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Covid-19: cosa sta accadendo nel mondo?

9 Set

Il coronavirus attacca di nuovo?
In Gran Bretagna, le prove suggeriscono che i contagi sono in numero crescente tale da preoccupare ospedali ed esperti sanitari.
Lo chiamano fenomeno “Barbenheimer”, perchè si ritiene, almeno in Gran Bretagna, che l’aumento dei casi sia stato facilitato all’inizio dei film di successo “Barbie” e “Oppenheimer” nei cinema britannici ed è noto che folle più numerose in spazi interni chiusi sono associate a un aumento del rischio di infezione da coronavirus.

I medici britannici chiedono già il ritorno alle mascherine.
La professoressa di Oxford Trisha Greenhalgh suggerisce di ritornare a indossare maschere in situazioni a rischio “vista la diffusione di nuove varianti”: l’infezione sta riprendendo slancio, soprattutto in Gran Bretagna e in Asia, come riferisce la BBC.

In Germania, a preoccupare non è tanto la variante Eris), che si sta diffondendo attualmente, quanto la variante BA.2.86, recentemente apparsa in molti paesi del mondo.

Secondo Isabella Eckerle, professoressa presso il Centro per le nuove malattie virali degli ospedali universitari di Ginevra, la nuova variante è “geneticamente diversa da Omicron quanto Omicron lo è dalle varianti precedenti”. Lo riporta la rivista Der Spiegel.
Si sospetta inoltre che gli anticorpi umani avranno difficoltà a riconoscere il nuovo mutante (fuga immunitaria). Se BA.2.86 riuscisse a superare le varianti attuali in termini di trasmissibilità, Eckerle prevede che il numero di infezioni aumenterà presto.

“Il virus non ha ancora finito con noi” ha avvertito la virologa “per me il Sars-CoV-2 appartiene a una categoria a parte; non è né un banale virus del raffreddore né può essere paragonato all’influenza o al RSV. Continuerà a far ammalare gravemente alcuni gruppi e a causare complicazioni. Ancora non ne comprendiamo il meccanismo”, citando il Long Covid o le malattie neurologiche causate dal Coronavirus e il diabete di tipo 1 che colpisce i bambini sotto i 5 anni.

Negli USA, giorni fa, si è tenuto il torneo di tennis US Open, dove non vengono richiesti test Covid né ai giocatori né agli spettatori. è andato avanti tra sintomi ormai noti: nausea, mal di testa, tosse, raffreddore, come fosse una variante Elis, insomma.
Le testimonianze sono diverse: la tunisina Ons Jebeur, al termine di una partita, ha ammesso di sentirsi come «uno zombie», mentre Iga Swiatek ha chiesto agli organizzatori di raccomandare l’utilizzo delle mascherine, Dominic Thiem non è riuscito a concludere il match contro l’americano Ben Shelton.

Inoltre, il ministro della Sanità tedesca, Karl Lauterbach, ha avvertito che gli ultimi dati sul coronavirus provenienti da New York sono “preoccupanti ” . Ha aggiunto: “Dobbiamo tenere d’occhio questo aspetto. Il nostro sistema di allerta precoce è attivo”.

Dagli USA, proprio la settimana scorsa, l’ OMS ha classificato “Eris” come una variante del coronavirus “di interesse” e anche negli USA sono sempre più numerose le voci che chiedono la reintroduzione delle mascherine.
“Permane il rischio che emerga una variante più pericolosa, che potrebbe portare a un improvviso aumento dei casi e dei decessi”, sottolinea il direttore generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus.

Eric Feigl-Ding, capo della Task Force COVID presso il New England Complex Systems Institute, ha invitato a proteggersi ancora una volta dalle infezioni da corona con le mascherine.
La mascherina potrebbe diventare di nuovo un accessorio quotidiano: gli esperti ritengono che il coronavirus diventerà probabilmente più diffuso in autunno e in inverno.

Per l’autunno e l’inverno ci si aspettano “molte infezioni, in tutti i gruppi della popolazione”, anche se non così gravi come all’inizio della pandemia del coronavirus. La “miscela di Sars-CoV-2, influenza, RSV e virus respiratori stagionali” che potrebbero portare a carenze di personale negli ospedali e negli studi medici.

Infatti, anche in Italia, le nuove raccomandazioni del ministero della Salute prevedono il ritorno dei tamponi in caso di pazienti sintomatici (o che hanno avuto contatti stretti con positivi) e per accedere alle residenze sanitarie per anziani (Rsa).
Tamponi non solo per il Covid-19, ma anche per la ricerca di altri virus (influenzali A e B, VRS, Adenovirus, Bocavirus, Coronavirus umani diversi da SARS-CoV-2, Metapneumovirus, virus Parainfluenzali, Rhinovirus, Enterovirus).

Con la nuova circolare ritorna l’uso delle mascherine nelle strutture sanitarie nei reparti dove sono in cura persone vulnerabili. E’ «un provvedimento che contribuisce a tutelare dal Covid-19 i pazienti fragili ricoverati o seguiti nei nosocomi», promosso dalla Federazione degli Oncologi, Cardiologi e Ematologi.

Intanto, un gruppo di ricerca internazionale della Piattaforma globale per la prevenzione del diabete autoimmune (GPPAD) ha trovato una nuova connessione tra lo sviluppo del diabete di tipo 1 e il virus SARS-CoV-2 nei bambini di età compresa tra 4 e 24 mesi.
Si tratta dello nello studio POInT (JAMA 2023; online l’8 settembre) effettuato in Germania, Polonia, Svezia, Belgio e Gran Bretagna.

Demata

Curarci da un medico No-Vax, perchè è ingiusto?

3 Nov

Nessuno si chiede cosa ne pensino gli assistiti (fragili o non fragili) mentre Giorgia Meloni paga le sue promesse elettorali al popolo dei No-Vax e … val bene di farne un elenco.

Ad esempio, noi … li ricordiamo tutti quei sanitari impegnati calcolare la distanza di uno starnuto, mentre c’era da preoccuparsi del fiato e da indossare le mascherine. Medici No-Vax che furono subissati dai loro stessi colleghi dei reparti in prima linea che stavano a contarsi i morti.

E ricordiamo tutti la frase fatta “tanto anche il vaccinato può contagiare come chi non lo è”, anche se ormai nel III Millennio fin dal quarto anno di liceo scientifico “biologia + matematica applicata” insegnano che c’è qualcosa chiamato ‘carica virale’ e qualcos’altro chiamato ‘probabilità’ che messi insieme significano ‘prevenzione’.

Infine, dovremmo anche ricordare tutti quale è stato l’effetto di quell’approccio ‘medico’: dubbio, confusione, opposizione.

Cioè centinaia di migliaia di anziani che – non vaccinati neanche per l’anti-polio – hanno ben pensato di non farlo neanche per il Covid, anche se … ogni anno fanno ressa per vaccinarsi dall’influenza.
E milioni di adulti che – ascoltando gli ‘esperti’ – non si sono vaccinati anche se – ‘assembrandosi’ in piazzetta o al bar o in discoteca o in un centro commerciale – avrebbero costituito un serio rischio per la salute pubblica.

Se questi sono i ‘risultati’, viene spontanea la domanda: “quanti casi gravi, quanta folla in rianimazione, quanti giorni di lockdown, quanti strascichi sulla società e l’economia … avremmo avuto IN MENO senza la campagna No-Vax?”

Dunque, è ben prevedibile che tra tanti di noi assistiti dal Sistema Sanitario (che ci siamo vaccinati e protetti come si doveva) possa esserci una diffusa preoccupazione di ritrovarsi affidati a quei medici che in questi due anni hanno optato per l’esatto contrario.

Tanto ma tanto di più che “l’allarmante” reato approvato nello stesso CdM contro 51 o più ravers, radunati per 2-3 giorni ad impasticcarsi in un bivacco senza bagni, senza docce sufficienti e senza neanche un’ambulanza che li possa aiutare.

E’ ingiusto affidare chi – anziano, fragile o caregiver – è stato in lockdown per due anni, vaccinandosi più volte, seguendo attentamente le indicazioni delle Autorità Sanitarie, ad … un sanitario che non considera tutto questo come ‘una buona pratica medica’.

La libera scelta del medico e del luogo di cura costituisce principio fondamentale del rapporto medico-paziente. Nell’esercizio dell’attività libero professionale svolta presso le strutture pubbliche e private, la scelta del medico costituisce diritto fondamentale del cittadino.

Il Governo potrebbe anche ricordare – a sua volta – che noi vaccinati siamo la grande maggioranza degli italiani e che … è un diritto degli assistiti a scegliersi il medico liberamente, cioè chiunque di noi può scrivere alla ASL e/o al proprio ospedale di riferimento e chiedere di NON essere assegnato a sanitari No-Vax.

Dunque, se i sanitari NoVax hanno rivendicato che è “vietato qualsiasi accordo tra medici tendente a influire sul diritto del cittadino alla libera scelta” c’è che per noi assistiti “il medico può consigliare, ma non pretendere, che il cittadino si rivolga a determinati presidi, istituti o luoghi di cura.
A partire dai medici direttori di ASL e Ospedali: se un assistito non vuole rivolgersi ad un medico NoVax, ha il diritto di non farlo.

A.G.

Aborto, divorzio e diritti: cosa cambierà?

23 Ott

Il 20 novembre 1989 quasi 200 nazioni ratificarono la Convenzione universale sui diritti del fan­ciullo, tra queste l’Italia che poi approvò anche la legge 27 maggio 1991, n. 176.

Dunque, sono 30 anni che vige la Convenzione per cui «il fanciullo, a causa della sua immaturità, ha bisogno di una protezione speciale, anche giuridica, sia prima che dopo la na­scita».

Cioè la Convenzione sui diritti del fanciullo si applica anche ai ‘nascituri’ (al ‘concepito’) come ai figli delle coppie che si separano. E i nostri codici ne tutelano solo per gli aspetti patrimoniali, nonostante l’articolo 22 della Costituzione stabilisca che «nessuno può essere privato […] della capacità giuri­dica », cioè della così detta ‘attitudine’ alla titolarità dei diritti.

Riguardo “i diritti dei figli nella separazione dei genitori” dal 2018 in Italia esiste una Carta apposita (LINK) a cura dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, che sancisce come i figli hanno diritto a:

  • al rispetto dei loro tempi per elaborare la separazione, per comprendere la nuova situazione, per adattarsi a vivere nel diverso equilibrio familiare, per abituarsi ai cambiamenti,
  • non essere coinvolti nei conflitti tra genitori,
  • essere ascoltati nelle decisioni assunte dai genitori,
  • ricevere spiegazioni sulle decisioni prese, in particolare quando divergenti rispetto alle loro richieste e ai desideri manifestati,
  • ricevere spiegazioni non contrastanti da parte dei genitori.

Non è difficile immaginare quale effetto avrebbero questi diritti sui doveri genitoriali e – soprattutto – sull’ampiezza di intervento di assistenti sociali e magistrati, se … questi diritti fossero effettivamente garantiti ai nostri bambini e/o adolescenti quando i genitori divorziano.
Ad esempio, corrispondendogli un risarcimento in proporzione al comportamento inaccettabile di uno o ambedue i genitori.

Riguardo i nascituri, è la stessa legge che consente l’aborto in Italia (legge 22 maggio 1978, n. 194) a sottolineare che lo Stato «tu­tela la vita umana fin dal suo inizio» (art. 1).
Infatti, già nel 1996 il Comitato nazionale di bioetica italiano (CNB) affermava: «il dovere mo­rale di trattare l’embrione umano, sin dalla fecondazione, secondo i criteri di rispetto e tutela che si devono adottare nei confronti degli individui umani a cui si attribuisce comunemente la caratteristica di persone».

Questo comporta che l’aborto sia una decisione di un genitore (la madre) verso una “vita umana” ed una “persona”, come nella Legge 194 che, oltre a sancire la tutela della vita umana fin dal suo inizio,

  • garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile,
  • riconosce il valore sociale della maternità 
  • esclude che l’interruzione volontaria della gravidanza sia un mezzo per il controllo delle nascite,
  • ordina che i servizi socio-sanitari evitino che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.

Dunque, a parte gli aborti per condizioni patologiche del nascituro e grave rischio per la salute fisica della madre, la Legge 104 consente “nei primi novanta giorni di gravidanza” la possibilità di abortire per propria scelta, ma solo a condizione che la donna “accusi circostanze che comporterebbero un serio pericolo per la sua salute psichica” in caso di parto.

Paradossalmente, la norma – dopo aver ben chiarito che è solo per cause di salute e non per limitare le nascite – consente l’aborto anche semplicemente in considerazione delle “condizioni economiche, o sociali o familiari” della madre, escludendo – anche in questi casi – che il padre del concepito sia titolare di alcun diritto sul feto. Del resto, anche nel caso di una coppia coniugata, nulla fa riferimento alla salute psichica del padre o alle sue condizioni in caso di parto come di aborto, .

A quarant’anni dalla sua adozione, resta ancora da garantire il pieno accesso alla gravidanza come prevista dalla legge (ed alla sua eventuale interruzione).

E così sarà finchè le Regioni non offriranno adeguati servizi di Consultorio previsti dall’art. 2 della legge 104, elidendo il proprio dovere ad assistere le situazioni problematiche ed a “superare le cause che possono portare all’interruzione della gravidanza” e continuando a precludere il diritto delle donne in stato di gravidanza alle informazioni e agli accessi per le opportunità, i diritti e i servizi previsti per le gestanti. Incluso il diritto ad assistenza durante la gestazione – specie se indigenti – ed il diritto di lasciare il bambino in affido all’ospedale per una successiva adozione e restare anonima.

Mancando tutto questo su un arco di 30 anni, come anche per quanto riguarda l’educazione all’uso sicuro di contraccettivi, resta solo da chiedersi quanto l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite e se sia questo … il motivo della diffusa obiezione di coscienza tra i professionisti sanitari.

Demata

Sanità Lazio, Zingaretti va via: inizia la conta dei debiti

8 Ott

Potevano essere approvati 4 mesi fa i bilanci consuntivi della Sanità laziale, ma c’era in ballo la credibilità del “Campo Largo” di centrosinistra del duo Zingaretti (PD) – Lombardi (M5S).

Così è andata che solo ieri abbiamo scoperto che “sette aziende ospedaliere del Lazio l’anno scorso hanno accumulato perdite per quasi mezzo miliardo di euro” (Il Tempo) ed è solo la punta dell’iceberg.
Qualcosa di veramente incredibile, se si considera che nel 2021 i servizi (e la relativa spesa per prestazioni e consumi) erano calati “del 20,3% le prestazioni ambulatoriali e specialistiche; 2 milioni in meno di prestazioni indifferibili (-7%) rilevate dall’Istat; 1,3 milioni di ricoveri in meno (- 17%) denunciati dalla Corte dei Conti” (Sole24ore).

Nell’ordine, tra i sette “primatisti” dello sfondamento di bilancio abbiamo

  • Umberto I = 127 milioni di € (saranno 155 come da delibera apposita?)
  • San Camillo-Forlanini = 134 milioni
  • San Giovanni-Addolorata = 79 milioni di €
  • Sant’ Andrea = 49 milioni di €
  • Tor Vergata = 47 milioni di €
  • Ares = 31 milioni di €
  • Ifo-Regina Elena = 42 milioni di €
  • Poi c’è il resto, con debiti ad una cifra.

In questa follia regionale da mezzo miliardo di euro l’anno (almeno …), però, è possibile individuare dei fattori che possano indicarci una soluzione.

San Camillo-Forlanini e Umberto I sono dei policlinici come Sant’Andrea e Tor Vergata, ma sono esposti quasi del doppio.
La loro più vistosa differenza è nelle strutture: le prime vecchie oltre un secolo, le seconde costruite meno di 40 anni fa. Quanto costa la obsolescenza in termini di manutenzione, consumi e sprechi ? Ambedue i lotti erano cedibili, ma ci fu chi si oppose, ma oggi dobbiamo chiederci: con quelle perdite milionarie ogni anno quanti ospedali nuovi si costruiscono in dieci anni?

E se confrontiamo tutti e quattro i policlinici ‘pubblici’ in perdita sia tra di loro sia con il Gemelli e il Campus, come non notare che l’efficienza gestionale genera economie e qualità, come l’accettazione di solventi produce utili e sostiene l’eccellenza che servono a tutti?

Ares  è il servizio di soccorso e allarme sanitario in sede extra ospedaliera attivo in Italia e dunque è difficile comprendere come possa essere in rosso in alcune Regioni e per entità stratosferiche come nel Lazio.
A maggior ragione è poco comprensibile se Ares si basa quasi completamente sull’operato delle associazioni di volontariato, che forniscono i mezzi sanitari (ambulanza, automedica etc.) e il personale soccorritore, in convenzione con le locali centrali operative del 118. Associazioni che a loro volta possono percepire il 5xmille come fornire servizi di trasporto in ambulanza a privati.

Poi, c’è Ifo-Regina Elena con ‘soli’ 42 milioni di € di debito, che però sono un’enormità, considerate le dimensioni e soprattutto che si occupa solo e specificamente di dermatologia ed oncologia.
Infatti, a parte il potenziale originario della struttura rimasto inespresso già solo nel creare un parcheggio adeguato, l’aspetto disarmante è che queste due branche della medicina solitamente garantiscono utili aziendali, sia come cure palliative o estetiche sia come finanziamenti alla ricerca sia come gestione residenziale e solventi.

Nella sostanza, le voragini gestionali (e di bilancio) come quelle del San Camillo e Umberto I non si ristrutturano in un anno o due, come potrebbe avvenire per le altre strutture fortemente indebitate come Sant’Andrea e Tor Vergata, intervenendo sulla gestione del personale, sui contratti di prestazione e forniture esterni e sull’apertura a servizi pro soluto.

La domanda per i due policlinici centenari è un’altra: quanto si ricava a venderli tenuto conto del pregio architettonico, della logistica e della centralità e quanto costano due strutture equivalenti, moderne, funzionali, ergonomiche per sostituirli?


Come c’è la realtà degli Ifo, che avevano tutte le premesse per volare alto e diventare un polo attrattivo a livello internazionale, ma (come raccontano persino delle interrogazioni parlamentari di 20 anni fa) non c’è speranza finchè l’Ente preposto (la Regione) non interverrà sugli Statuti degli Irccs, ancora oggi modellati secondo la realtà esistente 40 anni fa.
Per gli Ifo è solo una questione di volontà politica, che evidentemente finora non c’è stata, non solo a Roma, ma per gli Irccs tutti che attendono una riforma dal Parlamento.

Risanare il debito regionale, sottoscrivendo un mutuo pesantissimo che ingessa bilanci ed organigrammi, ma in cambio lascia immutata lo status quo, … non porta agli stessi risultati positivi del lasciarsi anche l’ossigeno per poter ristrutturare o investire impedendo l’innovazione e lo sviluppo.
Quanto ad offrire servizi pro soluto anche nelle strutture pubbliche, oltre agli utili, c’è che sono il miglior antidoto per il degrado dei servizi ‘uguali per tutti’, ponendosi come termine di confronto internamente alla struttura ed attraendo eccellenze che servono a tutti gli assistiti.

Speriamo solo che la prossima Giunta regionale non abbia i soliti paraocchi.

A.G.

Il ministro Speranza e l’indirizzo … senza speranza

4 Ott

Ve lo immaginate voi un Ministro che emette un Atto d’indirizzo poche ore prima di lasciare la propria funzione e ben 75 giorni dopo essere dimissionario come tutto il suo Governo?

C’è riuscito Roberto Speranza, dottore in scienze politiche, che, dunque, dovrebbe ricordare che il suo Atto vale solo per la durata del suo incarico e questo è il motivo per cui sono i ministri entranti e non quelli uscenti a formulare prima gli indirizzi e poi i decreti, a seguire le circolari.

Si tratta di sei articoli in tutto che auspicano (ndr. … è un atto di indirizzo) la ‘partecipazione’ delle associazioni di cittadini e pazienti nelle decisioni del ministero della Salute, ribadendone – però – sia la funzione di rappresentanza verso … i soli soci e sia i limiti posti dal conflitto d’interessi … su chiunque direttamente interessato o fruitore di un interesse economico.
Brevi riferimenti, ma chi ha studiato legge sa bene a quali incompatibilità si riferiscono.

Il bello di Speranza è che individua anche il ‘gestore’ di questa partecipazione nell’Ufficio “Relazioni istituzionali, produzione editoriale ed eventi”, della Direzione generale della comunicazione e dei rapporti europei e internazionali. Anche in questo caso, Speranza dovrebbe ricordare che a seguire l’Atto d’indirizzo del suo successore verranno diversamente articolati Direzioni, Uffici e Dirigenti, come accade ogni volta che cambia un governo o un governatore, perchè lo dice la legge.

Per non farsi mancare nulla, Speranza annuncia che è previsto un monitoraggio periodico degli effetti del percorso partecipativo sulla base di criteri generali come il completamento dei percorsi; efficienza dei processi; la produzione di output idoneo, la congruenza alle finalità, la generazione di cambiamento percepibile della realtà.

E qui entriamo davvero in un universo parallelo.
Un monitoraggio periodico va innanzitutto finanziato e … di bollinature o pareri del Mef o del Consiglio dei Ministri non se ne vedono. Eppure, sono essenziali per legittimare l’iter amministrativo. E non sembra ci sia la nomina di un dirigente e di un organigramma preposti a questo, a parte le risorse, tempi e scopi che sono a dir poco onerosi.

Poi, c’è che tra i criteri da scandagliare ci sono “efficienza dei processi” e “cambiamento percepibile della realtà”, rilevati con gli standard ministeriali dato che un monitoraggio prodotto da un Ministero va all’Istat, all’Ocse, all’Oms, alla Corte dei Conti e alla Commissione Europea, alle Regioni eccetera.

A tutt’oggi l’unico settore dove non sappiamo quanti e quali servizi genera la leva fiscale è quello del 5xmille, dunque un monitoraggio ministeriale sulla qualità dei servizi e sulla resa dei finanziamenti (di questo si tratta) non è uno dei tanti formulari che troviamo sui siti delle associazioni nè uno di quelli di post marketing che a volte arrivano.

Per farsi un’idea, l’esempio adatto può venire dal Sistema di Istruzione che dal 2012 si è dotato di un monitoraggio (SiDeBi) per risolvere la frammentazione, la farragine e l’inaffidabilità tipiche delle rilevazioni a rendiconto.

Per progettarlo – cioè trasformare i ‘criteri’ in item fruibili e omogenei – sono serviti quasi 2 anni e per metterlo in linea e raccogliere dati con regolarità più o meno 3-4 anni.
Eppure, la Scuola aveva già molte ‘competenze’ già implementate. Infatti, a differenza del socio-sanitario, la Scuola è normata uniformemente da leggi statali, ha dal 1974 un sistema partecipativo degli utenti ben radicato, buona parte dei sistemi informativi delle scuole nel 2012 già aveva un gestore nazionale, parte degli operatori erano già addestrati alle procedure di compilazione e, soprattutto, i criteri del settore istruzione fanno capo a standard internazionali o nazionali ben precisi e bipartizan.

Nel caso del Monitoraggio immaginato da Speranza, parliamo di oltre 7.000 patologie su una base di 60 milioni di assistiti diversamente da regione a regione, la medicina di base esternalizzata e i Fascicoli Sanitari Elettronici che stentano a decollare, circa 4.000 patologie per cui non sono stati istituiti i presidi e i percorsi previsti, una efficienza dei Livelli Essenziali d’Assistenza a macchia di leopardo, una situazione associativa che ancora esita a riconoscersi come “ente economico che si affianca alle istituzioni pubbliche e al mercato”.

Dunque, a parte la trasformazioni profonde, che sarebbero necessarie per un tale monitoraggio, forse non ci si rende conto delle eccellenze professionali che servono non solo per costruire un ‘modello’ e una ‘analisi’ ma soprattutto per ridurre allo stretto necessario i dati e le procedure, vista la notevole potenza di calcolo che comunque sarebbe richiesta.
Come, forse, non si intuiscono i maggiori obblighi e la migliore trasparenza anche per il III Settore, che ne derivano.

Ma quel che resta davvero un mistero è perchè il ministro Speranza non abbia emesso questo atto d’indirizzo alla fine all’inizio del suo incarico e con tanto di risorse e programmazione, almeno affinché restasse vigente per un po’.
A proposito, le testate e i siti che hanno annunciato l’Atto d’indirizzo daranno anche la notizia che è decaduto non appena giurerà il nuovo ministro?

A.G.

Droghe: la Destra al governo alla prova dei fatti

29 Set

Arrivata al governo dopo 75 anni all’opposizione, la Destra italiana è chiamata alla prova tra retorica e realtà in diversi ambiti, dall’immigrazione (cioè agricoltura e lavoro) alla salute (cioè eutanasia e cannabis terapeutica).

Retorica e realtà: un buon esempio è la cannabis terapeutica e ricreativa.
Cannabis che è al centro delle ‘attenzioni’ della Destra, seppur non comporti implicazioni ‘etiche ‘morali’, importanti come per l’eutanasia o il genderismo, e nonostante è stato un prodotto tradizionale italiano fino a 50 anni fa, sostenuto attivamente durante il Ventennio.
Cannabis che non è certamente la droga più allarmante tra gli under24, come vedremo.

Iniziamo col dire secondo il rapporto dell’European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction (EMCDDA), in 12 mesi la percentuale di persone tra i 15-64 anni che ha fatto uso di Cannabis è del 14,3% in Italia (dove è illegale), mentre in Olanda è del 5,4% (ed è legale).

Cioè non vi è un nesso causale tra diffusione e legalità se non ‘contrario’ come per tutti i proibizionismi: ciò che è vietato “attrae”.


Inoltre, quel 14,3% italiano andrebbe rivisto al ribasso, se consideriamo che la produzione di cannabis terapeutica italiana è limitata allo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze (Scfm), nella quantità di soli 250 chilogrammi l’anno (dati 2020), costringendo anche chi ne ha la prescrizione come antidolorifico o ansiolitico a ricorrere al mercato illegale.

Il “paradosso cannabis” in Italia è eclatante tra la facilità con cui quasi 2 italiani su cinque se ne approvvigionano e la difficoltà – viceversa – che incontrano i malati ad ottenerla in vece di oppioidi, barbiturici e psicofarmaci. Soprattutto, l’averla messa al primo posto come “problema droga nazionale” ha comportato una vistosa sottovalutazione di due fenomeni più pericolosi: alcol e cocaina.

Se l’alcol merita un discorso a parte rispetto alle altre droghe, dalla tabella si vede come in 12 mesi hanno fatto uso di cocaina almeno 2 su 100 degli italiani adulti (15-64 anni), mentre in Germania è l’1,2% e in Francia lo 0,8%.

Un pregiudizio che si ritrova amplificato proprio nei dati dei giovani under 24, a cui è rivolta l’attenzione dei proibizionisti anti-cannabis. Ebbene, gli under 24 oggi rappresentano in Italia circa la metà (1 su 100) dei consumatori di cocaina, la cui forte capacità di assuefazione lascia prospettive davvero poco lusinghiere per il futuro. Viceversa, tra i giovani under 24 italiani il consumo di cannabis è nella media (11.0%), più o meno come in Francia (12.7%) e UK (11%).
Inoltre, la diffusione tra i giovani italiani della cocaina è enorme rispetto all’Olanda (0,6% tra 15-64 anni), anche se lì la cannabis legale dovrebbe amplificare le dipendenze … secondo retorica, ma non secondo i fatti.

Chiariti i numeri reali e sfatati i pregiudizi, scoprendo che c’è un’allerta sul fronte della cocaina e su quello delle terapie del dolore, andiamo a vedere nella realtà le conseguenze della retorica.

Nel 2003, l’Eurispes presentò al Parlamento italiano un rapporto che confermava che i maggiori ricavi (40%) della criminalità organizzata derivavano dal traffico di droga, circa 26 miliardi di euro l’anno, con la ‘ndrangheta a detenere il primato con circa 10 miliardi di euro (link), grazie al monopolio sul traffico di cocaina.
Solo in un anno, i ricavi mafiosi dalla droga equivalgono a più di quanto basterebbe per riportare a nuovo tutte le scuole d’Italia, un’enormità.

In termini di bilancio pubblico, secondo uno studio condotto dall’Università di Messina nel 2021 (link), lo Stato riuscirebbe a risparmiare oltre 600 milioni di euro l’anno, che attualmente spende nel contrasto alla cannabis illegale.
Secondo quanto emerso dai sequestri, la stima è di circa 11 miliardi di euro in fatturato annuo lordo del mercato dell’erba legale in Italia e lo studio messinese prevede almeno 6 miliardi di gettito fiscale.
In realtà – quanto ai benefici per l’Erario – è solo una questione di accise e il grafico che segue da una chiara idea delle dimensioni finanziarie delle entrate tributarie in USA.

Insomma, tra le decine di miliardi l’anno decurtate alle mafie e al loro potere e con decine di miliardi l’anno di accise con cui risanare una nazione ‘grazie alla cannabis’, la Destra al governo adesso deve dimostrare di non fermarsi ai giardinetti ed agli spacciatori irregolari, quando parlava di sicurezza stando all’opposizione.


Non solo perché è la cocaina che si sta insinuando tra chi (già oggi od a breve) è/sarà “padre e madre di famiglia”, ma soprattutto perché oggi il Bilancio annuale della Regione Calabria ammonta a soli 5 miliardi di euro e quello della Sicilia a 18 miliardi annui, che in totale sono meno di quanto ricavava il crimine organizzato nel 2003 dalla droga e che – potenzialmente – va a riversarsi sul territorio.

Senza parlare del fatto che la terapia del dolore è una priorità non solo per la salute e il benessere delle persone, ma soprattutto per la spesa ospedaliera e sanitaria, come in termini di produttività e di consumi che vengono meno se un’intera famiglia è stravolta dalla sofferenza di un componente.
Quel che è certo – non per il popolino ma per la medicina e la scienza – è che un farmaco oppioide o un barbiturico da meno dipendenza e meno effetti collaterali della cannabis terapeutica, che a sua volta causa molti meno danni e dipendenza della nicotina e del tabacco.

Una opportunità (quella di adottare norme già diffuse in USA come in Europa) che potrebbe trasformarsi in un rischio, rimanendo con il pregiudizio “spinelli = demonio” e “mafia = lupara”.
Il rischio di trovarsi a fine legislatura con numeri peggiori dell’attuale, cioè meno risorse, più mafia, meno sicurezza, più cocaina (e più alcol, meno Stato nel Meridione.
O è meglio evitare il rischio di deludere la componente vetero-cattolica e perbenista dell’elettorato?

Benvenuti al governo di una Nazione: dalle strilla bisognerà passare alle soluzioni.
Secondo il Global Drug Survey 2018, l’Italia è il paese con più fa consumo di cocaina pro capite in Europa ed è terza nel mondo dopo Stati Uniti e Canada.  
ll numero di neet nella classe di età 15-34 anni, tra il 2007 e il 2014, è aumentato fino a raggiungere il primo posto nella classifica Eurostat nel 2020 con 3.085.000 unità. Di questi, ben 1,7 milioni sono donne.

Demata


Sette semplici frasi per comprendere la società

25 Set

Quando si accetta denaro senza averne il merito, solo chi è nato ladro può credere che sia un suo diritto quel che è frutto del lavoro altrui .

Quando il Potere si sostiene con crescita e consumi, solo uno stolto può credere che si alimenti impoverendo il Popolo.

Quando la Società e le Competenze si fanno complessi, solo uno sprovveduto può credere di metter becco senza studiare ore ed ore per mesi ed anni.

Quando la Scuola e l’Università diventano un ‘parcheggio’ per le nuove generazioni, questo è il segno inequivocabile del fallimento dei loro genitori.

Quando Sanità e Sociale sono uguali per tutti, hai la certezza di esser stato defraudato tutti i tuoi diritti, dato che la Salute e la Fortuna sono fattori personali.

Quando una Nazione vive con inferriate e allarmi alle finestre, questo è il segno che la Sicurezza per la gente è una chimera ed il crimine fa a modo suo.

Quando i Media e i Social diventano il regno di haters, affabulatori o manipolatori, allora sai che il Futuro non potrà essere che dei peggiori.

Questo è quello che è stato insegnato da che iniziarono le civilizzazioni 4-5.000 anni or sono e fino ad 2-300 anni fa.

D.

Le priorità elettorali dei partiti a confronto in 5 slide

13 Set

Sky ha annunciato per domani una serie di interviste con Calenda, Conte, Letta, Meloni, Salvini e … probabilmente quasi nessuno andrà a verificare se quel che viene detto corrisponde a quel che i programmi promettono e fanno fede.

Infatti, dalle interviste su media e social, si potrebbe pensare che i Cinque Stelle siano il partito del “Reddito” (minimo o di cittadinanza che sia), ma il loro programma a stento lo menziona come non menziona affatto l’assistenza/previdenza, mentre – sorprendentemente – è Azione-IV a nominarlo più volte.
A dircelo è la conta dei termini usati in proporzione alla diversa lunghezza dei programmi elettorali.

Oppure potremmo credere che la Sanità e la Salute siano una priorità, ma poi a ben vedere solo Cinque Stelle e Fratelli d’Italia guardano anche al ‘contraltare’ cioè invalidi e disabilità.

Come anche per ‘lavoro e occupazione’ a cui sembra dar gran conto il PD, ma purchè sia Terziario, a vedere l’importanza data ad Industria e Commercio.

Fino agli anziani, che non interessano a nessuno eccetto un po’ ad Azione/IV e le donne di gran lunga scavalcate dai ‘giovani’ e talvolta anche dagli “stranieri”.

O constatare che alla parola “sicurezza” non corrisponde con la “lotta alla mafia”, eccetto che per il PD. Eccetera eccetera.

A.G.

Sanità derubricata in Senato: la Medicina tace e il III Settore applaude?

29 Lug

La Salute delle persone può essere considerata come un’esigenza ‘sociale’ o ‘infrastrutturale’ delle comunità, a seconda che la visione della società sia socialista o liberale.

Nel primo caso la funzione è quella dei sanatori pubblici di due secoli fa, creati per dare “sollievo dal dolore e dalla sofferenza”, come si legge ancora oggi in qualche intestazione.
Nel secondo la funzione è quella dei sistemi pubblici e privati del secolo scorso, sorti per garantire una società di massa salubre, a partire dal contrasto delle epidemie e della mortalità infantile.

Due visioni che la Costituzione italiana distingueva tra art. 32 e art. 38, il primo per gli indigenti a vertere sulle tasse, il secondo per i lavoratori su base contributiva.
E così fu fino al 1974, poi la deriva.

Prima il commissariamento regionale delle Mutue insolventi, poi anche quello delle Mutue ‘in attivo’ onde finanziare quelle fallite, poi il trasferimento delle Casse previdenziali all’Inps, infine – azzerato l’articolo 38, il downgrade di tutto l’esistente (eccellenze incluse) a “Sanità universale” uguale per tutti, cioè quella degli indigenti dell’articolo 32, affiancata dal nascente volontariato che oggi chiamiamo III Settore … produttivo.

E così si arriva ai giorni nostri, cioè ieri (link), che il Senato ha azzerato la XII Commissione Igiene e Sanità, deliberando che per il futuro la Salute sarà accorpata con la XI Commissione Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale.

Possiamo tutti immaginare quanto tempo e priorità avrà la Sanità accorpata non solo con “lavoro pubblico e privato, previdenza sociale”, ma addirittura con gli “affari sociali” in una sola Commissione senatoriale.

Ma una Sanità ‘sociale’ assolve sempre e comunque allo scopo di essere ‘terapeutica’ oppure può accontentarsi di essere ‘palliativa’?

Questa è l’enorme differenza tra Ottocento e Novecento, se parliamo di Medicina prima ancora che di Salute e Sanità. Ed il futuro ‘secondo scienza e coscienza’ sono le cure personalizzate, non certamente uguali per tutti.
E se la Politica decide secondo i propri scopi spesso oscuri a noi di senso comune, davvero è assordante il silenzio delle Associazioni dei malati da cui non arriva una prece: come nel caso delle tante Regioni inadempienti … l’importante è la (propria) rappresentanza, come recitano i codici, non il risultato per tutti.

Va bene il ridotto numero di parlamentari che arriverà con la prossima legislatura, ma – dovendo accorpare e volendo scegliere proprio la Salute (che pesa a Bilancio molto più degli Affari Sociali …) – si poteva almeno tener conto la la Medicina è qualcosa di ‘scientifico’, oltre che ‘infrastrutturale’, come è l’Ambiente, e non qualcosa di ‘economico’, oltre che ‘sociale’, come è il Lavoro?

Demata

Posti letto e Omicron endemico: i numeri

5 Lug

Due giorni fa i ricoverati per Covid erano quasi 6.100 senza contare le terapie intensive: nello stesso giorno nel 2021 i ricoverati erano 2066, cioè erano un terzo, e nel 2020 erano 1305, quasi un quinto rispetto ad oggi. Dunque, è evidente un certo rischio che con l’autunno vadano a saturarsi di nuovo gli ospedali e che i servizi pubblici e privati risentiranno della diffusione dei contagi.

E per capire se e come questi posti letto ci sono / saranno, c’è da partire dal 1991, quando erano ancora sul nascere le RSA, istituite con la legge 67/88 e il DPCM 22.12.89, che poi andranno ad assorbire una discreta quantità di posti letto, precedentemente di ‘lungo degenza’ o di ‘medicina sociale’.

Nel 1991, (fonte Orizzonte Sanità) la Germania riunificata garantiva oltre 10 posti letto ogni 1.000 abitanti, la Francia meno di 6 e l’Italia circa 7, cioè c’erano quasi 400.000 posti letto.

TrueNumbers

Arrivati al 2012 (fonte Istat – Sanità e Salute 2015), i posti letto nelle strutture per l’assistenza residenziale erano 224.000, mentre negli istituti di cura del Ssn ci sono 199 mila posti letto. Cioè in lieve aumento complessivo.

Dal 2017 sono “circa 193 mila i posti letto in regime ordinario, con un trend in diminuzione rispetto agli anni precedenti”, ma nelle RSA i posti letto erano diventati 295.473, di cui la maggior parte (233.874) per anziani non autosufficienti (fonte Istat). In totale, nel 2017 il PL erano complessivamente quasi 500mila: rispetto al 1991 era il 20% in più, anche se differenziati in base alle differenti cure necessarie alle diverse età della vita.

Ma non bastano.

Non i posti letto ospedalieri ‘ordinari, forse, ma di sicuro quelli residenziali che vanno a sovraccaricare quelli ordinari se non sono sufficienti nel numero e nelle risorse.

Infatti, in Italia i posti letto nelle strutture residenziali ogni 100 anziani over 65 sono 1,9 contro i 5,4 in Germania, 5 in Francia, 4,6 in Austria e 4,4 nel Regno Unito. In Olanda e Svezia addirittura il 7,6 e il 7,1; la media europea è del 4,72 posti letto in RSA ogni 100 anziani over65. (fonte OECD, Health at Glance 2019)

Se l’Italia avviasse immediatamente un adeguamento alla media europea, passando da meno di 2 posti letto per anziano a quasi 5, nel 2025 serviranno ben 651.275 posti letto e quasi il triplo degli operatori. (fonte Osservatorio Settoriale sulle RSA)

Una carenza abissale inevitabile dopo la soppressione delle Mutue dei lavoratori (art. 38 Costituzione) avvenuta alla fine degli Anni ’70, che – viceversa – sono sopravvissute nelle altre nazioni proseguendo la tutela ‘sindacale’ della salute, che sia residenziale o domiciliare. Inutile dire che anche nell’assistenza domiciliare (incluso il medico di base) l’Italia non brilla con un mero 12% dei residenti che ne fruisce, mentre in Europa la media è al 20% con la Germania al 30% e la Francia al 50%.

Naturalmente, se almeno il doppio degli anziani potrebbe essere assistito in una RSA ed forse il triplo potrebbe avere il geriatra a domicilio, è conseguente che – a parte i costi e il disagio causati dalla dispersione – in caso di necessità anche differibili tutte queste persone vadano a gravare sugli accessi e poi sui posti letto ‘ordinari’ degli ospedali.

E – a proposito di posti letto, di residenze e di cure domiciliari – è arrivato il Covid con l’intenzione di … rimanere. Un Covid che il 7 aprile 2020 aveva fagocitato il 17% dei posti letto ‘ordinari’ (oltre alle RSA in stallo e le intensive al limite) e il 26 novembre 2020 aveva superato il 20%.

Poi, il lockdown, i comportamenti responsabili e – infine – il vaccino hanno riportato la situazione ai limiti della normalità, ma per oltre un anno i ‘soliti’ malati cronici o rari o acuti si sono trovati in serie difficoltà per accedere alle ‘solite’ unità, centri e pronti soccorsi. Arrivati ad oggi, il lockdown è finalmente finito, ma i comportamenti ritornano disattenti, mentre scopriamo che i vaccini faticano a controllare le varianti Omicron che a loro volta possono reinfettare la stessa persona.

Oggi, anche se le terapie intensive non sono sovraffollate, accade che il 30 giugno scorso avevamo tre volte i ricoveri per Covid del 2021 e cinque volte quelli del 2020.

E se – nonostante i lockdown – il 30 gennaio del 2021 e del 2022 i posti letto occupati da ammalati di Covid erano circa 22.000, quanti saranno alla stessa data del 2023 senza almeno ritornare a comportamenti più attenti e responsabili, in attesa del rinnovo vaccinale?

Come fare – comunque anche senza calamità naturali – a garantire i posti letto che servono ma anche le cure ambulatoriali che mancano, se devono rivolgersi al Sistema Sanitario ‘ordinario’ anche quei milioni di anziani italiani che in Europa avrebbero un’assistenza residenziale o geriatrica domiciliare, con più efficacia e maggiore efficienza cioè più soddisfazione e una certa economia?

E quali prospettive non solo per gli ‘anziani’ ma per oltre la metà della popolazione ormai over50enne, cioè con discrete probabilità di essere già affetta da una o due patologie croniche (fonte Istat-Inps)?

A.G.