Il commissario alla revisione della spesa pubblica e parlamentare PD Yoram Gutgeld, un paio di mesi fa, annunciava che l’obiettivo della spending review era quello di tagliare 10 miliardi alla strabordante spesa sanitaria, di cui 3,3 miliarrdi in meno già a partire da gennaio. (Repubblica).
Tagli alla spesa non ai servizi ai cittadini, visto che “abbiamo ospedali gestisti bene ed altri meno bene con squilibri nella gestione economica di decine di milioni” ed esistono “differenze importanti tra Regioni e all’interno di singole regioni nelle prescrizioni di esami clinici”.
La soluzione? Sanzioni per le strutture sprecone, centrali appaltanti per le forniture, parametri e protocolli per evitare diagnostica inutile e garantire quanta necessaria.
“L’idea è quella di dare servizi di maggiore qualità non di fare macelleria sociale”, “questo nuovo approccio per rendere le strutture più efficienti porterà nel tempo non solo un risparmio ma un miglior livello di servizio”.
Il discorso non fa una piega: se la Regione Lombardia eroga ai cittadini dell’area metropolitana di Milano servizi sanitari di buon livello a tot costo ed i corrispettivi comuni supportano con servizi sociosanitari a tot altro costo, ed andrebbe meglio compreso se o perchè altre regioni non possano fare altrettanto, specialmente se da anni prelevano dalle nostre tasche imposte maggiorate.
Questiti importanti se vogliamo evitare la macelleria sociale ed un ulteriore degrado dei servizi con i noti danni collaterali per cittadini e aziende.
In primis – se alcune regioni brillano ed altre sprecano – andrebbe verificato se esistano le adeguate competenze manageriali, informatiche, logistiche, amministrative.
In secondo luogo, la spending review dovrebbe tenere conto che nei territori spreconi le indagini hanno, in questi anni, rivelato come il settore sociosanitario affidato ai Comuni sia stato preda di cartelli politico-criminali e che si siano coagulate situazioni diffuse di lumpen proletariat o di white trash.
Infine, la questione delle associazioni dei malati che da anni sono pressochè invisibili, mentre altrove pretendono bilanci trasparenti e si fanno promotrici di riforme, e quella dell’Inps che non da seguito neanche alle sentenze passate in giudicato, garantendo così iniquità per i malati e caos per i propri database. O quell’altra che prima del Servizio Sanitario Regionale, la Corte dei Conti (CoReCo) si ritrovava puntualmente a non poter approvare bilanci e dover perseguire politici e manager.
Per molti di noi vedere le cartelle cliniche ancora oggi redatte a penna è davvero un balzo nel passato, come è indecente che i software dei medici di base non siano uguali per tutti ed interfacciati con Inps ed SSR … magari prenotando i medicinali in farmacia con una Apps come anche per … le visite specialistiche o la diagnostica. Magari … qui stiamo che certi database regionali non sanno neanche quanti malati cronici hanno in carico o quanto spende per tipo di patologie croniche (almeno quelle).
Ergo, se vogliamo sanare la spesa pubblica, ridurre imposte inique e fornire servizi decenti ovunque, non è facile: in certe zone la medicina è innanzitutto status sociale e la sanità è ancora concessione feudale.
Ma non è solo la cattiva Sanità a dover cambiare, c’è anche la questione dello stato, dell’aggiornamento e dell’interfacciabilità dei sistemi informativi di Inps, ASL, ospedali e medici di base, senza i quali addio a trasparenza e controllo di gestione, come a Recup e ad ambulanze efficienti od a tutta la logistica su cui ruota una rete di ospedali e cliniche.
Quanto alla macelleria sociale, sarà inevitabile se il Governo non interverrà anche sui parametri minimi di qualità dei servizi sociosanitari in capo ai Comuni e se non vigilerà affinchè i tagli decisi dalle Regioni non incidano sulla manutenzione e l’ammodernamento di attrezzature e macchinari.
Meglio ancora se la politica locale (ed i salotti buoni) di certi territori vorranno comprendere che eccellenza e welfare vanno coltivati e non, viceversa, sprecati in nepotismi e prebende, come avvenuto dall’Unità d’Italia ad oggi: astensionismo, Cinque Stelle e destre varie sono un segnale preciso.
Demata
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