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La Dad si poteva evitare, regioni permettendo

3 Gen

A pochi giorni dalla riapertura della scuola,  gli insegnanti vogliono ripartire in presenza, anche se sono ancora circa 40mila quelli che rifiutano l’obbligo vaccinale, mentre aumentano i contagi tra i minorenni. Stranamente, tutti se la prendono con i ministri Speranza e Bianchi, anche se quello che dovevano fare era solo una piccola parte del necessario e, tra l’altro, l’hanno fatto.

Il Ministero della Salute, infatti, in Italia non ha poteri in materia sanitaria, perché non ha le competenze che l’art. 117 della Costituzione attribuisce alle Regioni. E quel che resta (farmaci e sicurezza sanitaria) non è più del ministero, bensì di due apposite quanto autonome agenzie, Aifa e Agenas.
Bene avrebbe fatto Giuseppe Conte a ripristinare in Parlamento qualche potere centrale piuttosto che inerpicarsi nei suoi equilibrismi regionali.

Quanto al Ministero dell’Istruzione, anche per esso l’art. 117 della Costituzione parla chiaro, attribuendo alle Regioni (e ai Comuni) edilizia, dotazioni e trasporti scolastici, mentre il funzionamento è tutto delle ‘istituzioni scolastiche autonome’, responsabile per la sicurezza e medico scolastico inclusi.
Dunque, organizzata la sostituzione del personale, fissati i criteri per la didattica e la valutazione, condivise con i sindacati le regole per funzionare al meglio, è davvero una gran cortesia quella di Viale Trastevere nel non lagnarsi – quotidianamente e a media unificati – dell’operato dei governi regionali e delle amministrazioni comunali.

Piuttosto, parlando concretamente di Covid, in questi due anni gli Enti Locali:

  1. quante mascherine idonee hanno fornito agli alunni?
  2. quante aule hanno ampliato o creato ex novo?
  3. quanti impianti elettrici e infissi sono stati adeguati?
  4. quanti sistemi per l’aspirazione dell’aria sono stati installati?
  5. quanti accessi scolastici sono stati ampliati e resi sicuri?
  6. quanti vettori per il trasporto scolastico sono stati previsti e aggiunti?

Poi, c’è chi si preoccupa e qualcuno che protesta, ma poco resta al di là del folklore di una carnascialata. Infatti, riguardo ai Sindacati, alle Associazioni di categoria e/o di genitori, ai diecimila consigli d’istituto – tutti sempre attenti al Piano dell’Offerta Formativa progettato dai docenti – è improbabile che non si siano accorti da tempo del gap tecnologico e culturale di una didattica a distanza italiana che riesce ad esprimersi quasi solo in videoconferenza di classe, sovraesponendo gli alunni e ‘bruciando’ i docenti.

E’ vero, “non si possono bloccare i bambini o gli studenti in quarantena per 5 ore davanti al Pc” – come dice la segretaria della Cisl Scuola, Maddalena Gissi – ma, allora, perché i docenti italiani offrono ancora, sempre e solo la lezione frontale di classe, ma raramente le webinar, l’elearning e i materiali strutturati?
Come mai in due anni di DaD il Coding non è diventato un’esperienza cognitiva diffusa?

Anche in questo non è il Ministero a decidere, ma lo sono – tra fondo d’istituto e piano formativo – i Sindacati, i Collegi dei docenti e, soprattutto, i Consigli di istituto dove sono rappresentati anche genitori e alunni, ma non gli enti (e la politica) locali che tanti doveri hanno sull’istruzione.

Demata

Riforma Irpef: perché tante polemiche?

29 Dic

I dati dell’Ufficio parlamentare di bilancio parlano chiaro: la riforma dell’Irpef combinata con la revisione degli scaglioni e delle detrazioni garantisce il saldo zero per 14 milioni di italiani e porterà una piccola riduzione fiscale per circa 27,8 milioni di contribuenti.

Considerato che il Debito pubblico è sprofondato oltre i 2.700 miliardi di euro, mentre Lazio, Campania e Sicilia sono paralizzate da ingenti piani di rientro finanziario, c’è solo da parlare di ‘miracolo’: di norma in una situazione del genere le tasse aumentano e tanto.

Perché, allora, a cose fatte scoppiano le polemiche e leggiamo che “i maggiori vantaggi vanno ai redditi medio-alti”?

Perché, in realtà, Silvia Giannini e Simone Pellegrino, che avevano lanciato l’allarme per lavoce.info, si riferiscono ai lavoratori dipendenti e non agli autonomi quando scrivono che “come si osserva dalla Figura 3, … i benefici individuali sono concentrati sopra i 35 mila euro di reddito complessivo, dove ci sono solamente il 13,5 per cento dei contribuenti”. E’ sotto gli occhi di tutti, è un grafico.

E perché “il vincolo è stato quello politico di non aumentare l’aliquota marginale legale massima” e per questa scelta dei partiti “si è dato maggior peso all’efficienza rispetto all’equità”.

Infatti, Mario Draghi non mentiva, affermando che “i principali beneficiari della riforma fiscale sono lavoratori e pensionati a reddito medio basso”, cioè la razionalizzazione delle aliquote marginali effettive che nello studio di lavoce.info risulta:

  • no tax area (8.145 euro); 23% (-4,5%)
  • fascia 8.145-15.000; 31,5% (-2,6%)
  • fascia 15-28 mila euro; 43,7% (+1,3%)
  • fascia 28-45 mila euro; 61% (+19,4%)
  • oltre 45 mila euro; 43% (+1,4%)

Non sono certamente i redditi medio-bassi ad essere colpiti, come sentiamo dire, che alla peggio resteranno con il carico fiscale solito.

Anche lavoce.info confermava che le aliquote medie sarebbero rimaste invariate e che ad essere ‘colpiti’ – mentre il debito pubblico sprofonda – sono coloro che hanno un reddito superiore alla media, a partire da 28.000 euro annui, insomma.

Tenuto conto che oltre alle tasse ci sono anche i contributi statali per energia e gas, specie per chi non è benestante, siamo proprio sicuri che gli autonomi, gran parte dei pensionati e tutti i sottoccupati – di tutt’altra fascia reddituale – sono d’accordo con Sindacati e Confindustria e trovino la manovra fiscale del Governo Draghi svantaggiosa e iniqua?

Perché mettere in dubbio la credibilità di un candidato presidenziale, dimenticando che è la Politica che ha scelto in Parlamento e nei Partiti di “non aumentare l’aliquota marginale legale massima, neanche sotto forma di un temporaneo contributo di solidarietà”?

Demata

Quota 100 e Reddito di cittadinanza: lo Stato Sociale lo pagano i lavoratori

18 Gen

In base alla Quota 100, da aprile e per tre anni, chi ha maturato almeno 62 anni di età e 38 di contributi potrà andare in pensione anticipata, anche se non ha mai lavorato prima dei 24-28 anni d’età e ancora oggi sta bene in salute.
Del resto, erano i Favolosi Anni ’70 o no?

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Intanto, resta il blocco per chi ha maturato almeno 60 anni di età e 42 di contributi, anche se ha iniziato a lavorare prima dei 18 anni d’età ed oggi è un grave invalido.

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Inoltre,

  1. i beneficiari del reddito di cittadinanza riceveranno il sussidio per i prossimi 18 mesi anche se non accettassero mai un’offerta di lavoro o di formazione;
  2. il reddito di cittadinanza farà anche da versamento contributivo per le pensioni dei beneficiari, ma ai lavoratori a cui mancano pochi mesi nessuno ‘sconto’;
  3. arriva l’incubo del blocco parziale delle pensioni sopra i 1500 euro lordi, cioè TUTTE, con buona pace tra chi ha prodotto e versato contributi  forse per 20 anni e chi oltre 40 anni.

Resta, dunque, il dubbio per “se e come” diventerà vigente un combinato simile ed è difficile fare una previsione di come andrà a modificarsi / deformarsi la norma già nell’arco di una sola legge finanziaria e quali modifiche pre-elettorali arriveranno.

Comunque, solo a legge scritta e pubblicata sapremo dai vari Organi di controllo cosa accade per la legittimità e la copertura, come solo tra qualche mese inizieranno ad arrivare i prevedibili ricorsi  all’Inps  dai diretti interessati. Infatti, molti di coloro che andrebbero con la Quota 100 riceverebbero poco più della attuale pensione minima e sarà da vedere quanti effettivamente sono e quanto malcontento di ritorno ci sarà.

Lo scopo della Lega verso le pensioni sembra essere solo quello di avviare il turn over nelle pubbliche amministrazioni e consentire nuove assunzioni.

Restano dubbi anche sulla costituzionalità, se l’art. 38 riporta ancora che “i lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di vecchiaia”.

Quali effettive previsioni ci sono? Chi ci assicura della bontà dei conti? Ed è legittimo trasferire somme versate dagli assicurati (art. 38) per coprire le spese che lo Stato deve per gli indigenti (art. 32)?

E resta anche il primario problema generato dalla Legge Fornero riguardo la ‘pensione anticipata’: per la medicina chi ha 65 anni o più è ancora oggi definito “giovane anziano” ed ha diritto ai servizi di geriatria. Dunque, qualcuno dovrebbe spiegarci perchè per l’Inps la vecchiaia inizia a 67 anni.
Tra l’altro, se la medicina dovesse alzare l’età di vecchiaia come dicono ai congressi, esploderebbe il dato dei malati cronici ed invalidi al lavoro, visto che l’età comunque si fa sentire.

La parola passa alla Corte Costituzionale, alla Corte dei Conti, alle Agenzie di Rating (sic!), ma anche alla gente ed alla creatività degli avvocati, oltre che ai Sindacati … europei.
Come sarà da vedere l’effettiva reazione dell’Inps, che rischia un disastro di bilancio,
se il disposto giallo-verde mandasse a rotoli i suoi conti con questo vistoso prelievo dai fondi pensione dei lavoratori per coprire la spese sociali che i Populisti al governo non sanno come affrontare.

Demata

Scuola, servizi pubblici, pensioni: dove sono il Governo e le Opposizioni?

1 Set

E’ il 1° settembre, riaprono le scuole e – dalle notizie del Fatto Quotidiano – dovrebbero ancora esserci migliaia di dipendenti che hanno richiesto la pensione anticipata e sono con la pratica ancora in lavorazione o soggetta a chiaro ricorso.
Intanto, CGIL Scuola annuncia che  “manca un preside su 4, servono segretari e bidelli. In cattedra ottantamila precari. Avvio delle lezioni a rischio caos nonostante i 57mila contratti a tempo indeterminato. E resta il rebus delle maestre diplomate“.

Parallelamente, a dimostrazione che il meccanismo del turn over della Pubblica Amministrazione si sia inceppato (e che le problematiche ex Inpdap non erano limitate a ‘soli’ 10 miliardi di deficit), basta andare su un sito o un forum dei lavoratori della Difesa o della Sicurezza per rendersi conto che decine di migliaia di loro attendono una pensione e spesso sono invalidi. E gli organigrammi degli Uffici pubblici consultabili su internet sono pieni di posizioni in reggenza o utilizzazioni, ergo privi di personale.
Anche nella Sanità, se la Legge 161-2017 modifica la turnazione ospedaliera, questo non corrisponde la possibilità di nuove assunzioni per garantire il servizio.

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Nel privato, il fenomeno ricomprende i lavoratori divenuti invalidi con 400 euro di pensione al mese anche se hanno 30 anni di contributi, gli esodati e le ricongiunzioni negate, i ricomputi retroattivi dopo aver dilazionato per anni, cioè … i 60enni in cerca di lavoro dopo 30 anni di attività disastrosamente sotto gli occhi di tutti da un decennio.

Una diffusa flessione nei diritti dei lavoratori (cioè degli assicurati), che diventa sempre più debordante grazie alle facili e fuorvianti promesse di Salvini di ‘abolizione della Legge #Fornero “, fondate a loro volta su una serie di luoghi comuni.

E’ una bufala che alla pensione di pervenga non prima dei 65/67 anni: il requisito ‘minimo’ della Fornero è l’età contributiva e non anagrafica, potrebbe trattarsi di un lavoratore precoce oppure mansioni usuranti o semplicemente un grave invalido.

E’ una bufala che le generazioni ‘anziane’ non abbiano contribuito a sufficienza: può essere vero per le contribuzioni fino alla fine degli Anni ’70, ma  chi ha iniziato a lavorare negli Anni ’80 rientra più o meno nel sistema contributivo odierno, perchè era cessata la spinta inflazionistica degli Anni ’70 ed avviata l’unificazione finanziaria europea.

E’ una bufala che l’Italia sia afflitta dalla piaga delle frodi assicurative: quello dei falsi invalidi è un fenomeno specifico locale, ma non sono chissà quanti rispetto alle medie europee o statunitensi, specie se parliamo di infortuni sul lavoro. Viceversa, le sentenze del Tribunale del Lavoro favorevoli agli assicurati/assistiti sono tantissime ed anche i morti sul lavoro o i riconoscimenti postumi di danno alla salute rappresentano in Italia un dato rilevante, se parliamo di Vigilanza Sanitaria, prevenzione e sicurezza.

E’ una bufala che dare una rendita agli invalidi sia un costo pubblico non prioritario: era una spesa ben definita fino al 1976 e da decenni inglobata nella massa delle pensioni complessive, senza un bilancio di quanto il Sistema Italia spenda di più, lesinando e rinviando, per minore produttività al lavoro, come per sicurezza sociale (assistenza) e per maggiore accesso alle cure (sanità). Persino negli USA, dove sono attenti al ricavo, gli invalidi hanno chiari diritti, assistenza e sussidi.

E’ una bufala che la Sanità – indispensabile se si vogliono tenere al lavoro degli over55 – sia in Italia “universale”: in realtà è un sistema neanche nazionale, bensì regionale o, peggio, ‘locale’ a seconda della ASL. Infatti, in molte Regioni i Livelli Essenziali Assistenziali e i Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali non sono di fatto attuati , gran parte delle strutture non ha la cartella elettronica, le prenotazioni sono mesi di distanza, le prescrizioni di altre regioni non vengono attuate.

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Queste cose dovrebbero far riflettere, perchè stiamo parlando dei risultati di una ‘nazionalizzazione’, quella avvenuta dal 1974 delle Casse e delle Mutue, già concessionarie ai sensi dell’art. 38 della Costituzione.

A proposito, è una bufala che non vi siano i soldi per le pensioni:  chi versa contributi per oltre 38-43 anni, a seconda degli Stati e degli istituti, è nel dovuto e dovrebbe essere solo una questione di aspettativa in vita individuale e di rendita.
Il problema reale è che il declino italiano, smantellando il settore industriale e manifatturiero, ha già prodotto milioni di sottoccupati con scarsa contribuzione.

Inoltre, sappiamo che c’è un certo numero di rendite ‘eccezionali’ rispetto all’effettiva contribuzione che fa a contraltare con la pochezza dei sussidi ai lavoratori invalidi. Ma non dovremmo fare altro che separare le spese sociali di uno Stato o una Regione (100-150 mld annui) da quelle contributive tra lavoratore ed assicuratore pubblico o privato che sia (3-400 mld annui).
Quanto all’istruzione, un conto è finanziare solo scuole statali, un altro è garantire gli studi gratuiti (entro dei parametri) a chi sceglie le scuole private.

Doveva essere così fin dal 1948. Noi italiani l’avevamo promesso nel 1994. Lo ribadimmo nel 2011 … evidentemente l’Italia può aspettare.

Demata

Un ministro CGIL all’Istruzione

13 Dic

Torna a casa il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini, già rettrice dell’unica Università italiana che non si occupa di discipline tecnico scientifiche, perchè specializzata nell’insegnamento e nella diffusione della lingua e della cultura italiana all’estero …

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Al suo posto arriva Valeria Fedeli, già segretaria generale CGIL dei lavoratori tessili, poi presidente del sindacato tessile europeo Fse-Thc.
Nel 2012, pensionatasi dal sindacato, viene eletta  come capolista in Toscana nella coalizione «Italia bene comune» e, priva di ogni esperienza parlamentare, viene nominata vice presidente vicaria del Senato.

La domanda del giorno è duplice:

  • Valeria Fedeli (una vita nella CGIL) come potrà occuparsi dei contratti, delle mansioni e dei concorsi dei docenti italiani, confrontandosi con Aran e Sindacati, senza generare un mostruoso conflitto di interessi?
  • la sua esperienza nel settore manifatturiero porterà ad una definitiva quanto attesa strutturazione estandardizzazione della formazione professionale in Italia oppure sarà il solito flop ed ulteriore spesa pubblica per ‘aiutini’ alle Regioni e agli Enti certificati?

Demata

Pensioni: persino l’Inps ne denuncia l’iniquità

15 Mar

Tito Boeri, presidente dell’Inps, è intervenuto ad un convegno organizzato a Torino dai sindacati dei dirigenti pubblici, denunciando che

  • “c’è stato inizialmente, da parte del governo, un impegno a fare questa riforma nel 2015. Doveva essere inizialmente della legge di Stabilità per il 2016, poi si è detto ‘la si fa nel 2016’ e ora si parla di farla con la legge di Stabilità del 2017”
  • “il 70% degli italiani prende una pensione inferiore agli 800 euro. Bisogna inoltre intervenire sulla ricongiunzione dei diversi sistemi pensionistici”
  • certe pensioni sono “ancora troppo alte e ingiustificate rispetto ai contributi. Molti obiettano che non si possono toccare i diritti acquisiti, ma ogni volta che si fanno riforme si toccano i diritti, l’equità non può prescindere dalla contribuzione pur se occorre muoversi su questa delicata materia con grande attenzione”.

L’Inps, per voce del suo presidente, ha anche esortato il governo affinchè “vari al più presto norme che prevedano flessibilità nell’uscita dal mondo del lavoro, con conseguenti riduzioni della pensione. Così si sbloccherebbe il sistema pensionistico irrigidito dalla legge Fornero e si promuoverebbero le assunzioni di giovani”.

A margine di un convegno sulla contrattazione alla Camera, organizzato da Forza Italia, i segretari generali di Cgil e Uil Susanna Camusso e Carmelo Barbagallo – dopo l’ulteriore ribadire di Boeri – hanno finalmente preso atto che  da ben cinque anni i lavoratori italiani sono trattati in modo particolarmente iniquo ed hanno promesso, rispettivamente, “abbiamo deciso di prevedere iniziative” e “a breve faremo una mobilitazione” …

Non sappiamo se i Sindacati abbiano anche recepito che esistono pensioni sopravvalutate e pensioni da miseria … inferiori persino ad un reddito di cittadinanza.

Ci saremmo aspettati qualcosa di più (dai sindacati, dai media, dai politici) se ormai è persino il presidente dell’Inps a dare l’allarme sull’iniquità sociale e sull’insostenibilità finanziaria delle norme pensionistiche varate dal Parlamento tra il 1994 e il 2002, prima, e, poi, nel 2011 … ma essendo stato, sempre e comunque, l’attuale Partito Democratico a promuoverle con l’appoggio della stampa pressochè tutta … non poteva essere altrimenti: attendere il 2017 … magari coprendo i TFR con titoli di Stato …

Speriamo solo che almeno un parlamentare, europeo o nazionale che sia, si prenda la briga di interpellare a riguardo ministri e commissioni – come sarebbe suo dovere visti i milioni di italiani che attendono –  riguardo al fatto che la Corte di Conti ha certificato un “buco” di 23 miliardi di euro, che l’Inps ha ereditato dall’Inpdap, per il mancato pagamento mensile dei contributi dei dipendenti pubblici da parte delle pubbliche amministrazioni …

Demata

La fallimentare Sinistra francese alla disperata ricerca di una guerra

10 Mar

In Francia, la Sinistra è mobilitata contro la riforma del mercato del lavoro e, solo nel mese di marzo, si prevedono centinaia di manifestazioni, treni e trasporti pubblici fermi, città paralizzate e, a fine mese, lo sciopero generale.

Intanto, nel paese si contano almeno 3,5 milioni di disoccupati, le casse previdenziali in deficit da almeno 40 anni e il comparto industriale non brilla certo per flessibilità alla domanda di mercato.

I fatti sono evidenti:

  1. un sistema di welfare che, nel 2010, incideva sulla spesa pubblica per il 57% del PIL, paralizzando qualsiasi forma di investimento o ripresa
  2. i contributi elevati e la regolamentazione del mercato del lavoro che, secondo dati dell’OCSE del 2010, portavano la tax wedge della Francia a superare di almeno 13 punti percentuali alla media dell’OCSE su tutti i livelli di reddito familiare
  3. il conseguente alto livello di disoccupazione, che dal 1980 non cala al di sotto del 10%, salvo rare eccezioni
  4. il deficit di budget cronico (l’ultimo surplus è stato registrato nel 1974) e la combinazione di una crescita debole e di un sistema di welfare sempre più pesante.

Il programma elettorale di Hollande aveva promesso la rinegoziazione del Fiscal compact e degli statuti della Banca Centrale Europea, senza spiegare agli elettori che – nel caso – si sarebbe pervenuti ad un costo più basso del welfare, ma a discapito del tenore di vita a livello nazionale nel medio termine.

Un tipico stratagemma del Partito Socialista francese di Mitterand, ma all’epoca la Francia batteva ancora moneta, aveva ancora le ‘colonie’ e – soprattutto – Cina, India e Brasile non erano ancora sufficientemente industrializzati.

Finito l’Imperialismo coloniale figlio della Rivoluzione, finito il modello di Welfare redistributivo francese e sinistrorso … i paesi del Terzo Mondo ringraziano ..

Dunque, ad Hollande ed ai socialisti francesi (cioè alla Sinistra europea) non resta altra soluzione che ‘ritirarsi in buon ordine’ come fecero i comunisti sovietici e come suggerì Foucault già nel 1976 o continuare a disinformare la base elettorale promettendo un Welfare diffuso che senza l’Imperialismo coloniale qui in Europa non sarebbe mai esistito.

Hollande e la Sinistra (europea) di fare abiura e pentimento per un modello economico che fa acqua proprio non ne hanno voglia (lo sappiamo bene anche noi italiani). Anzi, sono proprio loro ad aver ‘sostenuto’ la folle politica della Grecia, sperando che si aprisse una crepa nel contenimento del debito pubblico imposto dall’UE a tutti gli stati membri.

Dunque, così andando il mondo, alla Sinistra francese non resta che la seconda via: promettere il Bengodi perchè il ‘mondo può essere migliore’ e poi annunciarne la fine del Bengodi ‘perchè i peggiori hanno vinto’ … cercando intanto di pervenire alla più classica delle soluzioni: la guerra.

Prima Hollande ci ha provato in Siria, subito dopo gli attentati di Parigi, attaccando Isis senza coordinamento NATO e così dando la possibilità a russi e turchi di incrementare notevolmente il teatro bellico.
Adesso Hollande ci prova in Libia, interferendo con il percorso diplomatico  ‘italiano’ che punta a pervenire ad una sorta di ‘protettorato’ alla stregua di quello instauratosi tra Italia ed Albania, ad esempio.

Essendo italiani, confidiamo negli scioperi francesi e nello stallo politico della Francia che potrebbero favorire l’export ed il ‘peso’ italiano all’estero … ma sorgono spontanee alcune domande.
I nostri sindacati (a partire dalla CGIL) e la nostra Sinistra italiana (a partire da La Repubblica) conoscono le obiezioni di Foucault del 1976 al modello economico ‘socialista’ avanzate ben prima che sul mondo incombessero il Tatcherismo, il Reaganismo e il Neoliberismo?

Ma, soprattutto, senza scomodare la cultura quella vera, la Sinistra (non solo italiana) conosce semplici proverbi come “Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”, “Non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca”, “Non tutte le ciambelle escono con il buco”, “Non tutto il male vien per nuocere”, “Ogni lasciata è persa”, “Ogni promessa è debito”, “Ognuno tira l’acqua al suo mulino”, “Chi dice ciò che vuole può sentire ciò che non vorrebbe” …

Demata

Come sarà il dopo Marino?

31 Ott

La situazione politica italiana dopo la bagarre delle dimissioni di Ignazio Marino è ritornata allo stato di malessere diffuso tra gli elettori come quello che si verificò con Tangentopoli.
Anzi, a ben vedere, il contesto esploso con Mafia Capitale sembra essere l’epilogo di quella vicenda evidentemente rimasta irrisolta.

Riepilogando molto rapidamente:

  1. con la Caduta del Muro di Berlino e la fine della Guerra Fredda cessa l’afflusso estero di finanziamenti ai partiti e muta la loro collocazione nel panorama politico mondiale.
  2. il PCI dell’epoca con Achille Occhetto dovette affrontare ristrutturazioni, diaspore e scissioni ed alla fine prevalse un metodo politico molto più attento a raccogliere il consenso degli elettori, piuttosto che l’adesione dei cittadini
  3. in Italia il cambiamento sotto i colpi di ricatti e attentati mafiosi vero le istituzioni e grazie a Tangeentopoli che porta alla luce un reticolo di malaffare e collusioni che spazza via tutti i partiti ad eccezione del PCI, perchè il cassiere’ Primo Greganti si assume tutte le responsabilità
  4. tolta la falce e martello dal logo, l’ex PCI si ridenomina, assorbe una buona fetta di ‘ex democristiani’ e crea il Prodismo, mentre la restante parte dei democrisstiani converge con tanti socialisti nel Berlusconismo
  5. poco dopo una legge (Decreto Biondi) sana o prescrive i reati di Tangentopoli che coinvolgevano sia politici e partiti sia soprattutto funzionari e uffici, mentre viene varata tra mille polemiche la legge sul conflitto di interessi attesa da tempo
  6. la realtà locale romana resta sostanzialmene fuori dagli scandali

Venti anni dopo

  1. una bella parte degli amministratori dell’attuale PD è stato coinvolto (se non condnnato o prescritto) in scandali per abusi o corruttele mentre … Primo Greganti è stato di nuovo beccato e si trattava dell’Expo
  2. Roma che era rimasta ai margini di Tangentopoli si ritrova oggi con Mafia Capitale, cioè con nessi diretti e reticolari tra pezzi della pubblica amministrazione, gruppi di potere nei partiti e crimine organizzato. Addirittura, un ex procuratore dell’Antimafia come Sabella dichiara che catturare Brusca fu una passeggiata a confronto con due mesi da assessore capitolino …
  3. Nepotopoli e Parentopoli varie hanno dimostrato come sia facile passare da una onlus ad una carica pubblica e poi ad un Cda non solo a Roma ma dovunque, l’asssorbimento dell’Inpdap nell’Inps si è ivelato un disastro e i conti (come le pensioni bloccate) non tornano, mentre metà dell’Italia ormai prende la Tav o l’aereo se deve andare in ospedale
  4. gli italiani sempre più  preferiscono le mani pulite (si spera per sempre) dei Cinque Stelle o si astengono dal voto temendo di sostenere un mafioso od un pressappochista, sempre che non appoggino l’estrema destra
  5. la Capitale – sfuggita a Tangentopoli – viene commissariata per quasi un anno dal Ministero degli Interni e dal Vaticano, sperando che il Giubileo sia l’inizio di un risanamento profondo.

Morale della favola, i guru dell’ex PCI ed attuale PD prendessero atto che nel democratizzare il PCI si è falliti, fosse solo perchè le tanto vantate primarie sono state troppo spesso oggetto di scandali e denunce.
E prendiamo atto tutti che l’unica infrastruttura di base rimasta ‘alla politica’ è il Sindacato confederale, anch’esso fortemente diviso come nel resto dell’Europa in cristiano-sociali e social-radical.

Questa probabilmente la chiave delle evoluzioni future del quadro politico italiano left sided,  ammesso e non concesso che si riesca ad smuovere Roma in soli due anni, con Renzi che potrà contare sui giovani tecnocrati e sulla base cristianosociale, mentre Die Linke aggregherà l’universo social dei comitati e delle piccole onlus, come del sindacalismo di base e dei senza diritti.

E Roma?
Dopo quello che è accaduto nelle municipalizzate e non solo, passando per monumenti chiusi e i servizi inaccessibili come un muro di gomma, non se ne viene a capo senza una legge sui sindacati che la Costituzione attende dal 1949 e che è nella filiera delle riforme costituzionali ed istituzionali.
Ovviamente si potrebbero e si potevano siglare contratti diversi dagli attuali, ma come per i Cda delle municipalizzate l’ex sindaco preferì affidare il tutto all’ex vicesindaco, noto per la sua provenienza dai movimenti di piazza …

Allo stesso modo, scoprire che tutti appalti e gran parte degli affidamenti di forniture erano illegittimi suggerirebbe di inviare le Fiamme Gialle anche per le revisoni contabili ordinarie, come avviene per i privati.
Intanto, solo a parlare del Campidoglio (ma ci sono anche altri apparati coinvolti in Mafia Capitale) Roma si ritrova con interi uffici rimossi, sospesi o denunciati e non si sa dove prendere personale adeguato visto come sono andati assunzioni e carriere finora. Questi sono gli anticorpi che mancano a causa di un mobbing sistematico come l’Anticorruzione denuncia pubblicamente.

E poi c’è il problema che Roma Capitale dava direttamente o indirettamente lavoro ad oltre 50.000 persone tra dipendenti, municipalizzate, concessioni e onlus, cioè non meno di 2-300.000 elettori come indotto che in buona parte vedranno cambiare le proprie abitudini di vita con l’attuazione di leggi e regolamenti che – come stiamo scoprendo – Roma teneva nel cassetto da oltre un decennio.

Guardando oltre la faida interminabile PD-SEL, ci sono i Cinque Stelle che non hanno ancora a Roma l’infrastruttura necessaria ad affrontare il labirinto capitolino, mentre a centro e a destra ‘brillano’ Marchini e Meloni ma dietro di loro, per ora, il nulla.

Otto mesi di commissariamento potrebbero non bastare a ricostruire un apparato ed una classe dirigente, specie se come probabile il repulisti toccherà anche altre amministrazioni, come un anno di Giubileo potrebbe non bastare a cambiare una mentalità rissosa ed autoreferenziale che già ha portato Roma alla rovina più volte nel corso dei millenni.

Meno risse verbali, meno distinguo teorici, meno assuefazione al degrado ed alla maleducazione, un po’ di voglia di imparare dalle città e dalle nazioni che stanno decisamente meglio di noi. A Roma bastebbe questo.

Demata

Pensioni, esodati? Solo parole al vento e lacrime da coccodrillo

16 Ott

Le ‘pensioni non si toccano’ fu uno degli slogan della campagna elettorale della sinistra di base italiana ai tempi di Fausto Bertinotti. Sembrava una bella cosa, ma poi abbiamo scoperto che era una fregatura: chi in pensione restava intatto, chi in procinto aveva da aspettare e per chi futuro nulla sarebbe rimasto.

La riprova arriva in questi giorni:

  1. niente agevolazioni per i lavoratori precoci;
  2. niente scivoli per gli invalidi gravi;
  3. quattro centesimi di ‘opzione donna’;
  4. esodati poi si vedrà;
  5. zero opzioni per anticipare.

Intanto, Tito Boeri – neo direttore dell’Inps – resta inascoltato e nè istituzioni nè sindacati hanno finora presentato un esposto uno per acclarare cosa ne sia stato dei miliardi e miliardi che mancano all’ex Inpdap e alle tante Casse assorbite dall’Inps.

E, se la CGIL piange lacrime da coccodrillo dopo aver affondato le proposte di Boeri e di Damiano, va da se che Poletti proprio non sembra interessato alla previdenza come all’assistenza: oggi è ministro, ma ieri era  Coop …

Renzi? Per ora ha dato lavoro nelle scuole a quasi centomila suoi coetanei, ha salvato i privilegi iniqui del catasto e di chi vive nei centri storici, ha lasciato in piedi la Cassa Integrazione, mentre per i (ne)fasti di Roma ha finora scucito almeno un miliardo di euro e mentre l’Europa presta quasi 2.000 miliardi di euro alla Grecia.

Aggiungiamo che i Cinque Stelle intervengono su tutto ma non riguardo le pensioni od il salario minimo ed anche il Centrodestra e persino l’estrema Destra non mostrano interesse alla questione.

Inutile ricordare che qualcuno aveva sbagliato metodo e conti per le pensioni – specie se apicali – come è comprovato dall’intervento corrrettivo di Maroni, come anche che i dati sul livello di istruzione dei maschi e sulla sottoccupazione femminile sono la riprova dei danni prodotti dall’assenza di un welfare organico e rigoroso e di percorsi professionalizzanti (Mafia Capitale docet) .

Eppure, basterebbero qualche dozzina di miliardi e dei sindacati ‘come quelli degli altri paesi avanzati’ per sbloccare la questione. I miliardi ci sarebbero pure, quel  che manca da noi sono dei sindacati ‘normali’, cioè in grado di gestire fondazioni ed enti benefici, Cda assicurativi, case per anziani eccetera.
L’organizzazione del dissenso, come sentivamo in tv tempo fa? Quella compete ai partiti, mica ai sindacati …

Demata

Sindacato unico, no. Unitario? Di corsa …

25 Mag

L’idea di un sindacato ‘unico’ è potenzialmente totalitaria, quella che sia ‘unitario’ sarebbe norma di buon senso.

Provate a chiedere ai chi dirige nei settori dell’istruzione o della sanità, di quale strabordande numero di rappresentanti sindacali di ogni colore sia composto un tavolo di contrattazione.
Il rapporto è sempre non inferiore a 3-4 sindacalisti per dirigente e nel privato non va molto meglio.

Ovviamente se ogni rappresentante dei lavoratori vuol portare acqua al proprio mulino, differenziando le proposte come sempre accade, la contrattazione è il mantenimento dello status quo e l’introduzione di norme estemporanee. Praticamente un frullato.

Sarebbe, dunque, ovvio che i rappresentanti dei lavoratori si presentassero in numero adeguato al dialogo, con proposte concertate tra loro precedentemente, prevedendo di consultare i lavoratori, prima e dopo, sia sul contratto sia su chi deve andare in rappresentanza.

Inoltre, oggi, un sindacato composto da 5-6 sigle, che rappresentano i lavoratori per ‘comparto’, dovrebbero tutelare si il più oscuro dei manovali sia il primo dei dirigenti. Sarà per questo che sono 20 e passa anni che ii contratti della Pubblica Amministrazione non vanno nè avanti nè indietro?

Demata (since 2007)