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Il ministro Speranza e l’indirizzo … senza speranza

4 Ott

Ve lo immaginate voi un Ministro che emette un Atto d’indirizzo poche ore prima di lasciare la propria funzione e ben 75 giorni dopo essere dimissionario come tutto il suo Governo?

C’è riuscito Roberto Speranza, dottore in scienze politiche, che, dunque, dovrebbe ricordare che il suo Atto vale solo per la durata del suo incarico e questo è il motivo per cui sono i ministri entranti e non quelli uscenti a formulare prima gli indirizzi e poi i decreti, a seguire le circolari.

Si tratta di sei articoli in tutto che auspicano (ndr. … è un atto di indirizzo) la ‘partecipazione’ delle associazioni di cittadini e pazienti nelle decisioni del ministero della Salute, ribadendone – però – sia la funzione di rappresentanza verso … i soli soci e sia i limiti posti dal conflitto d’interessi … su chiunque direttamente interessato o fruitore di un interesse economico.
Brevi riferimenti, ma chi ha studiato legge sa bene a quali incompatibilità si riferiscono.

Il bello di Speranza è che individua anche il ‘gestore’ di questa partecipazione nell’Ufficio “Relazioni istituzionali, produzione editoriale ed eventi”, della Direzione generale della comunicazione e dei rapporti europei e internazionali. Anche in questo caso, Speranza dovrebbe ricordare che a seguire l’Atto d’indirizzo del suo successore verranno diversamente articolati Direzioni, Uffici e Dirigenti, come accade ogni volta che cambia un governo o un governatore, perchè lo dice la legge.

Per non farsi mancare nulla, Speranza annuncia che è previsto un monitoraggio periodico degli effetti del percorso partecipativo sulla base di criteri generali come il completamento dei percorsi; efficienza dei processi; la produzione di output idoneo, la congruenza alle finalità, la generazione di cambiamento percepibile della realtà.

E qui entriamo davvero in un universo parallelo.
Un monitoraggio periodico va innanzitutto finanziato e … di bollinature o pareri del Mef o del Consiglio dei Ministri non se ne vedono. Eppure, sono essenziali per legittimare l’iter amministrativo. E non sembra ci sia la nomina di un dirigente e di un organigramma preposti a questo, a parte le risorse, tempi e scopi che sono a dir poco onerosi.

Poi, c’è che tra i criteri da scandagliare ci sono “efficienza dei processi” e “cambiamento percepibile della realtà”, rilevati con gli standard ministeriali dato che un monitoraggio prodotto da un Ministero va all’Istat, all’Ocse, all’Oms, alla Corte dei Conti e alla Commissione Europea, alle Regioni eccetera.

A tutt’oggi l’unico settore dove non sappiamo quanti e quali servizi genera la leva fiscale è quello del 5xmille, dunque un monitoraggio ministeriale sulla qualità dei servizi e sulla resa dei finanziamenti (di questo si tratta) non è uno dei tanti formulari che troviamo sui siti delle associazioni nè uno di quelli di post marketing che a volte arrivano.

Per farsi un’idea, l’esempio adatto può venire dal Sistema di Istruzione che dal 2012 si è dotato di un monitoraggio (SiDeBi) per risolvere la frammentazione, la farragine e l’inaffidabilità tipiche delle rilevazioni a rendiconto.

Per progettarlo – cioè trasformare i ‘criteri’ in item fruibili e omogenei – sono serviti quasi 2 anni e per metterlo in linea e raccogliere dati con regolarità più o meno 3-4 anni.
Eppure, la Scuola aveva già molte ‘competenze’ già implementate. Infatti, a differenza del socio-sanitario, la Scuola è normata uniformemente da leggi statali, ha dal 1974 un sistema partecipativo degli utenti ben radicato, buona parte dei sistemi informativi delle scuole nel 2012 già aveva un gestore nazionale, parte degli operatori erano già addestrati alle procedure di compilazione e, soprattutto, i criteri del settore istruzione fanno capo a standard internazionali o nazionali ben precisi e bipartizan.

Nel caso del Monitoraggio immaginato da Speranza, parliamo di oltre 7.000 patologie su una base di 60 milioni di assistiti diversamente da regione a regione, la medicina di base esternalizzata e i Fascicoli Sanitari Elettronici che stentano a decollare, circa 4.000 patologie per cui non sono stati istituiti i presidi e i percorsi previsti, una efficienza dei Livelli Essenziali d’Assistenza a macchia di leopardo, una situazione associativa che ancora esita a riconoscersi come “ente economico che si affianca alle istituzioni pubbliche e al mercato”.

Dunque, a parte la trasformazioni profonde, che sarebbero necessarie per un tale monitoraggio, forse non ci si rende conto delle eccellenze professionali che servono non solo per costruire un ‘modello’ e una ‘analisi’ ma soprattutto per ridurre allo stretto necessario i dati e le procedure, vista la notevole potenza di calcolo che comunque sarebbe richiesta.
Come, forse, non si intuiscono i maggiori obblighi e la migliore trasparenza anche per il III Settore, che ne derivano.

Ma quel che resta davvero un mistero è perchè il ministro Speranza non abbia emesso questo atto d’indirizzo alla fine all’inizio del suo incarico e con tanto di risorse e programmazione, almeno affinché restasse vigente per un po’.
A proposito, le testate e i siti che hanno annunciato l’Atto d’indirizzo daranno anche la notizia che è decaduto non appena giurerà il nuovo ministro?

A.G.

Destinazione delle imposte versate da horror: l’Italia ha da crescere

8 Giu

Su 10.000 € di imposte ben 1.100 € sono destinate a saldare gli interessi sul debito, altre 1.900  € vanno alla copertura sanitaria, ben 2.100  € sono prelevati per pensioni e welfare. Difesa e sicurezza assorbono meno di 900 € annui. Trasporti, ambiente, territorio, abitazioni, cultura, sport si dividono altri 1.200 €.

L’Agenzia delle Entrate fornisce un Quadro riassuntivo della destinazione delle imposte versate. Per scaricarla basta andare alla sezione “dichiarazione precompilata” del Modello 730, alla quale si accede anche tramite dal sito Inps dove lavoratori e pensionati sono registrati.

Vediamo cosa succede delle tasse versate da una persona con 10.000 euro annui di imposte, cioè che abbia un reddito dichiarato intorno ai 25.000 euro annui lordi.

Destinazione imposte 10000

In parole povere, su circa 1.200 euro netti al mese si pagano circa 1.100 euro l’anno di interessi sul debito pubblico.
Incredibile, vero?

E cosa dire allora dei circa 180 euro mensili che versa alla Previdenza ed Assistenza o gli oltre 150 euro al mese per ritrovarsi con un pugno di mosche in mano e dover anche pagare di tasca propria i servizi?

Vogliamo parlare dei trasporti, dell’ambiente, della cultura e del territorio che sono tanto diversi di Comune in Comune come di Regione in Regione … eppure la somma detratta dallo stipendio non varia granchè da un posto all’altro.

E non parliamo di benestanti o ricchi, 10.000 euro l’anno li versa il Popolo che lavora e produce per poco più di mille euro al mese …

Chiarito perchè i “partiti tradizionali” non seducono più gli italiani, mi chiedo se con quei numeri in tabella … il problema maggiore sono proprio i 20 euro al mese di Contributo al Bilancio UE?

Demata

N.B. La proiezione su 10.000 euro è fatta su una base di calcolo ‘media’ di 50.000 imponibili.

Caro Redditometro, ti scrivo

8 Gen

Caro Redditometro,

nel 2009 non sono mai andato dal barbiere o in un istituto di bellezza, dato che amo tagliare da solo i miei capelli; saranno 20 anni che lo faccio.

Non acquisto pentole e tegami se non per casi eccezionali. Di spesa al supermercato se ne fa poca, dato che si pranza al lavoro e solo la sera ci si riunisce intorno ad un tavolo.

Cambio una volta all’anno l’olio e le candele dell’automobile, che, a sua volta, viene cambiata ogni 3-4 anni, rigorosamente usata di un anno, azzerando spese, meccanici e manutenzione.

Di lenzuola nuove, ne son sicuro, non ne abbiamo comprate. Quanto agli abiti, mi basta un jeans ed una felpa per sentirmi a mio agio.

Le vacanze le trascorro in famiglia, avendo il piacere di avere tra i miei parenti qualche anziano ancora in vita e qualche bel bimbo tra i nipoti.

Come me ci sono tanti italiani, chi per necessità, chi per sobrietà, chi per tutte e due.

Eppure, caro Redditometro, tu misurerai solo chi spende e spande, mentre io potrei essere un gran risparmiatore, come anche un gran bel evasore o, meglio ancora, ambedue le cose.

Scriveva Laozi nel Dao De Jing, molti secoli fa, che “più numerosi sono i divieti, più il popolo si impoverisce, più si fanno leggi e si emanano norme, più numerosi sono ladri e briganti.”
Sarà un caso che gli stati che si sono dotati di un sistema fiscale semplice e, al possibile, equo devono anche rilevare che l’evasione fiscale è sostanzialmente contenuta?

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Google è un servizio pubblico

29 Nov

L’Italia e la Francia sono i due paesi dove la carta stampata è da cento e passa anni un enorme business, oltre che il principale fattore di controllo sociale.

Paesi dove da decenni accade che – grazie alla scarsa conoscenza delle lingue – si legge solo quello che gli editori decidono di tradurre e pubblicare, magari 20-30 anni dopo che l’opera, altrove, è diventata un best seller.
Paesi dove la produzione della carta è ‘da sempre’ una sorta di monopolio e dove le tipografie, ormai, sono in mano a pochi.

Va da se che Italia e Francia non vedano di buon occhio Google (come Amazon ed altri) e dove la francese Aurélie Filippettì, ministro, annuncia che ‘varerà una legge per obbligare la società di Mountain View (ndr. Google) a remunerare i giornali dei quali elenca i contenuti’, e come il Ministero del’Economia e Finanze italiano che vuole lanciare una battaglia, su segnalazione dell’on. Stefano Graziano (PD) contro l’erosione di base imponibile causata “dallo spostamento artificioso degli utili verso giurisdizioni maggiormente attraenti dal punto di vista fiscal”, come fa Google Italy, che imputa i suoi proventi alla casa madre in Irlanda.

Idee ed eventuali norme che stridono con il buon senso, se non addirittura con il diritto naturale.

Infatti, non sarà una gran perdità per l’Umanità non trovare i giornali francesi indicizzati sui motori di ricerca, visto che, a parte inglese, spagnolo, indiano e cinese, le notizie le possiamo leggere anche in giapponese, italiano, portoghese, cingalese, ashanti e urdu.

Ed infatti, non v’è alcun motivo per cui Google debba dotarsi di una filiale italiana, espondeosi ai balzelli die nostri governanti, se la casa madre di diritto e di norma sta in Irlanda. Anche in questo caso, non sono sessanta milioni di italiani a spaventare un network che copre 7 miliardi di persone e riesce ad andare d’accordo anche con la Cina Popolare e l’Iran.

Capiamo tutti – francesi, italiani od irlandesi – che, in tempi di magra, la gallina della uova d’oro di Mountain View faccia gola alle sanguisughe del fisco od agli editori di carta stampata. Purtroppo per loro, la Rete ha bisogno di un motore di ricerca per esistere ed un motore di ricerca non funziona, se viene condizionato da mille brame.

Forse sarebbe il caso di prendere atto che alcune tecnologie sono obsolete: è accaduto con il telefono a cavo, la macchina a vapore, il disco od il cd musicale, il montaggio cinematografico.
Non accadrà per il libro, non per i libri ‘veri’. Ma rotocalchi, quotidiani e foullieton sono robe dell’atro secolo.

Non sarà tassando la rete che si arresta il presente e si rallenta il futuro. Idee come quelle francesi ed italiane implicheranno solo che le nostre culture, già decadenti e recessive, finiranno per impoverirsi sempre di più e ad arricchire sempre di meno le altre.

Che altri risultati attendersi da due nazioni che da 200 anni, invece di rinnovarsi, vivono un delirio culturale anti-anglosassone – ieri verso austriaci e tedeschi, oggi che si oppone ad inglesi ed americani – con la Francia che, ormai da decenni, ha perduto ogni risonanza culturale a livello mondiale e con l’Italia che continua a partorire personaggi geniali, ma paradossalmente tutti o quasi figli di quel Sud che non esiste nei libri di storia, nei programmi finanziari e nelle scelte internazionali.

E poi ci sono le astruserie.

Ad esempio, le tasse od il ‘pedaggio’ lo si paga in base agli eventuali pagamenti oppure a fronte del traffico effettivo o anche in base alla nazionalità del visitatore e, infine, anche a seconda di dove effettivamente si trova il server?

Lasciamo, dunque, lavorare in pace Google, che è uno dei pilastri su cui si regge la bolgia di massa che sta diventando questo pianeta. E’ un servizio pubblico, anche se qualcuno proprio non riesce a capirlo.

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Equitalia is evil !!!

9 Mag

Ripubblico in stralcio un interessante post di Alessandro Citarella, Segretario Provinciale di Napoli del Partito del Sud, intitolato: Equitalia: un “carrozzone” come mano del demonio.

 

“Equitalia è una S.p.A. a capitale interamente pubblico, detenuto per il 51% dall’Agenzia delle entrate e per il restante 49% dall’INPS, e svolge attività di agente della riscossione per conto dell’Erario, degli enti pubblici di previdenza e assistenza, e di altri numerosi enti pubblici statali e non statali.  Dalle analisi svolte dalla Corte dei Conti, l’attività di riscossione coattiva dei tributi e dei contributi svolta da Equitalia negli ultimi anni si è notevolmente intensificata, tanto che gli incassi sono più che raddoppiati nell’arco di un quinquennio, passando da 3,8 miliardi di euro a quasi 8,9 miliardi di euro.”

“Purtroppo, la crescita degli incassi dipende, in buona parte, dall’inasprimento delle forme di coercizione e delle sanzioni accessorie addebitate ai destinatari delle cartelle esattoriali.  In particolare, negli ultimi tempi si sono  moltiplicate le norme per eliminare ogni possibile ostacolo alla riscossione degli importi, attenuando le garanzie che  nostro ordinamento riserva al contribuente. Equitalia ha intensificato  la propria attività , producendo nel solo 2010 oltre un milione 800 mila cartelle esattoriali, 577 mila fermi amministrativi, iscrivendo 135 mila ipoteche e 133 mila pignoramenti, e sono state 542 mila le istanze di fallimento di imprese e contribuenti direttamente ascrivibili alle azioni di Equitalia nei loro confronti.”

“L’aggio di riscossione riconosciuto a Equitalia sulle cartelle esattoriali è oggi stabilito nel 9%, di cui 4,65% cento a carico del contribuente se il pagamento avviene entro 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale o per intero se si supera tale limite; se un debitore dovesse saldare una propria cartella esattoriale dopo un anno dalla notifica si troverebbe a pagare oltre l’11% a titolo di vari interessi più una sanzione  del 30% e un aggio di riscossione nella misura del 9%, per un totale superiore al 50%; la norma contenuta nel decreto  “salva-Italia” prevede la revisione della misura del predetto aggio, ma  dalla fine del 2013, troppo lontana nel tempo per le imprese che chiudono per la crisi economica.

È grave che a fronte dell’intransigenza con la quale la Pubblica Amministrazione richiede alle imprese l’adempimento degli obblighi fiscali, poi paghi i propri fornitori con un ritardo medio di 86 giorni e punte di 500 giorni — in Francia i tempi medi di pagamento sono di 22 giorni, nel Regno Unito di 19 giorni e in Germania di 11 giorni.”

“Ogni cittadino o impresa vuole invece un comportamento leale e trasparente dello Stato sia quando è creditore sia quando è debitore.”

Leggi anche l’intervento del Presidente Onorario della Corte di Cassazione su Equitalia, il diritto di protestare

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IMU: andare indietro invece che in avanti

2 Apr

Una cosa che proprio i “liberisti” non riescono a spiegare è perchè non siamo rimasti con un sistema finanziario e produttivo come era quello antecedente alle Reaganomics e del Tatcherismo degli Anni ’80, che qualcuno vorrebbe storicizzare come “modelli di successo”.

Infatti, all’incirca tra il 1975 ed il 1980, il mondo “avanzato” – sono i dati pro capite a raccontarcelo – consumava molto di meno, i balzelli e le burocrazie erano meno tortuose, il cibo più naturale, il tempo destinato al lavoro ed allo stress era minore, il salari in proporzione migliori.

Anche il cibo era migliore e, soprattutto, più fresco, la gente sembrava più felice, il “sistema” era più semplice, i diritti più chiari, le sentenze più rapide e certe, la scuola più formativa e di treni ce n’erano di più.

I servizi non erano molto migliori di oggi, ma erano a misura d’uomo, le opportunità di un lavoro con delle prospettive forse maggiori ad oggi. Buche stradali, sicurezza, traffico e trasporti pubblici tanti di meno e senza il balzello dell’IMU.

L’unica cosa che è migliorata è l’aspettativa in vita per i malati di tumore, ma solo grazie ad una ricerca che sosteniamo privatamente, con le donazioni alle fondazioni apposite.

Intanto le tasse aumentano, anzi si sovrappongono come per l’IMU, le ore di lavoro pure, se ne si ha uno, e gli anni di contributi necessari a pensionarsi anche, sempre che non facciate parte dei 4 milioni di malati cronici e “rari” del nostro paese.

Dunque, non sembra affatto che il Liberismo abbia ottenuto degli effetti benefici nel trentennio trascorso, se non per aver dilazionato il giorno in cui Cina e Terzo Mondo potranno raggiungere un benessere paragonabile al nostro, innescando una competizione “pericolosa” per i mercati e per la pace.

Anzi, perchè non chiederci se la via intrapresa “dai liberisti” non sia del tutto “errata”, visto che la tendenza appare inversa, a tener conto che Cina, India e Germania liberisti non sono. I consulenti finanziari delle oligarchie saranno anche bravissimi, faranno anche arricchire pochi a discapito di tanti, ma il “dono profetico” è un’altra cosa ed errare humanum est.

D’altra parte, a chi mai può sembrare sensato portare il prelievo fiscale italiano a circa il 60% del reddito, come accadrà con l’inroduzione dell’IMU non accopagnata dalle dovute riduzioni di aliquota su quanto dovuto allo Stato?

A Mario Monti e colleghi, oltre che a non si sa ancora quanti parlamentari … magari per, poi, anunciarci che c’è recessione.

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Equitalia, il diritto di protestare

10 Gen

Ferdinando Imposimato è il Presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione. E’ stato anche funzionario del Tesoro, commissario di polizia, giudice istruttore, avvocato penalista e senatore della Repubblica.

Questa la sua opinione riguardo Equitalia.

Ritengo che le osservazioni di Grillo siano giuste, e che debbano essere rispettate perché, a mio avviso, il problema del comportamento vessatorio di Equitalia esiste.

Mi sembra un ente che è forte con i deboli ed è debole con i forti, per cui penso sia necessario che Equitalia accetti le critiche.

Parlare di terrorismo forse è un po’ esagerato, però questo comportamento eccessivamente fiscale nei confronti dei piccoli evasori e questa inerzia nei confronti dei grandi evasori, non può più continuare. Noi vogliamo il recupero delle somme evase, ma soprattutto a carico dei grandi evasori.

Chiaramente noi non siamo per i terroristi, siamo contro i terroristi anche perché abbiamo sempre lottato contro il terrorismo, però non si può negare sia a Grillo, che a me, che ad altri, il diritto di protestare.

C’è stata debolezza nei confronti dei grandi evasori e grande capacità di intervento nei confronti dei piccoli evasori, questo è l’aspetto più grave rispetto al comportamento di Equitalia.

Devono esistere delle leggi che vanno fatte rispettare, soprattutto verso i grandi evasori fiscali che fino adesso purtroppo sono stati al riparo dagli interventi di Equitalia. In Italia ci sono 175 miliardi di evasione fiscale.

Se lo Stato, attraverso Equitalia, riesce a recuperare dai grandi evasori le somme evase, allora anche i ceti medio bassi saranno più disponibili a sopportare dei sacrifici.
Se invece i sacrifici debbono essere sopportati soltanto dai lavoratori, dagli operai, dei pensionati e dai dipendenti che hanno uno stipendio limitato e non invece dai grandi evasori, questo fatto che provocherà una ribellione nei confronti dello Stato.

Doveroso ricordare che ad affermarlo è il giudice istruttore dei processi per l’uccisione di Aldo Moro, l’attentato al Papa, l’omicidio del vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Vittorio Bachelet, la strage di Piazza Nicosia, il banchiere Michele Sindona legato a Cosa Nostra, la Banda della Magliana. Il magistrato  che ebbe, nel 1983, il fratello Franco ucciso per una vendetta trasversale e che fu il primo a parlare della pista bulgara in Europa e delle connessioni internazionali del terrorismo (tra cui Israele/ Palestina).

C’è da dargli credito.


L’intervista integrale è su Cado in Piedi

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Evasori: chi sono dove sono

10 Gen

Nel 1999, secondo le stime di Bernardi e Bernasconi, il volume di evasione fiscale relativa all’IRPERF dei “lavoratori autonomi, imprese individuali, società di persone” era pari al 68,5% della base imponibile, mentre l’IVA presumibilmente evasa era al 38%.

Il dato era confermato dallo studio di Bordignon e Zanardi che fissava all’84% l’entità degli evasori tra i lavoratori autonomi e, nel 2002, anche uno studio dell’Agenzia delle Entrate confermava indirettamente i dati di Bernardi e Bernasconi, stimando al 41% l’evasione derivante da “servizi alle imprese”, nel 27,7% quello del “commercio” e nel 17,3% quella del settore “servizi alle famiglie”.
In termini di localizzazione geografica, nel 1998, uno studio dell’Agenzia delle Entrate fissava una “graduatoria dell’evasione IRAP a livello regionale in termini assoluti (diffusione)” che poneva al primo posto la Lombardia ed al secondo il Lazio.

Questo il dato quantitativo della diffusione del fenomeno per categorie e territori, ma ancora più interessante, però, è quello per “intensità” del fenomeno.

Infatti, gli esiti delle verifiche su un campione rappresentativo di circa 500 società di capitali, per l’anno d’imposta 1997, dimostrò che il 94% dei soggetti avevano ricevuto contestazioni per evasioni fiscali entro i 5 milioni di Euro ed, addirittura, il 6% mostrava irregolarità per somme superiori ai 5 miliardi di Euro; allo stesso modo l’elusione fiscale.
Secondo uno studio di Secit del 2000, l’evasione contestata raggiunge il 6,5% della produzione nel Centro Italia, mentre nel Nord Ovest, Sud ed Isole si attesta intorno al 4% (con la Calabria e la Sicilia ben oltre tale valore), mentre nel Nord Est la linea d’ombra fu tale che lo studio riportava valori negativi.

Venendo ad oggi, secondo i dati di Contribuenti Italiani, nel 2011 l’evasione nel nostro paese ha raggiunto la vetta di 180 miliardi di euro l’anno (8,6% del PIL) sottratti all’erario. Il dato è confermato da Tax Justice Network, che stima in 238 miliardi di dollari USA l’evasione nel nostro paese.

Una cifra pesante, anzi pesantissima, se consideriamo che l’evasione fiscale nella Federazione Russa (143.474.000 abitanti) arriva a 221 miliardi di dollari.
Come dire che abbiamo un volume medio di evasione procapite pari ad una volta e mezza quello russo. Ed è tutto dire.

Ma dove sono gli evasori nostrani? Non a Cortina, non a Portofino, non ad Abano Terme e neanche tra i commercianti, salvo il settore “turismo”, ovvero alberghi, ristorazione e spiagge, che da soli evadono per 36 miliardi di Euro l’anno. (fonte La Stampa)

E’ nella falsa fatturazione e/o tra le prestazioni occasionali (professionisti, servizi, artigiani e nel lavoro nero degli immigrati e non) che va ricercata l’evasione, oltre che, come ovvio, nelle attività delle mafie e nei fondi neri della corruttela politica.

Intanto, c’è ancora chi se la prende con il piccolo “negoziante distratto” (ditemi voi quanto può evadere un gelataio …) e con i quattro turisti “finto VIP” che ancora frequentano qualche località turistica.

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Linea Amica? Il solito Brunetta …

7 Nov

Il Ministro Brunetta ci informa del grande successo di “Linea Amica”, il “più grande network europeo di relazioni con il pubblico” (parole del ministro), presentato il 29 gennaio 2009.

I servizi svolti specificamente da Linea Amica sono: informazioni sui concorsi Ripam, un numero verde e una casella di posta dedicata per chiarimenti e assistenza sul CAD (Codice dell’Amministrazione Digitale) e la PEC (Posta Elettronica Certificata), oltre ad un servizio di informazione e supporto multilingue ai cittadini stranieri e italiani sui temi dell’immigrazione.

Il successo sarebbe dovuto al record, raggiunto nella settimana dal 22 al 28 ottobre, durante il quale il network ha raggiunto 1.290.500 contatti, conteggiando, però, anche quelli dei risponditori automatici, che ci dicono di richiamare.
I contatti “assistiti da operatore” sono 1.153.000 e gli uffici coinvolti sono 1.149 URP, spesso preesistenti, o centri di risposta “al cliente” … mica “utenti” o “cittadini”.

Non si comprende, però, se questo milione di contatti sia su base annua, mensile o settimanale. Se fossero annuali, parliamo di una ventina di contatti al giorno di media per ufficio che non è certamente un goal, specialmente se ad “idearlo” è stato un ministro.

Probabilmente, sono contatti settimanali, il che implica una spesa notevole, alla quale deve essere corrisposto un rendimento effettivo.

Infatti, l’effettiva “resa” del costoso servizio ideato da Brunetta, è tutta in un numero: le richieste arrivate a “Linea Amica” hanno riguardato per l’84% informazioni generiche sulla Pubblica Amministrazione. Nulla di specifico o di particolarmente nuovo.

Come non lo è il fatto che il contact center di Linea Amica abbia raccolto circa il 5% dei contatti, che in buona parte è andato proprio agli uffici dove ordinariamente sarebbe andato: ad Enti previdenziali (26,2%), Regioni e strutture sanitarie (29,7%), Comuni, Province e strutture locali (22,8%).

Inutile, forse, aggiungere che, riguardo le istanze emergenti e/o sommerse, cui un network dovrebbe dar soluzione, solo il 12% dei contatti riguardavano problemi da risolvere (10,7%), assistenza in materia di disabilità (un misero 0,9%), segnalazioni di inefficienze della Pubblica Amministrazione (0,4%).

Ed il resto?

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Equitalia: è ora di dire basta!

16 Giu

Oggi alle 15 in Piazza Montecitorio a Roma le associazioni a difesa dei cittadini e numerosi comitati spontanei hanno convocato un sit in contro Equitalia.

Nel 2010, i diversi tentacoli della piovra hanno emesso oltre 3 milioni di solleciti, 1,6 milioni di preavvisi di fermo amministrativo di autoveicoli, 577mila fermi esecutivi e … “solo” 133mila pignoramenti verso terzi.
Il tutto senza controlli adeguati, vista l’enorme quantità di ricorsi, senza opportune verifiche sulla legittimità dei crediti vantati dalle aziende pubbliche che li cedevano, visto il successo di tante sentenze.
Solo i ricorsi confermati da Equitalia sono 18mila e i dati non tengono conto degli avvisi bonari errati inoltrati ai contribuenti e successivamente annullati da parte degli enti impositori, ne’ degli atti errati annullati in autotutela e neppure di tutti i ricorsi giudiziali presentati dai contribuenti italiani avverso le cartelle di pagamento. (fonte Contribuenti.it)

Ma c’è dell’altro …

Innanzitutto, Equitalia è una compartecipata delle Agenzie delle Entrate (51%) e dell’INPS (49%).
E’ davvero difficile capire quale sia la ragione sociale che permette all’INPS di investire nel factoring (ndr. riscossione crediti) …

E, come se non bastasse, la “Sintesi del risultato economico del Gruppo 2010” annuncia “ricavi da attività” pari a 1.297 milioni di Euro a fronte di costi di produzione di 1.490 milioni.
Morale della favola, Equitalia, nel 2010, ha reso allo Stato Italiano solo 28 milioni di Euro a fronte di una enorme, voluminosa e, non di rado, iniqua attività amministrativa.

Avete letto bene: riscuotono tasse e tributi inevasi con l’unico risultato di riuscire a pagare “solo” i propri stipendi e le spese aziendali …