C’è un motivo per il quale l’Italia non riparte, non riesce a riprender quota, non offre speranze ai giovani ed a chi rimane indietro.
Sulle aziende italiane grava la mannaia di almeno 70 miliardi di Euro di crediti che la Pubblica Amministrazione non è in grado di saldare. (fonte Fatto Quotidiano)
La mente corre subito alle farmaceutiche per ospedali e sanità, alle cartiere per la burocrazia onnnipresente, agli autosaloni per i leasing delle auto blu. Ci sono anche loro, ma ancor di più, tante di più, sono le aziende medie e piccole.
Secondo i dati correnti, il 49% delle imprese che in Italia attendono pagamenti pubblici sono piccole e medie aziende. Un attesa che è computata su un tempo medio di 180 giorni e non i 60 di norma previsti.
Altri studi dimostrano che il “tempo medio di spesa”, ovvero il periodo che trascorre tra la registrazione di una norma di spesa e la sua rendicontazione a fattura saldata è nell’ordine di 2,5 anni, con punte, in alcuni settori, di 4-5 anni.
Tempi e progettualità che soffocano le imprese che non abbiano notevoli ricarichi e buona solidità bancaria.
Dunque, chi paga pegno sia dall’incertezza di tempi ed investimenti sia dalla scorrettezza, se non insolvenza, della P.A. è l’Italia che consolida il nostro PIL, dalla fabbrichetta di estintori all’importatore di cerotti, fino al manutentore di fotocopiatrici ed al gestore di una mensa.
Tutti imprenditori che producono reddito e creano lavoro, fermi al palo ed incerti sul futuro perchè il debitore, da anni e decenni, non sa fare governance e, soprattutto, non onora gli impegni.
Tutte imprese che non possono nè permettersi il lusso di attendere altro ancora, nè hanno crediti di un’entità per cui possa essere vantaggioso cederli, nè potrebbero accettare titoli di Stato in vece di contanti, senza cadere nelle fauci delle banche.
Il ministro Corrado Passera – l’uomo dei dissanguanti “salvataggi” di Olivetti e di Alitalia – annuncia che lo Stato farà onore solo al 10% del debito complessivo, ovvero 7,5 miliardi, paventando l’ipotesi che i crediti dei ministeri vengano saldati sotto forma di rimborsi e compensazioni di crediti d’imposta.
Se temevamo una recessione, adesso ve n’è la certezza.
L’unica incognita che resta è nel non poter prevedere quante aziende falliranno, quanti posti di lavoro in meno ci saranno, quante piccole banche o filiali resteranno, quanti siti sanitari troveremo in caso di bisogno.
Ed il rischio maggiore è che si tenti di isolare le problematiche in una sola parte del paese – come già sta accadendo al Sud – e di tentare di mantenere inflazione, consumi e consensi ad un livello accettabile nel resto del Paese.
La speranza degli italiani? Una sola: il Quirinale.
Questo non è il “governo del Presidente”.
Leggi anche Corrado Passera una biografia non autorizzata
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