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Ciro Esposito, protomartire partenopeo mentre Roma tace

25 Giu

Ciro Esposito, il giovane tifoso del Napoli colpito da pistolettate a Roma prima della finale di Coppa Italia, è morto alle prime ore di questa mattina nel reparto di Rianimazione del Policlinico Gemelli, dove era ricoverato, dopo 50 giorni di ricovero.

Ciro è un ‘eroe’, morto per difendere donne e bambini di un altro autobus di tifosi, attaccati con bombe razzi e potenti petardi da un noto teppista romano – Daniele De Santis – e i suoi complici, che armati di pistola avevano teso un agguato nella speranza di scatenare scontri tra i partenopei e i fiorentini.

Ciro Esposito RIP

Ciro è un martire, che ha perso la vita per un unico motivo: era napoletano, era di Scampia. Ma perchè?

Innanzitutto, perchè la Questura /Prefettura di Roma aveva collocato il parcheggio dei bus campani a 1,5 chilometri dallo stadio proprio dove, solitamente, si incontrano ultras romani e il noto De Santis era titolare di un chiosco di ristoro, senza prevedere vigilanza e protezione per decine di migliaia di italiani (con famiglie e bambini al seguito) che si recavano festosi alla partita.

In secondo luogo, perchè la Regione Lazio non aveva previsto un sistema di soccorsi adeguato, nonostante vi fosse un afflusso pari a quello avvenuto per i Rolling Stones, e Ciro è arrivato in ospedale molto tempo dopo essere stato ferito.

Inoltre, a 50 giorni dai fatti le indagini vanno a rilento, di Daniele De Santis non si sa neanche se sia in carcere, sui suoi complici silenzio e mistero.

Infine,  è morto per le ferite subite, ma anche per le infezioni contratte ‘dopo’, in ospedale, a Roma, per cui sarà da comprendere se le sentenze riusciranno ad individuare un resposnsabile per il suo omicidio.

Ma Ciro Esposito è martire per un motivo su tutti: il disinteresse, fastidio e imbarazzo che Roma e i romani hanno dimostrato per la vicenda.

Partiamo dalla cronaca RAI della partita, esclusivamente focalizzata sui ‘napoletani’, sulla salva di mortaretti partita dalla curva, sulla ‘lite per fatti di droga’, su Genny ‘a carogna, mentre c’erano feriti e morti (come ahimè oggi possiamo constatare) e mentre tante famiglie a casa volevano notizie.

Passiamo alla Casta romana, che è riuscita solo ad arricciare il naso infastidita per la maglietta Speziale Libero esibita sugli spalti e per i fischi all’inno italiano, che – caso mai non se ne fossero accorti – sono prassi consolidata alle falde del Vesuvio e che meriterebbero più di un mea culpa da parte di Roma Capitale.

Arrivando al ‘Sistema’ – ogni regione ha il suo – che l’indomani riusciva a piantonare Ciro Esposito per rissa, ma non a denunciare chi aveva nascosto la pistola, negando all’inverosimile che i pullman partenopei fossero stati assaliti da un gruppo organizzato di romani, brancolando nel buio nonostante ci fossero facce (e cognomi) sotto lo striscione di ‘solidarietà per De Santis’, la domenica dopo allo stadio. D’altra parte, cosa aspettarsi da un ‘Sistema’ che per oltre 20 anni ha vessato e perseguitato Diego Armando Maradona, il calciatore più grande di tutti i tempi?

Dunque, Ciro Esposito è un martire e, come preciserebbero altrove, un martire del terrorismo.

Infatti, è terrorismo bello e buono che un gruppo ‘terzo’ di persone si associ per assalire una tifoseria allo scopo di scagliarsi contro l’altra al solo scopo di scatenare disordini e caos nel centro della Capitale. Fatti già accaduti a Roma, ma tra tifoserie avverse romaniste e laziali, che avevano coinvolto negli scontri interi quartieri, anche con assalti e incendi ai commissariati.
E, forse, Ciro è anche un martire del razzismo, se a Roma – come a Dallas negli Anni ’60 – si continuasse ad essere distratti verso chi  inneggia liberamente all’odio ‘etnico’ da anni e anni.

La famiglia di Ciro ha lanciato un appello alle istituzioni: Noi chiediamo alle istituzioni di fare la loro parte. Daniele De Santis non era solo. Vogliamo che vengano individuati e consegnati alla giustizia i suoi complici. Vogliamo che chi, nella gestione dell’ordine pubblico, ha sbagliato paghi. Innanzitutto il prefetto di Roma che non ha tutelato l’incolumità dei tifosi napoletani. Chiediamo al presidente del Consiglio di accertare le eventualità responsabilità politiche di quanto accaduto. Nessuno può restituirci Ciro ma in nome suo chiediamo giustizia e non vendetta”.

tshirt Giustiza per Ciro EspositoBisognerebbe far qualcosa, ma è difficile pensare che Roma, come don Abbondio, riesca a non essere puntualmente prona con i propri ‘coatti’, specie se Cinecittà è riuscita a trasformarli quasi in eroi angelici, mentre sono rozzi e brutali come quelli che nel cinema e nella tv – made in Rome – abitano sempre a Scampia …
Figuriamoci a mandare a casa politici, apparati sportivi e enti locali che in questi venti anni hanno ostacolato in ogni modo la ristrutturazione degli stadi e la privatizzazione delle gestioni, la collocazione dei reati da stadio tra quelli gravi per la sicurezza pubblica, la crescita dei vivai e della pratica sportiva giovanile.
Altrove sarebbe già allarme se per una partita una di calcio si debbano mobilitare interi battaglioni di forza pubblica … e già scandalo se per andare in Nazionale contassero più i gossip rosa o la volgarità piuttosto che le qualità sportive di impegno e sacrificio degli atleti.

Dunque, è anche difficile credere che, nel periodo medio-lungo, non lascino il segno l’ignavia con cui Roma – incluso il proprio sindaco ed il proprio vescovo – sta affrontando la vicenda di Ciro Espostito, senza sprecare almeno una lacrima, e l’arroganza con cui sta deludendo milioni di campani e di meridionali. A partire dalle Due Sicilie che le cui insegne si vedono sempre più di frequente e che hanno ancora un re legittimo, Felipe di Borbone, mentre ieri sera non erano in pochi a tifare per l’Uruguay contro l’Italia.

Sarà difficile vietare le magliette ‘Giustizia per Ciro Esposito’  …

leggi anche Rome, fanatic football fan shoots in the crowd. Hate crime against Neapolitans?

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Rome, fanatic football fan shoots in the crowd. Hate crime against Neapolitans? All the story

5 Mag

Last saturday in Rome, three Neapolitan football supporters were injuried by gun shoots, while they are going to the Olimpic Stadium of the Italian Capital for the final game of Coppa Italia, the National Soccer Cup).
For one of them, Ciro Esposito, the bullet hit the spine and he could not more walk. The shooter is Daniele “Gastone” De Santis, a 48 y.o. notorius leader of Roman supporters, frequently tried, but never convicted.

foto pubblicata da Osservatorio Antifascista del Golfo

Everything had started with the ‘bad idea’ to use of a parking lot – known as meeting place for Roman supporters and extreme Right skinheads – to park Neapolitan’s cars. Especially if the owner of the kiosk is Daniele “Gastone” De Santis, which in the past had helped to stop an important football game in Rome with heavy risks for people in the stadium.
And even more so if there – a parking lot with a thousand ways of escape for those who know the area – the City of Rome had not even sent a patrol to handle the traffic …
In the pictures published by Il Mattino, the most important newspaper of Naples, a group of Roman thugs assault a coach of Neapolitan fans: “They launched two bombs against the bus, we were afraid and asked for help to Ciro and other fans, so the clashes started”.

So the thugs escaped, but “Gastone” tumbled and, showy reached by the mob, pulled out a illegally detained gun, exploding 4 shots. One shot in the chest (and spine) of Cyrus, the other two injured other Neapolitans at limbs and with the last blow he struck himself in the leg.
Only after the shots, “Gastone” is reached from the crowd and severely beaten, as Donatella Baglivo – director and manager of the Ciak, the club which is part of the parking, and his first rescuer – testifies as a crowd was on him but she does not hear the shots and if they were a lot, as she says, namely that there was no intentional kill, since “Gastone” was beated and not lynched.

odio napoli

Db Roma 18/10/2013 – campionato di calcio serie A / Roma-Napoli nella foto: tifosi Roma © foto di Daniele Buffa/Image Sport

After this criminal action, through Neapolitans came to Rome for the game, anger, rage, tensions start to grow.

Limited clashes before to entry, but the behaviour of the Neapolitans in the stadium was nervously calm: they retire the flags and almost silent await official and ‘sure’ news of what happened … also because the media kept saying that it was not a clash of fans, but by common criminals, while people knew ‘in real-time’ that was not so … and while – as media explained later – the game could not start ‘however’ because teams buses had arrived late, for the chaos after the shooting, and the players were not yet ready.

During 40 long minutes, we saw on television lost looks of the highest offices of the Italian State – to present the final award – and a tattooed man that emerges from the – shocked, indignant, worried, resigned – Neapolitans crowd and speaks for her. His name? Better the nickname: he is Genny the carrion, leader of Neapolitan downtown supporters, son of a camorrist.
A rude man who – in ‘that’ situation – had the power to impose calm to the most angry fan groups, armed with strong firecrackers, rockets and occasional weapons.
And – by television – we have seen he tried to stop a first and powerful launch of firecrakers, smoke bombs and flares, when the police approached the stands, and he – at the second attempt and with the beloved captain of the football team, Marek Hamsik, at the head of a public officials team – lifts thumb (signal that the fan in the hospital was not life-threatening), and the game begins with a calmer mind for everyone.
At this point the ceremony involved the Italian anthem and, as happened at other times, massive boos rise from the Neapolitan stands.

Yesterday, we would have expected titles on media such as Rome out of control, the absence of the politics, citizens insecure, racism against Napoli, etc. Elsewhere, but not in Italy.

Few news on Daniele “Gastone” De Santis, the shooter. Still, someone should at least explain us his ‘career’, begun 20 years ago, when he was also accused of having been part of a supporters commando outside the Rigamonti stadium of Brescia. Especially if De Santis was acquitted for not having committed the crime and received a compensation of two million and 900 thousand lire.

fogna italia

Cries and outrage, however, if a commoner, rough and threatening, has the power to reassure the crowd while the top institutions are going to look astonished, and all the happy ending is entrusted to the wisdom of a prefect, Giuseppe Pecoraro, born in Palma Campania near Naples …

Institutions have not to talk with Camorra to have the permit to play the game, this the sense of ‘general indignation’, but in Olimpic Stadium – as anyone could see on last saturday night – there were just Neapolitans, as the Prefect, as Genny the carrion, as 3-40.000 worried supporters. Tv pictures have shown no negotiation, but a short  talk, as can be seen from the general relief that Neapolitan fans will the game goes on.

Hard to believe, but Cyrus and the two other slightly injured Neapolitans are under arrest, accused of fighting, and on the front page of yesterday news we can read on Secondigliano and the Neapolitan Camorra.
But not about Rome and its dangerous suburbs, Roman supporters and their usual devastations, shortcomings of the municipal police, the large amount of buildings and public spaces occupied / camped, the level of insecurity of citizens, a more proactive system of justice … until to the notorious Roman malpractice, if – as seems – the injuried had to wait more than one hour for the first aid.

Meanwhile, for the first time in Italy, a person was shot by only reason of being a Neapolitan. Proud to be Neapolitan.

Twenty years ago, arriving in Rome, I was sadly surprised by the words ‘I hate Naples’ that stood out in plain sight in front of a high school site in the district – leftist and Romanist – of Testaccio. Surprised because no one even dreamed of deleting that letter, and remained there for years, as were everywhere banned those anti-Semitic or xenophobic.
Racist graffiti that fomented hatred against Naples and Neapolitans, tolerated in the Italian capital – in its schools – for nearly twenty years, while, further north, the continuous mockery and denigration of the Neapolitans were regarded as ‘humour’.
It is not a coincidence that the worst thing that happened in Rome on Saturday, after the firings on the crowd and the blank stares of our institutions, were the offensive choruses that the Florentines fans have addressed the Neapolitans to provoke them.
One more time, as usual in our stadiums.

Even worse if politics and media will attempt to manage the ‘story’ as ‘kindly Neapolitan and not just Roman’.

It is not (only) a question of hooligans or of new (more sure) stadiums. Not just the beloved public contracts and the ‘heavy’ gains by brand merchandising.
Daniele “Gastone” De Santis – maybe – did not an ‘hate crime’, but to ignore the causes and the developing of this escalation could be an important vector for ‘hate’ and ‘crime’.

Maybe for some it is not clear what happened: after more than twenty years of racism towards the Neapolitans – conveyed by politicians and the media, but never sanctioned – it was inevitable that, sooner or later, a fanatic shoots in the crowd …

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Italia: slot machine si, calciobalilla no. Perchè?

17 Gen

Un barista di Mestre è stato multato di 1400 euro dallo Stato italiano per avere installato un calciobalilla gratuito al posto delle slot machine.

C0me siamo arrivati a questo?

Tutto ebbe inizio nel luglio del 1999 durante la storica Festa dell’Unità di Testaccio, quartiere romano quando gli organizzatori coinvolgono una società iberica Cirsa, uno dei leader mondiali del gioco d’azzardo.
E così accade che in tutta Italia cominciano a sparire balere di paese e cinema storici, come a Genova, dove chiudono il Dante e l’Augustus.

Dopo un po’ nasce Formula Bingo Servizi, che in pratica fornisce le sale pronte, chiavi in mano, ai futuri gestori, in cambio di 50 milioni di vecchie lire a sala, e che perviene rapidamente ad una posizione dominante, ottenendo la consulenza per 214 sale su 420 autorizzate. Con questa operazione “Formula Bingo” guadagna l’1.50% su ogni cartella venduta dalla sue 214 consociate.
Il deus e vicepresidente del cda di Formula Bingo – collegata a Codere, una multinazionale spagnola del gioco d’azzardo – era Luciano Consoli, più noto per le sue iniziative editoriali: prima ha finanziato La Voce di Indro Montanelli, poi ha partecipato all’avventura della Red Tv di D’Alema, nata nel 2008 e chiusa nel 2010. Per un periodo il Presidente di Formula Bingo è stato Vincenzo Scotti, noto big della Democrazia Cristiana, in auge fino a pochi anni fa, quando ricoprì l’incarico di sottosegretario agli Esteri nel governo Berlusconi.

Un’inchiesta di Report del 1º ottobre 2002, intitolata “Dietro al Bingo”, rivela alcuni retroscena e i coinvolgimenti politici. In particolare la stessa Gabanelli racconta che “imprenditori privati e multinazionali spagnole del gioco d’azzardo che hanno fiutato l’affare nel 1999 quando sotto il governo D’Alema il gioco della tombola diventa Bingo. Ma il decreto legge che lo rende operativo e che trasformerebbe in illegali tutte le tombole di quartiere nasce il 21 novembre 2000. Ministro delle Finanze Ottaviano del Turco, Ministro del tesoro Vincenzo Visco.”
E fu lo stesso Vincenzo Scotti, nella seduta del Senato del 3 aprile 2002, ad insistere per rendere abusive le tombole nei circoli e consentire l’introduzione di slot machine e videopoker.

La vicenda di Bingo.net porta invece a Maurizio Balocchi, oggi scomparso, che è stato sottosegretario all’Interno e, poi, per la Semplificazione Normativa con Berlusconi ed ex tesoriere della Lega Nord. Coinvolto nella vicenda di Credieuronord, la banca della Lega fallita e dove migliaia di militanti e cittadini persero interamente il proprio capitale, ed in quella del villaggi turistico Skipper, che si concluse con un risarcimento di 500.00 euro ad una banca carinziana. Nel 2012, il suo nome finisce nello scandalo dei fondi neri elargiti dalla Lega Nord alla famiglia del leader Umberto Bossi e dei suoi figli.

Pochi, poi, ricordano di uno scandalo delle sale bingo datato 2003, quello della Beta Immobiliare, che si occupa appunto degli interessi immobiliari, e la Alfa Finanziaria, per le quali – – “la grande maggioranza dei proprietari sono le federazioni del partito. Dalla visura della Camera di commercio risultano quelle di Ancona, Bari, Bologna, Brescia, Cesena, Crema, Fermo, Ferrara, Forlì, Genova, La Spezia, Livorno, Mantova, Milano, Modena, Napoli, Padova, Parma, Elba, Pisa, Prato, Reggio Emilia, Savona, Varese, Venezia. E ancora alcune federazioni regionali come quella del Molise. Le sezioni più piccole, come quella di Turriaco, partecipano con somme simboliche, 106 euro. Ma Genova ne sborsa 2866.” (da “Sottobosco” di Claudio Gatti e Ferruccio Sansa – Chiarelettere, Milano 2012)

LE SOLUZIONI

Iniziamo col dire che autorizzare la vendita di alcolici e superalcolici dove si gioca d’azzardo è come gettare benzina sul fuoco. Passi per le sale giochi, ma la possibilità che i bar possano ospitare slot machine – senza alcuna limitazione e in bella vista – è davvero un caso da rivedere.
Allo stesso modo è impensabile, se volessimo dare un qualche esempio ai giovani, che campioni dello sport pubblicizzino i poker on line – che rappresentano una forma di inazione fisica pressochè totale – e per questo non serve una legge: potrebbe pensarci autonomamente il CONI e/o le Federazioni.
Non divieti e proibizionismi, solo poche, chiare regole e tanta prevenzione.

Come buon esempio, a febbraio, è arrivato da Bruxelles il via libera alla legge del Brandenburgo per l’autorizzazione e l’esercizio delle sale giochi.

Un testo interessante che prevede un’autorizzazione supplementare per la costruzione e l’esercizio di una sala giochi di validità limitata a un massimo di 15 anni ed una distanza minima in linea d’aria tra sale giochi, ricevitorie del lotto e punti scommesse. Inoltre, l’aspetto esterno e le immediate vicinanze di una sala giochi non devono costituire pubblicità o altri incentivi (ad esempio nessuna visibilità dall’esterno) al gioco,  si prescrivono orari di chiusura e obblighi di informazione sui rischi di dipendenza per i giochi offerti sulla prevenzione e sulle possibilità di trattamento.

Si prescrive l’obbligo di sviluppare una concezione sociale volta a evitare le conseguenze sociali negative del gioco, e di nominare persone responsabili dell’attuazione di tale concezione. Si prescrive inoltre l’obbligo di addestrare, a spese dell’azienda, il personale di sorveglianza della sala giochi, al momento dell’inizio dell’attività e successivamente una volta l’anno, al riconoscimento precoce di comportamenti di gioco problematici e patologici. Si prescrivono la presenza continua di un addetto alla sorveglianza, responsabile del rispetto della legge, il divieto di gioco per il personale.

La legge branderburghese prevede anche il divieto di calcolare la retribuzione del personale in proporzione al fatturato e, riguardo le slot machine in particolare, sono specificate apposite disposizioni per esercizi di ristorazione e ricevitorie di scommesse.

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Gioco d’azzardo in Italia: tutta la storia

20 Dic

Secondo il dossier Azzardopoli di Libera, l’associazione di don Giovanni Ciotti, solo a Roma e provincia nel 2011 erano presenti 294 sale da gioco e più di 50.000 slot machine, che rappresentano almeno il 12% di tutte le slot machine esistenti in Italia.

Secondo una Ricerca nazionale sulle abitudini di gioco degli italiani del novembre 2011  – curata dall’Associazione “ Centro Sociale Papa Giovanni XXIII” tramite il Coordinamento Nazionale Gruppi per Giocatori d’Azzardo, in Italia sarebbero circa 700.000 i  giocatori adulti patologici, mentre oltre 1,7 milioni sono giocatori a rischio.
I giocatori patologici dichiarano di giocare oltre tre volte alla settimana, per più di tre ore alla settimana e di spendere ogni mese dai 600 euro in su, con i due terzi di costoro che addirittura
spendono oltre 1.200 euro al mese.
Considerati anche i giocatori patologici minorenni la Ricerca stima che vi siano circa 800 mila dipendenti da gioco d’azzardo all’interno di un’area di quasi due milioni di giocatori a rischio.

I GIOVANI

La diffusione del gioco tra i ragazzi in Italia cresceva, nel 2011, al ritmo del 13% l’anno.
Secondo il dottor Luca Bernardo, direttore del dipartimento di Pediatria dell’ospedale Fatebenefratelli di Milano, “il fenomeno dei baby-scommettitori e’ in crescita- spiega- Molti ragazzi tra i 12 e 17 anni giocano d’azzardo, spendendo circa 30-50 euro al mese in gratta e vinci, slot e poker online, eludendo quindi i divieti imposti ai minorenni” e non è raro che alcuni “finiscono per diventare giocatori accaniti e patologici”.
Se, come confermano i dati, i posti preferiti per giocare sono bar e tabaccherie (32%), parliamo ovviamente di ‘gratta e vinci’, che, nella sostanza, sono emessi dallo Stato, che dovrebbe almeno evitare in ogni modo possibile che vengano acquistati da minorenni.
Infatti, il format televisivo Crash (Rai3) ha provato a mandare in giro per Roma un minorenne (14 anni) che ha regolarmente potuto acquistare lotterie dal tabaccaio, dal giornalaio e persino nei punti gioco senza che mai un addetto le chiedesse la carta d’identità ad attestarne la maggiore età.

IL BUSINESS

Parliamo di un settore – quello dei ‘giochi’ – che crea il 4% del Pil nazionale con 76,1 miliardi di euro di fatturato legale, che pone al primo posto in Europa e al terzo posto tra i paesi che giocano di piu’ al mondo. Le scommesse calcistiche, pur essendo la punta di diamante dell’aggancio dello scommettitore, lucrano ‘solo’ 2,5 miliardi l’anno.
Il settore ‘giochi’ rappresentava il 9% dei consumi degli italiani e che “assorbiva, due anni fa, 120.000 addetti, praticamente quanti quelli del Gruppo Poste Italiane (144.000). Praticamente, il gioco d’azzardo si colloca tra le prime cinque entità produttive italiane, dopo FIAT ed ENI.
Da qui la preoccupazione che il suo ‘contenimento’ possa provocare l’esplodere di una bolla speculativa.

Le dieci maggiori aziende (e concessionarie di AAMS, ovvero operanti per conto dello Stato) sono Atlantis World, Cogetech, Snai, Lottomatica, Hbg Group, Cirsa, Codere, Sisal, Gmatica, Gamenet
La diffusione sul territorio è particolarmente capillare e non effettivamente nota: basti dire che i “Gratta e Vinci sono in vendita presso tabacchi, bar, bar tabacchi, edicole, Autogrill e tutti i rivenditori autorizzati che espongono il contrassegno distintivo”, come spiega Lottomatica sul proprio sito. Possiamo tener conto che esitono almeno 250 sale bingo (dati 2010), 350.000 slot machine, circa 58.000 tabaccherie, i punti per le scommesse sportive e/o ippiche autorizzati dovrebebro essere circa 10.000 e che, se a Roma ci sono 300 sale giochi, ve ne saranno almeno 3.000 nel resto del Paese.
E possiamo ricordare che “Lottomatica e Sisal hanno ampi capitoli di spesa per le pubbliche relazioni e sono in grado di alimentare un flusso continuo di pubblicità redazionale presso i più importanti quotidiani nazionali, spesso comprando e diffondendo interi inserti anche di 24 pagine” (fonte Libera).
Allo stesso modo, prendiamo atto che nel 2007 lo Stato ha erogato finanziamenti per 600.000 euro tramite i Ministeri della Salute e della Solidarietà sociale per progetti di prevenzione e riabilitazione dalla dipendenza dal gioco, mentre l’Agenzia dei Monopoli spendeva ben 23 milioni di euro per marketing e promozione.

Come anche, ricordiamo che 76 miliardi equivalgono al doppio del bilancio dell’Istruzione Pubblica e rasentano l’intero bilancio sanitario italiano e … che lo “Stato italiano si annette il 50% medio degli incassi del gioco di cui un 14% viene girato all’Erario. Sugli apparecchi automatici il 12,6% viene girato al Preu (Prelievo erariale unico), uno 0,8% all’Amministrazione autonoma Monopoli di Stato, più una percentuale al gestore di rete che cura i collegamenti online.” (fonte Libera 2012)

LE CONCESSIONARIE

“Vediamo quali sono le concessionarie. In prima fila Lottomatica e Snai, le uniche totalmente made in Italy. La prima è al 60 per cento della De Agostini Spa controllata a sua volta dalla B&D di Marco Drago e C, holding della storica famiglia Boroli. La Snai ha avuto un azionariato più diffuso e dopo gli ultimi cambiamenti di asset è controllata da due fondi di private equity che fanno capo uno alla famiglia Bonomi, l’altro a istituti bancari e assicurativi italiani. Sulla Snai c’è in corso un’Opa. Le altre otto, invece, presentano azionariati in parte o del tutto protetti da sedi estere. La Cogetech è di proprietà della Cogemat, Spa di proprietà al 71 per cento della OI Games 2 con sede a Lussemburgo. Gamenet è al 42 per cento (quota di maggioranza) della Tcp Eurinvest, sede Lussemburgo. Hbg è al 99 per cento di proprietà della lussembrughese Karal: solo l’1 per cento è di proprietà di un italiano, Antonio Porsia (che è anche l’ad), imprenditore definito dalla stampa finanziaria il nuovo numero uno delle sale da gioco. Il gruppo delle “lussemburghesi” è chiuso dalla Sisal, al 97 per cento della Sisal Holding finanziaria, Spa al 100 per cento della Gaming Invest, sede nel granducato.

Ci sono poi le società spagnole: Codere, al 100 per cento del gruppo Codere Internacional, e Cirsa di Cirsa international Gaming Corporation. Le altre due concessionarie sono G. Matica – al 95 per cento della Telcos, una srl con 126 mila euro di utile che è controllata per il 52 per cento dalla Almaviva Technologies (altra srl della famiglia Tripi) e per il 37 per cento della Interfines Ag, sede legale Zurigo – e Atlantis, oggi sostituita da B Plus Giocolegale limited, che ha la sede principale a Londra con 68 dipendenti e una “sede secondaria” a Roma.” (fonte La Repubblica)

INTERNET

Poi c’è internet, dove si parla di un introito di 8 miliardi per il poker cash e di 10 miliardi per i casinò games. Nel solo mese d settembre i siti di poker online hanno raccolto 533 milioni di euro.
Come già detto il settore delle scommesse calcistiche è “poco” lucrativo, ma i “grandi divi del pallone invitano, con i propri volti rassicuranti, a giocare a poker online e così la minaccia subdola vince con un richiamo nazional-popolare sfruttando il grande bacino d’utenza dei tifosi.”

Un settore che interessa a tanti,visto che  Intralot e I Mobile hanno già introdotto delle applicazioni per smartphone ed Oltremanica il commercio è sviluppatissimo. Tanti come, ad esempio, la Mondadori, che alla fine del 2011 ha predisposto l’online di Casinò Games, Casino Live, Poker cash e Bingo.
Business as usual, se negli USA Zynga poker che ha sviluppato un enorme patrimonio di 29,4 milioni di utenti ed un fatturato di un miliardo di dollari.

E c’è chi guarda al futuro, in USA o Germania, come  Cityville che ha 49 milioni di utenti impegnati a costruire il luogo dei loro sogni, consumando tempo e denaro. Farmville ne coltiva 31 milioni, Empires & Allies ha 18 milioni di utenti eccetera eccetera.

LE MAFIE

Poi, c’è il crimine organizzato, che dal gioco d’azzardo vede fonte di lucro, di riciclaggio e di potere territoriale.
“E sono tante, svariate e di vera fantasia criminale i modi e le tipologie per entrare a far parte del “gioco”. Infiltrazioni delle società di gestione di Sale Bingo, di punti scommesse, che si prestano in modo “legale” ad essere le “lavanderie” per riciclaggio di soldi sporchi.
Imposizione di noleggio di apparecchi di videogiochi, gestione di bische clandestine, toto nero e clandestino. Il grande mondo del calcio scommesse, un mercato che da solo vale oltre 2,5 miliardi di euro. La grande giostra intorno alle scommesse delle corse clandestine dei cavalli e del mondo dell’ippica. Sale giochi utilizzate per adescare le persone in difficoltà, bisognose di soldi, che diventano vittime dell’usura. Il racket delle slotmachine. E non ultimo quello dell’acquisto da parte dei clan dei biglietti vincenti di Lotto, Superenalotto, Gratta e vinci. I clan sono pronto infatti a comprare da normali giocatori i biglietti vincenti, pagando un sovrapprezzo che va dal cinque al dieci per cento”, così nel caso di sequestri patrimoniali l´accusa non ha prove per dimostrare l´illecita accumulazione di capitali.

Il blitz effettuato a Roma nel 2010 dimostrò che il “74% delle sale giochi controllate non era in regola con le norme di legge. Le vincite corrispondevano ad una precisa discrezionalità del gestore che aveva scollegata o ‘taroccata’ la slot machine”. A Milano, un solo clan mafioso tramite quattro società avevano collocato slot-machine e videopoker in 92 locali di Milano e provincia, per un totale di 347 macchinette con ricavi tra i 25mila e i 50mila euro al giorno, di cui una parte consistente sarebbe dovuta finire nelle casse erariali.

Lo scollegamento delle slot machine, secondo un funzionario dell’AAMS di Milano,  «produce alla società un lucro notevole, a fronte di rischi bassissimi, poiché si prevede una sanzione amministrativa di circa mille euro, irrisoria rispetto al guadagno prodotto da una macchinetta non collegata».

LE LEGGI

L’articolo 721 del Codice penale che statuisce: “Sono giochi d’azzardo quelli nei quali ricorre il fine di lucro e la vincita o la perdita è interamente aleatoria”.
L’articolo 718 prevede che “chiunque in un luogo pubblico o aperto al pubblico, o nei circoli privati di qualunque specie, tiene un gioco d’azzardo o lo agevola, è punito con l’arresto da tre mesi a un anno e con l’ammenda non inferiore a 206 euro”.

Come siamo arrivati a tutto questo?

Come ricorda Radio Radicale, “nel 1997 nascono il Lotto e Superenalotto e le Sale scommesse, poco dopo arrivano le sale Bingo. Il  2003 è l’anno delle Slot machine, nel 2005 vennero introdotte la terza giocata del Lotto e le scommesse Big Match. I giochi che “raggiungono l’utente” con sms telefonici e col digitale terrestre, e il gioco d’azzardo on-line vennero resi legali nel 2008. E poi ancora nuove lotterie ad estrazione istantanea ,del tipo gratta e vinci, nuovi giochi numerici a totalizzazione nazionale, come il Win for Life. Nel 2009 arrivano le VideoLottey , apparecchi simili alle slot machine ma con premi molto più alti e soprattutto con la possibilità di spendere molto più denaro.”

Se Romano Prodi e Walter Veltroni furono, nel 1997, i fautori di una riforma del gioco, autorizzando quello ‘di Stato’, fu il governo D’Alema a modificare la legge sulle scommesse e da quel momento fu il Comune a rilasciare una licenza sulla base di una denuncia di inizio attività: nel solo quartiere Prenestino di Roma, con il beneplacito circoscrizionale, aprirono ben 36 sale slot e punti di gioco, contando sul benefit di una semplice auto-certificazione.

Se i gratta e vinci introdotti dal Governo Prodi furono la breccia nelle mura e sono la prima ‘entry’ di aggancio del giocatore, non da meno fu il governo diretto da Berlusconi e non soloper le migliaia di autorizzazioni legiferate.
Infatti, il disastro vero e proprio è iniziato nel 2004, quando i Monopoli di Stato affidarono a dieci concessionarie la gestione delle slot machine con il bel risultato di ritrovarcele nei bar e tabaccherie.

I MONOPOLI DI STATO

Secondo la Ricerca di Libera, la cinghia di trasmissione della volontà statale è l’Aams, l’Amministrazione autonoma Monopoli di Stato. Al suo interno opera il Comitato generale per i giochi, collaborativo con il Ministero dell’Economia e della Finanza per gestione ed  organizzazione del comparto.
Il Ministro delle Finanze nomina i componenti di un comitato di cui è presidente e per cui può spendere l’ultima parola. Fanno parte dell’istituzione oltre al presidente un sottosegretario nominato dal Ministro stesso, il direttore generale dell’Aams, due esperti in materie giuridiche, Il presidente del Coni, il presidente dell’Unire (ora disciolto), ulteriori cinque delegati del dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, dell’Avvocatura generale dello Stato, del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali e del Ministero per le Politiche giovanili e le attività sportive.”

La definizione che l’Aams da di se stessa è quella di una “attività diretta alla regolazione e al controllo dell’intero comparto dei giochi, dopo averne acquisito, a partire dal 2002, le funzioni statali, e mantiene alcune delle tradizionali competenze sui prodotti derivanti dalla lavorazione del tabacco. La scelta di affidare direttamente allo Stato la gestione del comparto dei giochi e dei tabacchi trova la sua ragion d’essere nell’assicurare entrate erariali a un livello compatibile con la tutela degli altri interessi pubblici rilevanti: la tutela dei consumatori, in particolare dei minori, delle fasce deboli sensibili a fenomeni ludopatici, e il contrasto all’illegalità”.

Purtroppo, proprio la Direzione Nazionale Antimafia nel capitolo “Infiltrazioni della criminalità organizzata nel gioco (anche) lecito” muove dubbi sui criteri di scelta delle concessionarie, anche per “l’atteggiamento inerte dei Monopoli nei confronti di concessionarie di rete rimaste per lungo tempo inadempienti per molti degli obblighi assunti”.

Allorchè la Corte dei Conti contestò la mancata registrazione delle giocate e, quindi, l’elusione dal pagamento dei tributi, sottoponendosi al giudizio il vertice dei Monopoli ha ammesso “che le più recenti indagini della Guardia di Finanza hanno mostrato che le mafie, in conseguenza della crescente e rapida diffusione di centri scommessa del tutto legali sotto il profilo formale, intervengono in forma occulta o proponendosi come soci, investendo nel settore legale i proventi derivanti dal mercato nero”.
Non sarà un caso che la relazione annuale della Direzione Distrettuale Nazionale del 2010 evidenzi come “c’è da chiedersi come l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli abbia permesso che lo Stato italiano diventasse partner di gruppi così poco trasparenti ed abbia agito con grande superficialità e senza un approfondito esame dei soggetti che avevano presentato domanda”.

LA POLITICA

Tutto ebbe inizio nel luglio del 1999 durante la storica Festa dell’Unità di Testaccio, quartiere romano quando gli organizzatori coinvolgono una società iberica Cirsa, uno dei leader mondiali del gioco d’azzardo.
E così accade che in tutta Italia cominciano a sparire balere di paese e cinema storici, come a Genova, dove chiudono il Dante e l’Augustus.

Dopo un po’ nasce Formula Bingo Servizi, che in pratica fornisce le sale pronte, chiavi in mano, ai futuri gestori, in cambio di 50 milioni di vecchie lire a sala, e che perviene rapidamente ad una posizione dominante, ottenendo la consulenza per 214 sale su 420 autorizzate. Con questa operazione “Formula Bingo” guadagna l’1.50% su ogni cartella venduta dalla sue 214 consociate.
Il deus e vicepresidente del cda di Formula Bingo – collegata a Codere, una multinazionale spagnola del gioco d’azzardo – era Luciano Consoli, più noto per le sue iniziative editoriali: prima ha finanziato La Voce di Indro Montanelli, poi ha partecipato all’avventura della Red Tv di D’Alema, nata nel 2008 e chiusa nel 2010. Per un periodo il Presidente di Formula Bingo è stato Vincenzo Scotti, noto big della Democrazia Cristiana, in auge fino a pochi anni fa, quando ricoprì l’incarico di sottosegretario agli Esteri nel governo Berlusconi.

Un’inchiesta di Report del 1º ottobre 2002, intitolata “Dietro al Bingo”, rivela alcuni retroscena e i coinvolgimenti politici. In particolare la stessa Gabanelli racconta che “imprenditori privati e multinazionali spagnole del gioco d’azzardo che hanno fiutato l’affare nel 1999 quando sotto il governo D’Alema il gioco della tombola diventa Bingo. Ma il decreto legge che lo rende operativo e che trasformerebbe in illegali tutte le tombole di quartiere nasce il 21 novembre 2000. Ministro delle Finanze Ottaviano del Turco, Ministro del tesoro Vincenzo Visco.”
E fu lo stesso Vincenzo Scotti, nella seduta del Senato del 3 aprile 2002, ad insistere per rendere abusive le tombole nei circoli e consentire l’introduzione di slot machine e videopoker.

La vicenda di Bingo.net porta invece a Maurizio Balocchi, oggi scomparso, che è stato sottosegretario all’Interno e, poi, per la Semplificazione Normativa con Berlusconi ed ex tesoriere della Lega Nord. Coinvolto nella vicenda di Credieuronord, la banca della Lega fallita e dove migliaia di militanti e cittadini persero interamente il proprio capitale, ed in quella del villaggi turistico Skipper, che si concluse con un risarcimento di 500.00 euro ad una banca carinziana. Nel 2012, il suo nome finisce nello scandalo dei fondi neri elargiti dalla Lega Nord alla famiglia del leader Umberto Bossi e dei suoi figli.

Pochi, poi, ricordano di uno scandalo delle sale bingo datato 2003, quello della Beta Immobiliare, che si occupa appunto degli interessi immobiliari, e la Alfa Finanziaria, per le quali – – “la grande maggioranza dei proprietari sono le federazioni del partito. Dalla visura della Camera di commercio risultano quelle di Ancona, Bari, Bologna, Brescia, Cesena, Crema, Fermo, Ferrara, Forlì, Genova, La Spezia, Livorno, Mantova, Milano, Modena, Napoli, Padova, Parma, Elba, Pisa, Prato, Reggio Emilia, Savona, Varese, Venezia. E ancora alcune federazioni regionali come quella del Molise. Le sezioni più piccole, come quella di Turriaco, partecipano con somme simboliche, 106 euro. Ma Genova ne sborsa 2866.” (da “Sottobosco” di Claudio Gatti e Ferruccio Sansa – Chiarelettere, Milano 2012)

LE SOLUZIONI

Iniziamo col dire che autorizzare la vendita di alcolici e superalcolici dove si gioca d’azzardo è come gettare benzina sul fuoco. Passi per le sale giochi, ma la possibilità che i bar possano ospitare slot machine – senza alcuna limitazione e in bella vista – è davvero un caso da rivedere.
Allo stesso modo è impensabile, se volessimo dare un qualche esempio ai giovani, che campioni dello sport pubblicizzino i poker on line – che rappresentano una forma di inazione fisica pressochè totale – e per questo non serve una legge: potrebbe pensarci autonomamente il CONI e/o le Federazioni.
Non divieti e proibizionismi, solo poche, chiare regole e tanta prevenzione.

Come buon esempio, a febbraio, è arrivato da Bruxelles il via libera alla legge del Brandenburgo per l’autorizzazione e l’esercizio delle sale giochi.

Un testo interessante che prevede un’autorizzazione supplementare per la costruzione e l’esercizio di una sala giochi di validità limitata a un massimo di 15 anni ed una distanza minima in linea d’aria tra sale giochi, ricevitorie del lotto e punti scommesse. Inoltre, l’aspetto esterno e le immediate vicinanze di una sala giochi non devono costituire pubblicità o altri incentivi (ad esempio nessuna visibilità dall’esterno) al gioco,  si prescrivono orari di chiusura e obblighi di informazione sui rischi di dipendenza per i giochi offerti sulla prevenzione e sulle possibilità di trattamento.

Si prescrive l’obbligo di sviluppare una concezione sociale volta a evitare le conseguenze sociali negative del gioco, e di nominare persone responsabili dell’attuazione di tale concezione. Si prescrive inoltre l’obbligo di addestrare, a spese dell’azienda, il personale di sorveglianza della sala giochi, al momento dell’inizio dell’attività e successivamente una volta l’anno, al riconoscimento precoce di comportamenti di gioco problematici e patologici. Si prescrivono la presenza continua di un addetto alla sorveglianza, responsabile del rispetto della legge, il divieto di gioco per il personale.

La legge branderburghese prevede anche il divieto di calcolare la retribuzione del personale in proporzione al fatturato e, riguardo le slot machine in particolare, sono specificate apposite disposizioni per esercizi di ristorazione e ricevitorie di scommesse.

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Parma: bimba di pochi anni affidata a due cinquantenni

15 Nov

A Parma una bambina di pochi anni è stata affidata a due uomini cinquantenni, una coppia omosessuale, con l’apporto favorevole del Centro per le famiglie del Comune, del Polo socio-sanitario, degli psicologi dell’Asl, del giudice tutelare.

federico pizzarottiDa Scelta Civica all’ArciGay, passando per il noto Giovanardi, il dibattito imperversa, ma nessun commento arriva nè dal sindaco di Parma, Federico Pizzarotti del Movimento Cinque Stelle, nè dal presidente della Regione Vasco Errani e dall’assessore alla Sanità Carlo Lusenti. Eppure il Centro per le famiglie e la Asl che hanno eseguito la procedura amministrativa, inclusa la selezione dei potenziali affidatari, da loro dipendono.

Una decisione che lascia davvero molto perplessi e per motivi molto lontani dall’omofobia.

Innanzitutto, l’età degli affidatari (50 anni circa) e della bambina (4 anni circa) che appare davvero proibitiva anche nel caso si trattasse di un figlio partorito o, comunque, adottato. Non a caso, per l’adozione esistono leggi che fissano in ‘non più di quarantacinque anni l’età dell’adottando’.Dunque, la bambina, per decisione del giudice tutelare di Parma, è destinata a crescere con due ‘nonni’ anzichè, come la legge vuole, uno o due ‘genitori’ (single, sposati, conviventi eccetera). Ed è destinata a dover comunque cambiare famiglia prima o poi, se c’è speranza che venga adottata.

E questo pone in luce un’altra questione: la difficoltà e le spese esose che tante coppie sposate (e dunque tutelate dalle norme vigenti) devono affrontare per un’adozione o un affido. Possibile che non ce ne fosse una, con una decina di anni in meno dei due affidatari, in tutta l’Emilia Romagna. O, peggio, possibile che non di fosse un/una single (etero o omosessuale che sia), sempre di almeno una decina d’anni più giovane degli anziani affidatari?

foto da pianetadonna.it

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Qualcuno potrebbe osservare che i due ‘nonni’ sono più che benestanti e che garantirebbero un futuro a bimba e genitori. Dimenticando però che la legge vieta la tratta di esseri umani …

C’è poi la questione dell’omofobia al contrario. Prima o poi doveva accadere.

Due fratelli cinquantenni single e conviventi (con l’anziana madre magari) avrebbero avuto le stesse possibilità della coppia omosessuale parmense? E le avrebbe avute un iper-tatuato motociclista single dalla vita irreprensibile ed un’amante in ogni bar? Od una femme fatale che vivesse la sua libertà senza dar fastidio a nessuno?

No. Non avrebbero le stesse possibilità di una coppia omosessuale.
Come non l’avrebbe avuta una famiglia di immigrati e, forse ancora oggi, a Parma come altrove, di ‘veri terùn’.

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Lega Nord o Ku Klux Klan?

8 Ago

“Per Matteo Salvini il ministero dell’Integrazione guidato da Cecile Kyenge è “un ente inutile, costoso, una fabbrica dell’ipocrisia”. Il suo pensiero lo aveva già espresso anche in altre occasioni, ma ora la novità è condivide la sua posizione sul profilo Facebook per raccogliere il gradimento dei suoi amici di social network. Sul suo profilo il vice-segretario della Lega Nord lancia l’idea: secondo voi la Lega trova 500 mila cittadini pronti a firmare un referendum che abolisca questo ministero?” (fonte La Repubblica)

Cecile Kyenge smorza i toni e rilancia: “Sarebbe più utile utilizzare i soldi che si spenderebbero per un referendum per mettere, invece, in campo politiche e interventi per una integrazione che riguardi non solo i migranti ma tutti i cittadini.

Eppure, caro ministro, non sarebbero forse soldi sprecati. Anzi.
Un referendum ‘contro l’integrazione’ avrebbe sia il vantaggio di smuovere le assopite coscienze di tanti italiani sia l’utilità di far uscire allo scoperto chi, dopo i meridionali, vorrebbe dis-integrare anche gli stranieri ormai italianizzati.

padania contro immigrati

Scriveva il Financial Times, in occasione della scandalosa ‘battuta’ sugli oranghi dell’ex vice Presidente del Senato e padre del Porcellum, Roberto Calderoli, che “il resto dell’Europa non può dormire sugli allori. L’austerity è un terreno fertile per i populismi.

Il governo autoritario di Viktor Orbán in Ungheria è molto vicino ai fascisti antisemiti di Jobbik. In Grecia c’è l’estrema destra di Alba Dorata e in Finlandia ha i suoi “True Finns”. In Francia, il National Front è ormai attestato contro il centrodestra e il centrosinistra. Si sperava che London 2012 Olympics cementassero l’idea della Britannia come nazione aperta e, adesso, Mr Cameron ammassa voti con politiche che considerano gli immigrati scrocconi e succhia-welfare.

Quello che serve all’Italia è una rivoluzione. E potrebbe partire dalla defenestrazione – con pubblica umiliazione – di Mr. Calderoli.”

L’idea che si stanno facendo di noi in una vignetta dal FT

Per la Lega, dunque, i tempi sono maturi e deve decidere se diventare il Ku Klux Klan italiano od accettare l’opportunità politica di un centrodestra che ‘ancora’ la sostiene ed evolversi in un contesto politico multietnico.

RIcordiamo tutti che alla Festa di Pontida 2009, “il deputato ed europarlamentare della Lega Matteo Salvini si intrattiene con un gruppo di persone e dà il la a un ritornello: «Senti che puzza, scappano anche i cani. Sono arrivati i napoletani…». Il video che riprende la scena finisce su YouTube e la polemica politica si accende con esponenti del Pdl che invitano il leghista alle scuse e il Pd che ne chiede le dimissioni. … Che arrivano a fine giornata. Ma solo per una «singolare coincidenza», assicura Salvini. Scadeva proprio oggi, infatti, il termine per optare per il seggio all’Europarlamento.” (fonte La Stampa)

Dunque, la questione non è solo della brava Cecile Kyenge, ormai bersaglio continuo neanche si fosse sul set di Mississipi Burning, ma del popolo italiano tutto, se nel 2013 abbiamo ancora gente che ‘non affitta a meridionali’, arrivino da Roma o da a Capetown fa lo stesso.

E non resta che chiederci come sia possibile che Matteo Salvini sia candidabile (o eleggibile, vedano lor signori) in rappresentanza del popolo italiano, di cui ne fanno per larga e larghissima parte i meridionali e tutti coloro che abbiano ottenuto la nostra cittadinanza.

La Lega intende assicurarsi la palma di essere il neonato Ku Klux Klan d’Europa? E quanti ‘veri italiani’ accetterebbero un immigrato come genero o un ‘diverso/a’ come parente?

Che Maroni, Zaia e Cota facciano una scelta. La brava gente è stufa del razzismo bieco e delle battute da osteria.

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Senza informazione non c’è democrazia

13 Giu

Ripubblico, in stralcio, un articolo (link) di Alessandro Citarella, segretario provinciale per Napoli del Partito del Sud .

Gli stessi poteri che vogliono che il Sud rimanga una colonia interna cercano di ridurre lo spazio democratico ed eliminare la pluralità delle fonti d’informazione.”

“E’ particolarmente interessante notare che esiste un fondamentale accordo, anche se tacito, fra gli attuali e i recenti governanti neoliberisti di centrodestra e quelli precedenti della coalizione pseudo socialdemocratica di centrosinistra, sia nella trasformazione in senso negativo della prassi politica, sia nella sottomissione degli interessi della popolazione rispetto a quelli della Banca Centrale Europea.

La stessa entrata dell’Italia nell’Euro, eseguita con condizioni capestro e di sicuro svantaggio per i lavoratori e per i risparmiatori, è stata gestita proprio dalla coalizione di partiti della coalizione pseudo socialdemocratica di centrosinistra, la quale, almeno in linea teorica, dovrebbe essere più vicina alle classi più deboli.

In questo quadro di riferimento, si è potuto assistere alla trasformazione dell’uso degli organi d’informazione, sia televisivi sia in carta stampata, che sono diventati dei semplici strumenti di propaganda e di orientamento politico che mirano a catalizzare l’attenzione dei cittadini verso argomenti frivoli e secondari per distrarli totalmente dall’involuzione della democrazia e dall’assoggettamento ancora più marcato della politica economica nazionale nei confronti dei poteri forti europei e internazionali.”

I pochi organi di stampa e le televisioni non in linea con il potere fanno battaglie in salita, specialmente a causa della concorrenza sleale fatta da sovvenzioni pubbliche generosamente elargite ai vari personaggi del sottobosco politico corrotto e corruttore, e da un drogaggio dei “mercati dell’informazione”, dove cambiando troppo spesso burocrazia e i relativi costi si piega o si elimina la concorrenza di quei soggetti inclini all’autonomia e all’imparzialità.

“Non è un caso che l’Italia continua a scendere nelle classifiche mondiali relative alla corruzione e all’obiettività dell’informazione, ma è una precisa scelta di potere: portare il pubblico verso una rosa ristretta di testate televisive e giornalistiche fortemente orientate dalle proprietà verso un preciso quadro politico, distraendolo del tutto o in larga parte da scenari “socialmente pericolosi” per chi detiene il potere.

In un quadro di forte interferenza nel mondo dell’informazione, diventa semplice creare notizie su persone e organizzazioni puntualmente pubblicizzate in maniera scientifica in precisi momenti, anche nella forma dei famigerati “dossier” che sembrerebbero, a prima vista, ben documentati, dando vantaggi strategici apparenti a una delle parti politiche contrapposte.

In realtà il gioco delle parti, le finte opposizioni, i richiami a fantomatiche unità nazionali e a sensi di responsabilità servono solo a conservare il potere detenuto dai soliti noti, con l’obiettivo di emarginare e sopprimere quei movimenti realmente capaci di proporre cambiamenti alle regole del gioco e che vorrebbero restituire la decisionalità ai cittadini, togliendola a quel ristretto novero di “decisori” in cima alla piramide economico-finanziaria.

E’ questa la stessa piramide che nel nostro Paese è stata responsabile della creazione della colonia interna chiamata “meridione” attraverso l’annessione forzata al Piemonte dei territori del Regno delle Due Sicilie 151 anni fa.

Il massacro della popolazione e la spoliazione dei territori dell’ex Regno delle Due Sicilie hanno permesso che l’Italia “unita” seguisse un modello planetario dove ci sono un “nord” ricco e un “sud” colonia, cardine di un sistema di disuguaglianza dei diritti, dove l’uno non può essere uguale all’altro.

Insomma, “liberté, égalité, fraternité”, ma solo per chi appartiene al “club”.

“E’ necessario, pertanto, per un Partito che vuole difendere gli interessi delle popolazioni dell’ex Regno delle Due Sicilie, lottare a livello nazionale con forza contro i poteri che oggi cercano di ridurre lo spazio democratico ed eliminare la pluralità delle fonti d’informazione, perché questi sono gli stessi poteri che vogliono che il Sud rimanga una colonia interna.

La lotta politica per la difesa della democrazia e della pluralità dell’informazione è una lotta meridionalista a tutti gli effetti, che deve essere abbinata a quella per la verità storica, per l’uguaglianza dei diritti e delle opportunità.

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Le origini della corruzione in Italia secondo Francesco Nitti

28 Mag

Francesco Saverio Nitti (Melfi, 19 luglio 1868 – Roma, 20 febbraio 1953) è stato un economista internazionale, politico, saggista e antifascista italiano. Fu il primo Presidente del Consiglio proveniente dal Partito Radicale Storico e  più volte ministro.

Un meridionalista di famiglia liberal-socialista ed antiborbonica, che, 110 anni fa, delineava un quadro desolante e perverso del ‘sistema Italia’.

Uno scenario che si perpetua identicamente ancora oggi e che lascia aperta una serie di riflessioni.

Innanzitutto, come possiamo dar fiducia, almeno noi meridionali che viviamo al Sud od altrove, ad un governo i cui ministri rappresentavano, fino a pochi mesi fa, gli interessi degli ‘eredi’ dei saccheggiatori del Meridione e degli ‘speculatori storici’, ovvero la Compagnia di San Paolo, Unicredit, le ‘cooperative’ bianche e rosse, lo IOR ed i vecchi ‘latifondisti’. Resta da capire anche come riescano ancora a farlo il resto degli italiani, visto che la Crisi li ha costretti ad arroccarsi in una unica entità: l’attuale Governo Monti ed i partiti che lo sostengono, Unione Democratica di centro, Partito Democratico e, più timidamente, Popolo delle Libertà.

Inoltre, come non riconoscere nel sistema sprecone di overtaxing ed appalti pubblici sabaudo la matrice originaria del dissesto italiano, ampiamente confermata nell’inefficienza e nel carrierismo ‘storici’ dei suoi funzionari. Un sistema di opere pubbliche e di amministrazione pubblica elefantiaca, finalizzato, sotto i Savoia, al mantenimento di un’economia imperialistica e di ‘complesso industrial-militare’ ante litteram ed, oggi, necessario al trasferimento di risorse, centralità e know how verso gli stessi terminali di allora: Torino, Roma, Bologna.

Infine, come non ricordare che prima venne massacrato o deportato chiunque esitò nel ‘sentirsi italiano’, ad esempio inginocchiandosi al passaggio dei soldati sabaudi, poi vennero portate vie le terre demaniali e tanto, tantissimo, oro e poi ancora fu l’ora del trasferimento delle industrie e delle relazioni commerciali, dopo ancora si spostarono le ‘risorse umane’ … finchè, grazie a mafia, camorra e ndrangheta, venne realizzato il sistema d’oppressione perfetto: oggi si lucra sulla manifattura a basso costo, sull’agroalimentare mandato la macero, sull’immondizia da trasformare (altrove) in oro nero, sull’evasione fiscale ed il denaro sporco.

Dunque, Nicky Vendola e Tonino Di Pietro – come Massimo D’Alema, Francesca Scopelliti, Fabio Granata, Alessandra Mussolini, Luigi De Magistris  e tanti altri – dovrebbero dare una rapida scorsa agli scritti di Saverio Nitti, prima di promettere un futuro migliore agli elettori del Sud … e prima stendere programmi o di siglare alleanze.

Eccone alcuni stralci significativi, non solo per i meridionali d’Italia, ma per quelli di ‘qualunque Sud’.

“L’Italia, conquistatrice del mondo durante l’antichità romana, museo di tutte le arti del medio evo, mirabile nella civiltà moderna per i suoi sforzi di rinnovazione è, e rimane tuttavia, un paese molto povero: soprattutto essa soffre d’impécuniosité, deficienza di danaro, deficienza di capitali. (da La ricchezza dell’Italia, Napoli, 1904, p. 8)”

“Prima del 1860 non era quasi traccia di grande industria in tutta la penisola. La Lombardia, ora così fiera delle sue industrie, non avea quasi che l’agricoltura; il Piemonte era un paese agricolo e parsimonioso, almeno nelle abitudini dei suoi cittadini. L’Italia centrale, l’Italia meridionale e la Sicilia erano in condizioni di sviluppo economico assai modesto. Intere provincie, intere regioni eran quasi chiuse ad ogni civiltà.” (Nord e sud -1900)

Ora dunque l’Italia è naturalmente, nelle condizioni attuali della produzione, un paese povero. Si aggiunga che si deve lottare contro paesi nuovi, ove la terra non ha ipoteche, e non ha né meno la ipoteca del passato. Si deve lottare con paesi dove esistono territorii a unità di cultura grandi quanto più le grandi regioni d’Italia. Oramai nell’industria i popoli più progrediti hanno accumulato tesori d’energia. Hanno asservito forze naturali che parevano invincibili: hanno strappato dalle viscere della terra i tesori che vi erano accumulati. (da L’Italia all’alba del secolo XX – 1901, pp. 21-22)

Due cose sono oramai fuori di dubbio: la prima è che il regime unitario, il quale ha prodotto grandi benefizi, non li ha prodotti egualmente nel Nord e nel Sud d’Italia; la seconda è che lo sviluppo dell’Italia settentrionale non è dovuto solo alle sue forze, ma anche ai sacrifizi in grandissima misura sopportati dal Mezzogiorno.

Quando per la prima volta sollevai la questione del Nord e del Sud e cercai farla passare dal campo delle delle affermazioni vaghe, in quello della ricerca obbiettiva, non trovai che diffidenze. Molti degli stessi meridionali ritenevan pericolosa la discussione e non la desideravano. (da L’Italia all’alba del secolo XX  – 1901. p. 108)

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Eppure, Francesco Saverio Nitti era un repubblicano da ben tre generazioni, nonno carbonaro, padre mazziniano socialista, altri parenti esuli. Ma, proprio perchè acerrimo oppositore del Regno Borbonico per amor di patria, non potè rendersi indifferente dinanzi al saccheggio cui aveva assistito.

“Ora, ciò che noi abbiamo appreso dei Borboni non è sempre vero: e induce a grave errore attribuire ad essi colpe che non ebbero, ed è fiacchezza d’animo per noi tutti non riconoscere i lati manchevoli del nostro spirito e della nostra educazione, e voler attribuire ogni cosa a cause storiche.
É un grave torto credere che il movimento unitario sia partito dalla coscienza popolare: è stata la conseguenza dei bisogni nuovi delle classi medie più colte; ed è stato più che altro la conseguenza di una grande tradizione artistica e letteraria.

Bisogna leggere le istruzioni agli intendenti delle province, ai commissari demaniali, agli agenti del fìsco per sentire che la monarchia cercava basarsi sull’amore delle classi popolari. Fra il 1848 e il 1860 si cercò di economizzare su tutto, pure di non mettere nuove imposte: si evitavano principalmente le imposte sui consumi popolari. Il Re dava il buon esempio, riducendo la sua lista civile spontaneamente di oltre il 10 per cento; fatto questo non comune nella storia dei principi europei, in regime assoluto o in regime costituzionale. (da L’Italia all’alba del secolo XX – 1901, p. 110-111)

Pochi principi italiani fecero tra il ’30 e il ’48 il bene che egli (ndr. (Ferdinando II delle Due Sicilie) fece.
Mandò via dalla corte una turba infinita di parassiti e di intriganti: richiamò i generali migliori, anche di parte liberale, e licenziò gli inetti; ordinò le leve militari; fece costruire, primo in Italia, una strada ferrata, istituì il telegrafo, fece sorgere molte industrie, soprattutto quelle di rifornimento dell’esercito, che era numerosissimo; ridusse notevolmente la lista civile; mitigò le imposte più gravi.

Giovane, forte, scaltro, voleva fare da sé, ed era di una attività meravigliosa. Educato da preti e cattolicissimo egli stesso, osò, con grande ammirazione degli intelletti più liberi, resistere alle pretese del papato e abolire antichi usi, umilianti per la monarchia napoletana.  (da Scritti sulla questione meridionale: Volume 1, Laterza, Bari, 1958, p. 41)

Senza togliere nessuno dei grandi meriti che il Piemonte ebbe di fronte all’unità italiana, che è stata in grandissima parte opera sua, bisogna del pari riconoscere che senza l’unificazione dei varii Stati, il regno di Sardegna per lo abuso delle spese e per la povertà delle sue risorse era necessariamente condannato al fallimento. La depressione finanziaria, anteriore al 1848, aggravata fra il ’49 e il ’59 da un’enorme quantità di lavori pubblici improduttivi, avea determinata una situazione da cui non si poteva uscire se non in due modi: o con il fallimento, o confondendo le finanze piemontesi a quelle di altro stato più grande.  (Nord e sud -1900)

Nel 1800, la situazione del Regno delle Due Sicilie, di fronte agli altri Stati della penisola, era la seguente, data la sua ricchezza e il numero dei suoi abitanti. Le imposte erano inferiori a quelle degli altri Stati;

  1. I beni demaniali e i beni ecclesiastici rappresentavano una ricchezza enorme e, nel loro insieme, superavano i beni della stessa natura posseduti dagli altri Stati;
  2. Il debito pubblico, tenutissimo, era quattro volte inferiore a quello del Piemonte e di molto inferiore a quello della Toscana;
  3. Il numero degli impiegati, calcolando sulla base delle pensioni nel 1860, era di metà che in Toscana e di quasi metà che nel Regno di Sardegna;
  4. La quantità di moneta metallica circolante (ndr. in oro), ritirata più tardi dalla circolazione dello Stato, era in cifra assoluta due volte superiore a quella di tutti gli altri Stati della penisola uniti assieme. Il Mezzogiorno era dunque, nel 1860, un paese povero; ma avea accumulato molti risparmi, avea grandi beni collettivi, possedeva, tranne la educazione pubblica, tutti gli elementi per una trasformazione. (Nord e sud -1900, p. 113)

Bisogna ricordare che nel 1860 il Piemonte avea grandissima rete stradale; numerose ferrovie e canali e opere pubbliche di molta importanza. Queste cause, estranee in gran parte alla guerra, erano i veri agenti della depressione finanziaria. (Nord e sud -1900, p. 38)

Dei Borbone di Napoli si può dare qualunque giudizio … Non furono dissimili dalla gran parte dei prìncipi della penisola, compreso il Pontefice. Ma qualunque giudizio che si dia di essi non bisogna negare che i loro ordinamenti amministrativi erano spesso ottimi; che la loro finanza era buona, e in generale, onesta. ((Nord e sud -1900, pp. 30-31)

La mia famiglia è stata tra le più perseguitate, anzi tra le più tormentate dal passato regime … Poiché appartengo a una razza di perseguitati e non di persecutori, ho appunto perciò maggiore dovere della equità; e trovo che a quaranta anni di distanza cominciamo ad avere l’obbligo e il bisogno di giudicare senza preconcetti. Dei Borbone di Napoli si può dare qualunque giudizio … ma qualunque giudizio che si dia di essi non bisogna negare che i loro ordinamenti amministrativi erano spesso ottimi; che la loro finanza era buona, e in generale, onesta.

L’Italia nuova non ha avuto il suo Manhes; ma le persecuzioni sono state terribili, qualche volta crudeli. Ed è costata assai più perdite di uomini e di danaro la repressione del brigantaggio di quel che non sia costata qualcuna delle nostre infelici guerre dopo il 1860.

L’ordinamento finanziario del Regno di Sardegna fu esteso a tutto il resto d’Italia. Fu il [Pietro] Bastogi, che fra il 1861 e il 1862, compì l’opera di trasformazione. Con cinque disegni di leggi, che furono la base delle leggi successive, il Bastogi estese il sistema fiscale piemontese a tutti i vecchi Stati che erano entrati a far parte del nuovo regno.

Avvenne così, per effetto del nuovo ordinamento, che il regno delle Due Sicilie si trovò a un tratto, senza che nessuna trasformazione economica fosse in esso avvenuta, anzi perdendo quasi tutto il suo esercito e molte sue istituzioni, a passare dalla categoria dei paesi a imposte lievi, nella categoria dei paesi a imposte gravissime.  (Nord e sud -1900)

Il governo delle province, prefetti, intendenti di finanza, generali, ecc., è ancora adesso in grandissima parte nelle mani di funzionari del Nord. Non vi è nessun senso d’invidia in quanto diciamo. Ma vogliamo solo dire che se i governi fossero stati più onesti e non avessero voluto lavorare il Mezzogiorno, cioè corromperne ancor più le classi medie a scopi elettorali, molto si sarebbe potuto fare.

Le loro amministrazioni locali vanno, d’ordinario, male; i loro uomini politici non si occupano, nel maggior numero, che di partiti locali. Un trattato di commercio ha quasi sempre per essi meno importanza che non la permanenza di un delegato di pubblica sicurezza. (Nord e sud -1900)

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Sembra scritto oggi … specialmente se constatiamo che gli Stati europei fuori dall’Eurozona sono la maggior parte delle monarchie costituzionali (Gran Bretagna, Svezia, Danimarca, Norvegia) e che proprio nei regni d’Olanda e di Spagna si riscontra il maggiore euroscetticismo e non nelle ‘democratiche’ repubbliche di Francia, Germania e Italia.

Addirittura, a star dal ‘lato sud’ dell’Europa, ci sarebbe da iniziare a dubitare che la Crisi – almeno in termini di gravità estrema e di efficacia delle strategie in atto – sia effettivamente ‘generale’ e non riguardi, viceversa, solo le repubbliche capitaliste (e corrotte) d’Europa e le sue oligarchie, arricchitesi sulle spoglie di guerra di ‘qualche Sud’ o grazie al Piano Marshall e la Guerra Fredda che ne venne dopo. Non necessariamente i nostri Stati o le nostre imprese od i nostri lavoratori.

Qualcuno, negli Stati Uniti, racconta che il Capitalismo e l’Industrialesimo nacquero grazie alla spoliazione degli Stati del Sud (arretrati, malvagi e schiavisti …) e qualcosa di simile si racconta in Gran Bretagna, riguardo  l’avvento degli ‘sassoni’ Coburg e la scomparsa dei ‘normanni’  Hannover (pazzi, malvagi ed imperialisti …), ma questa è un’altra storia.
Se non fosse che somiglia moltissimo a quello che ha fatto la Germania con l’Europa dalla Riunificazione in poi: risucchiare verso nord benefit, mercati e risorse, confinare a sud degrado, criminalità e fallimenti.

Che, dunque, il Meridione – d’Italia e d’Europa – si doti di una forza rappresentativa delle sue istanze e, soprattutto, che garantisca i suoi interessi, pretendendo antimafia, defiscalizzazione, interventi strutturali e, perchè no, un modo diverso – sobrio, responsabile, solidale – di fare governance rispetto agli ultimi 150 anni.
Poco conta che sia un’anima comune nei diversi partiti oppure elemento di aggregazione di un neonato partito -, ‘liberale’, ‘sociale’ od ‘autonomista’ che sia – purché venga superata la frammentazione degli intenti e delle soluzioni, frutto avvelenato dell’Annessione e degli interessi privati degli allora funzionari sabaudi, come Nitti ricorda.

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La Lega e la democrazia interna

14 Gen

Il caso Maroni-Lega ripropone la questione inerente la democrazia interna dei partiti.

Infatti, mentre tra i Lumbàrd  continuano le proteste per il no all’arresto dell’on. Cosentino, il leader della Lega Nord, Umberto Bossi, “ha sospeso tutti gli incontri pubblici dell’ex ministro dell’Interno Roberto Maroni. Secondo l’agenzia Tmnews, la decisione è stata comunicata oggi al consiglio direttivo della Lega che si è riunito in Bellerio.” (fonte Repubblica)

Un caso gravissimo – parliamo del “numero due” del Partito e dell’ex-ministro degli interni – che va ad assommarsi alla recente lotta senza quartiere per l’elezione del nuovo segretario della Lega a Varese, dove la base elesse Marco Pinti e Bossi impose Maurilio Canton.

E non parliamo solo della Lega, ma anche del Popolo delle Libertà, allorchè Fini ed altri, prima di fuoriuscire e, peggio, essere espulsi, divennero una scomoda minoranza interna.

O, anche, dell’Italia dei Valori e la gestione autocratica del “dominus” Di Pietro, fortemente contestata da personaggi del calibro di Giulietto Chiesa e Paolo Flores D’Arcais.

Per finire al Partito Democratico, che, ricordiamolo, a Torino, Napoli e Bari ha visto i candidati “di partito” fortemente contestati, se non rifiutati, dalla base.

Se, in termini generali, l’urgenza di una legge elettorale “diversa” è impellente, ritornando alla Lega che sembra il caso più serio ed ormai palesemente manifesto, va ricordato che un partito che non garantisce la democrazia interna non può sedere in Parlamento e che sarebbe ora che qualcuno, nella Milano “capitale morale”, aprisse un’indagine.

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PD a San Giovanni: una manifestazione pacifica

6 Nov

A due settimane dalla guerriglia dei Blck Bloc, Piazza San Giovanni è tornata a riempirsi di gente, il popolo del PD, dimostrando che si può manifestare per ore anche senza sfilare in corteo, come il sindaco Alemanno aveva imposto.

Un primo ed evidente dato che dovrebbe convincere anche i non pochi politici del PD accorsi, 24 ore prima, in soccorso di 500 studenti romani, bloccati dalla polizia per un corteo non autorizzato.

Speriamo che questo sia l’inizio d una riflessione e di una moratoria generalizzata sulla necessità (in un mondo di 7 miliardi di persone, di manifestare la propria opinione senza turbare l’attività di quei cittadini che la pensano diversamente.
A prescindere da vandalismi e violenze, bloccare strade, treni, ambulanze, persone al lavoro non è più tollerabile: i danni per la società intera sono troppo elevati rispetto al “diritto” (presunto) di una limitata parte dei cittadini di sfilare nelle zone strategiche delle nostre metropoli per ore ed ore.

La Costituzione garantisce lo sciopero, la libertà di riunione, il diritto d’opinione, cose che non richiedono necessariamente sfilare in corteo, che dovrebbe rimanere un evento straordinario, rispetto ad un’ordinarietà fatta di incontri pubblici, di scambi d’opinioni, di resistenza eventualmente passiva (lo sciopero).

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