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Isis, la cospirazione

6 Apr

2011 – Obama anticipa il ritiro delle forze USA in Iraq e l’ultimo battaglione attraversa (18 dicembre) la frontiera con il Kuwait. Più o meno contemporaneamente, promette di ‘isolare il brutale regime di Assad in Siria’.
Intanto, mentre la guerra civile scoppia in Siria dopo l’eccidio di 37 soldati governativi ad Homs, diverse organizzazioni ‘caritatevoli’ (fondazioni) del Golfo Persico finanziano i gruppi di opposizione ad Assad islamisti, in particolare alla nascente Isis.

Tra le banche più attive nei finanziamenti figura in primis l’Al Rajhi Bank, istituto finanziario saudita che da sempre finanzia i gruppi jihadisti, ma anche la Al Shamal Islamic Bank, co-fondata da Osama Bin Laden e principale finanziatrice del gruppo terroristico di Al-Qaeda. La National Commercial Bank invece avrebbe donato una parte dei profitti bancari sotto forma di zakat, ovvero come un atto di «carità» a numerose organizzazioni terroristiche. Il ministro dello Sviluppo tedesco, Gerd Muller, ha persino accusato Al-Thani, l’Emiro del Qatar, di essere il principale finanziatore dell’Isis.

In Turchia, due pubblici ministeri hanno indagato su quattro camion pieni di parti di missili, munizioni e mortai semi-assemblati consegnati in Siria ai ribelli  di Al-Nusra, la milizia siriana di Al-Qaeda.

L’Iraq – mentre gli eserciti occidentali si ritirano – cade in una grave situazione di instabilità interna, caratterizzata da un notevole incremento della violenza ed un susseguirsi di attentati da parte di milizie jihadiste ben organizzate da ex militari del regime di Saddam, con circa 10.000 morti l’anno e le forze di sicurezza estromesse da molte aree a maggioranza sunnita, come dal Kurdistan (autonomo) e dal Sud del paese (milizie scite).

 

2014 – ISIS conquista Mosul, la seconda città dell’Iraq. Nell’operazione, oltre ad ingenti armamenti dell’esercito irakeno,  i terroristi si impossessano dell’intera riserva aurea del ricco Kurdistan, per un valore di circa 500 milioni di dollari. Inoltre, a parte il controllo totale su merci, acqua e viabilità da Aleppo a Falluja, il gruppo terrorista ha ormai conquistato diversi giacimenti minerari e, soprattutto, di petrolio (circa sessanta pozzi) con una produzione si aggira intorno ai 25mila e i 50mila barili al giorno, mentre i giacimenti petroliferi non ancora conquistati pagherebbero una sorta di «pizzo» all’Isis.

Da allora, dal contrabbando di greggio entrano nelle casse del Califfato due milioni di dollari al giorno, quasi ottocento milioni l’anno. Ed in Iraq, più di  ogni altro stato produttore di petrolio, esiste da sempre – fin dalle prime sanzioni contro Saddam Hussein d quasi 30 anni fa – un florido mercato nero del petrolio tramite gli stati confinanti (Siria /Libano, Iran, Turchia) grazie a contrabbandieri (tribù) locali che ne fanno perdere le tracce. Ankara ammette che i sequestri di petrolio illegale in Turchia sono aumentati del 300% dal 2011, e si tratta solo della punta dell’iceberg.

Poi, a parte i proventi derivanti da sequestri di persona o dai reperti archeologici, ci sono le derrate alimentari, gli elettrodomestici e gli utensili da lavoro  a fronte di capillare tassazione (estorsione) a carico di una popolazione di otto milioni di persone.

2016 – Trovando difficile accettare che il ritiro dall’Irak voluto da Obama in nome della ‘pace tra i popoli’ si sia rivelato un disastro globale e che l’ennesima imposizione di un regime democratico (in Siria) abbia provocato una irrisolvibile guerra civile (come precedentemente in Francia con la rivoluzione o in Usa tra Unionisti e Confederati), anche per Isis è di moda ipotizzare ‘cospirazioni’ amerikane o sioniste, anche se quel che si prospetta è, caso mai, il redivivo intervento dei ‘crociati’ anglofrancesi sulle coste (e nelle retrovie) del Medio Oriente e, si spera, l’avvio di un dibattito generale sull’Islam e sulla sua coabitazione con altre culture, specie se diverse dal cattolicesimo.

Poco male … spulciando i libri di storia, gli appassionati di iperboli politiche finiranno prima o poi e comunque per scoprire che … i ‘cattivi’ non siamo noi: le Crociate del Medioevo furono in prima causa determinate dal blocco commerciale e dal ‘pizzo’ che gli Arabi (riformando il sistema tributario secondo la Sharia) avevano attuato impadronendosi del Medio Oriente, da cui andavano e venivano le merci tra Europa e Indie. E, 300 anni dopo, la spinta verso le Americhe fu dovuta alla medesima esigenza di aggirare questo blocco, dopo che Marco Polo ed altri avevano tentato la via di terra verso Oriente.
Ed, oggi come ieri, sono gli invasori arabi – mica europei – il problema quotidiano di curdi, yazidi, palestinesi, ebrei, siriani, libanesi, turchi, iraniani, giordani, libici, kenioti, nigeriani … eccetera eccetera.

Prima di percorrere ipotesi improbabili, andrebbe verificata quella che abbiamo davanti: i flussi di armi, denaro e petrolio parlano chiaro su chi abbia finanziato Isis e quali errori politici ne abbiano determinato l’affermazione.

Demata

Lavoro, Iva, F35: rinviare è peggio

27 Giu

Marco Tullio il Temporeggiatore non sarebbe riuscito a far di meglio, se si voleva perpetuare lo stallo cattolici-comunisti, in cui sta lentamente sprofondando l’Italia da che si è fatta repubblica.

L’IMU è sospeso e diventerà, entro Natale, una cambiale raddoppiata per tanti cittadini, mentre i Comuni restano senza risorse proprie. Anche per le commesse degli F35 se ne riparla tra sei mesi, nonostante questo significhi azzerare quel poco di elettronica e meccanica d’eccellenza che esiste ancora in Piemonte. L’incremento dell’IVA è anch’essa sospeso, con appuntamento a dopo l’estate e sperando di rinviare il tutto a dopo le elezioni autunnali in Germania.

Rinvii pericolosi, come insegna l’esperienza, visto che, comunque andassero le elezioni in Germania, stanno preparando una Patrimoniale per il Capodanno, da attuare con urgenza tra i botti (in borsa) di fine anno.

Intanto, aumentano al 100% l’acconto Irpef, del 101% (dal 100%) quello Ires; contanti ed in anticipo per ben 2,6 miliardi stimati. Arriveranno (si noti il tempo futuro) 1,5 miliardi per le aziende che avranno la forza di investire e assumere giovani under30.

Niente sgravi per le aziende, niente riduzione del costo del lavoro: welfare camuffato da investimento infrastrutturale a patto che ci siano commesse e appalti per creare lavoro. Cosa resterà di quanto lo sappiamo già: l’abbiamo imparato durante gli Anni ’90 dalle analoghe politiche del Centrosinistra.

La legge elettorale è rinviata ad un ipotetico termine di 180 giorni, come lo sono tutte le riforme del sistema politico. Nelle carceri si preferisce andare avanti con mini-indulti, piuttosto che affontare la questione di due leggi poco costituzionali come quella sull’immigrazione e quell’altra sul consumo di stupefacenti. Berlusconi è fuori gioco, a Napolitano non restano che le dimissioni per motivi di salute e alle urgenze si aggiunge quella – dimenticata – di riformare la giustizia e la pubblica amministrazione, scuole, università e ricerca incluse. Il Partito Democratico paralizzato dall’incombente congresso che somiglia ad una nemesi storica, prefigurandosi simile a certe assemblee toscane, tramandateci dalle cronache del Rinascimento, come quelle, romane, che potrebbero descrivere cosa accade a Destra, alal ricerca di una Papessa, caduto il Papa Re.

Uno stallo, non un rinvio, in cui Milano e la ‘Padania’ vogliono solo un minimo di stabilità per profittare al massimo dell’Expo 2015, Roma ed il Centroitalia trovano gioco per nulla mutare pur cambiando tutto, al Sud ‘va tutto bene’.

Intanto, Beppe Grillo resiste e continua a raccogliere – nonostante diaspore, polemiche ed espulsioni – più persone di quante ne mettano insieme la Triplice sindacale o anche il maggiore dei partiti. Cosa ovvia, se lo spettacolo è quello del rinvio, dopo aver urlato agli italiani per due anni “fare presto, fare tutto”.

Dunque, tutto rinviato all’autunno, quando, trascorse le elezioni germaniche, si spera arrivi qualche fiume di denari o qualche strappo ai vincoli di Maastricht oppure il solito ultimatum UE che consenta di far cadere il governo. E nessuno ha – per ora, solo per ora – da ridire che le carenze finanziarie che necessitano di Imu anche sulle prime case, Iva maggiorata, acconti Irperf e Ires raddoppiati e ‘verifica’ degli F35 derivano tutti da errori di computo (vedi titoli di Stato o pensioni), da generose elargizioni (vedi Monte Paschi di Siena) e da scelte avventate (leggasi recessione) attuate dal senatore a vita Mario Monti e dal suo governo. Scelte che, nonostante i rapporti della Corte dei Conti e dell’INPS, nessuno si accinge a risanare. Come nessuno tiene in conto degli interventi della Corte Costituzionale su troppe leggi, che restano lì, e della ‘lettera morta’ che è rimasta la Riforma Brunetta, se parliamo di contratti, mansionari e metodi di assunzione nel pubblico impiego.

Dicevamo di Expo 2015 a Milano. Ma siamo davvero sicuri di non ritrovarci, con un palcoscenico mediatico simile e andando di questo passo, con una ‘patata bollente’ come quella brasiliana per la Confederation Cup?
Forse Letta o Alfano non se ne rendono conto, ma – dopo il transito di Monti e Fornero – la gente non sa neanche più quale dei mille cavilli rispettare o quale balzello gli tocchi mentre va a ritirare lo stipendio … figuriamoci a tirar su i consumi e la produzione se a tavola si mangia pane e bollette.

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Letta – Berlusconi crash test

26 Giu

Erano gli ultimi giorni di febbraio quando gli italiani votarono per darsi un nuovo governo, dopo due anni di buio e vuoto politico, con i ‘maghi della finanza pubblica – Tremonti, Monti e Fornero – che imperversavano.
Dovevamo fare in fretta, ci dicevano, anche se era dal luglio del 2009 che era ben chiaro che c’era da andare a votare. Ed in fretta andammo, non proprio tutti, anzi solo il 60%, ma andammo e votammo.

Ne venne fuori un gran pasticcio, dato che l’unica alternativa era il partito di Beppe Grillo, con un Partito Democratico praticamente appaiato – nei numeri – al Popolo delle Libertà, come, del resto, era stato per vent’anni o poco meno.


E, dopo due mesi di delirio e pochezza, si pervenne – era il 28 aprile – ad un Governo presieduto da Enrico Letta in condominio con Angelino Alfano (vicepremier), dotato di due terzi dei voti sia alla Camera sia al Senato.
Trascorsi ancora due mesi, siamo ad oggi ed al pantano in cui sembra essersi ancor più arenata l’Italia. Eppure, con una maggioranza così si poteva votare una riforma al giorno o poco meno.

Invece, la legge elettorale è rinviata ad un ipotetico termine di 180 giorni, come lo sono tutte le riforme del sistema politico. L’IMU è sospeso e diventerà, entro Natale, una cambiale raddoppiata per tanti cittadini, mentre i Comuni restano senza risorse proprie. L’incremento dell’IVA è anch’essa sospeso, con appuntamento a dopo l’estate e sperando di rinviare il tutto a dopo le elezioni autunnali in Germania. Stiamo per sospendere anche le commesse degli F35, nonostante questo significhi azzerare quel poco di elettronica e meccanica d’eccellenza che esiste ancora in Piemonte.

Marco Tullio il Temporeggiatore non sarebbe riuscito a far di meglio, se si voleva perpetuare lo stallo cattolici-comunisti, in cui sta lentamente sprofondando l’Italia da che si è fatta repubblica.

E poi accade che Silvio Berlusconi venga condannato per costrizione e concussione, in un paese che ‘lascia correre’ sulle schiave del sesso che vediamo lungo le strade di notte e dove non esiste una legge che regoli la prostituzione, con decine di milioni di uomini che – in questi 60 anni – hanno ‘fruito’ di illeciti servizi sessuali a pagamento, centinaia di migliaia di donne che hanno ‘fruito’ di un reddito, classificato dal fisco come ‘donazione’ ed esentasse, decine di migliaia di case sono, di sicuro, state destinate a tale ‘commercio’, nonostante la legge lo vieti espressamente.

Una condanna a sette anni di reclusione: tanta quanta quella inflitta a Totò Cuffaro per favoreggiamento aggravato per avere agevolato la mafia e rivelazione di segreto istruttorio o quelle inflitte di solito ai pedofili. Una condanna di un anno superiore a quella inflitta a Giovanni Scattone per l’omicidio di Marta Russo od a quelle che disolito vengono inflitte per gli omicidi colposi ed i tentati omicidi.

Una sentenza che viene chiesta non dalla titolare dell’accusa – quell’Ilda Boccassini oggetto di innumerevoli polemiche – ma dal procuratore della Repubblica di Milano, il marchese Edmondo Bruti Liberati, già segretario generale e vicepresidente dell’Associazione Nazionale Magistrati ed ex presidente di Magistratura Democratica. Una pena sostanzialmente annunciata nel film “Il Caimano” di Nanni Moretti, noto ed acerrimo oppositore politico di Silvio Berlusconi, la cui vera colpa fu non la vita privata, ma l’intervento per il rilascio di Ruby Rubacuori, millantando una sua parentela con l’ex premier egiziano Mubarak.

Una vicenda che ci riporta alle polemiche dell’ottobre 2001, quando sia Luciano Violante sia Fabrizio Cicchitto sollevarono la questione di istituire o meno un organismo che indagasse sull’«uso politico della giustizia» durante Tangentopoli.
Come anche ci riporta a quei giorni ancora secretati il governo ‘democristiano’ di Enrico Letta e Angelino Alfano, affannato nel rinviare il cambiamento alle calende greche e tutto preso dal disequilibrio permanente delle ‘correnti’, proprio come lo furono i tanti governi della DC.

Intanto, il Governo Letta precisa che la riforma della giustizia ‘non è in programma’, come lo fu durante la Prima Repubblica, che andò avanti fino alla sua fine con il Codice di procedura penale introdotto da Alfredo Rocco, sotto il Fascismo.
E, come nel 1930, quando l’Italia era uno stato totalitario, continua ad accadere che il funzionario che rappresenta il Pubblico Ministero in tribunale sia un giudice come lo è il magistrato giudicante. Anzi, può accadere che l’accusa sia rappresentata da un potente ex rappresentante di categoria.

Tanto il tempo per attendere c’è, ha iniziato a lavorare solo da pochi giorni – cosa vogliamo mai – la Commissione che stabilirà, entro un mese, il percorso per eleggere il segretario del Partito Democratico. «Nel partito cresce la discussione sulle idee», racconta La Repubblica, «no a gara tra aspiranti segretari», ribatte Guglielmo Epifani dalle pagine de L’Unità.


Cosa volete mai, questo è davvero il massimo che riescono a fare … ditemi voi quant’altro ancora saranno capaci di durare.

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Anche le Cayman cambiano, l’Italia no

18 Gen

Il Bollettino della Bce di gennaio contiene un duro e preoccupato monito all’Italia, dove, finora, “l’accresciuta incertezza politica in Italia è stata all’origine di alcuni flussi di capitali, con l’obiettivo di ricercare investimenti più sicuri, verso i titoli emessi dai paesi con rating AAA.”
Infatti, “continuano a pesare le persistenti incertezze e gli aggiustamenti di bilancio in atto nei settori finanziari e non finanziari e solo nella seconda parte del 2013 è attesa una graduale ripresa.”

Nelle previsioni della Banca Centrale Europea, la situazione è preoccupante anche perchè “gli aggiustamenti di bilancio necessari nei settori finanziario e non finanziario, nonchè la persistente incertezza, seguiteranno a gravare sull’attività economica“.

Al calo dello spread dei BTP rispetto ai Bund tedeschi, corrisponde sostanzialmente una situazione di stagnazione, con ‘bassa inflazione‘ e ‘debole attività economica‘.

Non a caso, da Francoforte si ricorda che “per quanto concerne le politiche di bilancio, il forte calo dei rendimenti sui titoli di Stato evidenziato di recente dovrebbe essere sostenuto da ulteriori passi avanti nel risanamento delle finanze pubbliche in linea con gli impegni assunti nel quadro del Patto di stabilità e crescita“.

Infatti, “nell’area dell’euro il clima del mercato obbligazionario ha risentito dell’influsso negativo esercitato dalle revisioni al ribasso delle previsioni di crescita. Tra la fine di novembre del 2012 e il 9 gennaio del 2013 i rendimenti dei titoli di Stato a lungo termine con rating AAA dell’area dell’euro sono rimasti su livelli prossimi ai minimi storici, sebbene verso la fine del periodo siano cresciuti di circa 10 punti base, portandosi all’1,8 per cento circa.

Intanto, mentre l’Italia la crescita è ferma in nome della Casta, delle sue prebende e delle sue ipocrisie, invocando la solita caccia inutile all’untore/evasore, dalle Cayman arriva la svolta: un’ampia riforma che intende creare un database pubblico dei fondi con domicilio nell’isola.

Forse, sarebbe il momento di abbassare la pressione fiscale, grazie ad una spesa pubblia virtuosa, e, magari, avviare un condono fiscale per i fondi che rientrano in Italia, visto che stiamo per assistere ad una ‘fuga dalle Cayman’ da parte di tanti evasori.

Una questione da non sottovalutare, dato che da Italia, Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda, nell’ultimo anno, sono aumentati esponenzialmente  i trasferimenti verso i paesi forti dell’Unione Europea, come Germania, Olanda e, soprattutto, Lussemburgo, che è un ‘quasi’ paradiso fiscale.

Una pressione ed invasività fiscale, in corso in Italia, cui andrebbe posto rapidamente rimedio, dato che un paradiso fiscale ce l’abbiamo alle porte (Svizzera) e, soprattutto, che un altro l’abbiamo in casa nostra e si chiama IOR, Istituto Opere di Religione, la banca vaticana che proprio non riesce a recepire le norme antiriciclaggio che l’Unione Europea richiede per accedere ai propri circuiti finanziari.

Una situazione molto ambigua, visto che la Deutsche Bank che (s)vendette i BTP italiani era governata da un banchiere svizzero, Josef Ackermann, e che, ad esempio, lo stesso governo Monti, che si è scagliato contro gli evasori fiscali, ha anche preso la ‘”decisione di tacere davanti al Consiglio di Europa sulle inadempienze di Oltretevere in materia bancaria’, mentre ‘il direttore dell’UIF Giovanni Castaldi ha ritirato i suoi due dirigenti dalla delegazione che rappresentava il nostro Paese a Strasburgo per non essere complice di una posizione sbagliata“. (Il Fatto Quotidiano – 05-07-2012)

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Spread, di chi fu la colpa?

15 Gen

Silvio Berlusconi sostiene – l’ha ribadito stamane ad  Omnibus su La7 – che la crisi dello spread dei BTP sui Bund tedeschi è stata ingigantita dalla (s)vendita di titoli di Stato italiani messa in atto dalla Germania.
Un’iperbole berlusconiana? Affatto.
Era la fine di luglio 2011 quando il Financial Times annunciava che nei primi sei mesi del 2011 Deutsche Bank aveva tagliato l’esposizione verso le obbligazioni italiane dell’88% (per un controvalore di circa 7 miliardi di euro).
Un fatto acclarato che spinse Romano Prodi a dichiarare pubblicamente: «E’ la dimostrazione di una mancanza di solidarietà che porta al suicidio anche per la Germania. Significa la fine di ogni legame di solidarietà e significa obbligare tutti a giocare in difesa. E quando questo viene dalla Germania, un Paese che ha avuto più saggezza nel capire gli altri fino a qualche anno fa, sono assolutamente turbato».

Un’operazione di killeraggio finanziario dei partner europei, necessaria per agevolare la vendita dei Bund tedeschi, che di li a poco sarebbe avvenuta, messa scientemente in atto da Josef Ackermann (link), allora al vertice di Deutsche Bank, ma anche dominus di Siemens AG (energia) e Shell (petrolio).
Un’azione indispensabile ed inderogabile, visto che l’economia tedesca stentava a riprendersi dal crollo dei propri titoli, avvenuto a cavallo tra il 2008 ed il 2009.

Non a caso, i nostri BTP iniziarono la corsa al rialzo esattamente dopo che il Financial Times annunciò al mondo che Josef Ackermann ci aveva ‘silurato’; fino al giorno prima la stessa Deutsche Bank (bollettini del 20 luglio) diffondeva rapporti lusinghieri sui medesimi, come riportò in quei giorni Dagospia.

Una cospirazione germanico-svizzera ai nostri danni? Dal punto di vista finanziario ed industriale è probabile, se non addirittura storia europeea moderna, ma dal punto di vista politico va fatta almeno un’altra riflessione.

Infatti, il ferale annuncio del Financial Times arrivò ‘a latere’ dell’annuncio dei nostri parlamentari (democratici e berlusconiani) di andarsene in ferie senza aver messo in sicurezza i conti e senza, per l’ennesima volta, aver votato una nuova legge elettorale.

Un atto irresponsabile specchio di una mentalità provinciale e di una incompetenza diffusa, che il duro attacco finanziario tedesco avrebbe dovuto sconsigliare ed interdire.
Infatti, come ricordiamo tutti, fu in quei giorni che oltre al salasso della nostra economia, iniziarono le pressanti richieste internazionali di ‘commissariamento’ dell’Italia.

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Allarme Italia in crescita

17 Lug

Mentre il ‘fantasma’ del Berlusconismo si aggira nelle sale di Montecitorio e nelle redazioni dei nostri media, visto che il PD solo alleandosi con l’UDC può sperare di vincere le prossime elezioni, accadono cose  davvero inquietanti.

A partire dal documento pubblicato da The Guardian, quasi in simultanea con il de-rating di Moody’s, dal quale è possibile evincere – in tutta la sua ‘grandezza e piccineria’ – il disastroso bilancio dello Stato italiano. Nessuna eco dalle nostre parti, come del resto atteso.

Oppure, il Presidente della Repubblica che – mentre si avvicina il semestre bianco preelettorale – tacita per ‘conflitto istituzionale’ l’inchiesta palermitana sulla cospirazione che portò alla morte di Falcone, Borsellino e relative scorte, con il seguito di stragi e trattative mafia-Stato. Cosa di talmente imbarazzante (e lampante) deve esserci in quelle intercettazioni?

E che dire dei tanti e tanti consigli locali che si sono incrementati i vitalizi a pochi mesi dalla fine dei mandati, se non prendere atto che ‘i topi scappano quando la nave affonda”‘? O del Fondo Monetario Internazionale che va ad aggiungersi alla lunga fila di commenti negativi, specie riguardo la situazione sociale/politica e quella che è stata la sua gestione negli ultimi mesi?

Intanto, Eugenio Scalfari da La Repubblica – non quella di Platone, ma quella ‘all’amatriciana’ ed ‘espresso’ – ci invita a rileggere Marx e Keynes per scoprire i limiti dle Capitalismo. L’impressione è che l’invito sia diretto a Mario Monti e ministri vari, oltre che alla segreteria del Partito Democratico, dato che gli italiani questo l’hanno già capito da soli, specialmente da otto mesi a questa parte.

Varrebbe la pena di leggere d’altro e di più recente, sia Lei sia gli altri come Lei, egregio dottor Scalfari. Ad esempio, i brevi stralci che riporto.

Al di sopra dei governi, dei parlamenti, dei giudici, dei giornalisti, dei sindacati, degli intellettuali, delle chiese, degli eserciti, degli scienziati regnano casì i mercati finanziari. Ecco che allora le istituzioni pubbliche si svuotano del loro sangue e la repubblica soffre di anemia. Ben presto sarà ridotta a un fantasma“. (da La privatizzazione del mondo – 2002 – di Jean Ziegler, parlamentare ed economista svizzero)

L’esautoramento della politica da parte del mercato si manifesta così nel fatto che allo stato nazionale viene meno la capacità politica di proteggere la sua base di legittimità rastrellando risorse fiscali e stimolandola crescita economica“. (da La costellazione postnazionale – 1999 -di Jurgen Habermas, sociologo e membro del Partito Social-democratico tedesco)

Per restare concorrenziali sui mercati mondiali sempre più importanti, gli stati sono costretti a prendere iniziative che danneggiano irreparabilmente la coesione della società civile.” (da Quadrare il cerchio – 1995 – di Ralf Dahrendorf, sociologo e membro del Partito Liberale Tedesco)

In Italia, come dicevamo, stiamo ancora a Marx e Keynes, alle classi sociali ed agli stati nazionali – con tanto di codazzo di nostalgici di Giolitti, Mussolini, Togliatti e De Gasperi – mentre la situazione è vistosamente mutata e, soprattutto, ci sono altri autori e nuovi studi che consentono una visione diversa e delle soluzioni differenti.

Una consapevolezza che non attecchisce solo negli ambienti ‘estremi’ o radical, ma che sta coinvolgendo anche i cattolici – almeno per quanto riguarda l’America Latina – e che meriterebbe ben altra attenzione da parte dei ‘guru’ nostrani.

Cos’altro dire ai nostri ‘intellettuali’?
Che, da anni e decenni, in Italia, l’acqua è poca e la papera non riesce a galleggiare?

Leggi anche J’Accuse …! Lettera al Presidente Mario Monti

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J’Accuse …! Lettera al Presidente Mario Monti

14 Lug

Sappiamo da almeno 150 anni che gli italiani sono un popolo pronto ad inseguire lucciole e falene: il Trasformismo ottocentesco e la Cleptocrazia della Seconda Repubblica ne sono la prova.

Sappiamo anche che la qualità delle nostre scuole ed università non è eccelsa, forse non lo è da decenni, come dimostra quel 56% circa di adulti non diplomati e la fuga dei nostri (migliori) cervelli all’estero.

E ci è ampiamente noto che i nostri media non hanno alcuna intenzione di disturbare il conducente di turno: la riprova è nell’enorme quantità di politici indagati, condannati o prescritti di cui non v’è neanche una statistica riassuntiva.

Dunque, qui da noi è ampiamente possibile che venga data fiducia ad un personaggio, Mario Monti, che pur occupandosi di banche e finanza ‘da sempre’ riesca a dire “siamo virtuosi e invece di premiarci ci puniscono“.

E quando mai, egregio dottor Monti, la finanza speculativa (ndr. perchè ce ne sono altre?)  ha premiato la ‘virtuosità’? E, tra l’altro, chi è che può affermare che il programma attuato dal Governo Italiano sia ‘virtuoso’ se non le agenzie di rating che stanno lì apposta?

Dunque, non nascondiamoci dietro un dito, signor Presidente del Consiglio, che a quello ci pensa già Pierluigi Bersani.

Lei, presidente Monti, non sta eseguendo il programma con cui si presentò al Senato. Non ha rilanciato il sistema-Italia e, viceversa, l’ha messo in stallo, pur di dragare denaro privato e salvare banche (Unicredit e Monte Paschi) ed industrie belliche (Finmeccanica). Non ha risanato il sistema di governance e neanche ha spinto per farlo, mentre – a rileggere i giornali di settembre scorso – era questa la prima azione di risanamento da attuare.

Il suo piano ‘salva Italia’ non ha finora tutelato gli anziani, i sottoccupati ed i disoccupati, le famiglie, i giovani e le donne, i malati, gli scolari e gli studenti. Non ha tutelato i cittadini che, tramite il voto, affidano i loro destini al Parlamento ed al Governo.
Eppure, per ‘sistemare le pensioni’ bastava intaccare quelle milionarie e d’annata, che stravolgono persino i conti dell’INPDAP, che pur attinge dai contributi certi e noti del personale pubblico.

Come anche, invece supertassare i cittadini e portare l’Italia in una cupa recessione, potevamo ricorrere ad una Patrimoniale da 40 miliardi di euro, che, a far due conti, sono 670 euro per italiano di media. Una Patrimoniale che avrebbe evitato lo spread, ci avrebbe posto al di fuori dei ‘ricatti’ dei mercati finanziari e, soprattutto, rappresentava denaro cash e non a rate con gli interessi, come accade per i titoli di stato.

Tra l’altro, egregio professore, Lei ha forse ascoltato, ma certamente non ha raccolto consigli e suggerimenti che da più parti sono arrivati in questi otto mesi di delirio. Come anche ha avocato a Lei stesso tutte le decisioni riducendo in poltiglia il già penoso dibattito politico, con il risultato che “the political climate, particularly as the Spring 2013 elections draw near, is also a source of implementation risk“.
Oggi, lo scrive Moody’s, da otto mesi lo sta scrivendo Demata.

Dunque, non resta che prendere atto che Moody’s ha sfiduciato Lei, dottor Mario Monti, per due ben precisi motivi e lo ha fatto proprio mentre Lei andava ad incontrare il Big Business di Silicon Valley.

Il primo dei motivi del declassamento è che Lei ha adottato misure rivelatesi perniciose (recessione, deindustrializzazione generale ed abbandono del Meridione) e destabilizzanti (pensioni, lavoro e BTP). Un brutto flop di cui i media italiani – risvegliandosi dal torpore – iniziano ad sottolineare, come ad esempio LA7 di ieri sera.

Il secondo motivo del declassamento di Moody’s trova origine dal fatto che, come tecnico, Lei non ha avuto l’umiltà di ricorrere alla ‘concertazione’, ovvero al dibattito tra le parti e alla responsabilizzazione delle parti,  viatico unico ed imprescindibile per riformare la Casta, ripristinare un ‘political climate‘ ed abbattere ogni ‘source of implementation risk‘.

Oggi, con un rating in caduta libera, non Le restano molte scelte, egregio presidente Monti, se escludiamo il ricorso ad elezioni anticipate, ovvero il salto nel buio senza una riforma del parlamento e delle autonomie locali.

Dunque, o qui si continua a tirare avanti non si sa come, come da marzo accade, portando a fibrillazione completa il corpo elettorale e creando i presupposti per un ‘problema italiano’ di lunga durata (un Ventennio?), oppure Lei inizia a comportarsi da Clistene o da Cincinnato, come tutti si aspettavano, ricorrendo ad una Patrimoniale, riformando la Casta, semplificando il Paese.

 

Intanto, prenda atto che stavolta ‘l’asso di picche’ del Bel Mondo e della Bella Gente è toccato a Lei, prima, e poi, solo poi, all’Italia ed agli italiani.

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Spesa pubblica: due conti in croce

29 Giu

I dati forniti da SIOPE e diffusi mesi fa dall’Unione Province Italiane (link) descrivono la distribuzione della Spesa Pubblica italiana e forniscono – nell’estremo tentativo di salvare gli enti politici provinciali – un quadro alquanto desolante, per quanto relativo alla situazione generale, e fin troppo deludente per quanto inerente l’azione di governo esercitata da Mario Monti ed i suoi prescelti.

Infatti, mettendo in tabella i dati SIOPE-UPI sul 2011 insieme ai dati forniti dal Ministero dell’Interno e dal MIUR – riguardo le proprie spese (2010) – e dalle Regioni e Province – relativamente al numero dei consiglieri – ecco cosa ne viene fuori.

Dati che vanno letti considerando che un consigliere comunale del Comune di Sassari ci costa solo 13.338 Euro all’anno, trasferte e rimborsi inclusi. (leggi anche sui CdA, Lo scandalo degli Enti Strumentali)

Se questo è il costo dei cosiddetti ‘apparati’, ovvero dei consiglieri-parlamentari e dei rispettivi gruppi consiliari, non è che con la sommatoria – incompleta- della spesa pubblica si vada meglio.

Fatti salvi circa 11 miliardi di Euro spesi per il Ministero dell’Interno e palesemente insufficienti, non è chiaro per quali motivi l’Italia abbia una spesa per l’Amministrazione Centrale di quasi 200 miliardi a fronte di una spesa complessiva delle Amministrazioni locali di ‘soli’ 135 miliardi, in cui rientrano strade, porti, reti locali, ambiente eccetera.

Quanto ai due soli servizi (istruzione e sanità) dove Stato e Regioni hanno competenze condivise, i dati raccontano che per la scuola si spende troppo poco, mentre per la salute si spenda troppo e male.

Male non solo per i servizi scarsi o inutili che arrivano ai cittadini, ma soprattutto perchè, se le Regioni spendono tre volte tanto per ASL e ospedali di quanto spendano per tutto il resto, è presto spiegato il disastro italiano.

Infatti, con una sproporzione tale – in termini di volume finanziario e di bisogni dei cittadini da soddisfare – non è improbabile che non pochi consigli regionali siano ‘dominati’ da lobbies afferenti al settore sanitario, come non pochi scandali dimostrano, dalla Regione Puglia agli ospedali cattolici romani o milanesi.

D’altra parte, 116 miliardi di spesa sanitaria annui sono una cifra enorme che richiederebbe ben altro che una spending review, in questi tempi di crisi. Infatti, non saranno i 246.691 infermieri (10 mld di spesa annua?), i 46.510 medici di base ed 7.649 pediatri (altri 5-6 miliardi) coloro che inabissano la spesa del Servizio Sanitario Nazionale.

Dei restanti 100 miliardi va cercata e chiesta ragione ai medici ospedalieri ed ai consigli di amministrazione delle ASL, non ad altri.

Sarebbe interessante sapere anche perchè quei 300 miliardi di previdenza siano congelati nelle casse dello Stato, anzichè diventare denaro circolante, con un sistema di previdenza privata sotto controllo pubblico come in Germania.

Come anche, ritornando alle ‘spese dell’Amministrazione Centrale’ per 182 sonanti miliardi di euro, sarebbe bello sapere in cosa consistano, visto che i beni monumentali languono e le infrastrutture attendono.

Sarebbe importante sapere, anche e soprattutto nell’interesse di Roma Capitale, quanta parte di questi miliardi siano andati a costituire lo strabiliante PIL che per anni fu vanto di Walter Veltroni e delle sue giunte e di cui, da che c’è crisi, non sembra esserci più l’ombra. Ma questa è un’altra storia.

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Eurozona? I soliti tedeschi …

11 Giu

Alla fine del 1943, i territori europei controllati dalla Germania del III Reich erano, nella sostanza, quelli dove era solido il senso di appartenenza alla ideologia nazionale germanica. Altrove, lo sfondamento degli Alleati e l’appoggio massivo della popolazione impediva ai soldati della Wermacht una resistenza adeguata.

Questa è la cartina che indica, grosso modo, i territori rimasti in mano alla Germania dopo l’Armistizio italiano e la Liberazione di Parigi.

La cartina di seguito, invece, descrive l’Eurozona ed, in particolare, quella rigidamente germanocentrica che Angela Merkel, Mario Monti e Corrado Passera difendono a spada tratta.

Incedibile, vero?

E possiamo notare come poco sia combiato dal 962 dopo Cristo, quando Ottone I cinse il capo con la corona imperiale.

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Dunque, stando alla geografia politica ed economica, siamo alle solite, come da mille anni a questa parte, con i  Guelfi ed i Ghibellini ad investire in fabbriche e commerci, per loro avidità, ma sempre pronti a batter cassa ‘a Sud’ se i conti, poi, non tornano.

E, sempre come al solito, – come accade quando c’è qualcuno che impone regole in nome del ‘buon esempio’ ma guardando al protafogli  – anche questo  (quarto) ‘tentativo’  di un’Europa germanocentrica ci riporta ad un continente con tre anime e tre stili: uno sassone-normanno, uno celto-latino ed uno germanico-polacco.

Tra meno di dodici mesi voteremo per il Parlamento Europeo – una babele di migliaia di deputati – ma il governo d’Europa, mancando una Costituzione, resterà altrove.

E questo non è bene.
Come non vanno (più) bene – in Italia come altrove – le isterie sullo spread e le minacce di default, il campo libero agli speculatori ed il moloch ‘svalutazione’, gli aiuti agli Stati in difficiltà ed i tabù sul welfare, gli aiuti alle banche, ma non ad imprese e cittadini, e l’enorme spesa per le amministrazioni pubbliche.

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Il default italiano fu cospirazione?

8 Giu

Nel 2010, la Procura di Trani aprì un fascicolo, su denuncia dell’Adusbef e della Federconsumatori, in relazione ad un report di Moody’s che, nel maggio 2010, ‘certificava’ l’Italia come un “paese a rischio”. L’inchiesta si estese anche alle agenzie di rating Fitch e Standard & Poor’s.
L’ipotesi di reato, formalizzata in questi giorni, è di ‘manipolazione di mercato continuata e pluriaggravata’ e coinvolge, nella sostanza cinque oligarchi: Deven Sharma, presidente di Standard & Poor’s financial service,  Yann Le Pallec,  managing director del rating di Londra, Eileen Zhang, S&P Europe, Frankiln Crawford Gill e Moritz Kraemer, direzione europea del rating sui debiti sovrani.

Secondo la Procura di Trani, i dirigenti di Standard & Poor’s, “attraverso descritti artifici, a carattere informativo – costituenti condotte solo in apparenza lecite, ma effettivamente illecite per come combinate fra loro, con modalità e tempi accuratamente pianificati – fornivano intenzionalmente ai mercati finanziari, quindi agli investitori, un’informazione tendenziosa e distorta (come tale anche “falsata”) in merito all’affidabilità creditizia italiana ed alle iniziative di risanamento e rilancio economico adottate dal governo italiano, per modo di disincentivare l’acquisto di titoli del debito pubblico italiano e deprezzarne, così, il valore”.

Il Corriere della Sera riporta anche che “l’ad per l’Italia di S&P, Maria Pierdicchi, è indagata per favoreggiamento degli analisti a cui la procura di Trani ha notificato l’avviso conclusione indagini. … Pierdicchi fu ascoltata a Trani come persona informata dei fatt il 30 gennaio scorso. La sua audizione, durata quattro ore circa, riguardò in sostanza il percorso seguito dalle informazioni confidenziali – che per loro natura non possono essere rivelate prima di quelle ufficiali – che sfociarono nei report diffusi dall’agenzia di rating sul debito sovrano dell’Italia”.

Chiarita la posizione di Standard & Poor’s, che rischia il divieto ad operare in Italia oltre che condanne penali, rimangono aperte le indagini su Moody’s, l’agenzia che, mesi fa, ha declassato 26 banche italiane senza alcun rilievo o protesta da parte del Governo Monti, nonostante le allarmate reazioni dei partiti e nonostante l’intervento di Consob verso l’agenzia di rating.

Fatto sta che Mario Monti, fino a pochi mesi fa, era Senior European Advisory Council di Moody’s proprio quando, anche grazie alle ‘certificazioni’ delle agenzie di rating, si creava  quell’emergenza che lo ha portato a capo del governo.

Non credo accadrà mai che la Procura di Trani formalizzi anche a Moody’s l’accusa di aver diffuso “un’informazione tendenziosa e distorta (come tale anche “falsata”) in merito all’affidabilità creditizia italiana ed alle iniziative di risanamento e rilancio economico adottate dal governo italiano, per modo di disincentivare l’acquisto di titoli del debito pubblico italiano e deprezzarne, così, il valore”.

Infatti, se ciò accadesse e se, addirittura, si dovesse arrivare ad una condanna o, più rapidamente, a sanzioni della Consob, come evitare a Mario Monti e sodali l’accusa di cospirazione?

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