 10 mesi proprio per quei 49 milioni.

Infine, c’è quel Salvini che ammira Putin e il suo modo di governare.
Non quello che vagava per la Piazza Rossa con Putin in divisa militare stampato sulla maglietta (pochi mesi prima della guerra), ma quello che durante la guerra e mentre la Lega appoggiava la Nato …. indossava una felpa in cui era “contro le sanzioni alla Russia”.

Poi c’è il ‘resto’ ed è tanto.
Ad esempio, c’è quello che il 12 gennaio 2022 contava che “il prossimo presidente del Consiglio sia Mario Draghi e che si continui a lavorare con lui”, ma annunciava ” una crescente insofferenza” già il 15 giugno 2022, dopo solo cinque mesi e con una guerra che a gennaio non c’era.

Come c’è stato quel Salvini che il 3 febbraio 2019 che difendeva il premier Giuseppe Conte dagli attacchi di Guy Verhofstadt, leader dei liberali europei, e quell’altro che a fine marzo 2019 invitava il premier a “fare di più” per sentirsi rispondere “si rimbocchi le maniche”, vista tra l’altro la scarsa presenza al ministero.

E, tra le tante e varie, c’è persino il Salvini che il 7 aprile 2021 si spendeva a favore di Ursula Von der Leyen e quello che ne chiedeva le dimissioni il 23 settembre 2022.

Demata

Salvini, il ministero, il gender e la Chiesa che si aggiorna

3 Ott

Fa notizia che durante questa campagna elettorale non siano stati veicolati i “valori non negoziabili”, al centro degli appelli dei vescovi che venivano rivolti a candidati e neoeletti quando (1991-2007) il presidente della Cei, Conferenza episcopale italiana, era Camillo Ruini.
Neanche da quella Destra attenta alla quella che si ritiene essere tradizione cattolica.

“Principi non negoziabili” era un’espressione introdotta nel 2002 dalla Congregazione per la dottrina della fede durante la presidenza di Benedetto XVI, riferendosi alla promozione della vita umana dal suo concepimento fino alla fine naturale, alla tutela della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, all’educazione dei figli.

Questi “valori non negoziabili” o “diritti non negoziabili” erano la soglia morale che non poteva essere oltrepassata da nessuna “organizzazione civile” (cioè partito), perchè “il compromesso si trasforma in male comune ogni qual volta comporti accordi lesivi della natura dell’uomo”.

Ma, sta di fatto che la tradizione cattolica latina era un po’ diversa da quella concepita dal pontefice germanico. Infatti, da 700 anni il 2 febbraio di ogni anno  si svolge la processione degli uomini “che vivono e sentono come donne” in pellegrinaggio al santuario della Madonna di Montevergine (AV), che secondo la leggenda, nel 1256, aveva salvato due giovani omosessuali che, in seguito allo scandalo provocato dalla loro relazione, erano stati legati a un albero e abbandonati a morire di stenti sulla montagna.
In realtà la “Juta dei femminielli” è una tradizione antica di molti secoli prima di Cristo quando i Coribanti – i preti eunuchi di Cibele – festeggiavano la Candelora, arrampicandosi fino alla sommità del Monte Partenio. Tradizione mantenutasi in quasi due millenni di Cristianesimo, purché rivolta ad una Madonna anzichè ad una dea, ambedue ‘Grandi Madri’ e protettrici della Vita.

Infatti, come osservava papa Bergoglio già nel 2014, “i valori sono valori e basta, non posso dire che tra le dita di una mano ve ne sia una meno utile di un’altra. Per questo non capisco in che senso vi possono essere valori negoziabili. Quello che dovevo dire, l’ho scritto nell’Esortazione Evangelii Gaudium”.

E cosa diceva la prima enciclica di Francesco?
Che la Chiesa sia aperta a tutti e che tutti devono poter partecipare, in particolare per i Sacramenti.
Ad esempio, ricordare che tutti i fedeli sono ‘peccatori’, se «l’Eucaristia, sebbene costituisca la pienezza della vita sacramentale, non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli.» 

Secondo il Papa (e non è poco), se nessuno è perfetto, perché dovrebbero esserlo ‘di per se’ gli omosessuali, i divorziati e le coppie di fatto … a prescindere, se la loro vita si alterna tra ‘peccato’ e ‘fede rinnovata’ come per gran parte dei comuni mortali?

Peccato e fede rinnovata: una questione che va affrontata con cautela pastorale, come teneva a precisare Francesco, perché … riguarda anche chi desidera cosa d’altri cioè serve non Dio, ma ‘Mammona’ … chi corre dietro a donna d’altri ma non al proprio stesso sesso … chi abusa di alcol e magari non di cannabis … chi si batte per “la famiglia” ma non ha tempo per i figli … chi vede il difetto degli altri e non il proprio disastro.

In altre parole, non dimentichiamo che il Ministero degli Interni è preposto ai diritti civili, inclusi omosessuali, coppie di fatto, ricongiunzioni, adozioni eccetera e non ha “valori non negoziabili”, se non quelli costituzionali, specialmente se 20 anni dopo la loro formulazione quelli cattolici non hanno trovato seguito nel Diritto Canonico e l’attuale Pontefice tiene a precisare «non ho mai compreso l’espressione». (link)

Libertà, onestà, integrità, operosità sono valori per caso ‘più negoziabili’ della ‘castità’ e della ‘fedeltà’?

Demata

Cinque requisiti minimi per un buon Ministro

30 Set

Non a Milano, ma a Roma ci sono decine di sedi ministeriali, non sono pochi i romani che ci hanno lavorato o ci lavorano ed un’idea di cosa faccia di norma un Ministro ce l’hanno un po’ tutti.

Dunque, dopo i ministri ‘di lotta e di governo’ del quadriennio Conte e visti i risultati abissali ottenuti, potrebbe essere utile ricordare i ‘fondamentali’:

1- un ministro non se ne va in giro, perché ha il suo bel da fare (10-14 ore al giorno) tra ministero e parlamento

2- un ministro limita i Media e non usa i Social, perché non deve rubare la scena ai partiti e se ha da dir qualcosa ci sono i decreti e le circolari

3- un ministro è esperto e competente, perché altrimenti la burocrazia se lo mangia a colazione e i sindacati a cena

4- un ministro evita liti all’estero, perché sono difficili da sanare e le reazioni poi coinvolgono anche gli altri ministeri

5- un ministro si pone in modo ‘sobrio’ ed ‘equilibrato’, quando affronta le questioni, perché NON rappresenta più una fazione, bensì una Nazione.

… oppure finisce che i governi non durano 12 mesi.

Ci sarà un motivo per cui da quell’agosto 2021 il partito di Salvini ha perso quasi due milioni di voti.

Demata

Quale ministero per Salvini

29 Set

Un ministero per Matteo Salvini è la prima grana che il governo di centrodestra si trova ad affrontare.  il Consiglio Federale della Lega lo candida per “un ruolo importante nel governo” e lui vorrebbe il Viminale.

Ma ricollocare Salvini al Ministero degli Interni sarebbe pura follia, non solo per le bagarre internazionali che ha scatenato 3 anni fa e le sanzioni che oggi arriverebbero all’istante, ma soprattutto perché c’è una guerra, il Viminale si occupa di sicurezza dello Stato e lui è (stato) un simpatizzante di Putin. Ed, a parte, c’è che da ministro nel 2019 svolse solo 17 giorni pieni di lavoro su 365 in un anno, stando a La Repubblica (link).

Infatti, “la leader di Fratelli d’Italia ha già fatto intendere il messaggio a via Bellerio. Che il segretario possa tornare a sedere sull’amata poltrona di ministro dell’Interno è escluso. Così com’è escluso che Meloni si lasci affiancare da un sottosegretario alla presidenza del Consiglio targato Lega“. (link)

Tenuto anche conto che Matteo Salvini finora ha dimostrato una forte idiosincrasia per il lavoro d’ufficio tanto quanto ha una propensione per le piazze, è evidente che diventa molto difficile trovargli una collocazione ‘amministrativa’ (tale è un ministro).

Infatti, è difficile immaginare cosa Salvini possa amministrare, se

  • gli Affari Regionali è impossibile, con una condanna per razzismo contro i napoletani (link), come per i Rapporti col Parlamento dove c’è da interagire positivamente con l’Opposizione, peggio ancora la Sanità viste le sue posizioni sui vaccini (link)
  • l’Istruzione o l’Università sono settori dove comunque Salvini finora non ha mostrato dimestichezza e dove le sue esternazioni susciterebbero scioperi e tensioni di piazza
  • qualsiasi ministero a rilevanza economica-finanziaria (Ambiente incluso) esige una cultura storico-giuridica e delle competenze tecniche d’eccellenza
  • gli Esteri e altre posizioni a rilevanza internazionale – a parte la scarsa presenza – sono preclusi dalla condanna in Germania per violazione del copyright, che lì è una cosa seria.

Resta solo l’Agricoltura, decurtata dell’Ambiente e magari anche dell’Industria Agroalimentare, dove l’ex ministro degli Interni si ritroverebbe con gli stessi limiti che sussistono per gli Affari regionali o l’Università.

Agricoltura che – tra l’altro – darebbe a Matteo Salvini la possibilità di dimostrare il suo potenziale nel riprendersi consensi tra la gente e fiducia nel partito.

Infatti, il Ministero dell’Agricoltura alla Lega rappresenterebbe il vettore perfetto per Salvini per intaccare e/o conquistare i consensi che PD e M5S hanno costruito nel Meridione.
Ma non solo: occupandosi di Agricoltura, Matteo Salvini dovrà impegnarsi anche nella lotta al Caporalato, che oggi vessa tanti stranieri immigrati, consentendogli una opportunità unica per smentire l’immagine di razzista xenofobo che media e sinistra gli hanno appiccicato addosso.

Riuscirà Matteo Salvini ad accettare le opportunità (non gradite) che gli offre il Destino oppure resterà la spina nel fianco dei governi di cui fa parte la Lega?

A.G.

Le ragioni di un’Italia in fuga dal Centrosinistra

22 Set

La vera domanda di queste elezioni è: al di sotto di quanti voti si parlerà di ‘disfatta’, se il dato è che Centrosinistra e M5S nel 2018 raccolsero collettivamente quasi 19 milioni di voti alla Camera?
Più di 10 milioni di voti (cioè circa il 35% dei votanti con il 35% di astensione) sarà una sconfitta ‘sopportabile’, anche se è un vero e proprio dimezzamento, oppure sarà riconosciuto come un punto di non ritorno della ‘centralità’ socialdemocratica maggioritaria?

E, mentre c’è chi ancora si diletta nel rilevare simpatie e trend nei Social da suggerire ai candidati, a debacle annunciata andiamo a vedere di cosa si tratta nella Realtà quotidiana, cioè ‘perchè’ la gente è attratta da certi riferimenti e non da altri.

A proposito di Sicurezza e Libertà private, in Italia in un anno si verificano 4 furti in casa ogni 1.000 abitanti, sembra molto poco, ma se si conta che in una casa di media ci stanno 3 persone, già siamo arrivati a 12 vittime ogni 1.000 residenti, che significa il 6% in cinque anni.
E non è poco.

A proposito di Istruzione e Innovazione (cioè Lavoro e Impresa), in Italia, 30 anni dopo il Progetto Brocca e le riforme a seguire che smantellarono la scuola di Giovanni Gentile, la situazione è grave: circa un terzo degli italiani comprende solo semplici testi, quasi la metà non sa fare i conti, pochissimi si aggiornano, tanti giovani stanno alla sala giochi.
Cosa che li rende molto esposti a truffe e fake news, oltre che a destinarli a professioni poco retribuite.

Riguardo i diritti universali, è emblematica la situazione attuale del Lazio – storicamente a governance ‘cattocomunista’ – dove 1/3 della popolazione ritiene di vivere in una realtà degradata, con stili di vita non di rado insalubri, e dove è complicato ottenere giustizia, ma può anche mancare l’acqua potabile e c’è poca speranza per chi è solo e/o anziano.

A parlare di Ambiente (e Rifiuti), sempre nell’esempio Lazio, vediamo che siamo ancora al piede di partenza con destinazione onerosa dei rifiuti in altre località e una qualità dell’aria non ottimale, nonostante la bassa densità demografica, l’esposizione a venti marittimi e l’esistenza di boschi e foreste.

Questi i motivi per cui il Centrosinistra perderà le elezioni e gli italiani, anche se le tre compagini (PD, Azione/IV e M5S) supereranno tutte e tre il 10% dei voti … dato che forse il 35% o forse oltre il 40% dei votanti si asterrà, trasformando un 6% in 10, un 9% in 14 o un 16% in 21 … sembra uno scioglilingua, vero?

A.G.

Le priorità elettorali dei partiti a confronto in 5 slide

13 Set

Sky ha annunciato per domani una serie di interviste con Calenda, Conte, Letta, Meloni, Salvini e … probabilmente quasi nessuno andrà a verificare se quel che viene detto corrisponde a quel che i programmi promettono e fanno fede.

Infatti, dalle interviste su media e social, si potrebbe pensare che i Cinque Stelle siano il partito del “Reddito” (minimo o di cittadinanza che sia), ma il loro programma a stento lo menziona come non menziona affatto l’assistenza/previdenza, mentre – sorprendentemente – è Azione-IV a nominarlo più volte.
A dircelo è la conta dei termini usati in proporzione alla diversa lunghezza dei programmi elettorali.

Oppure potremmo credere che la Sanità e la Salute siano una priorità, ma poi a ben vedere solo Cinque Stelle e Fratelli d’Italia guardano anche al ‘contraltare’ cioè invalidi e disabilità.

Come anche per ‘lavoro e occupazione’ a cui sembra dar gran conto il PD, ma purchè sia Terziario, a vedere l’importanza data ad Industria e Commercio.

Fino agli anziani, che non interessano a nessuno eccetto un po’ ad Azione/IV e le donne di gran lunga scavalcate dai ‘giovani’ e talvolta anche dagli “stranieri”.

O constatare che alla parola “sicurezza” non corrisponde con la “lotta alla mafia”, eccetto che per il PD. Eccetera eccetera.

A.G.