Tag Archives: pil

La Patrimoniale come (inevitabilmente) sarà

12 Giu
Giorno memoria: le celebrazioni al Quirinale

ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Cosa è una Imposta Patrimoniale? Dipende … da cosa offre il Paese e da quale ‘rientro’ dal debito si vuole raggiungere.

C’è la Patrimoniale sulle aziende, cioè i Mini-Bot che trasferiscono per tot anni il debito pubblico sui fornitori ed a catena sulle Utilities e le Banche. Dunque, a parte l’Europa che esclude una doppia valuta, inizia ad essere chiaro a tutti che i Mini-Bot portano rischi e incognite molto seri per la Finanza globale italiana. 

C’è la Patrimoniale con prelievo retroattivo sui conti correnti bancari del 6 per mille e l’imposta straordinaria immobiliare (Isi) con un’aliquota del 3 per mille, quella del Governo Amato nel 1992.
Non servirebbe: rese “solo” 11.500 miliardi di lire …

E c’è la Patrimoniale con imposta pari al 10% del reddito al vaglio degli esperti nazionali, tenuto conto che “con un’aliquota del 10 per cento si garantirebbe un gettito di 974,3 miliardi e il rapporto debito/Pil calerebbe subito”, superando – si spera – la fase recessiva conclamatasi a dicembre scorso.

Una eventuale Patrimoniale giallo-verde che l’Osservatorio Conti pubblici italiani diretto da Carlo Cottarelli ha già bocciato, segnalando cosa potrebbe renderla inefficace.

Infatti, la base imponibile che verrebbe individuata sui conti correnti sarebbe di gran lunga inferiore a quella teorica, perchè “buona parte dei patrimoni elevati o sono già all’estero o sono detenuti da residenti tramite società estere” e perchè “riguarderebbe i patrimoni delle persone meno abbienti e meno istruite, che hanno solitamente più difficoltà a gestire i propri risparmi”.
Una imposta particolarmente iniqua, insomma, oltre che di dubbia efficacia.

Altra cosa sarebbe, se si guarda alla base imponibile includendo anche gli immobili, con una Patrimoniale che di fatto esenta tutto il mondo degli assegnatari di case popolari e si amplia alle proprietà terriere, in linea con il Fiscal Monitor del Fondo Monetario internazionale di quest’anno: in Italia la ricchezza potrebbe essere tassata attraverso una moderna imposta patrimoniale sulla prima casa” e “molti paesi hanno spazio per incrementare le proprie entrate in modo significativo tassando eredità, terre e proprietà immobiliari”.

Ma se il target governativo fosse quello di recuperare ‘solo’ i 3-400 miliardi necessari per riavvicinarsi al pareggio del Rapporto Debito-Pil, cosa possiamo aspettarci?

Tenuto conto che “la cura non può ammazzare il cavallo”, la domanda è se possiamo aspettarci una Imposta Patrimoniale da 300 miliardi di euro effettivi, cioè:

  1. 10-15% sulla liquidità, eventualmente modulando l’aliquota a seconda del valore complessivo e/o del reddito annuo dichiarato. Un risparmiatore che abbia accantonato 50.000 euro dovrebbe all’Erario comunque meno di 10.000 euro.
  2. 5-15% sugli immobili, tenendo conto di cosa sia “prima casa” e di cosa è “attività produttiva”. Il proprietario o l’erede di una abitazione di pregio del valore di 500.000 euro potrebbe aver bisogno di diverse decine di migliaia di euro per far fronte al Fisco. Allo stesso modo, sarà da capire cosa avverrà in termini di concentrazione delle attuali piccole proprietà rurali.

Probabilmente si, possiamo aspettarci una Patrimoniale del genere: oltre sarebbe insostenibile, al di sotto si renderebbe inefficace.

Demata

Napoli: come incrementare il PIL di mezzo miliardo in vent’anni

26 Ott

Napoli – partendo dallo Stadio San Paolo ed arrivando fino al Lago Fusaro, passando per Bagnoli, Pozzuoli, Baia, Bacoli e Cuma, estendendosi fino a Monte di Procida e Procida – ha ancora un territorio relativamente ‘intatto’ e di una bellezza spettacolare, chiamato Campi Flegrei.

Un territorio che aveva posto dei limiti al proprio sviluppo urbano sia grazie alla prima legge paesaggistica d’Italia sia a causa della presenza di due ‘ingombranti’ fabbriche  (Italsider e Eternit) e del ‘campus scolastico’ del fu Banco di Napoli, destinato a base militare NATO.

Campi Flegrei per siti di interesse

Un’area servita da tre linee di metropolitana, con un porto per traghetti come quello di Pozzuoli e due o tre porticcioli turistici (in prospettiva) a Bagnoli, Baia, Procida e fino ad Ischia, un vulcano visitabile come La Solfatara, uno stadio, un ippodromo e un palasport, spiagge, scogliere e ritrovi a go go., un’enclave di musicisti, artisti ed acculturati, che da sempre vive lì, in quella che negli Anni ’70 era la West Coast italiana.

Campi Flegrei Mappa5-800

Aggiungiamo un tot di laghi vulcanici dall’alone misterioso e tanti tanti reperti greci e romani, tra cui il mitico Antro della Sibilla Cumana e la misteriosa Grotta di Seiano od il Tempio semisommerso di Serapide e tant’altro ancora.

casina vanvitelliana fusaro

Più sedi universitarie, centri di ricerca, un ospedale generale e tante cliniche, l’area storica di Bagnoli con la sua archeologia industriale e le sue palazzine d’inizio Novecento, il Rione Terra di Pozzuoli, evacuato e mai recuperato, che affaccia direttamente sulla baia ed il porto.

Un territorio che nei decenni si è dimostrato meno afflitto degli altri da fenomeni criminali e che, in termini di ‘rifiuti nocivi’, ha ‘solo’ il problema dell’amianto dell’Eternit, per il quale c’è una sentenza di primo grado che condannava a 16 anni del magnate svizzero Stephan Schmidheiny e del barone belga Louis De Cartier, ex vertici della multinazionale, per disastro ambientale doloso e omissione volontaria di cautele antinfortunistiche. Sentenza finita però in prescrizione. Fattaccio su cui praticamente tutti i governi hanno glissato.

Bagnoli-2

Qualunque costo d’investimento sarebbe ampiamente ripagato dai ricavi nell’arco di decenni e secoli, grazie alla bellezza mozzafiato dei luoghi, alle già buone infrastrutture, alla possibilità – visto che vi si accede solo tramite Tangenziale e Via Domiziana – di creare un ‘quartiere europeo’ SAFE a Napoli per turisti e visitatori, di cui già Goethe segnalava l’esigenza.

Una chiave strategica, se si pensa che dallo sviluppo turistico di Bagnoli e dei Campi Flegrei ne verrebbe anche il decollo del turismo in tutta Napoli senza alterare ‘usi, costumi e territorialità’ di un’antica metropoli.

Politecnico Napoli

Las Vegas, creata dal nulla cinquant’anni fa, oggi vale un PIL di 100 miliardi di dollari per circa 600.000 abitanti.
Napoli, con gli investimenti e gli interventi normativi giusti, potrebbe generarne almeno il triplo entro vent’anni, senza tener conto dell’apporto che ne riceverebbero le attuali attività produttive locali.

La ripresa non può che ripartire da dove si è toccato il fondo.

campi flegrei baia arco felice

Las Vegas nacque grazie ad un establishment statunitense che volle ‘risolvere’ il problema Cosa Nostra – accettando l’esistenza di un’area ‘franca’ ben circoscritta – e da ‘famiglie’ e padrini stanchi di vedere la proprie mani lorde si sangue e i propri figli seppelliti prima del tempo per qualche faida o vendetta, dopo essere cresciuti nella violenza intrinseca di quelle piccole Kabul che sono le aree di spaccio o i ‘quartieri fortino’ dei boss.

Las Vegas esiste anche e soprattutto perchè nel 1946, Bugsy Siegel – emissario di Cosa Nostra – aprì il famoso primo hotel casinò di Las Vegas, il Flamingo Hotel, con un progetto di urbanizzazione che fu inizialmente preventivato a 1’500’000 di dollari dell’epoca, ma alla fine arrivò a costare sei milioni. L’opportunità di investire in modo legale enormi risorse ormai ‘pulite’ da anni e anni di reinvestimenti legali tramite società come tante altre sarebbe imperdibile ed imperdonabile.

sant'angelo ischia

Mentre gli USA hanno sempre mostrato una certa pragmatica lungimiranza, in Italia accade, ad anni di distanza dalla partenza dell’ultimo contingente di militari, che la base NATO di Bagnoli – che ha un valore immobiliare quasi inestimabile – sia lì, ferma, in  attesa di Godot o, meglio, del sindaco De Magistris e del governatore De Luca.

Tutto qui: nessuno (per ora) si lagna di un enorme impianto con edifici, campi sportivi e aree verdi da un anno non ‘rende’ più i cinque milioni di euro che la NATO versava per l’affitto, come aggravia notevolmente le casse del Comune di Napoli senza portare le (decine di?) migliaia di posti di lavoro nè i ricavi che deriverebbero da un piano complessivo per i Campi Flegrei.

Ne abbiamo già un esempio nell’ipotesi di Parco urbano della Mostra d’Oltremare, per altro ‘adiacente’ all’ex base NATO, i cui costi di manutenimento andranno a cadere tutti sul ‘pubblico’, mentre finalizzarlo a primo nucleo di ‘area turistica SAFE’ sarebbe stato un presupposto essenziale per portare ricchezza e lavoro a Napoli.

Mostra-Oltremare

Il problema non è la Camorra, non semplicemente: la questione è – evidentemente – nella mentalità di coloro che hanno scelto di restare piuttosto che emigrare. Infatti, non si comprende come sia possibile che dagli architetti, dagli ingegneri e dagli economisti partenopei non si levi un coro unanime per uno sviluppo urbanistico che tenga conto di come la democratica Parigi, la beneamata Barcellona e persino la piccola Firenze abbiano deciso di trasformare in un’enorme area cultural-intrattenente i propri gioielli metropolitani.

Dunque, Napoli attende e può attendere l’Italia che avrebbe davvero bisogno di un ‘crocevia mondiale dell’intrattenimento’ e del conseguente PIL napoletano incrementato di diverse centinaia di miliardi di euro, senza tener conto delle minori spese per welfare e della minore aggressività e diffusione dei fenomeni criminali.

Senza ingenti e lucrativi investimenti privati e senza la ripresa di almeno una parte del Meridione ci vorranno almeno due o tre generazioni solo per ripianare l’enorme debito che affligge lo Stato italiano. Ammesso che ci si riesca: 1.000 miliardi di euro son tanti davvero, se il Paese è incravattato dalla pressione fiscale, dall’irresolutezza della politica e dalla stagnazione strisciante.

E quel che succede nella Napoli di Luigi De Magistris e nella Campania di De Luca (o meglio NON succede), con immobili e territori di pregio che andrebbero messi a ricavo e non ad ammortamento, rende esemplarmente la prospettiva economica generale dell’Italia e perchè tutte le agenzie mondiali indicano nella politica e nella pubblica amministrazione la causa letale del nostro rapido declino.

originale postato su demata

Fallimento Renzi: rating al ribasso, troppo fisco, troppi tagli, troppe spese

22 Ott

Halloween si avvicina, l’elezione del nuovo Presidente USA pure ed anche il Dia del Los Muertos sarà festeggiato a breve. Intanto, il 30 ottobre – il giorno dei conti da portare in UE – è alle porte. A seguire il 2017 con le sue centinaia di miliardi in BOT e BTP da saldare e ricollocare.

E non dobbiamo meravigliarci se l’agenzia di rating Fitch ha benevolmente confermato la sua valutazione del debito italiano ‘BBB+’, seppur rivedendo al ribasso l’outlook da ‘stabile’ a negativo: non ci siamo ritrovati in ‘C+’ – cioè in stato di dichiarato fallimento – solo grazie ad Obama che appoggia Matteo Renzi e lancia indagini su Moody’s, sperando che vinca Hillary e che arrivi qualche ‘aiutino’ proprio mentre stiamo contrattando BTP e BOT di cui sopra … sennò – poco male – si fa una ‘bella’ patrimoniale agostana …

A condizionare la revisione – comunque e doverosamente – al ribasso, sono le bugie / gli errori del Governo Renzi e l’incapacita a riformare la struttura amministrativa e finanziaria dello Stato italiano, con un calo del Pil nel 2016, che crescerà solo dello 0,8% con il debito pubblico, che aumenterà fino /oltre il 133,3% nel 2017.

Inoltre, il Belpaese è arrivato al 64,8% di prelievo fiscale annuale sul profitto delle imprese (contro una media europea del 40,6%) e queste perdono ben 269 ore all’anno per adempimenti fiscali, a fronte di una media europea di 173 ore e mondiale di 261 ore.

Se di tasse e di prebende si finisce male, questo accade anche perchè, di taglio in taglio, l’Inps annuncia che le pensioni liquidate nei primi 9 mesi sono scese del 26,5% rispetto allo stesso periodo del 2015 e lo stesso presidente Boeri contesta il ministro del Lavoro Poletti sulla “scelta politica di aiutare bassi redditi” e le persone che “sono già in pensione”.
Intanto, la Sanità è talmente agli sgoccioli da dover introdurre di fretta e furia un incremento dell’accisa tabacchi per poter almeno pagare i vaccini, la copertura per le malattie rare e i sussidi agli invalidi gravissimi … dato che i denari stanziati servivano per nuove assunzioni senza però pensionare medici iper-retribuiti che si sono laureati quando farmacologia, genetica, gestione clinica e diagnostica erano all’Età della Pietra rispetto ad oggi.

Il tutto con Equitalia che è stata ‘soppressa’ annunciando miliardi di economie (ma come non era lucrativa? ma come le cartelle non erano gonfiate?), ma subito ci affrettiamo a garantire posto e lauto stipendio agli oltre settemila che resterebbero senza lavoro. Ma … anche ci ritroviamo le scuole ed i musei come al solito a combattere con i posti vacanti.
E, con tutte le riforme istituzionali fatte, non ce ne è una che permetta allo Stato di commissariare per un po’ di anni Roma Capitale e/o qualche Regione dissestata …

Queste sono le capacità espresse da Matteo Renzi e dal suo Governo. Il pasticcio dell’Italicum e i copia-taglia-incolla della Riforma Costituzionale da referendare sono solo la punta dell’iceberg.

Chi li stesse appoggiando – per tornaconto personale o per una speranza mal riposta – farebbe bene a rivolgere altrove il proprio opportunismo od i propri ideali ‘as soon as possible’.

Demata

Borse giù: gli errori e le prospettive

9 Feb

Ormai è chiaro a tutti: il parlamento dei quarantenni – dal 2013 ad oggi – non è riuscito a portarci fuori dalla Crisi. Anzi, potrebbe averla aggravata.

Padoan, ministro dell’Economia e, soprattutto, delle Finanze, cerca di rassicurare mercati, famiglie ed investiri con il solito “quest’anno il debito calerà” … peccato che lo sentiamo dire dal giorno stesso dell’Unificazione italiana.

E se il debito cresce ogni anno, ormai sappiamo tutti che il problema sono quel 37% di spesa pubblica per rendite pensionistiche dei lavoratori che di norma non fanno bilancio pubblico e che anche questa legislatura non ha cessato decine di migliaia di aziende ed enti pubblici del tutto inutili od in folle perdita da decenni.

Dunque, i mercati e gli stati esteri sono vivamente preoccupati dall’estate scorsa nel constatare che è il 2016 e nulla si è fatto in Italia per riequilibrare il bilancio pubblico, mentre ripresa e crescita mondiale ritornano in stato comatoso.
Allo stesso modo, sono seri i dubbi che il già iniquo, sprecone e costoso Welfare italiano possa sostenere l’impatto (e la spesa) di milioni di nuovi arrivi.

Ma, per ridurci in queste condizioni, sono stati necessari alcuni gravi errori governativi nel settore finanziario:

  1. il crack di Banca delle Marche, Popolare dell’Etruria e del Lazio, Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio di Chieti è stato scaricato sul sistema bancario per quasi 4 miliardi di euro, di cui due erogati dal Fondo di risoluzione  e altri 2 miliardi arrivano da una linea di credito attivata da Intesa Sanpaolo, Unicredit e Ubi, nella speranza di riuscire a recuperare negli anni successivi almeno una parte dei fondi erogati attraverso la vendita delle aziende risanate o di parte dei loro asset.
    E, con un salasso del genere, tutto questo si traduce in minore disponibilità finanziaria per le aziende produttive che avranno bisogno di un fido e … per le politiche sociali e di crescita dal governo.
  2. negli stessi giorni, il Fondo strategico italiano (Cassa depositi e prestiti) rileva da ENI  il 12,5% del capitale di Saipem e sottoscrive l’aumento di capitale da 3,5 miliardi di euro, nell’ambito del nuovo piano strategico della società. Poi, salta fuori che Saipem attingerà dal sistema bancario finanziamenti per 4,7 miliardi di euro, di cui 3,2 miliardi serviranno a rimborsare i crediti residui verso Eni e che l’interruzione del progetto South Stream  ha comportato per Saipem un ‘danno’ corrispettivo di oltre 750 milioni.
    Intanto, con l’entrata di FSI (Cassa depositi e prestiti) e l’annuncio di aumento di capitale le azioni erano state collocate a 7 euro ed oggi valgono la decima parte se non meno.
  3. e più o meno contemporaneamente, Consob poneva paletti alla privatizzazione di Poste Italiane, che – con Enav e tant’altre ‘imprese pubbliche’ tra cui Inps e FS – attende la quotazione in borsa da anni ed anni.
  4. un paio di mesi dopo, Renzi annunciava che la diga di Mosul «è seriamente danneggiata e se crollasse Baghdad sarebbe distrutta. L’appalto è stato vinto da un’azienda italiana».
    Anche in questo caso il popolo dei risparmiatori /azionisti investiva sul titolo e le azioni di Trevi Group schizzavano da 1,075 € del 15 dicembre a 1,82 € del 30 dicembre; oggi sono intorno a 1,2 € pur avendo vinto la maxi commessa da 2 miliardi dollari.
  5. sempre sul finire del 2015, ENI presentava al Senato il piano di ENI riguardo lo sfruttamento dell’enorme  giacimento di gas scoperto alla fine di agosto di fronte alle coste egiziane. Grande entusiasmo finanziario e politico, siamo contenti per ENI, ma è ancora da capire quanto di quel gas arriverà davvero in Italia e in Europa visto che l’Egitto è un paese assetato di energia, senza parlare di contese territoriali (il giacimento è ‘quasi’ off shore) e di scombussolamenti politici in Egitto o (come nel presente) di crisi diplomatiche con l’Italia.

Intanto, quali siano i risultati di questa legislatura sono tutti in un grafico.

1_livelloPIL

L’Italia è ritornata ai livelli del 2000 ed è dal 2012 che non si vede ripresa del PIL, solo una frenata nella caduta. Intanto, rispetto al 2000 c’è l’euro anzichè la liretta ‘fai da te’, l’11 settembre neanche ptevamo immaginarcelo, c’è il 15% in più di pensionati e l’età media degli occupati in alcuni settori supera ormai i 50 anni.

Intanto, l’agenda politica è focalizzata sulla riforma del Senato, sulle nozze gay e sulle improponibili candidature di tanti aspiranti sindaco, mentre abbiamo bruciato non si sa quante risorse, che potevano andare a risanare bilanci pubblici anzichè privati.

E, se sei mesi fa l’agenzia internazionale Fitch confermava il rating dell’Italia a BBB+, avvertiva anche che “l’Italia altamente esposta a potenziali shock avversi” per il debito, per il rapporto deficit /Pil, per la “meno ambiziosa” riforma della spesa pubblica, per la solvibilità garantita solo grazie ai risparmi delle famiglie e ad “un sistema delle pensioni sostenibile” (sic !).

Come anche son quasi 3 anni che il secondo partito, i Cinque Stelle, non spinge per le riforme che servono e che languono nelle Commissioni, mentre Renzi riconferma l’antica regola (violata dal PSI di Bettino Craxi) che non si governa bene o affatto, se si è nella doppia veste di premier e segretario di partito.

Dunque, non sono le amministrative o il referendum costituzionale nè l’esigente Europa quello che deve preoccupare Renzi, il suo partito e la sua generazione: i prossimi bollettini di rating arriveranno prima delle elezioni.

Servirebbe che il governo mettesse in calendario le norme su pensioni e privatizzazioni che attendono nelle varie commissioni e che – emendate al meglio – fossero sostenute anche dalle opposizioni. La Grecia con i suoi quarantenni ‘soli al governo’ è finita con un indebitamento maggiore e condizioni peggiori: questo dovrebbe insegnarci qualcosa.

Demata

Cosa si aspetta davvero da noi l’Europa?

5 Feb

Se l’Europa «festeggia» il suo quarto anno fuori dalla crisi, per l’Italia è il sesto anno che la Crisi incombe su tanti.

La nostra crescita è tornata con il segno più solo nel 2015 (+0,8%), l’ inflazione ancora sull’orlo della recessione con un +0,1% del 2015, Intanto, il PIL medio della UE vede un +1,9% quest’anno e +2,1% l’anno prossimo, mentre il nostro raggiungerà un misero +1,4% tra quest’anno (+1,4%) e il prossimo anno.

Una ripresa ‘annunciata, ma non pervenuta’ che ha dato qualche segno positivo solo grazie alla disponibilità delle famiglie ad incrementare i consumi dopo il calo dei tassi d’interesse e del prezzo del petrolio, oltre ad un punticino di minore pressione fiscale.
Se lo o,5 a molti può sembrare poco, ricordiamo che in 4 anni – parlando di soldi e di imprese – lo stacco progressivo dagli altri paesi UE in crescita potrebbe risultare anche al 10% …

Non potrebbe essere altrimenti, se la spesa pubblica è aumentata dell’1% nel 2015 – nonostante i pesanti tagli e oneri che subiamo – e aumenterà di tanto anche nel 2016.
Risultato? Il deficit è stimato in crescita all’1,5% così come il debito pubblico al 132,4%.

E le cose non andranno meglio se il commissario Ue agli Affari economici, Pierre Moscovici, sull’economia dell’Eurozona avvisa che «a livello mondiale dobbiamo constatare che le prospettive di crescita si sono deteriorate, in particolare in Russia, Brasile e Cina, dove vediamo un rallentamento progressivo e controllato» e Marco Buti, direttore generale della Direzione Affari economici della Commissione Ue sottolinea che «l’arrivo di un numero senza precedenti di migranti» nel territorio dell’Ue ha prodotto un «sorprendente rialzo» della spesa pubblica.

Dunque, abbiamo perso il treno della ripresa. E’ un fatto.
Ma perchè?

Certamente una classe politica, burocratica e mediatica di ‘letterati’ anzichè di ‘tecnici’ non è di grande aiuto per uscire da una crisi rapidamente, come non ci aiuta che gran parte della popolazione non abbia conseguito gli studi superiori e peggio ne viene la nostra mentalità che ci impone di ‘sempre tollerare e mai esigere’ da queste persone.
Sarà per questo che i cervelli solitamente scappano all’estero o comunque non vengono non vincono i concorsi nè vengono candidati o eletti.

Ma il vero guaio sta altrove: pensioni (37,85%), sanità (13,39%), pubblico impiego (13,66%) che superano il 55% della spesa totale equivalente ad oltre il 70% del PIL annuo.

Spese che rappresentano una seria anomalia in un bilancio statale:

  1. le spese di Amministrazione Generale (pubblico impiego) sono del tutto eccessive, se consideriamo che costa più dell’Istruzione (7,61%) e la Difesa (2,42%) messe insieme. O si taglia l’amministrazione oppure è evidente che sottofinanziamo scuole e sicurezza, come le cronache confermerebbero;
  2. le pensioni che vertono direttamente sul bilancio statale – per norma internazionale e generale – dovrebbero essere solo quelle ‘sociali’ o ‘per salute‘, mentre quelle che derivano da contribuzione da lavoro sono da affidarsi a public companies o privati in regime di concorrenza, come l’Europa avrebbe sentenziato per l’Italia e l’Inps da molto tempo ormai. A parte c’è un sottostima dell’effettivo invecchiamento dei lavoratori – cioè flessibilità – nella previsione delle riforme Amato-Dini e l’errore di rivalutazione in euro per le pensioni più alte,ma … un istituto privato non avrebbe mai potuto arrivare ad una tale distorsione
  3. anche per la sanità vige la stessa norma internazionale … fu per questo che Romano Prodi cercò di ‘trasformare’ i nostri policlinici e le nostre USL in aziende ‘private’. Sappiamo anche come è finita … ma pochi sanno che il prelievo del 9,9% dal reddito costa ad ognuno molto di più (ben 220 euro mensili per chi guadagna la miseria di 25mila lordi)  di quanto spenderebbe in USA per una assicurazione salute-vita.

In parole povere, se collocassimo le pensioni e la sanità nelle ‘caselle giuste’, come per miracolo il nostro debito scenderebbe dal 132% in incremeno a circa il 95% in decremento, i nostri Titoli di Stato andrebbero a ruba, tutte le banche ritornerebbero in salute, la Giustizia troverebbe il metodo per rendere i processi brevi e la legge certa e prevedibile, ci sarebbero i soldi per creare lavoro e consumi finanziando istruzione, sicurezza, difesa, ambiente e welfare …

Ah già, dimenticavo, allo stato attuale spendiamo l’1,34% per la Cultura e i servizi ricreativi, lo lo 0,9% all’Ambiente, 0,65% per lo Smaltimento rifiuti e 0,15% per le Telecomunicazioni (nel 1996 la spesa era dello 0,55%) … per questo intere cittadine sono senz’acqua, abbiamo munnezz e degrado ovunque, ogni tanto frana qualcosa, i giovani hanno solo le movide per incontrarsi e su internet la presenza istituzionale è risibile.

Come salvare l’Italia, visto che dopo quattro anni di ripresa altrui, «a livello mondiale dobbiamo constatare che le prospettive di crescita si sono deteriorate» e tra poco arriva qualche de-rating disastroso?

Rifomando le pensioni e la sanità in modo da poter, poi, riformare il comparto assicurativo e liberare il bilancio pubblico da spese improprie.

Mettere i conti a posto – iniziando almeno ad iscrivere le somme nelle ‘caselle giuste’ – questo è quello che l’Unione Europea si attende da noi dal 2010, mica il salvataggio delle banche e delle caste che Mario Monti e parte del PD stanno attuando in nome dell’Europa.

Ed era il 1999 quando Marco Pannella con i Radicali propose i referendum su sanità, sostituto d’imposta e pensioni”, dato che la misura era già colma allora.
Ovviamente i referendum furono boicottati dalla partitocrazia mediatica e non raggiunsero i quorum.

Quella fu la prima occasione di cambiare l’Italia con un voto per gli attuali quarantenni. Chissà se se lo ricordano oppure dovranno ricordaglielo i mercati tra qualche mese?

Demata

 

Senato: la minoranza promette battaglia … agli italiani

1 Ott

Oggi, su La7, Cesare Damiano ha chiarito che “non credo che una situazione di tal genere possa essere recuperata con i palliativi”; “dipende molto da quello che offre l’Italia in termini di risorse e di ripresa … quello he conta è che si pone un problema di credibilità del Paese e di lanciare un paino di riforme” aggiungeva Irene Tinagni.

Sono trascorsi quattro anni da quando Mario Monti promise all’Europa un piano di rientro in quattro e quattr’otto, rifiutandosi di fare una Patrimonale, bloccando il Welfare e, in pratica, raddoppiando le tasse.
E son trascorsi quattro anni da quando si iniziò – questo blog tra i primi – a paventare la recessione, la stagnazione e la deflazione che ne vennero.

Intanto, mentre stanno per arrivare le prime sanzioni UE per infrazione del deficit, sentiamo ancora in televisione ‘autorevoli esperti’ che ci raccontano che si tratta di una ‘fase’ … mentre lo scenario è fosco.

twitter_umori_italiani

L’economia reale, però, racconta tutt’altro:

  • la disoccupazione e la povertà sono in aumento da cinque anni e – in un paio d’anni – avremo ‘bruciato’ la generazione degli attuali ventenni
  • la spesa pubblica è ancora in crescita e i turn over pubblici restano bloccati per almeno altri cinque anni, grazie alle norme di Elsa Fornero sulle pensioni e al MEF che non vuole ripristinare il buco da 45 miliardi che creò nell’ex Inpdap
  • l’Istat che annuncia nel 2012 come iniquamente stiamo trattenendo al lavoro – pur con 30 e passa anni di contribuzione – centinaia di migliaia di lavoratori senior (over55) che sono in ‘condizioni di salute non buone’ mentre gli invalidi che risultano all’Inps sono praticamente la metà (in media) di quelli che Francia o Germania riconoscono e mentre i nostri media scatenano selvagge campagne contro i ‘falsi invalidi’, ovvero i soliti tot truffatori del sistema previdenziale che esistono dovunque. Intanto, almeno due milioni – tanti sarebbero in base alle medie UE – di disabili ‘sommersi’ attendono …
  • il valore delle case degli italiani è crollato di 500 miliardi di euro in pochi anni e c’è chi ha visto l’unico proprio investimento (il ‘mattone’) anche del 40%
  • lo sbilanciamento commerciale e tecnologico con la Germania è tale che – ad esempio – una Opel GTC usata del 2008 oggi vale quasi il 10% in più rispetto ad un paio di anni fa, mentre una Opel Corsa nuova costa quasi il 30% in più di una Seat Ibiza o di una Fiat Punto, mentre anni fa erano nella stessa fascia di prezzo
  • ogni anno in Italia si diploma il 21% dei diciottenni, mentre in Polonia i laureati sono al 43% ed entro sette anni in tutta Europa (eccetto che da noi) sarà così, come in tutta Europa (eccetto che da noi) le scuole sono linde, ben organizzate e soprattutto finanziate
  • solo per i TFR teniamo bloccati almeno 25 miliardi di euro per dare liquidità alle imprese, mentre potrebbero /dovrebbero andare in busta paga ai lavoratori, ovvero genererebbero consumi, ma non possono essere toccati perchè i sindacati dell’industria li hanno fatti reinvestire in fondi vari
  • la sovraspesa ‘fiscale’ per gas e luce che le famiglie povere devono affrontare equivale a meno della metà del bonus energetico che gli offriamo, serve in discreta parte per finanziare il fotovoltaico e a causa di questi ‘balzelli’ – rispetto ad un britannico – gli vengono sottratti almeno un mese di consumi alimentari

D’altra parte siamo il Paese di Pinocchio, che ammazza a scarpate chi potrebbe insegnargli qualcosa, che si affida al duopolio del Gatto e della Volpe per rimediare fregature a giorni alterni, ove l’umiltà e la pazienza di Geppetto si antepongono al giusto esercizio dei propri diritti, dove le istituzioni giudicano distrattamente e curano ancor peggio e dove – puntualmente – c’è qualcuno che promette il Paese del Bengodi a dei ciuchini ignoranti pronti a seguirlo … e dove l’unica brava persona (oltre alla Madonna – Fata Turchina) è quel Mangiafuoco circense apolide e burattinaio di professione …

Acclarato il perchè NON si studia Collodi (Carlo Lorenzini, 24 novembre 1826 – 26 ottobre 1890) nelle scuole superiori, mentre Pinocchio è forse il primo ‘personaggio italiano’ nel mondo, sarebbe bello capire chi sono gli elettori che si sentono rappresentati dalla minoranza del PD che ha creato e vuol mantenere il ‘declino italiano’, rallentando da oltre un anno gli interventi che erano urgenti già 5 anni fa.

Originally posted on Demata

Ripresa: l’Italia arranca. Perchè?

16 Mag

Come volevasi dimostrare, l’Italia non s’è ripresa. Era facile prevederlo se i dati positivi enunciati dagli analisti si mantengono allo 0,1%, cioè ampiamente entro il margine di errore del metodo di calcolo.
E’ per questo che una parte degli analisti e dei politici si mostrano tranquilli ed è nella speranza di un ulteriore sbilanciamento che speculatori finanziari e opportunisti politici si agitano più del dovuto.

Quali le cause?

Al primo posto, c’è certamente la Politica, che non da alcuna garanzia essendo Matteo Renzi stretto tra Grillo e Berlusconi, due miliardari dello show business che guidano partiti con percentuali a due cifre.
Due ‘signor no’, che nell’ultimo anno sono riusciti almeno a raddoppiare l’iter di approvazione di leggi anche urgenti per motivi di lotta politica, se non ad personam.

All’estero se ne sono accorti, ma prima hanno fatto le nostre aziende sia delocalizzando sia perdendo mercati.

A pari merito con la Politica, abbiamo i Media che diffondono una debordante informazione pseudopolitica, fatta di notizie spot e di dibattiti, più tanta cronaca giudiziaria, ma raramente di approfondimenti e di indagini giornalistiche. Allo stesso tempo la RAI televisione ‘commerciale’ di Stato solo da qualche tempo si è resa conto di quali danni si arrechino al Paese – pur di fare share – andando avanti con i ‘comici’ a reti unificate per anni e anni.

Difficile legiferare in queste condizioni, con in Paese trasformato in un bar dello sport.

A stretto ridosso della Politica e dei Media, troviamo i Sindacati – in particolare quelli dei lavoratori publici – che in questi anni di crisi e sbandamento non hanno tirato fuori una proposta una da condividere. Anzi, si sono ben impegnati nel bloccare ogni innovazione nei contratti (il caso del Colosseo chiuso docet) e nel salvaguardare le insostenibili pensioni dei propri iscritti con esodati e giovani per strada.

Al di fuori del mattone (leggasi stadi di calcio) e delle speculazioni finanziarie (leggasi scandalo del fotovoltaico) chi mai verrebbe a metter soldi in un paese dove i sindacati sono così retrogradi?

E ben posizionata nel disastro c’è la nostra Capitale, che è lo specchio agli occhi del mondo. O, meglio, le nostre capitali, le nostre vetrine: la Milano ha l’Expo degli scandali e Napoli che pubblicizziamo con Gomorra, mentre Torino è nota per i NoTav e le nostalgie metalmeccaniche della Fiom.

Perchè mai dovrebbe andar bene il made in Italy se Roma è un suk dove si spara sempre più spesso, quando non è sede di ‘tensioni e scontri’ con strade dissestate e mezzi pubbblici traballanti?

Infine, solo alla fine, c’è la lentezza con cui i nostri anziani e giovani analisti stanno prendendo atto che è impossibile evitare il nodo del risanamento dell’ex Inpdap e della dismissione del settore prettamente assicurativo dell’Inps, come anche il nodo dei costi standard per sanità, istruzione e università è inderogabile, Fiscal Compact o meno che sia.
Non piace ai sindacati, che uscirebbero da tanti CdA di enti, e non piace a Roma che perderebbe lavoro e PIL a causa del decentramento e dei risparmi sulla spesa pubblica, non piace a chi si oppone al pareggio di bilancio che è dall’ex Inpdap che nei decenni sono usciti miliardi e miliardi per ‘risanare’ tante marachelle.

Come si esce da una stagnazione che più non è, visto che l’inflazione si sente e come ma la produttività cala? Non di certo risparmiando 10 milioni di compensi per i parlamentari o portando la leva fiscale al 44% o chissà dove per salvare le banche.

Dovremmo avviare gli Eurobond al più presto possibile, trasferendo all’Europa almeno metà dei nostri debiti, ed alleggerire drasticamente la spesa pubblica statale per sedi e personale, tanto – grazie ai sindacati del comparto – a gran parte di quello che arriva ai cittadini provvedono i servizi esternalizzati d’informatica, del sociale, di manutenzione, formazione tecnica e professionale, eccetera …

originale postato su demata

Europa: basta compiti a casa!

7 Mar

Si avvicinano le elezioni europee ed i partiti scaldano i motori per una campagna che in molti paesi si prefigura rovente, come per l’Italia, dove nel candidarsi alle Europee dovranno essere date molte risposte agli elettori riguardo le ‘politiche europee’ dalla nascita dell’Euro ad oggi.

I grandi media continuano a porre la questione (obsoleta e retrograda) ‘Euro si Euro no’ o quella ‘Sforare il tetto al 3% o non sforarlo’, mentre sul tavolo iniziano ad esseere poste questioni molto più imbarazzanti e, soprattutto, fondate.

La prima questione è che l’Italia è un paese affidabile se c’è da tirare la cinghia.
Come titolava Sole24Ore a dicembre 2013 (link), “il debito pubblico è il «peccato originale» dell’Italia? Ma i dati dicono che cresce meno di tutti i Paesi euro”. I dati Eurostat dimostrano che, dal 2007 al 2012, il debito italiano è cresciuto solo del 27%, mentre la Germania è al 34% e la Francia al 54%, con il PIL, però, che in Italia è calato del 8,65% (a prezzi costanti), mentre quello tedesco è cresciuto dell’4,25% e quello francese  dello 0,67%.

debito-pubblico-eurozona Sole24Ore

I dati di Sole24Ore dimostrano che il motivo per cui il debito/Pil è tornato a salire in Italia è che il PIL è crollato sotto l’onda d’urto della Crisi e del Rigore.
Dunque, l’inaffidabilità italiana deriva non dal popolo italiano e dalla sua capacità di sopportare tagli o di essere lungimirante, ma dalla Politica, trasformista as usual, dalla Giustizia che opera con esiti imprevedibili e dilatati nel tempo, dall’Editoria che non assolve al suo ruolo di Quarto Potere nel far luce e chiarezza alla pubblica opinione, dalla Burocrazia che sembra operare con l’unico scopo dell’autoconservazione.

E qui viene la seconda questione, la vicenda dello spread, che si dimostra sempre più una storia di turbative d’asta e lobbing bancario, e le misure adottate dal Governo Monti, in particolare se parliamo della Riforma Fornero delle pensioni rinviate ad libitum e dal Fiscal Compact inserito nella Costituzione italiana, ma non in quella tedesca o francese.

Riguardo il Fiscal Compact c’è poco da dire: pone le decisioni del nostro Parlamento nelle mani della pianificazione finanziaria approvata in sede UE, mentre la Germania e la Francia non lo sono. Andrebbe immediatamente revocato, se si vuole avere un minimo di ‘forza contrattuale’ a Brussels.

Per le pensioni e l’occupazione, come sosteneva proprio oggi Massimiliano Fedriga nella trasmissione Omnibus (La7) – ottenendo un certo assenso dai politici degli altri partiti presenti – la Riforma Fornero va abrogata perchè impedisce il turn over generazionale e raddoppia il costo del lavoro, mantenendo ultrasessantenni al lavoro mentre i giovani sono inoccupati, il un paese dove il PIL è costituito per il 60% da consumi.

Come creare prodotto interno e occupazione se il mondo del lavoro è ingessato e se molti lavoratori sono anziani e rendono (giustamente) di meno, ma guadagnando (giustamente) di più? Come accelerare la crescita, se questi costi ‘generazionali’ sono scaricati su aziende e servizi, piuttosto che destinarli alla previdenza? Come innovare e rinnovare?
In Germania, l’età media dei lavoratori è calata negli ultimi anni di diversi punti …

E, con l’avvicinarsi delle elezioni, in Italia dovremo trovare risposte sull’Europa stessa se vorremo portare gli elettori alle urne.
Certo l’avere una moneta europea era inevitabile nel momento in cui gli Stati si interlacciano come ‘aggregati continentali’, ma lo sarebbe anche avere un sistema di istruzione, di giustizia, di difesa, di previdenza, di risparmio (Eurobond) unificato.
Invece, ci ritroviamo con un Euro che coincide grosso modo con il Deutsche Mark, mentre gli eserciti vanno per conto loro (vedi attacco alla Libia), la ‘fusion culturale e professionale’ senza un percorso formativo comune è fallita, la giustizia opera nei diversi paesi con – addirittura – diverse nozioni di proprietà privata e di giusto intendimento, la previdenza (e la Sanità) continuano ad impedire la residenza in un altro Stato se si è sottoposti a cure continuative.
Il tutto mentre il numero di europei figli  di cittadini di diversa nazionalità è in forte crescita, come lo è il numero di persone che hanno maturato contribuzioni previdenziali e assistenziali in diversi stati.

A cosa serve l’Unione Europea così com’è, salvo il trading e la valuta? E se tale è, perchè non ‘a due velocità’?
Era questa l’Europa di cui parlavano gli italiani, i francesi e i tedeschi usciti dalla carneficina di due guerre mondiali e di regimi totalitari?

Perchè, tra l’altro, votare un Parlamento UE che non ha voce in capitolo, mentre tutto viene deciso dalle Commissioni UE e dai ministri delle Finanze dei vari Stati?

Qualcuno, mentre litigano tra loro as usual, dovrà pur spiegarcelo …

originale postato su demata

Debito pubblico, ancora peggio del 2010

13 Dic

Secondo quanto reso noto dalla Banca d’Italia a ottobre 2013 il debito pubblico italiano ha raggiunto quota 2.085.321 milioni di euro, rispetto ai 2.016.042 milioni di ottobre 2012. Un aumento che Bankitalia in agosto scorso imputava principalmente al crescente fabbisogno delle amministrazioni pubbliche (57,8 miliardi).
Nel primo trimestre 2013, inoltre, l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche é stato pari al 7,3% del Pil. Nello stesso trimestre del 2012 era stato pari al 6,6%. (fonte Il Sole 24 Ore)

Intanto, nonostante tutte le tasse che paghiamo, nei primi dieci mesi del 2013, il gettito gennaio-ottobre 2013 si è attestato a 307,8 (dati Bankitalia) miliardi, mentre nel  periodo gennaio-ottobre 2012 le entrate tributarie si erano attestate a 322,8 (dati MEF) miliardi di euro, rispetto (dati MEF) ai 310,5 dell’Anno Horribilis – il 2011 – ed i 253.5 (dati MEF) milioni di euro del 2010.

Ad ottobre del 2010, allorchè iniziava la Crisi, il debito pubblico era di 1.867,4 (dati Bankitalia) miliardi di euro a fronte di un PIL di 1.548,8 (dati ISTAT) miliardi di euro, che oggi calato a soli 1506,9 (dati FMI) miliardi di euro in valuta corrente.

Dunque, in questi tre anni, nonostante l’Austerity imposta da Mario Monti il debito pubblico italiano è aumentato di 217,9 miliardi di euro (+ 11,5%), le entrate fiscali sono calate di almeno due punti in percentuale, nonostante la pressione fiscale effettiva (dati Confcommercio)  è stata calcolata equivalente al 54-55% del Pil emerso sia nel 2012 sia nel 2013, mentre nel 2010 era al 44,3%.

Proprio ieri la BCE avvisava che l’Italia non e’ riuscira’ a centrare gli obiettivi stabiliti a suo tempo di un rapporto deficit/Pil al 2,9% per il 2013 a causa “principalmente a un peggioramento delle condizioni economiche”, mentre il risanamento strutturale varato “e’ inferiore allo sforzo richiesto”.  Il rapporto BCE preavvisa che che l’Italia difficilamente potrà raggiungere per il 2014 un rapporto disavanzo/Pil entro quell’1,8 per cento fissato nell’aggiornamento del programma di stabilità.
Anzi, vista la serie storica di questi ultimi tre anni, il rapporto disavanzo/Pil potremmo tranquillamente (si fa per dire) ritrovarcelo al doppio del limite concordato, cioè intorno al 3,2%.

Male, malissimo. Peggio.

E dire che, stando al Regional Economic Outlook 2010, il Fondo Monetario Mondiale prevedeva che “il Pil (Prodotto interno lordo) italiano crescerà sia nel 2010 sia nel 2011 dell’1%, con il deficit che quest’anno si attesterà al 5,1% per poi scendere al 4,3% il prossimo.” (fonte Il Sole 24 Ore)

In poche parole ci troviamo con una pressione fiscale abnorme, un PIL che arranca contro ogni previsione ed una spesa pubblica insostenibile, visto che con le autonomie e deregolazioni in realtà abbiamo quasi raddoppiato spese e tempi di lavorazione della pubblica amministrazione, demandando la lotta agli sprechi e alla corruzione a future e improbabili sentenze, visto lo smantellamento dei ispettorati interni alle PA.

Più che di ribellismo, iniziarei a parlare – riguardo M5S o i così detti Forconi – di una popolazione che non sa più a che santo rivolgersi, mentre anche dai sondaggi di La Repubblica viene fuori uno spaccato italiano che quasi sembra non accorgersi della gravità della situazione, non sanabile da una mera legge elettorale o da un tot di cultura in più, dopo il collasso dei pensionamenti e dei turn over, mentre i servizi pubblici ci costano sempre di più.

Qui ormai siamo a questioni di ‘massa effettivamente circolante’ di denaro e di gente stremata perchè senza lavoro o perchè obbligata, anziana e malata, al lavoro oppure perchè sempre in bilico di perderlo. I giovani? Che attendano o emigrino, as usual.

Almeno lor signori ammettessero che si sono ‘incartati’ e, in nome della stabilità, sgombrassero il campo …

originale postato su demata

L’Italia non è un paese giovane, stabile, dinamico e credibile

27 Set

Enrico Letta – appena atterrato a Roma di ritorno da New York – la necessità di presentare agli occhi del mondo un Paese «giovane, stabile, dinamico e credibile».

Secondo fonti non verificate, la notizia ha impiegato una discreta mezz’ora per essere battuta dalle agenzie con un effetto domino a seguito del quale in Giappone e Cile è arrivata solo molte ore dopo.
La causa? Le inarrestabili crisi di risate che hanno colpito le redazioni nell’apprendere l’esortazione del premier italiano del momento.

Provate ad entrare in un ufficio pubblico, in un ministero, in uno dei tanti senati accademici, consigli superiori, Cda a controllo pubblico, segreterie nazionali di cui è cosparsa l’Italia a spese dei cittadini e ditemi voi se vedere persone giovani, dinamiche e credibili … al massimo stabilmente impegnate ad occupare la propria postazione, destabilizzando ogni altra cosa.

E, caso mai, sussistessero dubbi, basta ricorrere all’ISTAT e sbirciare i numeri relativi all’età media degli italiani e, ancor più, di quelli che vivono a Roma o nelle regioni ‘rosse’. Oppure – a proposito di credibilità – quanti dati enumerino la scarsezza di laureati tecnici o di quanti periti si siano diplomati – nell’ultimo ventennio – con voti superiori a 80/100.

Potremmo anche dare un’occhiata alla mobilità sociale nel nostro paese, per scoprire che ‘certi posti sono riservati’ e per metterci una pietra sopra a voler parlare di dinamicità.
Unica conferma riguardo la stabilità dell’Italia arriva dai dati relativi al reddito dei cittadini: in certi territori la Crisi non si è quasi vista, perchè che sono in tanti a vivere di intaccabili sussidi, discrete o laute pensioni, più prebende varie, come gli infimi valori catastali delle loro proprietà che li mettono al riparo dall’overtaxing.

L’Italia non è un paese per giovani, Mr. Enrico Letta.

Ed è da 2000 anni che Roma non è una città giovane, politicamente stabile o dinamica e – salvo per coloro che nel mondo si riconoscano nel Cattolicesimo – credibile negli impegni che prende, come documentato fin dai tempi delle Guerre Civili o dalle cronache di Tacito e tanti altri, come anche dalle vicende degli Angioini e degli Hohenstaufen e dalle scelte fatte da ortodossi e protestanti.

Ci vuole altro che una ‘lettera di intenti’ per convincere i corpi diplomatici e le elite politiche estere o le oligarchie finanziarie e le redazioni di mezzo mondo …

originale postato su demata