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Curarci da un medico No-Vax, perchè è ingiusto?

3 Nov

Nessuno si chiede cosa ne pensino gli assistiti (fragili o non fragili) mentre Giorgia Meloni paga le sue promesse elettorali al popolo dei No-Vax e … val bene di farne un elenco.

Ad esempio, noi … li ricordiamo tutti quei sanitari impegnati calcolare la distanza di uno starnuto, mentre c’era da preoccuparsi del fiato e da indossare le mascherine. Medici No-Vax che furono subissati dai loro stessi colleghi dei reparti in prima linea che stavano a contarsi i morti.

E ricordiamo tutti la frase fatta “tanto anche il vaccinato può contagiare come chi non lo è”, anche se ormai nel III Millennio fin dal quarto anno di liceo scientifico “biologia + matematica applicata” insegnano che c’è qualcosa chiamato ‘carica virale’ e qualcos’altro chiamato ‘probabilità’ che messi insieme significano ‘prevenzione’.

Infine, dovremmo anche ricordare tutti quale è stato l’effetto di quell’approccio ‘medico’: dubbio, confusione, opposizione.

Cioè centinaia di migliaia di anziani che – non vaccinati neanche per l’anti-polio – hanno ben pensato di non farlo neanche per il Covid, anche se … ogni anno fanno ressa per vaccinarsi dall’influenza.
E milioni di adulti che – ascoltando gli ‘esperti’ – non si sono vaccinati anche se – ‘assembrandosi’ in piazzetta o al bar o in discoteca o in un centro commerciale – avrebbero costituito un serio rischio per la salute pubblica.

Se questi sono i ‘risultati’, viene spontanea la domanda: “quanti casi gravi, quanta folla in rianimazione, quanti giorni di lockdown, quanti strascichi sulla società e l’economia … avremmo avuto IN MENO senza la campagna No-Vax?”

Dunque, è ben prevedibile che tra tanti di noi assistiti dal Sistema Sanitario (che ci siamo vaccinati e protetti come si doveva) possa esserci una diffusa preoccupazione di ritrovarsi affidati a quei medici che in questi due anni hanno optato per l’esatto contrario.

Tanto ma tanto di più che “l’allarmante” reato approvato nello stesso CdM contro 51 o più ravers, radunati per 2-3 giorni ad impasticcarsi in un bivacco senza bagni, senza docce sufficienti e senza neanche un’ambulanza che li possa aiutare.

E’ ingiusto affidare chi – anziano, fragile o caregiver – è stato in lockdown per due anni, vaccinandosi più volte, seguendo attentamente le indicazioni delle Autorità Sanitarie, ad … un sanitario che non considera tutto questo come ‘una buona pratica medica’.

La libera scelta del medico e del luogo di cura costituisce principio fondamentale del rapporto medico-paziente. Nell’esercizio dell’attività libero professionale svolta presso le strutture pubbliche e private, la scelta del medico costituisce diritto fondamentale del cittadino.

Il Governo potrebbe anche ricordare – a sua volta – che noi vaccinati siamo la grande maggioranza degli italiani e che … è un diritto degli assistiti a scegliersi il medico liberamente, cioè chiunque di noi può scrivere alla ASL e/o al proprio ospedale di riferimento e chiedere di NON essere assegnato a sanitari No-Vax.

Dunque, se i sanitari NoVax hanno rivendicato che è “vietato qualsiasi accordo tra medici tendente a influire sul diritto del cittadino alla libera scelta” c’è che per noi assistiti “il medico può consigliare, ma non pretendere, che il cittadino si rivolga a determinati presidi, istituti o luoghi di cura.
A partire dai medici direttori di ASL e Ospedali: se un assistito non vuole rivolgersi ad un medico NoVax, ha il diritto di non farlo.

A.G.

Il ministro Speranza e l’indirizzo … senza speranza

4 Ott

Ve lo immaginate voi un Ministro che emette un Atto d’indirizzo poche ore prima di lasciare la propria funzione e ben 75 giorni dopo essere dimissionario come tutto il suo Governo?

C’è riuscito Roberto Speranza, dottore in scienze politiche, che, dunque, dovrebbe ricordare che il suo Atto vale solo per la durata del suo incarico e questo è il motivo per cui sono i ministri entranti e non quelli uscenti a formulare prima gli indirizzi e poi i decreti, a seguire le circolari.

Si tratta di sei articoli in tutto che auspicano (ndr. … è un atto di indirizzo) la ‘partecipazione’ delle associazioni di cittadini e pazienti nelle decisioni del ministero della Salute, ribadendone – però – sia la funzione di rappresentanza verso … i soli soci e sia i limiti posti dal conflitto d’interessi … su chiunque direttamente interessato o fruitore di un interesse economico.
Brevi riferimenti, ma chi ha studiato legge sa bene a quali incompatibilità si riferiscono.

Il bello di Speranza è che individua anche il ‘gestore’ di questa partecipazione nell’Ufficio “Relazioni istituzionali, produzione editoriale ed eventi”, della Direzione generale della comunicazione e dei rapporti europei e internazionali. Anche in questo caso, Speranza dovrebbe ricordare che a seguire l’Atto d’indirizzo del suo successore verranno diversamente articolati Direzioni, Uffici e Dirigenti, come accade ogni volta che cambia un governo o un governatore, perchè lo dice la legge.

Per non farsi mancare nulla, Speranza annuncia che è previsto un monitoraggio periodico degli effetti del percorso partecipativo sulla base di criteri generali come il completamento dei percorsi; efficienza dei processi; la produzione di output idoneo, la congruenza alle finalità, la generazione di cambiamento percepibile della realtà.

E qui entriamo davvero in un universo parallelo.
Un monitoraggio periodico va innanzitutto finanziato e … di bollinature o pareri del Mef o del Consiglio dei Ministri non se ne vedono. Eppure, sono essenziali per legittimare l’iter amministrativo. E non sembra ci sia la nomina di un dirigente e di un organigramma preposti a questo, a parte le risorse, tempi e scopi che sono a dir poco onerosi.

Poi, c’è che tra i criteri da scandagliare ci sono “efficienza dei processi” e “cambiamento percepibile della realtà”, rilevati con gli standard ministeriali dato che un monitoraggio prodotto da un Ministero va all’Istat, all’Ocse, all’Oms, alla Corte dei Conti e alla Commissione Europea, alle Regioni eccetera.

A tutt’oggi l’unico settore dove non sappiamo quanti e quali servizi genera la leva fiscale è quello del 5xmille, dunque un monitoraggio ministeriale sulla qualità dei servizi e sulla resa dei finanziamenti (di questo si tratta) non è uno dei tanti formulari che troviamo sui siti delle associazioni nè uno di quelli di post marketing che a volte arrivano.

Per farsi un’idea, l’esempio adatto può venire dal Sistema di Istruzione che dal 2012 si è dotato di un monitoraggio (SiDeBi) per risolvere la frammentazione, la farragine e l’inaffidabilità tipiche delle rilevazioni a rendiconto.

Per progettarlo – cioè trasformare i ‘criteri’ in item fruibili e omogenei – sono serviti quasi 2 anni e per metterlo in linea e raccogliere dati con regolarità più o meno 3-4 anni.
Eppure, la Scuola aveva già molte ‘competenze’ già implementate. Infatti, a differenza del socio-sanitario, la Scuola è normata uniformemente da leggi statali, ha dal 1974 un sistema partecipativo degli utenti ben radicato, buona parte dei sistemi informativi delle scuole nel 2012 già aveva un gestore nazionale, parte degli operatori erano già addestrati alle procedure di compilazione e, soprattutto, i criteri del settore istruzione fanno capo a standard internazionali o nazionali ben precisi e bipartizan.

Nel caso del Monitoraggio immaginato da Speranza, parliamo di oltre 7.000 patologie su una base di 60 milioni di assistiti diversamente da regione a regione, la medicina di base esternalizzata e i Fascicoli Sanitari Elettronici che stentano a decollare, circa 4.000 patologie per cui non sono stati istituiti i presidi e i percorsi previsti, una efficienza dei Livelli Essenziali d’Assistenza a macchia di leopardo, una situazione associativa che ancora esita a riconoscersi come “ente economico che si affianca alle istituzioni pubbliche e al mercato”.

Dunque, a parte la trasformazioni profonde, che sarebbero necessarie per un tale monitoraggio, forse non ci si rende conto delle eccellenze professionali che servono non solo per costruire un ‘modello’ e una ‘analisi’ ma soprattutto per ridurre allo stretto necessario i dati e le procedure, vista la notevole potenza di calcolo che comunque sarebbe richiesta.
Come, forse, non si intuiscono i maggiori obblighi e la migliore trasparenza anche per il III Settore, che ne derivano.

Ma quel che resta davvero un mistero è perchè il ministro Speranza non abbia emesso questo atto d’indirizzo alla fine all’inizio del suo incarico e con tanto di risorse e programmazione, almeno affinché restasse vigente per un po’.
A proposito, le testate e i siti che hanno annunciato l’Atto d’indirizzo daranno anche la notizia che è decaduto non appena giurerà il nuovo ministro?

A.G.

Covid e contagiati: addio ospedali Covid-Free?

15 Gen

Le Regioni vorrebbero che i pazienti positivi ai test ma asintomatici, qualora assegnati in isolamento al reparto di afferenza della patologia, vengano conteggiati come “caso” Covid nel bollettino ma non tra i ricoveri dell’area medica, se ricoverati in ospedale per cause diverse dal Covid.
Le Regioni assicurano che salvaguarderanno il principio di separazione dei percorsi e di sicurezza degli altri pazienti, ma non si sa bene come e – comunque – sarebbe la fine degli ospedali Covid-free.

Intanto, i sanitari si sentono presi in giro, le statistiche e la valutazione della situazione ne risentirebbe, mentre il Ministero della Salute per ora resiste.

Secondo Anaao-Assomed e l’Ordine dei medici si tratta di ‘un “un “mero espediente di equilibrismo contabile”, un “gioco delle tre carte con i cittadini italiani nel ruolo del passante sprovveduto””, cioè di una “operazione di maquillage” che “occulta la gravità della pandemia” e serve solo a “risolvere il problema di non assumere altre misure restrittive”.

“Non si esce dalla crisi sulla pelle dei medici ospedalieri né rimanendo uguali a come si è entrati. Il gioco dei vasi comunicanti, prodotto dalla riconversione di interi reparti e dalla chiusura di attività ambulatoriali e chirurgiche non urgenti, porta acqua alla pandemia parallela delle prestazioni rinviate, negazione di un diritto costituzionale e causa di future malattie”.

Già, il ‘gioco dei vasi comunicanti‘ che i malati rari conoscono purtroppo molto bene, dato che ha affossato le norme nazionali del settore, lasciando intatti i reparti ospedalieri preesistenti e abortendo la crescita dei Centri e dei servizi territoriali per milioni di persone.
O quello dei malati cronici che si ritengono ben felici di un farmaco di classe A da ritirare in un ambulatorio, perchè è già tanto con una terza media (o anche meno) ed una vita di contribuzione al minimo (se non sussidiata).

Ma la legge, il buon senso, il diritto, l’istruzione e anche le Regioni nelle loro pretese al Governo garantiscono “il principio di separazione dei percorsi“.
Quali percorsi?

Quelli che già ora non esistono per malattie croniche e rare, cioè praticamente tutte?
E con quali organigrammi? Quelli che da anni i vari istituti e aziende sanitarie non inviano ad Anac?

Ma soprattutto – dalla parte dei malati cronici e rari – la questione di fondo è un’altra, se passasse la richiesta delle Regioni: addio ospedali e ambulatorio Covid-Free?

Infatti, tutti questi malati ritengono il proprio ospedale o ambulatorio un luogo sicuro, perchè richiedono a tutti una dichiarazione se “negli ultimi 14 giorni hanno avuto contatti con qualcuno affetto da sintomi respiratori o in isolamento fiduciario o popolazione a rischio”.

Ma cosa succede se i pazienti ricoverati in ospedale per cause diverse dal Covid positivi ai test e asintomatici vengono conteggiati solo nel bollettino, ma non tra i ricoveri dell’area medica?

Se i percorsi di cura non esistevano già prima della pandemia grazie al “gioco dei vasi comunicanti” e se il caso di Covid non è registrato tra i ricoveri dell’area medica, come si garantisce a questi tanti malati fragili che il medico o l’infermiere con cui vengono a strettissimo contatto non abbia avuto poco prima contatti anche con un paziente portatore di Covid?

Viene quasi il dubbio che cancellare gli ospedali Covid-Free è un elegante modo per rinviare ‘spontaneamente’ tutti a giugno.

Demata

Juve-Napoli: la Lega e l’interesse di parte

4 Ott

La vicenda è nota: giorni fa il protocollo proposto dalla FIGC e validato dal CTS aveva obbligato il team del Napoli a giocare contro quello del Genoa, che in quel momento era un focolaio pandemico.

A seguire, i primi contagi tra i calciatori del Napoli e l’intervento della Autorità Sanitaria: quarantena.
Infatti, che piaccia o meno alla Lega di Serie A, nei verbali del CTS e nei DPCM, si demanda alle Autorità sanitarie locali una chiara responsabilità e una precisa azione di vigilanza. 

Questione ovvia e ribadita anche dal Ministro della Salute Roberto Speranza (LEU), che già aveva respinto l’idea di riaprire gli stadi al 25%, proprio perchè ‘non possiamo permetterci rischi impropri’.

Purtroppo, il Ministro per lo Sport Vincenzo Spadafora (Cinque Stelle) non teneva conto di quale sia la realtà calcistica italiana e non affermava sic et simpliciter che in materia di Salute Pubblica decide l’Autorità Sanitaria e solo questa, perchè “spetta agli organismi sportivi decidere su specificità del campionato”, cosa che ha alimentato le speranze di parte juventina per una sconfitta del Napoli a tavolino.

Speranze di un mondo ‘a parte’ rispetto alle norme comuni ed anche al buon senso … come se le società calcistiche possano fregarsene dell’Autorità sanitaria e rischiare di “cagionare un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni”, cioè di incorrere in un reato grave (Art. 438 c.p.), se numero di colpiti è ingente. O come se la Lega di Serie A possa fregarsene delle ‘cause di forza maggiore’ e danneggiare una società appioppando una sconfitta a tavolino … perchè ha rispettato le norme sanitarie ed il codice penale.

Piuttosto, dopo il caso del Genoa vessato dai contagi dopo essere stato costretto ad allenarsi e a giocare dai regolamenti della Lega di Serie A, è evidente che le misure e i protocolli previsti dal mondo del Calcio si stanno rivelando troppo ottimistici e poco applicabili.

La decisione della Lega di Serie A di punire la squadra sottoposta ad isolamento fiduciario dalla Autorità Sanitaria non è di bell’esempio per coloro che rifiutano di rispettare le norme sanitarie di emergenza, come mascherine e distanziamenti.

Infatti, il ministro dello Sport a Cinque Stelle deve prendere atto che il mondo del Pallone non ha recepito il suo “richiamo a far prevalere l’interesse superiore della salute su qualsiasi altra logica o interesse di partee annuncia che lo ribadirà “domani ai Presidenti di FIGC e Lega Serie A“.

La domanda che rimane è semplice: che Lega Calcio ci ritroviamo se non sa organizzare un protocollo che funzioni, se antepone lo spettacolo alla salute e se … tre punti di vantaggio alla Juventus sono davvero troppi per molti italiani, stufi di un sistema calcistico a senso unico?

E che mondo è quello del Calcio se il presidente della Juventus, Andrea Agnelli, a Sky Sport ritiene che “la ASL dipende dal Ministero della Salute” e non dalla Regione?

Demata