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Droghe: la Destra al governo alla prova dei fatti

29 Set

Arrivata al governo dopo 75 anni all’opposizione, la Destra italiana è chiamata alla prova tra retorica e realtà in diversi ambiti, dall’immigrazione (cioè agricoltura e lavoro) alla salute (cioè eutanasia e cannabis terapeutica).

Retorica e realtà: un buon esempio è la cannabis terapeutica e ricreativa.
Cannabis che è al centro delle ‘attenzioni’ della Destra, seppur non comporti implicazioni ‘etiche ‘morali’, importanti come per l’eutanasia o il genderismo, e nonostante è stato un prodotto tradizionale italiano fino a 50 anni fa, sostenuto attivamente durante il Ventennio.
Cannabis che non è certamente la droga più allarmante tra gli under24, come vedremo.

Iniziamo col dire secondo il rapporto dell’European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction (EMCDDA), in 12 mesi la percentuale di persone tra i 15-64 anni che ha fatto uso di Cannabis è del 14,3% in Italia (dove è illegale), mentre in Olanda è del 5,4% (ed è legale).

Cioè non vi è un nesso causale tra diffusione e legalità se non ‘contrario’ come per tutti i proibizionismi: ciò che è vietato “attrae”.


Inoltre, quel 14,3% italiano andrebbe rivisto al ribasso, se consideriamo che la produzione di cannabis terapeutica italiana è limitata allo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze (Scfm), nella quantità di soli 250 chilogrammi l’anno (dati 2020), costringendo anche chi ne ha la prescrizione come antidolorifico o ansiolitico a ricorrere al mercato illegale.

Il “paradosso cannabis” in Italia è eclatante tra la facilità con cui quasi 2 italiani su cinque se ne approvvigionano e la difficoltà – viceversa – che incontrano i malati ad ottenerla in vece di oppioidi, barbiturici e psicofarmaci. Soprattutto, l’averla messa al primo posto come “problema droga nazionale” ha comportato una vistosa sottovalutazione di due fenomeni più pericolosi: alcol e cocaina.

Se l’alcol merita un discorso a parte rispetto alle altre droghe, dalla tabella si vede come in 12 mesi hanno fatto uso di cocaina almeno 2 su 100 degli italiani adulti (15-64 anni), mentre in Germania è l’1,2% e in Francia lo 0,8%.

Un pregiudizio che si ritrova amplificato proprio nei dati dei giovani under 24, a cui è rivolta l’attenzione dei proibizionisti anti-cannabis. Ebbene, gli under 24 oggi rappresentano in Italia circa la metà (1 su 100) dei consumatori di cocaina, la cui forte capacità di assuefazione lascia prospettive davvero poco lusinghiere per il futuro. Viceversa, tra i giovani under 24 italiani il consumo di cannabis è nella media (11.0%), più o meno come in Francia (12.7%) e UK (11%).
Inoltre, la diffusione tra i giovani italiani della cocaina è enorme rispetto all’Olanda (0,6% tra 15-64 anni), anche se lì la cannabis legale dovrebbe amplificare le dipendenze … secondo retorica, ma non secondo i fatti.

Chiariti i numeri reali e sfatati i pregiudizi, scoprendo che c’è un’allerta sul fronte della cocaina e su quello delle terapie del dolore, andiamo a vedere nella realtà le conseguenze della retorica.

Nel 2003, l’Eurispes presentò al Parlamento italiano un rapporto che confermava che i maggiori ricavi (40%) della criminalità organizzata derivavano dal traffico di droga, circa 26 miliardi di euro l’anno, con la ‘ndrangheta a detenere il primato con circa 10 miliardi di euro (link), grazie al monopolio sul traffico di cocaina.
Solo in un anno, i ricavi mafiosi dalla droga equivalgono a più di quanto basterebbe per riportare a nuovo tutte le scuole d’Italia, un’enormità.

In termini di bilancio pubblico, secondo uno studio condotto dall’Università di Messina nel 2021 (link), lo Stato riuscirebbe a risparmiare oltre 600 milioni di euro l’anno, che attualmente spende nel contrasto alla cannabis illegale.
Secondo quanto emerso dai sequestri, la stima è di circa 11 miliardi di euro in fatturato annuo lordo del mercato dell’erba legale in Italia e lo studio messinese prevede almeno 6 miliardi di gettito fiscale.
In realtà – quanto ai benefici per l’Erario – è solo una questione di accise e il grafico che segue da una chiara idea delle dimensioni finanziarie delle entrate tributarie in USA.

Insomma, tra le decine di miliardi l’anno decurtate alle mafie e al loro potere e con decine di miliardi l’anno di accise con cui risanare una nazione ‘grazie alla cannabis’, la Destra al governo adesso deve dimostrare di non fermarsi ai giardinetti ed agli spacciatori irregolari, quando parlava di sicurezza stando all’opposizione.


Non solo perché è la cocaina che si sta insinuando tra chi (già oggi od a breve) è/sarà “padre e madre di famiglia”, ma soprattutto perché oggi il Bilancio annuale della Regione Calabria ammonta a soli 5 miliardi di euro e quello della Sicilia a 18 miliardi annui, che in totale sono meno di quanto ricavava il crimine organizzato nel 2003 dalla droga e che – potenzialmente – va a riversarsi sul territorio.

Senza parlare del fatto che la terapia del dolore è una priorità non solo per la salute e il benessere delle persone, ma soprattutto per la spesa ospedaliera e sanitaria, come in termini di produttività e di consumi che vengono meno se un’intera famiglia è stravolta dalla sofferenza di un componente.
Quel che è certo – non per il popolino ma per la medicina e la scienza – è che un farmaco oppioide o un barbiturico da meno dipendenza e meno effetti collaterali della cannabis terapeutica, che a sua volta causa molti meno danni e dipendenza della nicotina e del tabacco.

Una opportunità (quella di adottare norme già diffuse in USA come in Europa) che potrebbe trasformarsi in un rischio, rimanendo con il pregiudizio “spinelli = demonio” e “mafia = lupara”.
Il rischio di trovarsi a fine legislatura con numeri peggiori dell’attuale, cioè meno risorse, più mafia, meno sicurezza, più cocaina (e più alcol, meno Stato nel Meridione.
O è meglio evitare il rischio di deludere la componente vetero-cattolica e perbenista dell’elettorato?

Benvenuti al governo di una Nazione: dalle strilla bisognerà passare alle soluzioni.
Secondo il Global Drug Survey 2018, l’Italia è il paese con più fa consumo di cocaina pro capite in Europa ed è terza nel mondo dopo Stati Uniti e Canada.  
ll numero di neet nella classe di età 15-34 anni, tra il 2007 e il 2014, è aumentato fino a raggiungere il primo posto nella classifica Eurostat nel 2020 con 3.085.000 unità. Di questi, ben 1,7 milioni sono donne.

Demata


Spending review? No, manovra correttiva agostana …

3 Lug

Mario Monti rassicura i partiti: ‘è una spending review, non una manovra correttiva’. Eppure, se si trattasse di questo parleremmo di oltre 200 miliardi di Euro, come ha precisato pochi giorni fa proprio uno dei superconsulenti voluti da Mario Monti.
Qui parliamo – molto più prosaicamente – di un taglio delle spese di personale e di fornitura per ‘raccogliere’ quei 5,3 miliardi di euro che servono con urgenza, dato che i conti del decreto Salvaitalia si sono rivelati fin troppo ottimistici: i ‘professori’ avevano sottovalutato gli effetti negativi della ‘mancanza di speranza’, ovvero recessione, stagnazione, evasione fiscale, speculazione finanziaria.

Una ‘realtà’ che sembra non essere percepita nè dai media nè dal Partito Democratico, attestato dietro Bersani e D’Alema, che sembrano non aver imparato la ‘lezione della Seconda Repubblica’, ovvero che essere il maggior partito o la ‘fazione’ più coesa non comporta ‘ipso facto’ che si sia in condizione di governare e che, senza un pensiero economico, un programma economico, anche il maggior conglomerato di voti è in balia delle ‘correnti’. L’arroganza con cui è stato ‘censurato’ il buon Fassina ne è un eccezionale esempio e ci conferma che il ‘metodo’ non è cambiato da 50 anni a questa parte.

Uno scenario che si racchiude in quattro dichiarazioni, ben rappresentative ed inequivocabili.

«Se per decenni si indulge ad assecondare un superficiale ‘tiriamo a campare’ oppure si indulge nell’iniettare nei cittadini la sensazione che tanto il Paese può, per le sue risorse, non affrontare problemi seri che le altre nazioni affrontano, forse deve venire il momento in cui, anche a scapito di una temporanea perdita di speranza, bisogna affrontare i problemi seri» – Mario Monti a Palazzo Madama per la presentazione del libro del ministro per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione, Andrea Riccardi.

«È evidente che se il governo pensa di procedere al taglio degli organici e alla riduzione dei servizi getta benzina su una situazione molto difficile» – Susanna Camusso, segretario della Confederazione Generale Italiana dei Lavoratori.

«Mentre Sagunto brucia, a Roma si succedono riunioni di congiurati per decidere come buttare giù il governo prima dell’estate e provocare così le elezioni anticipate a ottobre.La voglia di far saltare tutto, si sa, serpeggia da tempo in entrambi i maggiori partiti. Ma se nel Pd Bersani ha l’autorità per zittire un Fassina, nel Pdl pare che Alfano non ne abbia abbastanza per mettere a tacere una folta schiera di sediziosi, ex ministri berlusconiani ed ex colonnelli finiani» – Massimo Polito, editoriale del Corriere della Sera del 16 giugno 2012.

«A questa maggioranza dico da parte di tutti i giovani che avete rotto i coglioni!» – Franco Barbato (IdV), mentre stava illustrando un proprio emendamento alla spending review nell’dall’Aula di Montecitorio.

Intanto, l’unico ministro che sembra aver firmato la proposta di tagli delle piante organiche del 20% per i dirigenti e del 10% per gli altri dipendenti è l’Ammiraglio Giampaolo Di Paola, il cui ministero, la Difesa, ha già decurtato di un quinto il proprio personale, con un piano decennale di prepensionamenti e mobilità che ridurrà di circa 30.000 unità il numero dei dipendenti militari e civili.

Dunque, non sono solo il popolo bue, l’antipolitica che avanza od i congiurati romani a complottare contro il governo di Mario Monti. A quanto pare sono gli stessi ministri a non credere in questo spending review, “anzi, più di un ministero ha chiesto di lasciare quella regola fuori dai propri uffici” ci ricorda il Corriere della Sera.

E, d’altra parte, chi mai potrebbe crederci, se prendiamo atto che Monti ed i suoi superconsulenti vorrebbero fare a luglio ed agosto quello che non hanno fatto in sette mesi di ‘governo tecnico’ e non s’è fatto in 18 anni di Seconda Repubblica.

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Tagli alla Sanità: niente trucchi

2 Lug

Arriva, finalmente, un primo, timido colpo d’accetta alla mala pianta della Sanità italiana. Un Sistema, quello Sanitario Nazionale, che ‘vantava’, nel 2004, ben 95.000 morti per cause gestionali (leggasi ‘malasanità’) e che vede, oggi e domani, un ‘bel’ 30% dei malati rari rinuciare alle cure (almeno 300.000 persone) a causa degli ostacoli che gli vengono frapposti.

I tagli ‘alla Salute’, dunque sono effimeri – 8 miliardi di euro di economie nel triennio su 116 di spesa complessiva – dato che il timore generale è che il SSN gestito dalle Regioni tagli ancor più i servizi già limitati per i malati, piuttosto che ridurre prebende, sprechi ed appalti.

Infatti,  le economie richieste dalla spendig rewiev non tocano gli oltre 200 miliardi che potrebbero essere ricavati dal ripristino di una certa correttezza nei bilanci, dela necessaria oculatezza nei preventivi,  della opportuna deotonlogia medica non solo verso i malati ma anche i colleghi. Non è un caso che le associazioni dei malati parlino di ‘incapacità di ascolto del malato’ ed il Wall Street Journal indichi il nepotism come il male che impedisce all’Italia di recuperare efficienza e competitività.

Otto miliardi d euro su centosedici in tre anni sono meno del 5% della spesa sanitaria ed equivalgono ad un aggiustamento – in basso – di circa 1,5% annuo. Tecnicamente non li si dovrebbe chamare neanche ‘tagli’ bensì ‘ottimizzazioni’.
Ottimizzazioni che dovrebbero toccare esclusivamente tre settori: forniture, servizi esternalizzati, premialità del personale.

Ottimizzazioni che, in quanto tali, non dovrebbero ‘colpire’ i malati, riducendone i servizi o le accessibilità ed incrementandone la contribuzione (ticket), ma, purtroppo, accadrà il contrario.

Quello che c’è da aspettarsi da questa ‘ottimizzazione’ del Sistema Sanitario Nazionale è un futuro piuttosto cupo, se parliamo del Lazio e delle altre regioni centromeridionali.
Infatti, si parte dalle famose ‘cattedrali nel deserto’ degli Anni ’60 e ’70, ovvero da quei siti ospedalieri dislocati in aree poco popolate del paese, per arrivare alle ‘assunzioni facili’ degli Ann’ ’80 e ’90, con situazioni dove il personale è ‘da sempre’ in esubero, ma inamovibile e privilegiato, ed agli ‘appalti d’oro’ dell’ultimo quindicennio, quando il Decentramento si trasformò in un flusso inesauribile di commesse, trasferimenti, enti strumentali, servizi esternalizzati.

Accadrà, dunque, che le Regioni più indebitate e che meno hanno migliorato od adeguato il proprio Sistema Sanitario saranno costrette – pur di non scomodare le ‘lobbies di riferimento’ – a scaricare le ‘giuste’ economie sui malati, trasformandole in ‘odiosi’ tagli. Le elezioni politiche ed amministrative sono alle porte per scadenza naturale dei mandati.

Certo, i nostri media potrebbero dare il loro contributo, confrontando costi e servizi da una regione all’altra o pubblicando le tante lettere che ricevono, ma nperchè dovrebbero farlo se finora non l’hanno fatto?

Fatto sta che, se dovesse arrivare un altro salasso per gli italiani al posto della necessaria ‘ottimizzazione’, non sarà solo il Wall Street Journal a prendere atto che in Italia esiste un problema ‘etnico’: il nepotismo.

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