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Sanità Lazio, Zingaretti va via: inizia la conta dei debiti

8 Ott

Potevano essere approvati 4 mesi fa i bilanci consuntivi della Sanità laziale, ma c’era in ballo la credibilità del “Campo Largo” di centrosinistra del duo Zingaretti (PD) – Lombardi (M5S).

Così è andata che solo ieri abbiamo scoperto che “sette aziende ospedaliere del Lazio l’anno scorso hanno accumulato perdite per quasi mezzo miliardo di euro” (Il Tempo) ed è solo la punta dell’iceberg.
Qualcosa di veramente incredibile, se si considera che nel 2021 i servizi (e la relativa spesa per prestazioni e consumi) erano calati “del 20,3% le prestazioni ambulatoriali e specialistiche; 2 milioni in meno di prestazioni indifferibili (-7%) rilevate dall’Istat; 1,3 milioni di ricoveri in meno (- 17%) denunciati dalla Corte dei Conti” (Sole24ore).

Nell’ordine, tra i sette “primatisti” dello sfondamento di bilancio abbiamo

  • Umberto I = 127 milioni di € (saranno 155 come da delibera apposita?)
  • San Camillo-Forlanini = 134 milioni
  • San Giovanni-Addolorata = 79 milioni di €
  • Sant’ Andrea = 49 milioni di €
  • Tor Vergata = 47 milioni di €
  • Ares = 31 milioni di €
  • Ifo-Regina Elena = 42 milioni di €
  • Poi c’è il resto, con debiti ad una cifra.

In questa follia regionale da mezzo miliardo di euro l’anno (almeno …), però, è possibile individuare dei fattori che possano indicarci una soluzione.

San Camillo-Forlanini e Umberto I sono dei policlinici come Sant’Andrea e Tor Vergata, ma sono esposti quasi del doppio.
La loro più vistosa differenza è nelle strutture: le prime vecchie oltre un secolo, le seconde costruite meno di 40 anni fa. Quanto costa la obsolescenza in termini di manutenzione, consumi e sprechi ? Ambedue i lotti erano cedibili, ma ci fu chi si oppose, ma oggi dobbiamo chiederci: con quelle perdite milionarie ogni anno quanti ospedali nuovi si costruiscono in dieci anni?

E se confrontiamo tutti e quattro i policlinici ‘pubblici’ in perdita sia tra di loro sia con il Gemelli e il Campus, come non notare che l’efficienza gestionale genera economie e qualità, come l’accettazione di solventi produce utili e sostiene l’eccellenza che servono a tutti?

Ares  è il servizio di soccorso e allarme sanitario in sede extra ospedaliera attivo in Italia e dunque è difficile comprendere come possa essere in rosso in alcune Regioni e per entità stratosferiche come nel Lazio.
A maggior ragione è poco comprensibile se Ares si basa quasi completamente sull’operato delle associazioni di volontariato, che forniscono i mezzi sanitari (ambulanza, automedica etc.) e il personale soccorritore, in convenzione con le locali centrali operative del 118. Associazioni che a loro volta possono percepire il 5xmille come fornire servizi di trasporto in ambulanza a privati.

Poi, c’è Ifo-Regina Elena con ‘soli’ 42 milioni di € di debito, che però sono un’enormità, considerate le dimensioni e soprattutto che si occupa solo e specificamente di dermatologia ed oncologia.
Infatti, a parte il potenziale originario della struttura rimasto inespresso già solo nel creare un parcheggio adeguato, l’aspetto disarmante è che queste due branche della medicina solitamente garantiscono utili aziendali, sia come cure palliative o estetiche sia come finanziamenti alla ricerca sia come gestione residenziale e solventi.

Nella sostanza, le voragini gestionali (e di bilancio) come quelle del San Camillo e Umberto I non si ristrutturano in un anno o due, come potrebbe avvenire per le altre strutture fortemente indebitate come Sant’Andrea e Tor Vergata, intervenendo sulla gestione del personale, sui contratti di prestazione e forniture esterni e sull’apertura a servizi pro soluto.

La domanda per i due policlinici centenari è un’altra: quanto si ricava a venderli tenuto conto del pregio architettonico, della logistica e della centralità e quanto costano due strutture equivalenti, moderne, funzionali, ergonomiche per sostituirli?


Come c’è la realtà degli Ifo, che avevano tutte le premesse per volare alto e diventare un polo attrattivo a livello internazionale, ma (come raccontano persino delle interrogazioni parlamentari di 20 anni fa) non c’è speranza finchè l’Ente preposto (la Regione) non interverrà sugli Statuti degli Irccs, ancora oggi modellati secondo la realtà esistente 40 anni fa.
Per gli Ifo è solo una questione di volontà politica, che evidentemente finora non c’è stata, non solo a Roma, ma per gli Irccs tutti che attendono una riforma dal Parlamento.

Risanare il debito regionale, sottoscrivendo un mutuo pesantissimo che ingessa bilanci ed organigrammi, ma in cambio lascia immutata lo status quo, … non porta agli stessi risultati positivi del lasciarsi anche l’ossigeno per poter ristrutturare o investire impedendo l’innovazione e lo sviluppo.
Quanto ad offrire servizi pro soluto anche nelle strutture pubbliche, oltre agli utili, c’è che sono il miglior antidoto per il degrado dei servizi ‘uguali per tutti’, ponendosi come termine di confronto internamente alla struttura ed attraendo eccellenze che servono a tutti gli assistiti.

Speriamo solo che la prossima Giunta regionale non abbia i soliti paraocchi.

A.G.

La resa dei conti: il PD preferisce Conte a Draghi, che oggi è sostenuto da FdI

28 Set

Se il PD + Verdi SI corrono dietro a Giuseppe Conte, c’è Giorgia Meloni che si tiene stretto Mario Draghi.
Vediamo come è andata.

Sul fronte sinistro del Parlamento, come se non bastasse la fuga di elettori dopo due anni di governo PD-M5S, “ora tutti i candidati al congresso Pd rivogliono Conte”, questo il titolo dell’Huffington di ieri, “Movimento Una Stella, le ragioni di Conte superstar”, quello di oggi.
Intanto, dal Fatto Quotidiano, emerge la bizzarra ipotesi che “i candidati di Calenda sono stati decisivi per consegnare il seggio alla destra: il centrosinistra avrebbe 13 eletti in più”, come se i voti della base populista (post-comunista) non siano sottratti dai Cinque Stelle da ormai quasi 10 anni.
E senza considerare che chi ha votato Azione-IV poteva aggiungersi alla fila degli astenuti, pur di non votare Cinque Stelle.

Dunque, in piena crisi di identità pur di dare sempre “la colpa ad altri”, il PD passa dalla schizofrenia tra “lotta” e “governo” alla psicosi in cerca di un “uomo forte”. E come andrà a finire, comunque, non sarà una bella storia.
Di sicuro, vanno in cavalleria tutte le promesse fatte dal PD riguardo Resilienza e Resistenza del Sistema Italia.

Intanto, sul fronte opposto, la Lega ben pensa di ritornare al suo obiettivo storico, le Autonomie, o meglio la’ Autonomia legislativa e fiscale , rimasta del tutto accantonata per un’intera legislatura, ‘grazie’ dallo statalismo centralista di Giuseppe Conte e al ‘veto’ del PD romano di Nicola Zingaretti, e necessaria quanto carente per il PNRR di Mario Draghi.

E, a parte i numeri che permetterebbero di riformare la Costituzione senza il PD e/o i Cinque Stelle – è prevedibile che le poco velate accuse di ‘voto di scambio‘ – menzionate da Giuseppe Conte in conferenza stampa a Montecitorio, rispondendo a una domanda del direttore di Agenzia Vista – porteranno il Parlamento a volere una attenta revisione del Reddito di cittadinanza e delle altre forme di sussidio, che del resto l’Inps ha già iniziato a predisporre da qualche mese, in funzione degli anziani e dei disabili piuttosto che per chi abile al lavoro.

E se il tracciato prefissato da Mario Draghi sembra salvo almeno nelle linee generali, Libero Quotidiano ieri riportava: “dentro Fratelli d’Italia si parla di quattro ipotesi: segretario generale della Nato, presidente della Commissione europea, presidente del Consiglio europeo. E, attenzione, mediatore tra Ucraina e Russia. La figura dell’inviato speciale sulla crisi ucraina, riporta La Stampa, potrebbe essere proposta dalla stessa Giorgia Meloni. Nato, Commissione e Consiglio Ue sono invece nomine che si giocheranno alla scadenza dei mandati attuali tra 2023 e 2024. “

A quanto pare, c’è chi si accontenta di Conte, sostenendo Draghi senza convinzione, e c’è chi osteggiava Draghi, perchè voleva e vuole una spinta maggiore.

Demata

Elezioni 2022: i perdenti

27 Set

Nel 2013, ben 292 iscritti al PD arrivarono al livello apicale della carriera politica, venendo eletti alla Camera; nel 2018 c’erano riusciti solo in 107 ed oggi si sono ridotti ad 80.

Nel 2013, erano 108 gli iscritti al M5S che arrivarono al livello apicale della carriera politica, venendo eletti alla Camera; nel 2018 erano addirittura 225 ed oggi si sono ridotti a 51.

Nel 2013, solo 18 iscritti della Lega arrivarono al livello apicale della carriera politica, venendo eletti alla Camera; nel 2018 erano diventati 123 ed oggi si sono ridotti ad 80.

Dunque, c’è poco da dire, se nei fatti accade che i “direttivi” di questi tre partiti si ritrovino dimezzati o peggio ancora nel giro di una o due consultazioni elettorali.

Nel caso del PD è evidente che la ‘rottamazione’ non ha avuto seguito: chi voleva rinnovamento oggi è fuori dal partito che a sua volta è prigioniero di logiche stataliste, consociative e redistributive, se la ‘roccaforte’ della sinistra è nelle scuole, nei sindacati, nelle redazioni e nel III settore.

Nel caso dei Cinque Stelle, è eclatante come il movimento fondato da Grillo & Casaleggio abbia preso un’altra strada e si sia affidato ad un uomo solo al comando, Giuseppe Conte, preferendo l’aborrita strada dell’assistenzialismo clientelare a quella (sognata) delle riforme e dell’innovazione.

Arrivati alla Lega, l’esplosione dei consensi per Fratelli d’Italia dimostra che la vera entità del fenomeno mediatico Salvini, che ha dimostrato una leadership monotòna (i migranti), eccessiva (la sicurezza) e miope (prima Di Maio + Conte, poi contro Draghi, puntualmente con Putin).

Ma annunciando diritto su diritto si allunga solo e a dismisura la fila degli astanti, assemblando la democrazia on line dal webmaster si perviene inevitabilmente all’uomo solo al comando, sbraitando nel cortile di casa si finisce prima o poi relegati tra quattro mura.

E chissà quante centinaia e migliaia di ex giovani oggi 50enni in questi ultimi 10 anni hanno ‘investito’ tempo e salute in una carriera politica che non arriverà mai. Se la Politica è comunicazione e marketing, andrebbero risarciti.

Demata

Democrazia + Populismo = Trasformismo

18 Lug

Quando nell’Ottocento si arrivò a formare i Parlamenti, questo avvenne perchè non bastava più la Camera del Re (e dei Nobili) per amministrare la nazione.
Il Re e i Nobili erano proprietari solo di una (ampia) parte del territorio e del prodotto, come di una (minor) parte del capitale e dei nascenti brevetti.

Infatti, i primi Parlamenti erano ‘censuari’, in pratica avevano diritto di voto i produttori di reddito in proporzione al volume prodotto.
Verso la fine dell’Ottocento sorsero i primi squilibri di questo sistema, a mano a mano che la manodopera industriale e commerciale cresceva di numero.

Un conto erano le ‘masse operaie e rurali’, facilmente suscitabili quanto manipolabili, un altro le corporazioni di artigiani, esercenti e fittavoli che da generazioni e secoli amministravano se stessi e i propri lavoranti.
Inoltre, le ‘masse’ accettavano il lavoro nero a differenza degli ‘specializzati’, come racconta Karl Marx, ed era impossibile determinarne un reddito / diritto censuario.

Così si arrivò al suffragio universale in senso moderno, includendo tra i decisori anche i ‘non occupati’ ed ai ‘sottoccupati’, purchè maschi e non pregiudicati.
Infine, il voto venne esteso alle donne e ai criminali.

Ma il sistema parlamentare si fonda sul consenso e la propaganda, non sulla buona amministrazione e la bona fidae.

Sistema parlamentare – politico e partitico – che da decenni deve confrontarsi con una società in cui gli elettori sono ‘consumatori’, sempre più spesso ‘sottoccupati’, ‘non occupati’ eccetera.

Dunque, se la propaganda politica deve adeguarsi a quella prevalente degli ‘stili di vita’ veicolati dalla pubblicità, il consenso sempre più verte su sussidiarietà, consociativismo, indebitamento.
Un circolo vizioso nel consumare oggi quel che servirà domani, che si perpetua tra una popolazione sempre meno consapevole di quali sono i fattori di crescita su cui dovrebbe investire.

Questo è lo stallo della Politica italiana che le Agenzie di rating sottolineano da oltre un decennio.
Ed in questo stallo il Partito Democratico ha responsabilità enormi, con i suoi ‘distinguo’ e con le sue ‘alleanze’ … tanto attente al marketing elettorale quanto hanno affossato Prodi e Monti.
Forse anche Draghi, che rinuncia perché il PD non sceglie tra lui e Conte, tra il PNRR e la Cgil, tra le Riforme e … l’inedia. 

Demata

In balia dei Cinque Stelle (e dei Sindacati)

14 Lug

Se mandiamo via Draghi, oggi o tra un anno o due, … chi dovrebbe sostituire Draghi? Meloni, Zingaretti o Conte? Suvvia …

Detto questo, la memoria corte degli italiano forse dimentica che era ieri, il 2010, quando Mario Monti subentrò a Silvio Berlusconi, dato che erano necessarie e urgenti le riforme che l’innovazione che avevamo accantonato.
E non ce lo chiedeva l’Europa, ma i tempi che cambiano.

Monti durò poco pochi mesi, giusto il tempo di scaricare sulle pensioni la voragine dello Stato Sociale. Poi, quando si dovette passare alla P.A. e alla Spesa pubblica, il PD iniziò a traballare sotto la pressione di amministratori e sindacalisti.

Dovremmo anche ricordare, almeno se si è in politica o in una redazione, che andammo alle elezioni e nessuno vinse, ma tutti litigavano e l’ago della bilancia erano i Cinque Stelle. Così dopo diversi mesi di nuovo ci ritrovammo un presidente del Consiglio nominato al di fuori del Parlamento, che riuscì a far approvare una legge che riportava allo Stato il potere di subentro quando le Regioni sono inadempienti.
Lo usammo per rottamare chiunque avesse più di 50 anni e poi lo giubilammo con la scusa di un referendum. E le Autonomie rimasero … indipendenti o quasi.

Dopo di che votammo di nuovo ed è utile aggiungere che le leggi elettorali erano fatte in modo che alla Camera c’è sempre un partito che ha la maggioranza e al Senato non ce l’ha mai nessuno.
Insomma, vinsero i Cinque Stelle, anzi no vinse la Lega e il PD si trovò a fare da ago della bilancia, cosa che richiede scaltrezza e decisionismo … cioè non se ne fece nulla.

Ed a tal punto il nostro Presidente nominò uno sconosciuto avvocato pugliese a capo di una maggioranza che univa Cinque Stelle e Lega, con lo scopo dichiarato di incrementare la spesa pubblica ed in particolare quella ‘sociale’. Non si parlò più di ridurre almeno gli interessi che ci dissanguano, non di investire per creare occupazione, non di innovare PA e servizi pubblici: si ritornava alla spesa sussidiaria e clientelare della Prima Repubblica, incredibile ma vero.

Non poteva durare e dopo pochi mesi la Lega iniziò a discostarsi dai “se” e dai “forse” e dai “poi” che ispiravano il premier nominato. Ed arrivò in soccorso il PD, cioè con un magico tocco di Trasformismo, nacque l’alleanza M5S – PD che … avevano fatto ambedue campagna elettorale l’uno l’altro contro.

La sfortuna si accanisce, a volte. E fu con questo governo che affrontammo la Pandemia, prima di rinvio in rinvio, magari prendendo aperitivi per sdrammatizzare, poi serrando tutto e tutti per evitare il collasso generale dei servizi e … i morti. Dopo di che, quando c’era da ripartire, ogni regione per conto suo … tanto per riunire tutti i comitati dell’avvocato premier serviva ormai l’Auditorium di Roma.

Fu allora che, essendo i nostri politici del tutto incapaci di una programmazione politica economica, neanche se arrivano i soldi del PNRR, dovemmo nominare un nuovo presidente del Consiglio, anche lui estraneo al Parlamento.

Insomma, la Politica non è riuscita a darsi un Premier nominato tra i parlamentari, anzi 3 volte su quattro neanche proveniente da un partito.

Dunque, visto che il debito con Conte è esploso e che il PNRR le Regioni sembra quasi che non lo vogliono  … chi è che oggi non vorrebbe qualcuno come Draghi?
… il partito del reddito di cittadinanza e il sindacato degli enti locali: il Clientelismo è spontaneo in Italia.

Demata

Più debiti? Più voti. Forse

13 Lug

Morale della favola: il Partito del “NO a Draghi” sta ottenendo un ulteriore indebitamento dell’Italia senza il Partito del “SI a Draghi” sia riuscito a convincere i Capibastone regionali a collaborare per attingere al PNRR.

Questo è il risultato, se Salvini indebolisce il Governo con la scusa dello Ius Scholae e della Cannabis, sperando di recuperare consensi a Destra.
Lo stesso accade, se Meloni esalta le III medie, che porta voti ma non soluzioni, dato che per attingere al PNRR e per risollevare l’Italia serve formazione tecnica superiore.

E figuriamoci poi se c’è Landini che sbraita contro le diseguaglianze e non chiede investimenti ma ancora più Debito pubblico, cioè quello che crea povertà.

Fino a Conte con i Cinque Stelle che lottano per la sopravvivenza, visto che sotto la sua leadership sono passati da oltre il 30% dei voti a meno del 10%, tenuto conto dell’esodo di Di Maio.

Ma questo è il risultato che arriva, se prima Zingaretti e poi Letta si illudono di avere un alleato nei Cinque Stelle, piuttosto che una mina vagante. E se il Centrodestra continua a raccattare il voto di protesta ma non quello ‘moderato’, cioè di governo. O, comunque, se le elezioni si vincono per opposta fazione anziché santa ragione.

I Media e i Social dovrebbero fare la differenza ed aiutarci a cooperare per il bene dell’Italia, ma … loro campano di pubblicità e lo share arriva da chi litiga, mica da chi ha qualcos’altro da fare.

Quanto ai Capibastone, cioè la scarsa voglia di cambiare per attingere al PNRR, non c’è nulla da fare.
Grazie del Partito del NO e pure quello del SI, ma anche grazie a Social e Media, le Regioni (certe regioni specialmente) sono inadempienti per Sanità, Diritto allo Studio e Infrastrutture, rigettando le proprie incapacità progettuali /gestionali sui ‘tagli’ attuati dai Governi.

Meglio i debiti, se portano consenso o no?

Demata

Posti letto e Omicron endemico: i numeri

5 Lug

Due giorni fa i ricoverati per Covid erano quasi 6.100 senza contare le terapie intensive: nello stesso giorno nel 2021 i ricoverati erano 2066, cioè erano un terzo, e nel 2020 erano 1305, quasi un quinto rispetto ad oggi. Dunque, è evidente un certo rischio che con l’autunno vadano a saturarsi di nuovo gli ospedali e che i servizi pubblici e privati risentiranno della diffusione dei contagi.

E per capire se e come questi posti letto ci sono / saranno, c’è da partire dal 1991, quando erano ancora sul nascere le RSA, istituite con la legge 67/88 e il DPCM 22.12.89, che poi andranno ad assorbire una discreta quantità di posti letto, precedentemente di ‘lungo degenza’ o di ‘medicina sociale’.

Nel 1991, (fonte Orizzonte Sanità) la Germania riunificata garantiva oltre 10 posti letto ogni 1.000 abitanti, la Francia meno di 6 e l’Italia circa 7, cioè c’erano quasi 400.000 posti letto.

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Arrivati al 2012 (fonte Istat – Sanità e Salute 2015), i posti letto nelle strutture per l’assistenza residenziale erano 224.000, mentre negli istituti di cura del Ssn ci sono 199 mila posti letto. Cioè in lieve aumento complessivo.

Dal 2017 sono “circa 193 mila i posti letto in regime ordinario, con un trend in diminuzione rispetto agli anni precedenti”, ma nelle RSA i posti letto erano diventati 295.473, di cui la maggior parte (233.874) per anziani non autosufficienti (fonte Istat). In totale, nel 2017 il PL erano complessivamente quasi 500mila: rispetto al 1991 era il 20% in più, anche se differenziati in base alle differenti cure necessarie alle diverse età della vita.

Ma non bastano.

Non i posti letto ospedalieri ‘ordinari, forse, ma di sicuro quelli residenziali che vanno a sovraccaricare quelli ordinari se non sono sufficienti nel numero e nelle risorse.

Infatti, in Italia i posti letto nelle strutture residenziali ogni 100 anziani over 65 sono 1,9 contro i 5,4 in Germania, 5 in Francia, 4,6 in Austria e 4,4 nel Regno Unito. In Olanda e Svezia addirittura il 7,6 e il 7,1; la media europea è del 4,72 posti letto in RSA ogni 100 anziani over65. (fonte OECD, Health at Glance 2019)

Se l’Italia avviasse immediatamente un adeguamento alla media europea, passando da meno di 2 posti letto per anziano a quasi 5, nel 2025 serviranno ben 651.275 posti letto e quasi il triplo degli operatori. (fonte Osservatorio Settoriale sulle RSA)

Una carenza abissale inevitabile dopo la soppressione delle Mutue dei lavoratori (art. 38 Costituzione) avvenuta alla fine degli Anni ’70, che – viceversa – sono sopravvissute nelle altre nazioni proseguendo la tutela ‘sindacale’ della salute, che sia residenziale o domiciliare. Inutile dire che anche nell’assistenza domiciliare (incluso il medico di base) l’Italia non brilla con un mero 12% dei residenti che ne fruisce, mentre in Europa la media è al 20% con la Germania al 30% e la Francia al 50%.

Naturalmente, se almeno il doppio degli anziani potrebbe essere assistito in una RSA ed forse il triplo potrebbe avere il geriatra a domicilio, è conseguente che – a parte i costi e il disagio causati dalla dispersione – in caso di necessità anche differibili tutte queste persone vadano a gravare sugli accessi e poi sui posti letto ‘ordinari’ degli ospedali.

E – a proposito di posti letto, di residenze e di cure domiciliari – è arrivato il Covid con l’intenzione di … rimanere. Un Covid che il 7 aprile 2020 aveva fagocitato il 17% dei posti letto ‘ordinari’ (oltre alle RSA in stallo e le intensive al limite) e il 26 novembre 2020 aveva superato il 20%.

Poi, il lockdown, i comportamenti responsabili e – infine – il vaccino hanno riportato la situazione ai limiti della normalità, ma per oltre un anno i ‘soliti’ malati cronici o rari o acuti si sono trovati in serie difficoltà per accedere alle ‘solite’ unità, centri e pronti soccorsi. Arrivati ad oggi, il lockdown è finalmente finito, ma i comportamenti ritornano disattenti, mentre scopriamo che i vaccini faticano a controllare le varianti Omicron che a loro volta possono reinfettare la stessa persona.

Oggi, anche se le terapie intensive non sono sovraffollate, accade che il 30 giugno scorso avevamo tre volte i ricoveri per Covid del 2021 e cinque volte quelli del 2020.

E se – nonostante i lockdown – il 30 gennaio del 2021 e del 2022 i posti letto occupati da ammalati di Covid erano circa 22.000, quanti saranno alla stessa data del 2023 senza almeno ritornare a comportamenti più attenti e responsabili, in attesa del rinnovo vaccinale?

Come fare – comunque anche senza calamità naturali – a garantire i posti letto che servono ma anche le cure ambulatoriali che mancano, se devono rivolgersi al Sistema Sanitario ‘ordinario’ anche quei milioni di anziani italiani che in Europa avrebbero un’assistenza residenziale o geriatrica domiciliare, con più efficacia e maggiore efficienza cioè più soddisfazione e una certa economia?

E quali prospettive non solo per gli ‘anziani’ ma per oltre la metà della popolazione ormai over50enne, cioè con discrete probabilità di essere già affetta da una o due patologie croniche (fonte Istat-Inps)?

A.G.

La peste suina africana, l’embargo internazionale e … il dibattito politico romano

24 Gen

Non sorprende il blocco dell’export della carne dei maiali e derivati italiani alle frontiere di Svizzera, Kuwait, Cina, Giappone e Taiwan, dopo che nel dicembre 2021 sono state ritrovate diverse carcasse di cinghiali fra Liguria e Piemonte, risultate positive al virus della peste suina africana (ASF) una malattia infettiva veterinaria altamente contagiosa letale già pochi giorni dalla comparsa delle petecchie emorragiche.

I maggiori vettori di espansione del virus sono

  • la proliferazione di cinghiali e maiali inselvatichiti, ormai stanziali persino in alcune periferie metropolitane
  • la caccia al cinghiale, che immette nel mercato e sulle tavole carni suine potenzialmente infette
  • la distribuzione dei ‘prodotti dei suini infetti’ fuori dalle aree colpite (in quarantena e con blocchi commerciali), attraversando grandi distanze (migliaia di chilometri).

Dunque, dopo i danni dell’influenza aviaria che negli ultimi mesi ha già portato all’abbattimento di oltre 14 milioni di polli, tacchini e altri volatili in Italia, ci ritroviamo sull’orlo del medesimo disastro per quanto riguarda suini ed insaccati.

«Siamo costretti ad affrontare questa emergenza perché è mancata l’azione di prevenzione e contenimento come abbiamo ripetutamente denunciato in piazza e nelle sedi istituzionali di fronte alla moltiplicazione dei cinghiali che invadono città e campagne da nord a sud dell’Italia dove si contano ormai più di 2,3 milioni di esemplari». (Coldiretti)

Nel ricercare le cause di questa inerzia, è emblematica la grottesca vicenda tutta capitolina (degna del miglior Alberto Sordi) per l’abbattimento di sette cinghiali a due passi dal Vaticano [link] e delle azioni politiche che ne seguirono:

  • la senatrice di Leu Loredana De Petris, presidente del gruppo Misto, presentò una interrogazione parlamentare per il gesto “gravissimo, di una vigliaccheria inaudita”;
  • la sindaca M5S Virginia Raggi denunciò che “il Protocollo sui Cinghiali, da noi sottoscritto insieme alla Regione, non è stato attuato dall’Ente competente, Regione Lazio”;
  • la Giunta comunale di Roma Capitale annunciò “la costituzione immediata di una commissione d’inchiesta amministrativa per fare luce sui fatti e valutare eventuali profili di responsabilità”;
  • l’ assessora regionale all’Ambiente Enrica Onorati (PD) precisava che “la decisione della telenarcosi e della eutanasia … spetta, è bene ricordarlo, al Sindaco della città” con “un protocollo di intesa voluto dal prefetto di Roma per sopperire alle inefficienze dell’amministrazione competente”.
  • l’opposizione di Centrodestra tacque, evitando di rimarcare “cinghiali, topi grandi come labrador, gabbiani assassini, abbiamo visto di tutto“, come poi fece Giorgia Meloni (FdI), ma … era in campagna elettorale.

Secondo un rapporto del 2013 dalla FAO, “prevenire la diffusione [della peste suina africana] è particolarmente necessario per l’intero settore produttivo dei suini in Europa. … gli Stati europei devono mantenere un alto livello di allerta. Devono essere pronti per prevenire e reagire effettivamente all’introduzione [della peste suina Africana] nei loro territori per molti anni a venire“.

Allerta, prevenzione e reazione che in base alla nostra Costituzione competono agli Enti Locali, non allo Stato.

Demata

Il calendario del New Pope per il Governo Conte bis

8 Set
Tra il Calendario delle Festività Cattoliche e il futuro del Governo Conte bis potrebbe – sottolineo potrebbe – verificarsi una singolare corrispondenza, giorno più giorno meno.

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  • Festa dell’Assunzione: 15 agosto / Salvini si chiama fuori dal governo
  • Esaltazione della Santa Croce: 14 settembre / un esponente del PD è nominato Commissario Europeo
  • Tutti i Santi: 1 novembre / l’UE modifica il Piano di Stabilità
  • Domenica di Avvento: 1 dicembre / il Conte bis programma uno sfondamento di bilancio
  • Festa dell’Immacolata Concezione: 8 dicembre / mercati e agenzie di rating s’allertano; i media nicchiano
  • Giorno di Natale: 25 dicembre / i media scoprono che restano solo sei giorni per correre ai ripari
  • Festa della Madre di Dio: 1 gennaio / alleluia, habemus il Bilancio
  • Epifania: 6 gennaio / recessione in corso, maggiori tagli e tasse; imprese, sindacati, associazioni, cooperative, contribuenti, sussidiati e famiglie s’allertano; i media si adeguano
  • Pellegrinazione al fiume Giordano: 13 gennaio / crisi parlamentare e governativa, cioè nei partiti
  • Mercoledi delle Ceneri: 6 marzo / dopo exit negativi, “strappo” interno al PD e fuoriuscita di M5S
  • Festa dell’Annunciazione: 25 marzo / crisi di Governo
  • Domenica delle Palme: 14 aprile / si va ad elezioni
  • Venerdi Santo: 19 aprile / si aggregano frettolosamente le alleanze
  • Domenica di Pasqua: 21 aprile / apertura campagna elettorale
  • Festa dell’Ascensione: 30 maggio / elezioni politiche
  • Pentecoste: 9 giugno / insediamento dei parlamentari
  • Domenica della Trinita’: 16 giugno / nomina presidenti Camera e Senato
  • Corpus Domini: 20 giugno / incarico di governo
  • SS. Cuore di Gesu’: 28 giugno / formazione nuovo governo
  • Festa di Ss. Pietro Paolo: 29 giugno / insediamento dei neo-ministri.

Se così sarà … ci fosse la mano di Jude Law, Paolo Sorrentino e Silvio Orlando oppure di … Crozza???

Demata

Sondaggio Ixé: M5S governa e la Lega raddoppia i consensi

29 Dic

Il sondaggio Ixé per Huffington Post fornisce un chiaro quadro di come si stia orientando il consenso degli italiani, tra i partiti di Di Maio, Salvini, Renzi e Berlusconi.

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In sintesi, se si votasse oggi,

l’affluenza alle urne potrebbe registrare un maggiore astensionismo, se:

  • circa un elettore su 7 prevede che non andrà a votare
  • quasi uno su 6 è più o meno indeciso se andrà a votare
  • meno di 2 su tre elettori è già certo di votare

nel dettaglio, in sette mesi

  • Movimento Cinque Stelle ha perso quasi un terzo del proprio consenso, che confluisce nella Lega o nell’astensione
  • Partito Democratico perderebbe più di un quarto dei consensi, in larga parte astensionisti, se non attratti dalla Lega (5,5%) e Fratelli d’Italia (1,4%)
  • Forza Italia prevede di perdere un terzo dei propri elettori in favore della Lega e di FdI, oltre agli astenuti
  • Lega raddoppia (31%) a danno di tutti gli altri partiti ed ormai attrae un italiano su tre 

la percentuale di elettori che NON prevedono di riconfermare il voto di marzo 2018 è:

  • un elettore su tre per il Movimento Cinque Stelle (-33%)
  • uno su quattro se parliamo di PD (-28%)
  • due elettori su cinque nel caso di Liberi e Uguali (-41%)
  • quasi uno su due per Più Europa (-45%).

Ecco quanto consenso alla Lega stanno portando il Governo Conte voluto da Di Maio, la prospettiva Dem in quota Renzi con Zingaretti per Segretario e la paralisi di Forza Italia se Berlusconi continua a non passare il testimone. 

Demata