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Foucault e le riforme che Italia e Francia attendono da decenni

2 Mar

Nel 2009, la casa editrice Sense Publishers di Rotterdam nei Paesi Bassi pubblicava un interessante saggio intitolato “Governmentality Studies in Education” ed ispirato al pensiero di Michel Focault.
Di seguito – tradotti in italiano – alcuni stralci significativi di una “raccolta che utilizza la nozione di ‘governatività’ di Foucault per identificare e analizzare i principali modelli e caratteristiche del liberismo economico”, che … sembra non sia ancora pervenuta a chi si occupa di servizi pubblici in Francia come in Italia, in particolare scuola, università e sanità.

“Il neoliberismo ha trionfato ed è diventato oggetto di studio, mentre in Francia , dato il relativo predominio del partito socialista, abbiamo dovuto lottare per venti anni per produrre una riflessione su un sociale ‘disaccoppiato’ dal socialismo e affrontata in termini di governabilità della democrazia.

Per quanto riguarda la prospettiva di Foucault, è con le sue lezioni del 1976 che inizia a prendere le distanze dal ideali militanti del tempo. La discussione in quelle lezioni di Sieyès e Terzo sembra già prefigurare le successive riflessioni sulle capacità formidabili del liberalismo come una razionalità politica.

Il recepimento dell’analisi di Foucault sul neoliberismo , purtroppo, spesso sembra essersi appiattito in una serie di generalità polemiche, ideologiche e globalizzanti, facendo a meno del tipo di indagine descrittiva che Foucault aveva intrapreso nel 1979 sui vari avatar del neoliberismo con la loro specificità nazionale, storica e teorica.

Michel Foucault aveva inventato un metodo unico per riconsiderare i nostri modi di pensare a tutti quegli oggetti apparentemente universali come la follia, delinquenza , sessualità e governo. Per lui non si trattava di mostrare la loro relatività storica , né rifiutare la loro validità, come spesso si sostiene, ma piuttosto, era proprio sostenendo a priori la loro inesistenza a disfare tutte le certezze di che essi sono oggetto, come ad esempio la loro ‘storicità’ pura . Questo gli ha permesso di chiedersi come ciò che non esisteva avrebbe potuto avvenire, come una serie di pratiche potrebbe essere strutturata per produrre, in relazione a ciascuno di detti oggetti , un regime di verità, un fatto di potere e di conoscenza combinata , che permetta di dire, finché il citato regime di verità ha imposto la sua efficacia , cosa fosse vero o falso in questioni di follia, delinquenza, sessualità e di governo.

La concorrenza non è un fenomeno naturale, ma un meccanismo formale, un modo di agire efficace sulle disuguaglianze, lasciando nessuno al sicuro nel dominio della propria posizione . Pertanto, il ruolo dello Stato è di non intervenire a causa del mercato, ma per il mercato, in modo che sia sempre mantenuto e che  il principio della parità diseguale sortisca il suo effetto. La concorrenza non è un fatto naturale.
Deve suoi effetti per l’essenza che detiene … La concorrenza è un eidos , un principio di formalizzazione … è in qualche misura un gioco formale tra le disuguaglianze .

Secondo questa dottrina (ndr. il neoliberismo), in ogni caso, lo Stato deve procedere per favorire la solidarietà della società, ma solo quella. Si deve sapere come compensare le carenze del mercato per la protezione della popolazione  ma anche come prevenire che essa vada al di là del sociale e diveniti culla di un socialismo inteso come alternativa al mercato.
In Francia , “l’arte del non troppo, né troppo poco” come forma di governamentalità nel nome dell’utilità ha trovato una formulazione più metodica che nella maggior parte degli altri paesi europei – Regno Unito incluso – poiché ha mobilitato una conoscenza diversa da quello dell’economia politica (vale a dire , la sociologia) e un’altra terminologia , quella della solidarietà.
E la via utilitaristica ha diffuso questa “arte” in tutta Europa , anche in Francia, seppur sia la patria della sovranità nazionale.
D’altra parte, si dovrebbe considerare che quest’ultima non è mai stata sconfessata nella sua preminenza ideologica. Nemmeno lo è stato il socialismo – almeno quello democratico –  considerato da molti come la principale forma di realizzazione della sovranità.

L’idea che un governamentalità socialista è incoerente e può solo portare ad un governo amministrativo – aggiornamento, per così dire , della ragion di Stato o vergognosamente analogo al liberalismo ( Guy Mollet ad esempio) – tiene in scarsa considerazione questa perennità della sovranità che viene solo in parte vissuta come alternativa contro gli “eccessi” del liberalismo . Nel suo corso , inoltre , Michel Foucault insistette fortemente sulla assenza di razionalità governativa nel socialismo.

Per l’economia politica, lo scopo della ragione governativa non è più lo Stato o la sua ricchezza, come nel modello della ragion di Stato, ma la società, il suo progresso economico. Il suo ruolo non è pi quellodi trattenere una libertà , espressione della fondamentale cattiva natura degli uomini, ma per controllarla, e per questo motivo, vietarla, se necessario, mediante restrizioni. È una libertà che viene prodotta e che è da costruire.
Questa costruzione avviene attraverso interventi di Stato, non dal suo puro esemplice ritiro. Ma fino a che punto può e deve andare in questo interventismo senza rischiare di diventare il suo contrario , un nascosto o dichiarato  anti- liberismo? Questa domanda è il punto di partenza della riflessione neoliberista, sulla cui origine  Mr. Foucault manifestò le proprie riflessioni nel successivo corso del 1979, dal titolo “La nascita della bio- politica”.

L’Homo economicus dei liberali tradizionali era l’uomo di scambio, considerato come partner di un altro uomo durante lo scambio. Viceversa, l’homo economicus del neoliberismo è un imprenditore di se stesso, ha solo concorrenti. 
Anche il consumo diventa un’attività di impresa in base alla quale il consumatore impegna la produzione della propria soddisfazione. Quindi, non ha senso la contrapposizione tra produzione e consumo, tra il carattere attivo del primo e di quello passivo o alienato di quest’ultimo.
Denunciare la società dei consumi o la società della spettacolo è un errore di questa epoca, come il far finta che l’uomo del neoliberismo è un uomo di scambio e di consumo se lui è prima di tutto un imprenditore. È il problema di redistribuzione e del divario redditi che crea uomini come consumatori. Viceversa, la “politica della società” trasforma un uomo in imprenditore, cioè qualcuno che si trova in un gioco e si da da fare per aumentare il suo successo in un sistema in cui le disuguaglianze sono necessarie perchè più efficaci e stimolanti  di quanto siano note le grandi lacune.

La questione del ruolo dello Stato è una dimensione che associa da vicino la terza via al neoliberismo. Per esempio, respinge chiaramente tutto ciò che la Sinistra francese continua a mantenere come un dominio dello stato: nazionalizzazioni , pubblici servizi strutturati come ‘clero’ dello Stato , ecc. Tuttavia , questo non significa voler ridurre lo Stato ad un ruolo figurativo. Esso assume un rulo di dichiarato sostenitore delle  “politiche della società”, secondo l’espressione neoliberista utilizzata per denominare l’interventismo destinato a portare qualsiasi attività sociale a regime di concorrenza.

Senza dubbio, i sostenitori della terza via (ndr. liberista) valorizzano autonomia e responsabilità individuale  come i neoliberisti. Li vedono come mezzi per contrastare l ‘aumento nel settore dei  servizi, che può aumentare  a dismisura se si rimane nella logica corrente di compensazione automatica per tutti i problemi reali per cui siamo portati a dispiacerci.
Per loro, però, essi (ndr.  autonomia e responsabilità individuale) sono solo uno (ndr. strumento) tra i tanti altri.

E, tra i tanti, ve ne è uno che caratterizza più direttamente questa politica corrente in quanto costituisce un’alternativa sia all’individualismo come al vecchia sinistra: è quello che sottolinea la dimensione collettiva e politica della prevenzione dei danni.
Vale a dire quella che sottolinea la nozione di azione comunitaria (in Francia si dovrebbe dire “collettiva” per evitare qualsiasi malinteso di questa espressione).

Ma, tanto come il neoliberismo si proponeva di portare “la politica della società”, la terza via si attrezza per ricostruire “una società politica”.

Demata

Gli autori della raccolta di saggi sono: Michael A. Peters (professore di Education presso the University of Waikato, New Zealand and Emeritus Professor in Educational Policy, Organization, and Leadership presso the University of Illinois at Urbana–Champaign), Mark Olssen (professore di Political Theory and Education Policy in the Department of Politics presso the University of Surrey), A.C. (Tina) Besley (direttore del Centre for Global Studies in Education Director e è professore al  Te Whiringa School of Educational Leadership and Policy, Waikato, New Zealand),  Susanne Maurer e Susanne Maria Weber  (rispettivamente professori di Erziehungswissenschaft/Sozialpädagogik e di Soziale, politische und kulturelle Rahmenbedingungen presso l’Institut für Erziehungswissenschaft der Philipps-Universität – Marburg).

Smart Cities e gli uomini coraggiosi

5 Dic

Mario Sechi scrive, oggi e molto autorevolmente, che “a portata di mano (e di cervello) c’è per esempio la «Big Society» di David Cameron, che anche in tempi di tagli e crisi da debito resta la migliore idea sul tappeto delle politiche liberali: l’associazionismo che si sostituisce allo Stato, i cittadini che ne governano alcuni settori, la politica che delega la gestione al popolo sul territorio”.

La mente corre subito al Report sulle Smart Cities che sta circolando da un mesetto tra gli addetti ai lavori.

Potremmo letteralmente parlare di un ‘viatico’ per il futuro sviluppo delle centralità metropolitane italiane ed europee e che, come tale, non può che raccogliere consensi ed entusiasmi.

Città ‘facili’ e ‘già pronte’, in cui il pubblico finanzia, organizza e poi si fa da parte alla libera azione dei cittadini e delle imprese.

Non il vecchio sistema di esternalizzazioni di servizi a carico del Fondo Sociale Europeo, madre di sprechi ed assistenzialismo, carriere e prebende, come larga parte della nostra partitocrazia sta intendendo.
Non una Nazione affollata da forse 50.000 diverse leggi e ben di più circolari con effetto regolativo, non uno Stato che monopolizza assistenza, previdenza, istruzione e comunicazioni, quasi che il Fascismo non fosse mai finito, non un territorio afflitto da mille Poteri che ha fatto del Principe di Machiavelli il suo inno di dolore.

Difficile non dubitare che l’apporto del Movimento Cinque Stelle in Parlamento non aggiungerà caos al caos.

Difficile pensare che il Partito Democratico di Bersani, Renzi, Vendola e D’Alema possa essere culturalmente in grado di gestire questo cambimento, visto che appare ancora esser sostenuto – quasi esclusivamente – da ‘suo’ elettorato post-comunista. Una democraticità che – piuttosto che le primarie – poteva e potrebbe essere gestita tramite la scelta (da parte degli iscritti) del programma tramite il WEB. Come stanno già facendo i Piraten, come si stanno preparando a fare – in un modo o nell’altro – i grandi partiti europei, che come noto non sono affatto di massa. Come potrebbe, ad esempio, fare il PdL o qualsiasi forza politica anche in Italia.

Impossibile pensare che, senza riforme profonde ed un cambio di mentalità decisivo, Roma, per quello che è ora dopo anni disastrosi, possa (ri)diventare una capitale dignitosa e funzionale, attraendo le risorse ed i finanziamenti che le servono per ristrutturarsi.

Difficile pensare che l’Italia non abbia nomi e blasoni tali da non poter raccogliere le istanze di gran parte dell’elettorato, disposto anche a far ancora sacrifici ed a ‘non dubitare’, ma solo in nome di un programma di governo che non si limiti agli intenti, come quello del PD, ad esempio.

Difficile credere che i Poteri non si rendano conto che solo una forza politica di cultura liberale possa risolvere e semplificare il groviglio di poteri condivisi, deroghe e seconde istanze su cui vive l’Italia che muore.

L’era politica di Silvio Berlusconi è al compimento e chi sa vincere sa anche ritirarsi al tempo giusto. Il partito da lui voluto e creato si sta rivelando un gigante dalle gambe d’argilla.
Ci sarebbe tutto. Da una diffusa mentalità liberale che ormai appartiene anche agli italiani – la cui riprova sono anche i ‘fai da te’ grillini o le ‘proteste fiscali’ dei leghisti – ad un tessuto informativo e comunicativo che, salvo La Repubblica e Santoro, ha ormai traslocato sulla Rete, all’esigenza che sentiamo ormai tutti, ad esempio, che le nostre pensioni non siano più solo nelle insicure mani dello Stato e dei nostri Sindacati oppure che i nostri Enti Locali non siano sempre meno trasparenti, sempre più spreconi, senza che si possa far altro che pagare.

Con il Porcellum ed una tornata elettorale così ravvicinata è quasi impossibile che possa nascere un’aggregazione politica che andrà a raccogliere quel 20% di voti che resteranno inespressi, non per protesta, ma per consapevolezza della situazione.

Ma si potrebbe almeno tentare.

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Spesa pubblica: due conti in croce

29 Giu

I dati forniti da SIOPE e diffusi mesi fa dall’Unione Province Italiane (link) descrivono la distribuzione della Spesa Pubblica italiana e forniscono – nell’estremo tentativo di salvare gli enti politici provinciali – un quadro alquanto desolante, per quanto relativo alla situazione generale, e fin troppo deludente per quanto inerente l’azione di governo esercitata da Mario Monti ed i suoi prescelti.

Infatti, mettendo in tabella i dati SIOPE-UPI sul 2011 insieme ai dati forniti dal Ministero dell’Interno e dal MIUR – riguardo le proprie spese (2010) – e dalle Regioni e Province – relativamente al numero dei consiglieri – ecco cosa ne viene fuori.

Dati che vanno letti considerando che un consigliere comunale del Comune di Sassari ci costa solo 13.338 Euro all’anno, trasferte e rimborsi inclusi. (leggi anche sui CdA, Lo scandalo degli Enti Strumentali)

Se questo è il costo dei cosiddetti ‘apparati’, ovvero dei consiglieri-parlamentari e dei rispettivi gruppi consiliari, non è che con la sommatoria – incompleta- della spesa pubblica si vada meglio.

Fatti salvi circa 11 miliardi di Euro spesi per il Ministero dell’Interno e palesemente insufficienti, non è chiaro per quali motivi l’Italia abbia una spesa per l’Amministrazione Centrale di quasi 200 miliardi a fronte di una spesa complessiva delle Amministrazioni locali di ‘soli’ 135 miliardi, in cui rientrano strade, porti, reti locali, ambiente eccetera.

Quanto ai due soli servizi (istruzione e sanità) dove Stato e Regioni hanno competenze condivise, i dati raccontano che per la scuola si spende troppo poco, mentre per la salute si spenda troppo e male.

Male non solo per i servizi scarsi o inutili che arrivano ai cittadini, ma soprattutto perchè, se le Regioni spendono tre volte tanto per ASL e ospedali di quanto spendano per tutto il resto, è presto spiegato il disastro italiano.

Infatti, con una sproporzione tale – in termini di volume finanziario e di bisogni dei cittadini da soddisfare – non è improbabile che non pochi consigli regionali siano ‘dominati’ da lobbies afferenti al settore sanitario, come non pochi scandali dimostrano, dalla Regione Puglia agli ospedali cattolici romani o milanesi.

D’altra parte, 116 miliardi di spesa sanitaria annui sono una cifra enorme che richiederebbe ben altro che una spending review, in questi tempi di crisi. Infatti, non saranno i 246.691 infermieri (10 mld di spesa annua?), i 46.510 medici di base ed 7.649 pediatri (altri 5-6 miliardi) coloro che inabissano la spesa del Servizio Sanitario Nazionale.

Dei restanti 100 miliardi va cercata e chiesta ragione ai medici ospedalieri ed ai consigli di amministrazione delle ASL, non ad altri.

Sarebbe interessante sapere anche perchè quei 300 miliardi di previdenza siano congelati nelle casse dello Stato, anzichè diventare denaro circolante, con un sistema di previdenza privata sotto controllo pubblico come in Germania.

Come anche, ritornando alle ‘spese dell’Amministrazione Centrale’ per 182 sonanti miliardi di euro, sarebbe bello sapere in cosa consistano, visto che i beni monumentali languono e le infrastrutture attendono.

Sarebbe importante sapere, anche e soprattutto nell’interesse di Roma Capitale, quanta parte di questi miliardi siano andati a costituire lo strabiliante PIL che per anni fu vanto di Walter Veltroni e delle sue giunte e di cui, da che c’è crisi, non sembra esserci più l’ombra. Ma questa è un’altra storia.

Leggi anche Tutti i numeri delle Province

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Un programma per l’Italia

2 Feb

Quando una nave affonda è fisiologico che, ad un certo punto, una parte dell’equipaggio continua a tentare di tappare la falla, mentre un’altra parte vorrebbe sfasciare il vascello per costruire delle zattere.
Uno dei motivi per cui su una nave “serve un comandante” è proprio questo: coordinare, con sufficiente autorità ed attendibilità, le manovre d’emergenza.

Detto questo, dato che molti si chiedono “quali sono le alternative a Monti”, andrebbe preso atto che questo quesito non può cancellarne un altro, ben più prioritario: Monti sta facendo la cosa giusta per l’Italia?

La risposta è tutta in questo post, che riporto, scritto l’11 agosto scorso, ovvero ben prima che la situazione precipitasse verso un inevitabile che inevitabile non era.

(Demata 11 agosto 2011) “PdL e Lega stanno predisponendo un enorme salasso senza riforme con l’avallo sostanziale del PD e dei media, che, seppur nel giustificato timore di “sollevare le masse”, evitano accuratamente di spiegare agli italiani le cause economiche dei mali attuali, equamente condivisi da destra e sinistra, e le soluzioni obbligate che, da questa generazione o da un’altra, andranno prese.

Quali potrebbero essere le vie d’uscita da questo drammatico cul de sac generazionale?

  • Patrimoniale “secca” sugli immobili, eccetto prime case, e sulle concessioni governative
  • Una tantum sulle pensioni e gli stipendi superiori agli 80.000 Euro annui
  • Riconduzione di tutte le pensioni ad un livello massimo pari al corrente stipendio d’ingresso per la stessa qualifica/posizione
  • Riforma delle concessioni demaniali e cessione di aree demaniali per edilizia turistica
  • Equiparazione fiscale e patrimoniale delle Cooperative
  • Eliminazione dello scontrino fiscale e tassazione sul commercio in base agli ordinativi piuttosto che le vendite
  • Contingentamento delle dirigenze pubbliche ed esclusione dai compensi per la progettazione o la gestione di opere e servizi esternalizzati
  • Riduzione del numero di parlamentari ed istituzione del Senato Federale
  • Privatizzazione del sistema assicurativo dei lavoratori del settore privato
  • Defiscalizzazione dei premi ai lavoratori e dei contributi previdenziali od assicurativi
  • Limiti all’espansione della grande distribuzione nelle città ed interventi in favore delle aziende che operano da lungo tempo nei centri abitati
  • Riforma del sistema delle contrattazioni sindacali con maggiore apporto per gli accordi locali
  • Nuova legge elettorale e voto nel 2012
  • Nuove leggi sul conflitto di interessi e sulla Par Condicio
  • Smantellamento della televisione commerciale di Stato
  • Riforma delle norme sull’editoria, sia per quanto relativo ai finanziamenti pubblici sia per quanto relativo i rapporti tra editore e comitati di redazione
  • Legge nazionale per la democrazia interna nei partiti e nelle associazioni dei lavoratori o di categoria
  • Esclusione dei Sindacati dalla gestione di servizi pubblici esternalizzati
  • Federalizzazione su due sole entità macroregionali, oltre a Roma Capitale, a regime fiscale e contributivo differenziato
  • Trasformazione delle Provincie in Distretti amministrativi, con accorpamento dei comuni maggiori in Distretti Metropolitani
  • Accorpamento dei piccoli comuni fino a 5000 abitanti e consolidamento delle Comunità montane ed insulari
  • Concentrazione intorno alle Prefetture delle diverse Ammnistrazioni periferiche dello stato provinciali, unificazione dei database, dei procedimenti e delle certificazioni
  • Trasferimento delle Aziende di Stato, della Ricerca e dell’Energia al Ministero delle Infrastrutture
  • Reintroduzione del Genio Civile o di un’equivalente Authority
  • Prepensionamento per il pubblico impiego, con trattenimento di buona parte del TFR, e riorganizzazione della Pubblica Amministrazione
  • Reintroduzione della mezzadria e riforma dei sistemi consortili e cooperativi nell’agricoltura
  • Politiche fiscali che incentivino il trasporto su rotaia o via mare
  • Campagna di formazione permanente per gli adulti, finalizzata al conseguimento di un diploma
  • Razionalizzazione della rete formativa post-diploma ed universitaria
  • Maggiori finanziamenti e meritocrazia nel sistema scolastico con riduzione dell’età media del personale
  • Totale separazione delle carriere tra inquirenti, giudici ed avvocati
  • Riforma del Consiglio Superiore della Magistratura, come organismo “interno” al sistema giudiziario e con forti poteri disciplinari
  • Definizione di standard di qualità e di best pactices nel sistema giudiziario
  • Definizione delle sentenze “in base alle prove presentate” e non “in base a giusto convincimento”
  • Semplificazione dei codici di procedura giudiziaria e del sistema di notifica degli atti
  • Reintroduzione della nozione  in vigore prima di Tangentopoli di “rilevanza giuridica”, di “danno all’erario” e di “falso in bilancio”
  • Maggiori poteri alle Authority
  • Esclusione perpetua da tutti i pubblici uffici per i parenti (fino al secondo grado) di appartenenti ad organizzazioni mafiose
  • Amnistia per i reati di mafia e di crimine organizzato per coloro che seguano un piano pluriennale di formazione professionale e reinserimento sociale
  • Depenalizzazione del consumo di stupefacenti e dell’immigrazione clandestina
  • Costruzione di centri detentivi per la riabilitazione ed il reinserimento con aziende e scuole
  • Reintroduzione del “foglio di via” ed estenzione delle condizioni di flagranza di reato che giustifichino l’arresto
  • Esclusione dalle attenuanti e maggior sanzione per i criminali recidivi
  • Introduzione del “braccialetto elettronico, esclusione della libertà vigilata per i reati violenti
  • Obbligo per tutti i detenuti di attività lavorativa, in carcere per quelli pericolosi, all’esterno per i recuperandi
  • Istituzione di un servizio ispettivo nazionale per il sistema ospedaliero e di medicina di base
  • Obbligo per i medici dirigenti di superamento di una prova giuridico-amministrativa
  • Formazione/aggiornamento scientifico dei medici su base nazionale in base ad accordi Ministero_Farmaindustria
  • Obbligo per le Onlus operanti nel settore sociale e salutistico, di utilizzare almeno il 30% del fund rising in interventi diretti per i malati, come accompagno, assistenza e supporto, eccetera.
  • Obbligo per i grandi ospedali di dotarsi di strutture ricettive (bed & breakfast) per pazienti e familiari
  • Messa in carico delle malattie rare (8 milioni di italiani) presso ospedali generali o poliambulatori, con abbattimento dei rischi terapeutici e dei costi per accertamenti e cure

E’ troppo?

… a ben leggere, molte delle proposte risalgono addirittura a 20 anni fa, quando c’era da riformare la Prima Repubblica,  non poche dovrebbero essere già norma, in base alle leggi vigenti, ed alcune sono in via di emanazione come Direttive Europee.

Di tutto ciò Mario Monti ha fatto ben poco e, dunque, ha ragione De Magistris ad affermare che “questo esecutivo è un arroccamento dei poteri forti contro le istanze di cambiamento che provengono dalla società.

Ribadito il quanto, non resta che una sola domanda: se l’Italia, sostituito Berlusconi con Monti, avesse fatto lavoce forte, invece che i “compitini”, la Germania avrebbe o non avrebbe arretrato su ben più miti pretese?

Ebbene si, se volessimo parlare di politica economica nazionale, anche questo andrebbe chiesto.

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Non è più il ’78

31 Gen

Da tre giorni, Eugenio Scalfari e Susanna Camusso, “autoconvocatisi” a nome della sinistra intera, dibattono su fronti contrapposti riguardo il ruolo del sindacato nei rapporti con il governo (tecnico) e nella gestione della crisi.
Nonostante la lungaggine delle lettere pubblicate da La Repubblica, i concetti su cui si fonda il confronto, sono pochi e possono essere racchiusi in queste tre affermazioni.

Eugenio Scalfari (29 gennaio 2012) “La riforma della cassa integrazione è uno dei tasselli. Non piace alla Camusso e neppure alla Marcegaglia ed è evidente il perché. Infatti non potrà essere adottata se simultaneamente non sarà rinnovato e potenziato il sistema degli ammortizzatori sociali. In mancanza di questo il sindacato ha ragione di dire no per evitare quella macelleria che farebbe esplodere una crisi sociale estremamente pericolosa. Ma in presenza d’un meccanismo di protezione efficiente e robusto il sindacato dovrebbe farlo proprio e accettare la riforma della cassa integrazione.

Susanna Camusso (30 gennaio 2012) “La diseguaglianza è dettata dallo spostamento progressivo dei profitti oltre che a reddito dei “capitalisti”, a speculazione (o si preferisce investimento?) di natura finanziaria. Senza investimenti, si è scelto di produrre precarietà, traducendo l’idea di flessibilità invece che nella ricerca di maggior qualità del lavoro, di accrescimento professionale dei lavoratori, in quella precarietà che ha trasferito su lavoratori e lavoratrici le conseguenze alla via bassa dello sviluppo. In sintesi: lo spostamento sui lavoratori dei rischi del fare impresa.

Eugenio Scalfari (31 gennaio 2012) “L’intervista con Lama da me citata poteva essere di grande insegnamento: un dirigente sindacale metteva l’interesse generale al di sopra del pur legittimo “particulare” e faceva diventare il sindacato un protagonista attraverso una politica di sacrifici che andavano dalla licenziabilità alla moderazione sindacale, alla riduzione della cassa integrazione, con la principale finalità di far diminuire la disoccupazione e aprire l’occupazione alle nuove leve giovanili.

Sindacato un protagonista attraverso una politica di sacrifici?
Ma se dagli Anni 80 ad oggi il Sindacato ha solo perso potere e capacità propositiva, mentre i contratti di lavoro si appiattivano sull’ “adeguamento all’inflazione” e si sfilacciavano con la “flessibilità dei lavoratori”?

Interesse generale? Interessi particolari?
Ma se lo stesso Scalfari ricorda che “noi siamo uno spicchio della crisi”, perchè un sindacato nazionale non dovrebbe badare all’interesse “particulare”, come del resto accade in Germania, Stati Uniti o Cina?

La cassa integrazione va, questo è certo, riformata, anzi andava fatto almeno 30 anni fa, ma “non è più il ’78”, egregio dottor Scalfari …

Oggi, quando si parla di “meccanismo di protezione (sociale) efficiente e robusto”, non ci si rivolge “sic et simpliciter” agli operai sindacalizzati ed alle aziende da sostentare del Settentrione, ma ai milioni di disoccupati e sottoccupati del Sud, finora rimasti invisibili e … senza protezione, oltre che alle aziende soffocate dall’assenza di controlli efficaci da parte dello Stato centrale.

Non sembra che l’implementazione di uno stato sociale – cosa ben diversa dall’assistenzialismo ed il clientelismo – sia nelle intenzioni del governo Monti, di questo parlamento e, soprattutto, dei poteri forti internazionali.

Non è un caso che, mentre la Sinistra “storica” litiga sui fogli di la Repubblica, quella del Sud si riunisce a Napoli con tutt’altre opinioni, come ben ha espresso Luigi De Magistris, sindaco di Napoli ed esponente liberale nell’Italia dei Valori: “questo esecutivo è un arroccamento dei poteri forti contro le istanze di cambiamento che provengono dalla società.

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Ipsos MORI, default USA, indignados europei: specchi diversi di un tempo che cambia

14 Lug

Ipsos MORI, eminente ente di ricerca del Regno Unito, ha pubblicato uno studio  molto accurato sulla globalizzazione, che analizza nel dettaglio alcuni aspetti relativi alla soddisfazione dei cittadini ed ai relativi aspetti etici (link).

Innanzitutto, emerge che quasi nessuno “è contento della globalizzazione”: pressoche nessuno tra gli europei (ad eccezione dei polacchi), gli statunitensi e giapponensi è favorevole, mentre tra i paesi “entusiasti” solo l’India e la Cina Popolare raggiungono o superano il 30%.

La maggiore preoccupazione, che la globalizzazione induce nei cittadini, è la “disoccupazione” (50% delle persone), seguita dall’incubo della “povertà” (40%) e da una significativa attenzione a “crimini” e “corruzione” (oltre il 30%).

Nella sostanza, potremmo affermare che esiste una diffusa percezione di vivere in una società ingiusta e, probabilmente, illegale.

Non a caso oltre la metà degli intervistati, ad eccezione di Francia, Belgio ed Ungheria, è convinta che “lo Stato debba esercitare un controllo verso le Big Companies, pubbliche o private che siano”. Si va da un’adesione del 50% (USA e Italia) ad un exploit anche superiore all’80% per i paesi emergenti come India, Brasile e Cina Popolare.

La percentuale rasenta il plebiscito  se la domanda diventa “se il governo dovrebbe diventare più aggressivo nel regolamentare l’attività delle Big Companies nazionali o multinazionali“, con il 75% dei favorevoli in Europa, USA e G8.

Piuttosto ambiguo l’esito di un’altra coppia di indicatori, visto che tantissimi sembrano consapevoli che “gli investimenti delle Big Companies sono essenziali per lo sviluppo del paese”, oltre l’80%, ma le percentuali crollano al 42% nel Nordamerica ed al 31% in Europa, se gli si chiede se temono “eventuali ricadute occupazionali in conseguenza di restrizioni per le grandi aziende”.

Probabilmente, i cittadini dei “paesi avanzati”, europei e americani, vedono nelle “proprie” Big Companies un valore aggiunto di egemonia internazionale, ma, a differenza dei paesi emergenti, sono disposti a modificare il proprio stile di vita o le relazioni sociali, in cambio di maggiori garanzie verso corrotti e speculatori.

La battaglia del default statunitense, tra Obama ed i Reps del Congresso, è una delle tappe di questa istanza che dai cittadini si rivolge alla politica, alla finanza, al clero, all’impresa. L’impasse dell’euro-moneta, la fragilità dell’euro-politica, la coincidenza tra lobbies e partiti saranno un’altra tappa di questa lunga partita.

L’unica cosa certa è che adesso abbiamo una pietra miliare per indirizzare il rapporto tra politica, aziende e cittadini e questa è proprio  il documento dell’Ipsos MORI, che esce quasi in simultanea con l’emergere di “indignados liberali”, un po’ in tutta Europa, e con la “svolta” che, entro venti giorni, dovrà necessariamente imboccare l’America con tutto quello che ne conseguirà per l’area Euro e non solo.

11 domande

27 Ott

Dieci domande. Sono di moda 10 domande, così provo a farne anche io, anzi, esagero, ne faccio undici, … magari mi risponde La Repubblica …

  1. Arriva la Pandemia e la gente diffida dei vaccini. Vi sembra strano, se l’informazione parla di “un’influenza normale”, per non frenare i consumi e contenere le spese sanitarie?

  2. In Sicilia, tempo fa, una frana inondante ha raso al suolo case e distrutto vite. Non c’è stata neanche una colletta e s’è parlato di abusivismo, se non dei “soliti terroni”. Sarà per questa “falsa partenza” che nessuno ci racconta dello strano clima “tropicale” che imperversa sull’isola da un paio di mesi e del rischio idrogeologico che incombe?

  3. In Campania tutto tace salvo i soliti ammazzati, qualche arresto ed i soliti ragazzi pazzi. Eppure, era la regione più ricca del Mediterraneo fino a 150 anni e soprattutto una delle più fertili. Il disastro ambientale della Camorra e della monnezza ha dei corresponsabili, è evidente prim’ancora che comprovato. Come si fa a tacere su una possibile ricandidatura di Bassolino?

  4. La Finanziaria non c’è, non se ne parla e, per giunta,  le pressioni sono tali da costringere Tremonti a minacciare le dimissioni e pretendere la vicePresidenza. Intanto, la Crisi va a proseguire e, con un disoccupato ogni 10 occupati, è prevedibile che la criminalità comune e l’azione politica violenta aumentino. E’ mai possibile che il Parlamento, nonostante gli appelli di Napolitano e Fini, debba perder tempo sulla riscrittura del Lodo Alfano?

  5. Il tasso di disoccupazione vola oltre il 10% e la maggioranza dei maschi adulti non ha un diploma superiore. Speranze di riconversione o di innovazione praticamente a zero. Sarà per questo che nessuno parla di scuola ed università?

  6. Rutelli molla la Sinistra, rovinando la festa di Bersani, proprio mentre corre in fabbrica per riconciliarsi  con i “soliti” compagni.  Tutti ne parlano, ma perchè nessuno annota che, forse, con lui ci sono Cacciari e Soro e che la presenza di liberal-democratici, di “veri” laici nel PD è pressochè uguale a zero?

  7. Ci sono leggi precise sulla protezione dei minori nella visione televisiva, le cosiddette “fasce protette”, i ben noti bollini rossi o verdi. Mi sapete dire come fanno i programmi di quiz delle 20 a non incorrere in sanzioni, se mostrano  con sapienti inquadrature i microslip e annessi fondoschiena delle danzatrici? Non dovrebebro avere il bollino?

  8. Dopo 30 anni scopriamo che la Guerra di Segrate non si era mai conclusa e che c’è una sentenza, oggi, che ieri avrebbe cambiato l’intera storia del nostro Paese, se non mondiale. E’ mai possibile che sui Media non si legga una retrospettiva, un sunto, un inserto?

  9. Ogni tanto si sente parlare di bullismo. Un rogo qui, una devastazione lì, un pestaggio quando capita, qualche furtarello perchè no, l’immigrato bruciacchiato o l’handicappato schiavizzato come dessert. E’ il terrore di ritrovarsi i figli in Tribunale che ci fa passar per bulli dei giovani da soccorso psichiatrico che si avviano ad una carriera criminale?

  10. Si sente parlare spesso dell’aiuto dei nonni alle famiglie giovani, anche in termini finanziari e non solo di supporto, come normale. Eppure, nessuno si chiede come mai una pensione sia diventata più “sostanziosa” di uno stipendio? Cosa è accaduto con la conversione all’Euro?

  11. Napoli ha un patrimonio museale enorme, potrebbe attirare un flusso turistico ben superiore a Firenze e paragonabile a quello di Roma ed il Vaticano. Ha anche un’infinita serie di baie, calette e porticcioli, che meriterebbero, per la bellezza dei luoghi, una frequentazione del livello di Montecarlo e Cannes. E’ vero che ci sono i delinquenti, ma perchè, con tutti gli impegni per risanamento e sviluppo, gli aereoporti ed i treni finiscono tutti a Roma ed i porticcioli turistici si costruiscono a Montenero di Bisaccia od a Ladispoli?

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