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Elezioni 2022, vincono gli astenuti, Letta tiene, Salvini crolla, Meloni trionfa. Cosa cambia?

26 Set

Alle elezioni per il rinnovo del Parlamento ha votato il 63,91% degli aventi diritto, cioè circa 30 milioni di elettori per la Camera e poco più di 27 per il Senato.
Il 36% degli italiani (uno su tre) non si è riconosciuto nei partiti e nei candidati proposti.
Congratulazioni a Giorgia Meloni, ma l’Italia ha innanzitutto scelto il dissenso (e starà a lei riconquistarla).

Rispetto alle elezioni del 2018, il dato grezzo mostra che la coalizione Dem / Verdi SI / +Europa è riuscita a mantenere il proprio elettorato (che ha risposto prontamente all’appello ‘antifascista’, as usual) o, comunque, a riassorbirne le perdite.
Fatto sta che nel 2013 – con Bersani e Renzi, opponendosi ai Cinque Stelle e senza “allerta antifascista” – di voti il PD ne aveva presi quasi 3 milioni in più.

Andando ai risultati di coalizione, sorgono diversi quesiti:

  • il Campo Largo immaginato da Zingaretti e Conte avrebbe potuto superare il Centrodestra? Probabilmente no: Conte vince correndo da solo
  • preferire il centro di Azione IV (lasciando Verdi SI alla coalizione a Cinque Stelle) avrebbe aiutato il PD nell’attrarre il voto moderato e dell’Italia che produce?
    Certamente si: i risultati di oggi dimostrano che un’alleanza PD Azione IV raccoglie più voti
  • la responsabilità della debacle della Lega è tutta di Matteo Salvini?
    Probabilmente si: è lui che fece e lasciò il governo con l’allora sconosciuto (ed oggi potente) Giuseppe Conte ed è con lui che ha staccato la spina al governo Draghi

In altre parole:

all’appello manca un 10% di elettori rispetto alle medie storiche e certamente non sono quelli che da sempre votano ‘a destra’ o ‘a sinistra’; è venuto meno il centro moderato e produttivo

Giorgia Meloni ha conquistato il Parlamento, adesso deve conquistare gli italiani, specialmente quel 10% che si è astenuto, ma “conta” nelle imprese e negli uffici

il Centrosinistra ‘storico’ (PD e alleati) regge ma più di tanto non va con le sue priorità ‘sociali’ e ‘redistributive’, a meno di non cascare nel populismo come ai tempi del PCI

il dimezzamento dei voti per la Lega e per i Cinque Stelle dimostrano che un conto sono i Social, un altro i Media e un altro conto ancora sono le piazze quando poi si va alle urne

l’esito del voto capitolino (dove il Campo Largo ‘piace’) e quello (inverso e negativo) delle ‘province meridionali e insulari’ (con Napoli a capintesta) impone una seria riflessione politica nazionale ed internazionale

dulcis in fundo, a quel 10% ‘produttivo’ che si è astenuto il governo Draghi piaceva (magari non troppo, ma andava), come era stato per quelli tutt’altro che populisti di Monti, Renzi, Prodi e – prima ancora – Craxi e Spadolini; un’Italia rimasta senza un partito da oltre 20 anni?


Chiunque che sarà a capo della Res Publica italiana dovrà scegliere se correre dietro al Popolo ‘populista’ o lasciar lavorare i Liberti ‘professionali’ oppure lasciar arricchire i Senatori monopolisti e ‘sovranisti’.
Come al solito a Roma dal 2.700 a.C.

A.G.

Quanto è controproducente Ursula Von der Leyen?

23 Set

Sulla campagna elettorale italiana – fulmine a ciel sereno – arriva Ursula Albrecht Von der Leyen a gamba tesa sul voto in Italia: “Aspettiamo le elezioni. Se la situazione sarà difficile, abbiamo gli strumenti”, facendo riferimento alle sanzioni per Ungheria e Polonia.

L’intento era di favorire la ‘coalizione democratica’, contrastando l’avanzata populista, ma l’effetto è facile da prevedere, se la minaccia arriva da una tedesca di origini statunitensi, “a titolo personale”, ma in nome dell’Europa se non dell’intero mondo civilizzato.

Il messaggio, infatti, non riguarda i tempi e gli accordi UE da rispettare per ottenere le prossime tranche del Pnrr, mai messi in discussione dalla coalizione di Centrodestra.
L’oggetto del contendere sul Pnrr – finora e da parte di tutti i partiti – sono state le questioni di regolarità contabile che regioni e comuni vorrebbero ‘alleggerire’ ed alcune misure occupazionali che enti e sindacati vorrebbero ‘allargare’.
Questo è stato il ‘peccato mortale’ di Mario Draghi e Von der Leyen di sicuro deve averlo saputo.

Dunque, la minaccia di Ursula Albrecht in Von der Leyen suona a tanti italiani come un “attenzione a come vi muoverete nelle riforme istituzionali e politiche, dato che i cordoni della borsa sono in mano a Bruxelles”.

Non stiamo qui a commentare la gravità dell’episodio, ci ha già pensato Salvini chiedendone a muso duro le “dimissioni” e Letta improvvisando un salvataggio con la promessa di un “chiarirà”.

La domanda è cosa penserà la gente in Europa dopo l’outing di Von der Leyen sull’Italia, che fa seguito a quelli su Ungheria, Polonia o … Ucraina, con le drammatiche escalation che vediamo?

A proposito, l’Unione Europea conferisce poteri e prerogative così assoluti a chi ne presiede la Commissione?

demata

Il 25 settembre e gli effetti del Rosatellum

22 Lug

Sappiamo tutti come funziona il Rosatellum:

  1. 148 deputati dai collegi uninominali, 244 eletti con metodo proporzionale in 49 collegi plurinominali e 8 eletti all’estero
  2. 74 senatori dai collegi uninominali, 244 eletti con metodo proporzionale in 26 collegi plurinominali e 4 eletti all’estero.

Ma nessuno sa ancora quali conseguenze comporterà.

Ma trattandosi di numeri qualche proiezione è possibile: partiamo dall’unica cosa che interessa i partiti … c’è poco da dire:
– i Cinque Stelle potrebbero affratellarsi con comunisti e sindacato ‘contro l’Agenda Draghi’, cosa che andrebbe a sottrarre ulteriori voti al PD, da 20 anni in difficoltà perchè non riesce a liberarsi del voto di protesta ex PCI e populista ex DC, cioè ritrovarci con un discreto numero di parlamentari “di lotta e di governo”;
– il PD rischia di non avere abbastanza poltrone per l’enorme apparato ereditato dal DC e PCI, se questa volta non si attestasse definitivamente al Centro, cioè l’area moderata, dato che … oggi non ha più l’alibi dell’antiberlusconismo;
– la Destra (Lega+FdI) rischia di avere troppe poltrone per l’esiguo apparato che si ritrovano con la probabilità che molti eletti siano alle prime armi o portatori di meri interessi localistici (es. concessioni, partite iva, filiere regionali eccetera), cioè lo stallo parlamentare per default di Bilancio entro maggio 2023, non appena i dati Istat e dei rating fossero diffusi;
– il Centro di Renzi, Di Maio, Tosi e Carfagna + altri rischia di estinguersi senza una coalizione visto serve ben altro che superare la soglia del 3% per eleggere un singolo parlamentare.

E qui arriviamo all’aspetto meno considerato dalla Politica tanto quanto è essenziale per lavoro, affari, sicurezza e resilienza, cioè il consenso effettivo, anche detto ‘governabilità’ e ‘stabilità’.
Lo scenario non è lusinghiero, facciamo qualche esempio.

Nei collegi uninominali, i votanti sono di media 500mila ogni senatore eletto e 300mila ogni deputato.
Finchè l’astensione e la dispersione dei voti si mantengono entro un limite accettabile (80%) è possibile che l’eletto goda di un’effettiva maggioranza dei consensi.

Viceversa, se i voti persi o dispersi fossero oltre il 30% viene a crearsi una situazione bizzarra in cui si va in Parlamento con forse il 15% del quorum, cioè nulla in termini di consenso e tantissimo se guardiamo al dissenso.

Nei collegi plurinominali, apparentemente va un po’ meglio nei numeri e nella ‘formula’ (proporzionale), ma salvo sorprese locali non sembra esserci chance per i partiti minori, dato che serve almeno il 10% dei voti per eleggere un deputato e ben oltre per un senatore.

Questo significa che la Destra (Forza Italia non esiste più …) potrebbe fare anche il pieno di poltrone in Parlamento, ma con un Paese ostile e questo creerebbe delle premesse molto fosche per l’Italia, se già solo il defenestramento di Draghi ci sta costando (oggi) un 2-3% di inflazione extra che … i populisti vogliono affrontare con una … adeguata recessione.

Allo stesso modo il PD potrebbe escogitare l’ennesima ‘grosse koalition’ per mantenere le posizioni, ma poi sarebbe dilaniato all’interno come al solito con una maggioranza flebile sempre che non finisca nei banchi dell’opposizione a cui proprio non è avezzo, magari attorniato da cinquestelle e comunisti.

Dunque, il disastro del Rosatellum ‘ultramaggioritario’ e l’anomalia di un premier ‘nominato’ … a furor di popolo continueranno a far danni anche questa volta, sia ai partiti sia agli elettori?

In teoria si, i numeri dimostrano che il Rosatellum risponde solo ad esigenze maggioritarie dei partiti in Parlamento, come lo era il Mattarellum incostituzionale.
Ma ambedue non assicurano la governabilità per il semplice motivo che NON rappresentano adeguatamente né la proposta candidati verso i votanti né il consenso degli elettori verso gli eletti.

Demata

Democrazia + Populismo = Trasformismo

18 Lug

Quando nell’Ottocento si arrivò a formare i Parlamenti, questo avvenne perchè non bastava più la Camera del Re (e dei Nobili) per amministrare la nazione.
Il Re e i Nobili erano proprietari solo di una (ampia) parte del territorio e del prodotto, come di una (minor) parte del capitale e dei nascenti brevetti.

Infatti, i primi Parlamenti erano ‘censuari’, in pratica avevano diritto di voto i produttori di reddito in proporzione al volume prodotto.
Verso la fine dell’Ottocento sorsero i primi squilibri di questo sistema, a mano a mano che la manodopera industriale e commerciale cresceva di numero.

Un conto erano le ‘masse operaie e rurali’, facilmente suscitabili quanto manipolabili, un altro le corporazioni di artigiani, esercenti e fittavoli che da generazioni e secoli amministravano se stessi e i propri lavoranti.
Inoltre, le ‘masse’ accettavano il lavoro nero a differenza degli ‘specializzati’, come racconta Karl Marx, ed era impossibile determinarne un reddito / diritto censuario.

Così si arrivò al suffragio universale in senso moderno, includendo tra i decisori anche i ‘non occupati’ ed ai ‘sottoccupati’, purchè maschi e non pregiudicati.
Infine, il voto venne esteso alle donne e ai criminali.

Ma il sistema parlamentare si fonda sul consenso e la propaganda, non sulla buona amministrazione e la bona fidae.

Sistema parlamentare – politico e partitico – che da decenni deve confrontarsi con una società in cui gli elettori sono ‘consumatori’, sempre più spesso ‘sottoccupati’, ‘non occupati’ eccetera.

Dunque, se la propaganda politica deve adeguarsi a quella prevalente degli ‘stili di vita’ veicolati dalla pubblicità, il consenso sempre più verte su sussidiarietà, consociativismo, indebitamento.
Un circolo vizioso nel consumare oggi quel che servirà domani, che si perpetua tra una popolazione sempre meno consapevole di quali sono i fattori di crescita su cui dovrebbe investire.

Questo è lo stallo della Politica italiana che le Agenzie di rating sottolineano da oltre un decennio.
Ed in questo stallo il Partito Democratico ha responsabilità enormi, con i suoi ‘distinguo’ e con le sue ‘alleanze’ … tanto attente al marketing elettorale quanto hanno affossato Prodi e Monti.
Forse anche Draghi, che rinuncia perché il PD non sceglie tra lui e Conte, tra il PNRR e la Cgil, tra le Riforme e … l’inedia. 

Demata

Superbonus facile: i responsabili politici

15 Feb

Erano i tempi del governo Conte quando venne stanziato il superbonus per ben 18 miliardi fino alla fine del 2022, favorendo una truffa «tra le più grandi che la Repubblica abbia mai visto», perchè « si è voluto costruire un sistema che prevede pochi controlli». 

A dirlo non è un uomo qualunque, ma quel Mario Draghi che per decenni ha firmato i bilanci della Banca d’Italia e della Banca Centrale Europea: non un’opinione personale o un parere tecnico, ma un verdetto: “chi tuona sul Superbonus è chi ha scritto la legge e ha permesso di fare lavori senza controlli. Oggi il bonus rallenta per i sequestri e le frodi”.

Del resto, quel che è avvenuto è particolarmente grave: truffe per 4,4 miliardi, sequestro preventivo di 2,3 miliardi di crediti ceduti (e per 1,5 miliardi già incassati), Poste italiane e Cdp, che hanno sospeso le piattaforme di acquisto dei crediti.

Ma chi è stato il responsabile politico?


Il Superbonus fa capo al Decreto Bilancio (D.L. 19/05/2020, nr. 34) firmato “SU PROPOSTA del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell’economia e delle finanze”, cioè il leader dei Cinque Stelle, Giuseppe Conte, e il sindaco PD di Roma Capitale, Roberto Gualtieri, ed il Guardasigilli era il Ministro della Giustizia, il grillino Alfonso Bonafede.

Il motivo per cui quel Consiglio dei Ministri incluse quel Superbonus nel Decreto Bilancio fu “la straordinaria necessità ed urgenza di stabilire misure in materia sanitaria, di sostegno alle imprese, al lavoro ed all’economia, in materia di politiche sociali nonché misure finanziarie, fiscali e di sostegno a diversi settori in connessione all’emergenza epidemiologica da Covid-19”.

Un anno dopo, il Governatore della Regione Lazio e leader del PD, Nicola Zingaretti, scriveva (link) che “sul superbonus si sta andando avanti e bene. Può essere una svolta vera” e che “è molto importante che il governo proroghi fino al 2023 uno strumento rivoluzionario”.
Ed era maggio 2021 quando al convegno del Consiglio Nazionale Ingegneri:

  • Enrico Letta si spendeva per l’estensione del Superbonus (link)  “E’ un impegno che ci prendiamo in modo significativo, è un bene per la ripartenza, è una misura fra le piu’ importanti. “E’ una questione di buon senso e di amore per il Paese”
  • Giuseppe Conte, non più premiere e non accora leader del M5S, assicurava che “la misura del Superbonus 110% ora viene studiata anche da altri paesi europei. Il M5S si farà garante della sua estensione fino al 2023. No a battute di arresto” 
  • Alberto Bagnai (Lega) si lagnava che “la complicazione delle procedure del Superbonus 110% è uno strumento inconsapevole di austerità”.

Ma non mancava qualche voce critica, come l’intervento alla Camera del 20 gennaio 2021 di Luca Squeri (deputato Forza Italia e dirigente Confcommercio), che sottolineava come “abbiamo un piano che manca di coerenza, disperde risorse importanti nella giungla degli incentivi e dei superbonus, fa finta di accontentare tutti ma non è altro che l’ennesima occasione mancata”.

“Però così lasciamo languire altri settori, più strategici per l’Italia”, mentre “dobbiamo sostenere le nostre filiere industriali”, come precisa oggi il vice-leader della Lega e Ministro delle Infrastrutture, Giancarlo Giorgetti. (link) “Stiamo drogando l’edilizia, un settore in cui l’offerta di imprese e manodopera è limitata”, mentre “ci sono da affrontare la rivoluzione digitale ed energetica, e lo choc dell’automotive che deve affrontare il passaggio all’elettrico. E invece diamo soldi ai miliardari per ristrutturare le loro quinte case delle vacanze. Ride tutto il mondo”.
E aggiunge che il Parlamento (cioè anche la Lega) ha “allargato troppo le maglie” dopo che “il governo aveva cercato di limitarlo in legge di Bilancio”.

In effetti – nonostante le inchieste stavano facendo emergere un sistema di truffe per miliardi – il 22 dicembre 2022, la Camera dei Deputati approvava una serie di emendamenti al Bilancio:

  • estensione del superbonus per mini-condomini e villini presentato (link) dai deputati dei Cinque Stelle e PD on. Sut , Benamati, Moretto, Bersani, Nardi, Deiana, Pezzopane, Fregolent, Muroni, Rotta, Pastorino, Alemanno, Berardini, Carabetta, Chiazzese, Giarrizzo, Masi, Papiro, Paxia, Perconti, Scanu, Vallascas, Mor, Serracchiani , Fassino, Sensi, Pagano, Fragomeli, Piccoli, Quartapelle, Viscomi, Incerti, Carnevali, Borghi, Gribaudo, Bonomo, Manca, Soverini, Zardini, Braga, Berlinghieri, Bruno, Buratti, Cantini, Cantone, Cenni, Ciampi, Critelli, De Giorgi, De Menech, Frailis, Losacco, Madia, Miceli, Navarra, Pellicani, Prestipino, Romano, Rossi, Sani, Topo, Zan, Del Barba, De Maria , Spadoni, Gagnarli, Gallinella, Adelizzi, Buompane, Donno, Flati, Gallo, Gubitosa, Lorenzoni, Lovecchio, Manzo, Misiti Carmelo, Raduzzi, Sodano, Torto, Trizzino, Berti, Sarti, De Carlo, Romaniello, Olgiati, Cancelleri, Caso Andrea, Giuliodori, Scerra, Grimaldi, Maniero, Martinciglio, Migliorino, Ruocco, Troiano, Maglione, Zanichelli, Ascari, Saitta, Grippa, Dori, Terzoni, Serritella, Alaimo, Galizia, Barbuto, Villani
  • cessione del credito e sconto in fattura per tutti fino al 2025 – presentato (link) dai deputati della Lega on. Comaroli, Garavaglia, Bellachioma, Borghi, Cattoi , Cestari , Frassini, Gava, Paternoster e (link) di Forza Italia on. Mandelli, Squeri , Occhiuto, Prestigiacomo, Cannizzaro, D’Attis, Pella, Russo, Giacomoni
  • estensione dei benefici fiscali fino al 2024 – presentato (link) dai deputati della Lega on. Frassini, Garavaglia , Bellachioma, Borghi, Cattoi, Cestari, Comaroli, Gava, Paternoster, Guidesi, Piastra, Ribolla, Di Muro, Fogliani, Covolo, Patelli, Fiorini, Maggioni, Andreuzza, Murelli, Cecchetti, Cavandoli, Tombolato, Lucentini , Gusmeroli
  • agevolazioni per asseverazioni e visto di conformità (link) – presentato dai deputati di Forza Italia on. Mazzetti, Gelmini, Occhiuto , Prestigiacomo, Pella, Cortelazzo, Rosso, Ruffino, Fontana, Tartaglione, Cappellacci, Ripani.

Emendamenti che si sono aggiunti al testo già emendato in Commissione, proposti e votati dai partiti di governo eccetto Italia Viva e Fratelli d’Italia (che non è nel Governo).

Ma … da dove si prenderanno i soldi secondo gli emendamenti di PD, Cinque Stelle, Lega e Forza Italia?
Una bella fetta dovrebbe arrivare (secondo loro) dalle imposte derivanti da servizi digitali, da innanlzare al 15%. Eh già …

Se questo è quel che passa nella testa di chi fa politica … è ben chiaro a tutti perchè Mario Draghi deve restare a capo del Governo, rinunciando (per ora) al settennato?

Demata

Obbligo di vaccino, la Lega e la situazione in Lombardia

5 Gen

Stando ai dati diffusi dalla Regione Lombardia, tra i 9,5 milioni circa di persone vaccinabili, i vaccinati con una sola dose sembrerebbero essere a prima vista il 91% e quelli con il ciclo completo (seconda dose o dose unica) addirittura il 100%, mentre i lombardi che avrebbero ricevuto il booster sono il 55%.

In realtà, andando ai dati nei dettagli provinciali, le prime dosi sono al 75%, circa 7,5 milioni che si assommano agli almeno 1,4 milioni di lombardi che hanno già contratto il Covid (1.330.000 secondo JHU CSSE COVID-19 Data).

Ma più o meno lo stesso (80% circa) è il numero di coloro che in Lombardia hanno completato il ciclo vaccinale (2° dose/unica), mentre la media regionale dei lombardi vaccinati con il booster forse arriva al 35%.

In termini concreti, il 20% di non vaccinati nella Lombardia equivale a quattro persone ogni 20 (su un bus, in un’aula, al bar) e questo fa una bella differenza con il resto d’Italia, che arriva al 90% di persone con almeno una dose o guarite da al massimo 6 mesi, cioè una ogni dieci soltanto.

Sarà una caso, ma – a differenza di tante altre regioni – in Lombardia non è facile trovare in bell’evidenza un chiaro invito alla vaccinazione. Anzi, c’è un ‘gravame’ che pesa su tanti medici e strutture: “l’evidente manovra di dismissione (svendita?) della sanità pubblica in generale e del territorio in particolare”, come scriveva due mesi fa (link) il Presidente dell’Ordine dei Medici di Milano. In effetti, il modello misto assicurativo (‘pro soluto’) della Lombardia non prevede(va) una infrastruttura sanitaria pubblica tale da reggere l’urto di una pandemia, in termini di prevenzione territoriale, di dotazione delle strutture e di sovraffollamento degli accessi/slot.

Sarebbe una scommessa enorme per la Lega, quella di opporsi all’obbligo vaccinale, mentre nella ‘propria’ regione c’è un non vaccinato ogni cinque persone.
Come sarebbe una responsabilità politica non banale, quella di essersi nuovamente associata con i Cinque Stelle uno stallo populista che dura ormai da anni, grazie a loro. Una vicenda che inizia a somigliare ad una commedia dell’arte in salsa ‘social-televisiva’, con Salvini vs Renzi come Conte vs Draghi o Meloni contro Letta e così via

Demata

Mattarella, i partiti e quel serve ad un Presidente

1 Gen

Nel suo discorso di fine anno, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha dato agli italiani un buon riassunto delle qualità ‘civiche’ che sono essenziali per chi volesse assumere il suo ruolo.

Un ruolo difficile e delicato, quello di Presidente della Repubblica Italiana, visto che comporta il potere-dovere di sciogliere le Camere e indire le elezioni, autorizzare la presentazione in Parlamento dei disegni di legge governativi e rinviare alle Camere con messaggio motivato le leggi non promulgate, nominare il Presidente del Consiglio dei ministri ed emanare i decreti e i regolamenti adottati dal governo, decretare lo scioglimento di consigli regionali e la rimozione di presidenti di regione, presiedere il Consiglio superiore della magistratura  e nominare un terzo dei componenti della Corte costituzionale, presiedere il Consiglio supremo di difesa e detenere il comando delle forze armate italiane, ratificare i trattati internazionali e dichiarare lo stato di guerra.

Dunque, un ruolo che va affidato a qualcuno/a che ha già una conoscenza approfondita di tutto questo: vietato esitare oppure osare più del necessario.
Ma conta soprattutto fare la cosa giusta.

Sotto il mandato di Sergio Mattarella, il compito del capo dello Stato è stato quello di esserne il garante del popolo sovrano, preservando “l’unità istituzionale” con sobrietà e con un “patriottismo concretamente espresso nella vita della repubblica”, proprio nel momento più difficile della sua storia, cioè quando il regionalismo introdotto dal Titolo V della Costituzione mostrava tutti i suoi limiti sotto l’impatto della pandemia, della crisi economica e della discordia degli eletti.

Dunque, che i leader di partito che condurranno i giochi elettorali ricordino che serve innanzitutto “senso di responsabilità” e non solo ‘di fazione’, dato che dovranno dar conto di due “esigenze di fondo” che Sergio Mattarella con la sua esperienza ha voluto sottolineare: possedere la neutralità e la sobrietà che servono per “spogliarsi di ogni appartenenza e farsi carico dell’interesse generale” come la competenza e l’esperienza che servono per “salvaguardare ruolo, poteri e prerogative dell’istituzione che riceve dal suo predecessore”.

Demata

Il nesso tra Matteo Renzi e Consip

21 Giu

Carlo Cottarelli – il commissario alla spending review voluto da Enrico Letta – aveva come obiettivo l’adozione dei costi standard per l’acquisto di beni e servizi e la riduzione delle stazioni appaltanti da 34mila a 35. Interventi con risparmi previsti, a regime, fino a 7,2 miliardi, raccontava il Fatto Quotidiano.

Enrico Letta aveva adempiuto per quanto possibile, durante i 10 mesi di governo, avviando l’aggiornamento della banca dati dei Fabbisogni Standard presso le varie amministrazioni coinvolte.

Dopo di che è arrivato Matteo Renzi e Consip ritornò in auge, anzichè spingere per completare i descrittori e i parametri dei ‘costi standard‘.

Finito il Governo Renzi, scoppiano a catena gli scandali Consip. Intanto, stiamo ancora a far statistiche, per qualcosa – il giusto prezzo – che qualunque mercante sa definire senza troppe storie.

Il bello di questa storia è che, se i costi standard non sono ‘esattamente’ applicati, quel che è vigente è il fabbisogno standard.

E il fabbisogno standard è il criterio a cui ancorare il finanziamento integrale dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali degli enti locali (art. 11, comma 1, lettera b) della legge delega).

In poche parole, chi spende o spande per mantenere lo status quo finisce comunque in un mare di debiti e chi gli succederà non potrà rinnovare ed ottimizzare, perchè avrà i bilanci bloccati per molto tempo.

Infatti, Roberto Maroni, il Governatore della Lombardia, durante l’inaugurazione della struttura d’eccellenza Villa San Mauro nel giugno 2013, incalzava Berlusconi: “affinché il Governo applichi i costi standard in sanità. Abbiamo fatto un calcolo, dal quale emerge che, se tutte le Regioni italiane applicassero il rapporto costi/prestazioni che c’è in Lombardia, risparmieremmo 30 miliardi di euro, 1/3 degli interessi del debito pubblico. Perché noi riusciamo a farlo e gli altri no?”

Bella domanda, da girare ai Governatori Zingaretti, De Luca e Crocetta del PD.
Grazie Governo Renzi.

Demata

Perchè Renzi ha perso la fiducia dell’Europa

27 Set

Il miglior risultato italiano nel 2014 annunciato dall’Istat (e parliamo di un quasi 50% in più, ebbene sì) dimostra che le misure introdotte tra il 2012 e il 2013 (Monti-Letta) avevano effettivamente rilanciato il Sistema Italia.

Il peggior risultato del 2015 certifica – fuori ogni dubbio – che le politiche di Renzi-Padoan-Poletti sono state fallimentari.

E’ forte il dubbio che Renzi o i suoi abbiano ‘frenato la registrazione di dati con il subentro al Governo, onde attribuirsi successi altrui ed avere campo libero sulla finanza pubblica.

Tra pochi mesi, inizierà una sequenza di aste di BTP e BOT iperbolica: sono le cartelle quinquennali delle emissioni di Mario Monti e sono oltre 300 miliardi di euro che dovremo saldare e vendere con il rating che avremo nel corso del primo semestre 2016.

La sicumera di Renzi – agli occhi dell’Eurozona – comporta un ulteriore dubbio: che in soccorso dei nostri BTP e BOT arrivino investitori extraeuropei o, peggio, riciclatori di denaro.
Potremmo anche vendere bene le nuove riemissioni, ma … Renzi che ripropone il Ponte sullo Stretto di Messina con questi chiari di luna è davvero un pessimo segnale.

Ai tedeschi i dubbi non piacciono affatto peggio ancora le bugie, mentre i francesi non possono permetterseli con i guai che hanno.

Mala tempora currunt?

Demata

Coesione sociale = sicurezza, protezione, sanità, istruzione

21 Set

Il maggior rischio per l’Italia è quello dato dal persistere di una classe dirigente che, abbagliata dal carrozzone mediatico o dalle torri accademiche, dimentichi che il compito del Governo – qualunque sia la forma di Stato  – è quello di garantire sicurezza, protezione sociale, cure mediche appropriate, istruzione adeguata alle opportunità.

Il compito della politica è quello di coagulare nel dialogo i conflitti e le tensioni, come i divergenti interessi, che sono intrinsechi alle società umane, al fine di dotare i tecnici e i cittadini di norme semplici e chiare, ovvero atte a garantire la coesione sociale.

Solo nelle cleptocrazie (interne o coloniali) la politica si fonda unicamente sul conflitto di fazione e non per la condivisione di un benessere generale: non è una questione etica, bensì intrinseca alla sopravvivenza stessa della comunità.

Senza la coesione sociale ed il costante lavoro per mantenerla, lo Stato diventa una sorta di contenitore territoriale privo di altro scopo per la politica, che non sia il mantenimento di uno status quo sempre più arcaico, sempre più obsoleto, sempre più causa di declino e degrado.

Come accadde per l’Assolutismo Monarchico, oggi le Democrazie neoliberiste affermatesi a partire dagli Anni ’80 non rispondono all’esigenza primaria che ne determina l’esistenza stessa: proteggere il popolo, tutelare i cittadini onesti, essere garanti della coesione sociale.

Coesione sociale: qualcosa di molto diverso e ben più indispensabile dello ‘Stato Sociale’ perorato dai cattolici e dalle sinistre.
Sicurezza dei cittadini e del territorio, protezione sociale, cure mediche appropriate, istruzione adeguata: riuscirà Matteo Renzi a riportare la Politica ad occuparsi di quello che la Costituzione richiede?

Demata