Tag Archives: legge 104

Aborto, divorzio e diritti: cosa cambierà?

23 Ott

Il 20 novembre 1989 quasi 200 nazioni ratificarono la Convenzione universale sui diritti del fan­ciullo, tra queste l’Italia che poi approvò anche la legge 27 maggio 1991, n. 176.

Dunque, sono 30 anni che vige la Convenzione per cui «il fanciullo, a causa della sua immaturità, ha bisogno di una protezione speciale, anche giuridica, sia prima che dopo la na­scita».

Cioè la Convenzione sui diritti del fanciullo si applica anche ai ‘nascituri’ (al ‘concepito’) come ai figli delle coppie che si separano. E i nostri codici ne tutelano solo per gli aspetti patrimoniali, nonostante l’articolo 22 della Costituzione stabilisca che «nessuno può essere privato […] della capacità giuri­dica », cioè della così detta ‘attitudine’ alla titolarità dei diritti.

Riguardo “i diritti dei figli nella separazione dei genitori” dal 2018 in Italia esiste una Carta apposita (LINK) a cura dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, che sancisce come i figli hanno diritto a:

  • al rispetto dei loro tempi per elaborare la separazione, per comprendere la nuova situazione, per adattarsi a vivere nel diverso equilibrio familiare, per abituarsi ai cambiamenti,
  • non essere coinvolti nei conflitti tra genitori,
  • essere ascoltati nelle decisioni assunte dai genitori,
  • ricevere spiegazioni sulle decisioni prese, in particolare quando divergenti rispetto alle loro richieste e ai desideri manifestati,
  • ricevere spiegazioni non contrastanti da parte dei genitori.

Non è difficile immaginare quale effetto avrebbero questi diritti sui doveri genitoriali e – soprattutto – sull’ampiezza di intervento di assistenti sociali e magistrati, se … questi diritti fossero effettivamente garantiti ai nostri bambini e/o adolescenti quando i genitori divorziano.
Ad esempio, corrispondendogli un risarcimento in proporzione al comportamento inaccettabile di uno o ambedue i genitori.

Riguardo i nascituri, è la stessa legge che consente l’aborto in Italia (legge 22 maggio 1978, n. 194) a sottolineare che lo Stato «tu­tela la vita umana fin dal suo inizio» (art. 1).
Infatti, già nel 1996 il Comitato nazionale di bioetica italiano (CNB) affermava: «il dovere mo­rale di trattare l’embrione umano, sin dalla fecondazione, secondo i criteri di rispetto e tutela che si devono adottare nei confronti degli individui umani a cui si attribuisce comunemente la caratteristica di persone».

Questo comporta che l’aborto sia una decisione di un genitore (la madre) verso una “vita umana” ed una “persona”, come nella Legge 194 che, oltre a sancire la tutela della vita umana fin dal suo inizio,

  • garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile,
  • riconosce il valore sociale della maternità 
  • esclude che l’interruzione volontaria della gravidanza sia un mezzo per il controllo delle nascite,
  • ordina che i servizi socio-sanitari evitino che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.

Dunque, a parte gli aborti per condizioni patologiche del nascituro e grave rischio per la salute fisica della madre, la Legge 104 consente “nei primi novanta giorni di gravidanza” la possibilità di abortire per propria scelta, ma solo a condizione che la donna “accusi circostanze che comporterebbero un serio pericolo per la sua salute psichica” in caso di parto.

Paradossalmente, la norma – dopo aver ben chiarito che è solo per cause di salute e non per limitare le nascite – consente l’aborto anche semplicemente in considerazione delle “condizioni economiche, o sociali o familiari” della madre, escludendo – anche in questi casi – che il padre del concepito sia titolare di alcun diritto sul feto. Del resto, anche nel caso di una coppia coniugata, nulla fa riferimento alla salute psichica del padre o alle sue condizioni in caso di parto come di aborto, .

A quarant’anni dalla sua adozione, resta ancora da garantire il pieno accesso alla gravidanza come prevista dalla legge (ed alla sua eventuale interruzione).

E così sarà finchè le Regioni non offriranno adeguati servizi di Consultorio previsti dall’art. 2 della legge 104, elidendo il proprio dovere ad assistere le situazioni problematiche ed a “superare le cause che possono portare all’interruzione della gravidanza” e continuando a precludere il diritto delle donne in stato di gravidanza alle informazioni e agli accessi per le opportunità, i diritti e i servizi previsti per le gestanti. Incluso il diritto ad assistenza durante la gestazione – specie se indigenti – ed il diritto di lasciare il bambino in affido all’ospedale per una successiva adozione e restare anonima.

Mancando tutto questo su un arco di 30 anni, come anche per quanto riguarda l’educazione all’uso sicuro di contraccettivi, resta solo da chiedersi quanto l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite e se sia questo … il motivo della diffusa obiezione di coscienza tra i professionisti sanitari.

Demata

Stefano Cucchi la punta di un iceberg: quali tutele per i malati italiani?

7 Nov

La Stampa una frase particolarmente significativa del dottor Paolo Arbarello – il perito verso il quale la famiglia del povero Stefano Cucchi oggi reclama: «Non è stato semplice muovere rilievi a dei colleghi».

Prendiamo atto: in Italia non è affatto semplice per dei medici «muovere rilievi a dei colleghi» – figurarsi accusare – neanche se c’è da fare giustizia per un morto ammazzato. A dirlo è l’ex direttore di medicina legale della Sapienza.
Sarebbe, dunque, bello che l’Ordine dei Medici e il Ministero della Salute rassicurassero noi comuni mortali quanto meno monitorando affinchè i medici non diventino ancor più – nell’immaginario collettivo – un’ avida, sprecona e omertosa casta di cui sani e malati devono diffidare.

E sarebbe anche cosa urgente, se Stefano Cucchi, dopo ben due passaggi in ospedale, «è morto per il dolore tremendo alla colonna vertebrale ed all’addome per un globo vescicale di urina di ben un litro e mezzo che gli ha prodotto lacerazioni interne». Non basta che i medici coinvolti nel caso Cucchi furono giustamente condannati in prima udienza per omicidio colposo: se accade una cosa del genere ad un epilettico significa che nei due Pronti Soccorsi erano saltati tutti i protocolli …

Come anche un pestaggio in carcere non dovrebbe – ma può – accadere, visto che si accomunano uomini privi di libertà con altri dotati di potere assoluto: la sociologia ha ampiamente dimostrato la problematica. Ma non deve assolutamente accadere che vada impunito che si infierisca – senza intenzione di uccidere ma con brutalità – su un tossicodipendente, epilettico e denutrito: non fu un caso il ministro La Russa espresse “sollievo per i militari mai coinvolti”, riferendosi ai carabinieri che avevano arrestato Stefano Cucchi.
Non si comprende davvero come gli autori del pestaggio siano andati assolti anche dal semplice reato di percosse.

Una questione che non riguarda solo i detenuti o i malati di epilessia – e altre malattie ‘convulsive’ – come Stefano Cucchi.
Avere difficoltà a «muovere rilievi a dei colleghi» riguarda tutti – malati, pubblici impiegati, cittadini e giovani in cerca di lavoro – se poi va a finire che si da la caccia ai falsi invalidi ma poi scopriamo che l’Istat dichiarava per il 2012 che una buona fetta dei lavoratori over55  soffriva di almeno due patologie di rilievo e un terzo era in ‘condizioni di salute non buone’.

I medici e le strutture sanitarie di questi malati provvedono di norma ad informarli dei loro diritti e delle opportunità previste, consegnandogli certificazioni dettagliate e prescrivendo tutele adeguate? E questi malati – se voglio agire a tutela dei propri interessi – riescono a trovare dei medici che non abbiano serie difficoltà a «muovere rilievi a dei colleghi»?
Se sono ancora al lavoro, invece che in pensione liberando posti, e se l’Inps conta 6 milioni di invalidi – mentre la media dovrebbe essere di 8,5 se applicassimo gli standard europei – è evidente che almeno una parte dei malati non ha pieno accesso ai propri diritti per errore o negligenza medica nell’informazione e nella canalizzazione del paziente all’interno del sistema sanitaario , ovvero nella gestione ‘burocratica’ (che burocratica NON è) del malato.

Come sarebbe la crisi italiana se i nostri medici avessero operato almeno da dieci anni nel rispetto delle norme europee, in modo da garantire il dovuto accesso per i malati – anziani o meno – con serie situazioni invalidanti ai propri diritti ? Quanti posti di lavoro in più avremmo, quanta liquidità circolante ci sarebbe, quanta automazione e semplificazione avremmo guadagnato nel turn over?
Quanto ci costa non riconoscere i nostri malati e/o non tutelarli adeguatamente dall’errore e dalla negligenza medica in sede di informazione e di indirizzamento, come di prescrizione e di tutele?

E perchè lo Stato non interviene se uno dei migliori medici legali d’Italia precisa che non è «semplice muovere rilievi a dei colleghi», ma lo stesso non accade se si tratta di categorie come ingegneri, chimici, biologi, magistrati, avvocati eccetera?
Perchè su Stefano Cucchi – epilettico e tosssicodipendente – le associazioni dei malati taccciono?

leggi anche Stefano Cucchi, le colpe di tutti

originale postato su demata

Legge di Stabilità? No, è una patrimoniale

13 Ott

Oggi l’ANSA ha diffuso una lista delle principali misure contenute nella Legge di Stabilità. Un provvedimento che è anche una minipatrimoniale, che però colpisce solo lavoratori dipendenti e proprietari rurali, ed è anche un’ulteriore stretta sul welfare, dato che prevede un’ulteriore riduzione dei servizi per malati, anziani e bisognosi.

Riguardo gli aspetti ‘patrimoniali’, le norme più vistose sono:

  1. Aumento dell’IVA di due punti, di cui il primo decorre dal 2012 ed il secondo ‘si vedrà’. Una decisione che accentuerà la recessione, colpisce il settore terziario e creerà non pochi problemi, perchè ‘retrottiva’, con i gestori internazionali di vendite on line.
  2. Riduzione dell’IRPERF, una mossa che può essere di preludio, visto quanto finora fatto dal Governo Monti, per la concessione di maggiori poteri fiscali alle Regioni. Non illudiamoci.
  3. Tassazione dei Tfr, che non è altro che una tassazione ‘postuma’ sui redditi, che – si noti bene – colpisce chi non è ancora andato in pensione e che ha già subito notevoli ‘econonomie’ e dilazioni.
  4. Riduzione il tetto della deducibilità fiscale per le auto aziendali: una misura che contribuirà ad innalzare i costi aziendali ed a ridurre le vendite di auto di fascia medio-alta. Aggiungiamo che gli aumenti salariali aziendali saranno tassati nel 2013 al 10% entro il limite di 3.000 euro lordi e possiamo immaginare chi i colletti bianchi non voteranno assolutamente.
  5. Obbligo di rivalutazione del 15% per i redditi dominicali e agrari: una minipatrimoniale che colpisce solo le aree rurali del Paese.
  6. Tetto di 3.000 euro per la detraibilità fiscale: una misura che colpisce ‘i contribuenti più ricchi’, come li chiama il Corriere della Sera, ovvero quelli che dichiarano più di 15 mila euro l’anno. Più ricchi o meno poveri?

Andando ai servizi, gli interventi di maggior rilievo sono:

  1. Aumento dal 4 al 10% l’Iva sull’assistenza socio sanitaria offerta dalle cooperative sociali: una misura che colpisce direttamente i disabili, gli anziani ed i minori a rischio, gli operatori notoriamente sottopagati. Una misura iniqua che si abbina all’assoggettamento all’Irperf delle pensioni di invalidità e come le riduzioni stipendiali sui permessi previsti dalla legge 104/1992 per genitori e fratelli disabili.
  2. Sconto fiscale pari al 19% dell’imposta lorda per le erogazioni liberali al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato, una norma che azzererà la contribuzione per il 5xmille, cassando tanti interventi socio sanitari e  tanta ricerca scientifica. Una batosta che si aggiunge ai ‘risparmi’ di 1,5 miliardi sulla spesa sanitaria per l’acquisto di beni, servizi e dispositivi medici.

Anche altre misure vanno a comporre questo patchwork chiamato ‘stabilità’ …

  1. Aumento definitivo delle accise sulla benzina e il gasolio: un balzello iniquo ed indecente, visto che include anche quella per il terremonto in Abruzzo, dove non è che si sia ricostruito granchè.
  2. Stanziati per il 2013, 1,6 miliardi per il trasporto pubblico locale, 800 milioni di euro per la RFI e 300 milioni per l’Anas. Speriamo solo che sia vero e … che gli autobus e  le vetture da acquistare saranno di produzione italiana.
  3. Aumento di 1 miliardo per i tagli lineari alle le regioni a statuto speciale, ma il budget delle Università potrà crescere del 3% all’anno e per alcuni enti di ricerca del 4%. 160 milioni per la Campania e quasi altrettanti per i comuni in fase di pre-dissesto finanziario. Una goccia nel mare.
  4. Vendita di beni demaniali attraverso fondi immobiliari, un’innovazione discutibile, visto che era finora stata evitata a causa della facilità con cui possano verificarsi sia il riciclaggio di denaro sporco sia svendite e speculazioni.
  5. 300 milioni di euro serviranno  “per far fronte agli oneri derivanti da transazioni relative alla realizzazione di opere pubbliche di interesse nazionale” (leggasi Ponte sullo Stretto), cosa di cui il Ministro Passera dovrebbe avere una chiara nozione provenendo proprio dalla banca che garantì in extremis i prestiti indispensabili  per avviare le opere.
  6. Tagli dell’illuminazione nelle strade, di cui non sembra siano quantificati gli effettivi risparmi. Ad ogni modo: degrado metropolitano, infortunistica stradale e malavita ringraziano. Aumenteranno anche i premi assicurativi?

Arriva anche la Tobin Tax? Sembra di si: secondo il Corriere della Sera “dal testo del provvedimento, che non può ancora considerarsi definitivo, emerge infine un nuovo particolare relativo alla tassa sulle transazioni finanziare. A pagare lo 0,05% sul valore del contratto saranno infatti «in parti uguali le controparti dell’operazione ». Compratore e venditore, dunque, divideranno il costo della Tobin tax.”
Un invito agli italiani ad investire sul ‘mattone’ od a tenere i propri risparmi sotto il materasso? Forse si.

Cosa aggiungere ad un quadro così fosco?
Che è ‘very impressive’ il dato che emerge da tutte le manovre di governo, susseguitesi nel corso degli ultimi 10 mesi.
Un dato che dimostra come si stia evitando accuratamente di toccare gli interessi acquisiti, ma non necessariamente eterni, di alcune categorie di italiani, che appaiono singolarmente omologhe agli attuali governanti: gli over-65 in buona salute, i redditi superiori agli 80.000 euro, gli apparati spreconi ed inamovibili, come le elite universitarie o bancarie.

Raining stones … mala tempora currunt.

originale postato su demata

Tagliare gli invalidi

17 Feb

Il governo leghista di Berlusconi e Bossi si appresta a varare nuove leggi riguardo l’invalidità e le malattie croniche o rare.

I confronti con gli altri paesi europei sono impossibili, dato che altrove la previdenza è privatizzata come l’assistenza sanitaria ed il sistema fiscale ed i servizi pubblici hanno ben altra efficienza e ben altra economicità. Basti dire che paghiamo molto più dei tedeschi e dei francesi per avere molto meno e di dubbia qualità, e che la commistione tra fiscalità, assistenza e previdenza non coinvolge solo le ASL ed i servizi sociali, ma tutto il sistema italiano, tra cui INPS e Sindacati nei CdA.

Ovviamente, vista la vergogna generale, è meglio parlar d’altro e così iniziano a circolare le “solite” statistiche che ci raccontano dei “soliti” meridionali e dei “ligi” settentrionali, con le solite “disastrose” percentuali del Sud e quelle “economiche” del Nord senza, però, aggiungere nulla sulla anzianità della popolazione, sul tipo di lavoro svolto, sull’aspettativa di vita, sugli infortuni  e gli incidenti, sulle patologie genetiche “etniche” (ballo di San Vito, anemia falciforme, eccetera), sulla maggiore replicanza di una patologia in famiglie numerose, sul minore ricorso all’aborto terapeutico.

Una tipica operazione di disinformazione atta a fomentare pregiudizi etnici o razziali, classificata e descritta sia Walter Lippmann sia da Kurt Lewin, se qualcuno studiasse ancora giornalismo e/o comunicazioni di massa.

Acclarata la furbastra manovra  mediatica, di cui si spera si accorgano anche i media, passiamo agli invalidi, che sono la cosa che conta.

Dovremmo, innanzitutto, partire dal fatto che l’Italia già non riconosce a pieno numerose patologie che la materia medica internazionale classifica come invalidanti. Un fenomeno abbastanza tipico, se parliamo di malattie rare, di cui, ovviamente, non gliene frega niente a nessuno, visto che ormai siamo alle associazioni dei malati fondate dai medici e che, a 10 anni dalla legge sulle malattie rare, ancora non sono pubblicati i dati relativi al numero dei malati ed ai centri di riferimento, ammesso che qualcuno li abbia forniti o raccolti.

Subito dopo, dovremmo  spiegare ai cittadini che “riducendo le invalidità” si riduce automaticamente il diritto a tante prestazioni, più o meno costose, con il risultato che ci sono malati più malati ed indifesi di prima.

Infine, c’è da chiedersi perchè così tanti invalidi in Italia, sussidiati od occupati che siano.

Innanzitutto, per i malati con malattia genetica riscontrata, ricordiamo che vengono spesso diagnosticati tardi e male, nonchè seguiti peggio, con il risultato che, ad esempio, una malattia come la porfiria, gestibilissima in Svezia, diventa devastante in Italia, che non si cura neanche di creare e monitorare i centri cui la sua stessa legge la obbliga.

Chiaramente, dopo 20-30 anni di cure e diagnosi sbagliate o carenti, il malato è diventato un invalido grave. La malasanità, che le statistiche descrivono come incredibilmente bassa nel nostro paese,  ha un effetto devastante sui malati cronici, i quali  non possono far altro che peggiorare.

Ma non solo, visto che hanno un peso anche le altre carenze dei servizi pubblici nella manutenzione stradale e nella mobilità, ad esempio, come nei controlli sulla sicurezza sul lavoro o nell’assistenza alle famiglie a rischio, per non parlare della scarsità di centri geriatrici adeguati o dell’impossibilità di negoziare il prepensionamento con l’INPS o con l’INPDAP.

Carenze ed inadempienze che vanno ad aggiungersi al fatto che molti invalidi ricevono un sussidio ridicolo (2-300 euro), che degrada la loro condizione ed incrementa la condizione invalidante, e che i malati terminali neanche fanno a tempo ad ottenere l’invalidità e l’accompagno con enormi problemi per loro stessi e per le famiglie.

Siamo in un paese dove nessuno si prende cura dei cittadini sani, figuriamoci gli invalidi.

Ed infatti, a fronte di questo indegno disastro, nessuno si chiede, in parlamento come nelle redazioni e nelle parrocchie, quanto costerebbe in meno l’attuale sistema, se solo  i medici guadagnassero il 10% in meno.

Oppure, di quante economie e quanta salute potremmo godere se fossero più qualificati nel diagnosticare le malattie, che a ben vedere non sono proprio così tante, più informati per indirizzare consulenze ed esami, riducendo attese ed andirivieni, più collaborativi tra loro in modo da favorire la conoscenza biomedica, più formati come manager cui sono affidati personale, risorse e reparti?

Perchè far pagare a noi malati (ed al mondo del lavoro che ci cura ed assiste)  la loro incapacità e la loro sete di profitto?