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Il reato anti-rave e la Convenzione europea dei Diritti

1 Nov

In primo provvedimento importante del Governo Meloni è consistito nell’accontentare Matteo Salvini ed istituire almeno un nuovo reato a cui appioppare pene pesantissime.

Il punto – però – era che la norma anti-rave sarebbe consistita in una aggravante della “Invasione di terreni o edifici” (art. 633 del codice penale), ma per questi reati contro il patrimonio si interviene solo se c’è la querela della persona offesa.

Così qualcuno ha avuto la brillante idea “di introdurre un reato diverso dai reati contro il patrimonio”, cioè di inserire i rave illegali tra i “Delitti contro l’incolumità pubblica“.

Così è nato l’articolo 434-bis, per perseguire “l’invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”. 

Ma ‘raduni’ più ‘ordine pubblico’ ci portano dritti dritti all’articolo 11 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo tutela la libertà di riunione e di associazione.
E … la apposita guida 2020 del Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, precisa che l’articolo 11 “protegge il diritto a una “riunione pacifica” e si applica a tutti i raduni, tranne che a quelli in cui gli organizzatori e i partecipanti … istigano alla violenza o rifiutano in altro modo i fondamenti di una società democratica.” (LINK)

L’aspetto paradossale è chi occupa era perseguibile già prima del 434-bis, i cui effetti sono tra l’altro effimeri … se il reato scatta solo se i partecipanti al rave sono 50 o di più.

Chi ha da temere siamo tutti noi italiani perchè c’è da temere per la stabilità del governo, se il primo atto è una violazione del diritto internazionale e delle libertà individuali … per compiacere quel Matteo Salvini già distintosi per aver affossato il Governo Conte I e II più quello Draghi.

Demata


Il Mare e la credibilità del governo Meloni

25 Ott

La credibilità del nascente governo presieduto da Giorgia Meloni si gioca tutta sul Mare, risorsa fondamentale dell’Italia quanto ministero trascurato e negletto che non si riduce alle spiagge e agli sbarchi clandestini.

Sarà così per i tanti che vedono il mare solo per un paio di settimane l’anno in vacanza o in televisione nei telegiornali. Ma non è così.

Infatti, l’Italia ha 8.300 km di coste, di cui circa 7.500 sono naturali, mentre sono quasi 800 i chilometri di strutture, sia portuali e marittime (costa fittizia) sia permanenti realizzate a ridosso (costa artificiale).

In altre parole, è come se le infrastrutture portuali e marittime italiane si estendessero da Napoli a Milano senza soluzione di continuità. Cioè il Mare e le sue infrastrutture sono qualcosa di davvero complesso, nevralgico e vitale.

Ad esempio, il traffico di container nei porti italiani (elaborazione DIPE su dati Assoporti e autorità portuali) è di diverse decine di milioni di TEU l’anno e l’interscambio via mare si aggira sul mezzo miliardo di tonnellate annue di merci.
Il traffico di passeggeri è sostenuto dall’incremento dei crocieristi che è di diversi milioni di persone ogni anno che imbarcano e sbarcano.

Inoltre, l’Italia è il quarto paese produttore di pesce d’allevamento dell’UE-28 (Regno Unito incluso) ed il nono per quanto riguarda le catture, con 325 porti pescherecci ed oltre 12mila imbarcazioni.
E dal mare arrivano quasi 25 milioni di metri cubi di gas e oltre 20 milioni le tonnellate di petrolio greggio.

In termini di ricadute sull’occupazione va sottolineato anche che, secondo i dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, le concessioni demaniali marittime sono circa 52mila, di cui circa 27mila a uso “turistico ricreativo”.

Quanto alle urgenze, c’è che negli ultimi 15 anni un totale di 841 chilometri di costa italiana ha mostrato fenomeni di erosione e – stando al WWF – “il 51% dei paesaggi costieri italiani”, circa 3.300 km, è degradato” con il “rischio di perdere preziosi servizi ecosistemici come la difesa dalle mareggiate“.

E sono le Capitanerie (e il loro Ministro) ad occuparsi di tutto questo, dal demanio marittimo in concessione a quello soggetto ad erosione, dalla sicurezza dei porti e delle navi a quella del personale marittimo, dalla  filiera della pesca alla prevenzione e repressione di tutti i tipi di inquinamento marino, incluse le  acque di zavorra e lo sfruttamento dei fondi marini.

Dunque, a cosa serve un Ministero del Mare privato delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera?

Se la collocazione di Matteo Salvini ad una funzione tecnica come il Ministro delle Infrastrutture ha già comportato lo spacchettamento del PNRR su diversi tavoli, cosa comporterà per l’economia italiana (e la pace sociale) la cancellazione ‘de facto’ del ministero del mare, se il leader della Lega ottenesse anche le Capitanerie?

E, comunque, quali sarebbero i destini di Pesca, Demanio e Ambiente marittimi, Flotta commerciale, Gente di Mare eccetera se si ritrovano ad essere … gestiti dalle Infrastrutture?

Demata

Salvini: perché tanta Destra non lo vorrebbe come ministro?

6 Ott

Mentre il mondo avrebbe bisogno di Mario Draghi per dipanare la matassa ucraino-russa e magari anche quella tedesco-ungherese, Giorgia Meloni arranca nella formazione di un governo ‘grazie’ al suo alleato Matteo Salvini.

E se Matteo Salvini come ministro in un governo è una bomba ad orologeria, come sa bene Giuseppe Conte, ritrovarselo a di fuori a fare sostegno esterno è una mina vagante, come Mario Draghi può confermare. E vediamo perchè.

Innanzitutto, Salvini è l’uomo che ha scelto di trasformare in leader politico nazionale uno sconosciuto avvocato di provincia, Giuseppe Conte, creando le premesse per la sopravvivenza del Movimento Cinque Stelle e la sua trasformazione in un partito ad personam.
Certamente, un errore politico decisivo non è di per se un ‘veto’ al ruolo di ministro, ma l’aver creato dal nulla il maggior antagonista è un demerito epocale in politica.

Poi, c’è che Matteo qualche passaggio giudiziario decisamente infelice ce l’avrebbe e non parliamo degli eccessi contro le Organizzazioni Non Governative o della violazione di diritti privati (copyright), ma dei 497 milioni di finanziamenti pubblici sottratti indebitamente allo Stato, per cui lui come segretario nazionale della Lega non si costituì parte civile … contro Bossi che ce lo ritroviamo in Senato, dopo che nel 2018 è stato condannato a 1 anno e 10 mesi proprio per quei 49 milioni.

Infine, c’è quel Salvini che ammira Putin e il suo modo di governare.
Non quello che vagava per la Piazza Rossa con Putin in divisa militare stampato sulla maglietta (pochi mesi prima della guerra), ma quello che durante la guerra e mentre la Lega appoggiava la Nato …. indossava una felpa in cui era “contro le sanzioni alla Russia”.

Poi c’è il ‘resto’ ed è tanto.
Ad esempio, c’è quello che il 12 gennaio 2022 contava che “il prossimo presidente del Consiglio sia Mario Draghi e che si continui a lavorare con lui”, ma annunciava ” una crescente insofferenza” già il 15 giugno 2022, dopo solo cinque mesi e con una guerra che a gennaio non c’era.

Come c’è stato quel Salvini che il 3 febbraio 2019 che difendeva il premier Giuseppe Conte dagli attacchi di Guy Verhofstadt, leader dei liberali europei, e quell’altro che a fine marzo 2019 invitava il premier a “fare di più” per sentirsi rispondere “si rimbocchi le maniche”, vista tra l’altro la scarsa presenza al ministero.

E, tra le tante e varie, c’è persino il Salvini che il 7 aprile 2021 si spendeva a favore di Ursula Von der Leyen e quello che ne chiedeva le dimissioni il 23 settembre 2022.

Demata

La resa dei conti: il PD preferisce Conte a Draghi, che oggi è sostenuto da FdI

28 Set

Se il PD + Verdi SI corrono dietro a Giuseppe Conte, c’è Giorgia Meloni che si tiene stretto Mario Draghi.
Vediamo come è andata.

Sul fronte sinistro del Parlamento, come se non bastasse la fuga di elettori dopo due anni di governo PD-M5S, “ora tutti i candidati al congresso Pd rivogliono Conte”, questo il titolo dell’Huffington di ieri, “Movimento Una Stella, le ragioni di Conte superstar”, quello di oggi.
Intanto, dal Fatto Quotidiano, emerge la bizzarra ipotesi che “i candidati di Calenda sono stati decisivi per consegnare il seggio alla destra: il centrosinistra avrebbe 13 eletti in più”, come se i voti della base populista (post-comunista) non siano sottratti dai Cinque Stelle da ormai quasi 10 anni.
E senza considerare che chi ha votato Azione-IV poteva aggiungersi alla fila degli astenuti, pur di non votare Cinque Stelle.

Dunque, in piena crisi di identità pur di dare sempre “la colpa ad altri”, il PD passa dalla schizofrenia tra “lotta” e “governo” alla psicosi in cerca di un “uomo forte”. E come andrà a finire, comunque, non sarà una bella storia.
Di sicuro, vanno in cavalleria tutte le promesse fatte dal PD riguardo Resilienza e Resistenza del Sistema Italia.

Intanto, sul fronte opposto, la Lega ben pensa di ritornare al suo obiettivo storico, le Autonomie, o meglio la’ Autonomia legislativa e fiscale , rimasta del tutto accantonata per un’intera legislatura, ‘grazie’ dallo statalismo centralista di Giuseppe Conte e al ‘veto’ del PD romano di Nicola Zingaretti, e necessaria quanto carente per il PNRR di Mario Draghi.

E, a parte i numeri che permetterebbero di riformare la Costituzione senza il PD e/o i Cinque Stelle – è prevedibile che le poco velate accuse di ‘voto di scambio‘ – menzionate da Giuseppe Conte in conferenza stampa a Montecitorio, rispondendo a una domanda del direttore di Agenzia Vista – porteranno il Parlamento a volere una attenta revisione del Reddito di cittadinanza e delle altre forme di sussidio, che del resto l’Inps ha già iniziato a predisporre da qualche mese, in funzione degli anziani e dei disabili piuttosto che per chi abile al lavoro.

E se il tracciato prefissato da Mario Draghi sembra salvo almeno nelle linee generali, Libero Quotidiano ieri riportava: “dentro Fratelli d’Italia si parla di quattro ipotesi: segretario generale della Nato, presidente della Commissione europea, presidente del Consiglio europeo. E, attenzione, mediatore tra Ucraina e Russia. La figura dell’inviato speciale sulla crisi ucraina, riporta La Stampa, potrebbe essere proposta dalla stessa Giorgia Meloni. Nato, Commissione e Consiglio Ue sono invece nomine che si giocheranno alla scadenza dei mandati attuali tra 2023 e 2024. “

A quanto pare, c’è chi si accontenta di Conte, sostenendo Draghi senza convinzione, e c’è chi osteggiava Draghi, perchè voleva e vuole una spinta maggiore.

Demata

Quanto è controproducente Ursula Von der Leyen?

23 Set

Sulla campagna elettorale italiana – fulmine a ciel sereno – arriva Ursula Albrecht Von der Leyen a gamba tesa sul voto in Italia: “Aspettiamo le elezioni. Se la situazione sarà difficile, abbiamo gli strumenti”, facendo riferimento alle sanzioni per Ungheria e Polonia.

L’intento era di favorire la ‘coalizione democratica’, contrastando l’avanzata populista, ma l’effetto è facile da prevedere, se la minaccia arriva da una tedesca di origini statunitensi, “a titolo personale”, ma in nome dell’Europa se non dell’intero mondo civilizzato.

Il messaggio, infatti, non riguarda i tempi e gli accordi UE da rispettare per ottenere le prossime tranche del Pnrr, mai messi in discussione dalla coalizione di Centrodestra.
L’oggetto del contendere sul Pnrr – finora e da parte di tutti i partiti – sono state le questioni di regolarità contabile che regioni e comuni vorrebbero ‘alleggerire’ ed alcune misure occupazionali che enti e sindacati vorrebbero ‘allargare’.
Questo è stato il ‘peccato mortale’ di Mario Draghi e Von der Leyen di sicuro deve averlo saputo.

Dunque, la minaccia di Ursula Albrecht in Von der Leyen suona a tanti italiani come un “attenzione a come vi muoverete nelle riforme istituzionali e politiche, dato che i cordoni della borsa sono in mano a Bruxelles”.

Non stiamo qui a commentare la gravità dell’episodio, ci ha già pensato Salvini chiedendone a muso duro le “dimissioni” e Letta improvvisando un salvataggio con la promessa di un “chiarirà”.

La domanda è cosa penserà la gente in Europa dopo l’outing di Von der Leyen sull’Italia, che fa seguito a quelli su Ungheria, Polonia o … Ucraina, con le drammatiche escalation che vediamo?

A proposito, l’Unione Europea conferisce poteri e prerogative così assoluti a chi ne presiede la Commissione?

demata

Le priorità elettorali dei partiti a confronto in 5 slide

13 Set

Sky ha annunciato per domani una serie di interviste con Calenda, Conte, Letta, Meloni, Salvini e … probabilmente quasi nessuno andrà a verificare se quel che viene detto corrisponde a quel che i programmi promettono e fanno fede.

Infatti, dalle interviste su media e social, si potrebbe pensare che i Cinque Stelle siano il partito del “Reddito” (minimo o di cittadinanza che sia), ma il loro programma a stento lo menziona come non menziona affatto l’assistenza/previdenza, mentre – sorprendentemente – è Azione-IV a nominarlo più volte.
A dircelo è la conta dei termini usati in proporzione alla diversa lunghezza dei programmi elettorali.

Oppure potremmo credere che la Sanità e la Salute siano una priorità, ma poi a ben vedere solo Cinque Stelle e Fratelli d’Italia guardano anche al ‘contraltare’ cioè invalidi e disabilità.

Come anche per ‘lavoro e occupazione’ a cui sembra dar gran conto il PD, ma purchè sia Terziario, a vedere l’importanza data ad Industria e Commercio.

Fino agli anziani, che non interessano a nessuno eccetto un po’ ad Azione/IV e le donne di gran lunga scavalcate dai ‘giovani’ e talvolta anche dagli “stranieri”.

O constatare che alla parola “sicurezza” non corrisponde con la “lotta alla mafia”, eccetto che per il PD. Eccetera eccetera.

A.G.

Tra Meloni e Calenda è Letta che insegue il passato

16 Ago

E’ Ferragosto, ricomincia il Campionato e l’Italia dei partiti si prepara ad andare al voto alla chetichella … in attesa dei rincari e delle batoste autunnali.

Dei Programmi ne riparleremo, ma ad una prima lettura sembrerebbe che per gli elettori non ci sono grandi possibilità di equivocare: riportando in un diagramma i vari temi abbiamo la riconferma che si tratta di un Centrodestra ‘conservatore’, un Campo Largo ‘statalista’ e un Centro indipendente ‘liberale’.

I criteri usati sono stati i seguenti:

Naturalmente, vale la pena di ricordare che non è certamente opportuno nè utile che il PNRR venga indirizzato ad incrementare la spesa pubblica passiva.

A.G.

Operazione ‘Trasparenza: non promettere l’impossibile

5 Ago

La trasparenza comunemente viene vista come una prassi, ma è errato: nella società industriale di massa (e oggi digitale) la trasparenza è un risultato.

Non un ‘comportamento’, ma uno ‘stile’ che viene da più ‘comportamenti’ coesi.

Perché?

Per via della ‘complessità’ e della ‘velocità’, che rendono opaca anche la luce del sole agli occhi dei ‘semplici’ o dei ‘semplificatori’ (che non intravedono prospettive, opportunità e rischi secondari) e dei ‘lenti’ o dei ‘pensatori’ (che non partecipano in tempo reale al ‘processo di cambiamento’, cioè qualsiasi attività finalizzata ad uno scopo).

Questa nozione ebbe una certa diffusione con il Governo Monti ed il suo tentativo di convincere i partiti ad avere una ‘spending review’: fu allora che scoprimmo che la ‘trasparenza’ non è creare una sala dove discutere dei ‘panni’ stesi al sole man mano che arrivano, tutti ed indifferenziatamente, bensì programmare modi e tempi con cui i ‘panni’ distinti per colore e taglia vengono esposti.

Dunque, quando si parla di ‘trasparenza’, si parla di amministrazioni che tutte ed entro i termini compilano i form on line richiesti dalle istituzioni finanziatrici o controllore e pubblicano quando dovuto all’utenza interessata.
Ma … possono farlo solo se sono al passo con la previsione /programmazione e con il rendiconto /risultato di spese, servizi, organigrammi, funzioni, risultati, economie eccetera.

Detto questo, è abbastanza chiaro dove siano le resistenze che hanno fatto cadere tutti gli economisti che in questi anni hanno tentato di intervenire: Amato, Dini, Prodi, Tremonti, Bassanini, Padoa Sforza, Monti e Draghi , ma c’è dell’altro.

Facciamo conto che il Parlamento approvi in soli 12 mesi le riforme profonde che servono ad amministrare nel III Millennio una comunità di 60 milioni di persone: parliamo della Funzione Pubblica, della formazione degli Atti digitali, del sistema di revisione dei Bilanci e … dell’interesse nazionale superiore anche nel caso dei servizi in competenza a Comuni e Regioni.

A seguire, vanno emanati i regolamenti attuativi di competenza di una 40ina tra ministeri e regioni, cioè mezzo migliaio di direzioni generali e relative contrattazioni sindacali.
Ed arrivati al tal punto, cioè dopo forse altri 12 mesi o forse di più, ha inizio il tutto, ma solo dopo l’acquisizione dei dati che servono per quantificare /distribuire le risorse … e sono trascorsi altri 6 mesi, forse dodici.

Arrivati al quarto anno di legislatura (ma potrebbe essere anche già trascorso il quinto …) la programmazione e la ‘trasparenza’ iniziano a procedere nella direzione voluta dal Parlamento 3-5-8 anni prima, ma a condizione … che sia rieletta la stessa identica coalizione che aveva legiferato e stanziato.
Altrimenti, si cambia tot o tutto, che intanto passano altri 3-5-8 anni, … sempre che non ci si fermi per qualche ripensamento.

Dunque, è già molto ambizioso sperare di riformare in 5 anni la formazione degli Atti digitali, il sistema di revisione dei Bilanci e soprattutto riportare all’interesse nazionale i servizi in competenza a Comuni e Regioni. La Funzione Pubblica e la Spending Review?
… toccherà ad un altro governo l’arduo compito di contrattare con i sindacati un radicale cambiamento nel settore pubblico, introducendo – ad esempio – dei tempi di lavorazione uniformi e delle premialità aderenti ai risultati, cioè bonificando le carenze.

A.G.

Berlusconi is back: il Big Slam 2022

23 Lug

Chi ha meno di 50 anni può credere come fa la Sinistra che Berlusconi sia davvero la caricatura che raccontano in nostri media, ma questo sarebbe un errore fatale, come si sta dimostrando per l’ennesima volta.

Infatti, in questi giorni, Berlusconi ci ha ricordato quanto le sue fortune non siano dovute tanto al denaro e al potere (arrivati ‘dopo’) quanto alle competenze e all’esperienza (già notevoli a 30 anni).

Andando ad oggi, quando un Governo cade restano ‘in append’ tanti provvedimenti e questo è fisiologico, dato che solitamente si va al voto, perchè tutti vogliono troppo e non ce n’è abbastanza.

Infatti, sappiamo tutti che Draghi è stato attaccato per evitare le riforme delle concessioni pubbliche, delle autonomie regionali, del reddito di cittadinanza e dello ius soli.

Ma sul piatto sono rimasti anche l’adeguamento delle pensioni minime,  la semplificazione fiscale, il processo breve, la riforestazione, i termovalorizzatori e i rigassificatori.

E non se ne parla perchè dovremmo constatare che Berlusconi, in un colpo solo, ha fermato:
– sia le norme invise alla Destra ed ai potentati locali;
– sia le iniziative ‘care’ a Giuseppe Conte ed al Campo Largo di Letta;
– sia gli interventi indispensabili per il 2023 che comunque vanno fatti.

Dopo di che, sempre in un solo colpo, Berlusconi va a promettere proprio le due norme urgenti, più importanti e già abbastanza condivise, cioè che sono già arrivate al Consiglio dei Ministri ed hanno già almeno delle previsioni di conti: pensioni minime e riforestazione.

Per la riforestazione gli stanziamenti competevano già al Governo Conte bis (M5S + PD + LEU) e, dunque, non sarà un problema, ma dove prendere le risorse per aggiornare le ‘pensioni minime’?
Dal Reddito di Cittadinanza … visto che per piantare 1.000.000 alberi servono tante braccia.

E il PNRR?
Beh … a proposito di quel che serve per la RESILIENZA non c’è solo lo status quo assistenziale del 5xmille o la lobby dei concessionari o quella dei sussidiati a remare contro.
In termini strutturali, ci sono innanzitutto PD + M5S + LEU ad essere contrari a rigassificatori, termovalorizzatori, sistema previdenziale misto mutuale, trasferimenti alle Regioni, riforma dell’associazionismo sociale, riforma del sistema di istruzione e formazione professionale eccetera … non la Destra.

Mai sottovalutare le qualità di Berlusconi, specialmente se non se ne condividono le opinioni.

Demata

Draghi raccontato da Tito Livo, 2.500 anni fa

21 Lug

La vicenda di Mario Draghi sembra una replica quasi identica di quella avvenuta 2.500 anni fa a Roma e raccontata da Tito Livo.

Tutti, infatti, sanno che la ‘repubblica’ nacque quando Roma si ‘affrancò’ dei re etruschi. Ma uscire dalla confederazione etrusco-latina era un disastro finanziario e commerciale: perché i romani vollero questo?

Andando a sfogliare Tito Livio, è facile scoprire perchè i romani si ribellarono a Tarquinio: la città era cresciuta tanto, ognuno aveva costruito come gli pareva e c’era da risistemare le fogne ‘pubbliche’, ma nessuno ne aveva voglia ed ogni familia proteggeva i suoi.

Quando Tarquinio decretò che i cives erano obbligati verso la salute pubblica e dunque dovevano contribuire o lavorare per rifare le fogne, fu rivolta.

‘Chi si crede di essere questo qui’ (… da cui il nickname di ‘superbo’): «noi insultati»

Dopo di che da un sistema di amministrazione federale (reggenti e consiglio cittadino), Roma passò all’autarchia inventando la Res Publica, la ‘cosa di tutti’, che in suonava come quel detto partenopeo “tutti uguali, tu fatichi e io magno”, come raccontò nei capitoli successivi Tito Livo.

Ovviamente, le fogne vennero rifatte anni dopo … con gli schiavi catturati nel saccheggio delle città limitrofe ex alleate, necessario innanzitutto a rimpinguare le finanze esauste. E così andò per qualche secolo.

Ma oggi gli schiavi sono vietati, c’è rimasto ben poco da saccheggiare ed è meglio essere amici di tutti.
Mica che per mascherare il Default “quelli lì” ci infilano in qualche guerra?

Demata