Due giovani volontarie italiane, Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, originarie della Lombardia, risultano sono scomparse da 6 giorni in Siria, dove erano dallo scorso 28 luglio, praticamente non appena arrivate sul posto.
Secondo alcune fonti locali potrebbero essere state sequestrate a al-Abzimu, villaggio ad ovest di Aleppo, anche se il progetto aveva preso piede – inizialmente – ad una trentina di chilometri, nella zona di Haram nel governatorato di Idlib, dove da diversi mesi si registra una recrudescenza dei combattimenti.
I combattimenti vedono contrapposti sia contro l’esercito siriano sia tra di loro:
- il Free Syrian Army, composto da militari ‘pronunciatisi’ contro il governo legittimo, appoggiato dalla potente famiglia Hazzm, sostenuto dagli Stati Uniti ed il cui comandante, General Salim Idris, è da tempo fuggito in Qatar;
- l’Islamic Front, notoriamente sostenuto dai Sauditi
- Al-Nusra Front, organizzazione post-Qaedista
- la Sham Legion, Jaysh al-Sham, Ahrar ash-Sham, Suqour al-Sham Brigade, Syrian Martyrs’ Brigade, Jund al-Aqsa, Liwaa al-Umma, tutte milizie composte da integralisti sunniti
Il territorio che va da Idlib ad Aleppo è praticamente fuori controllo con una serie di scontri attualmente in corso che da mesi vedono sia l’arretramento dell’esercito regolare a causa di pesanti attentati con esplosivi sia il contendersi dei villaggi ‘liberati’ tra gli stessi ribelli, con centinaia di morti.
Ad esempio, la cittadina di Haram – quando i nostri cooperanti l’avevano sopralluogata – era appena passata dal controllo governativo al quello del Free Syrian Army, mentre all’arrivo delle due ragazze in Siria il piccolo centro era passato nelle mani dei Qaedisti di Al Nusra di cui, più o meno mentre venivano rapite, un’autobomba ne uccideva a Idlib proprio il leader, l’emiro Yaqub al Omar.
Aggiungiamo che le due ragazze nelle foto esibite su internet sventolavano la bandiera siriana … del Free Syrian Army e che il terzo cooperante ha ben precisato che già durante i sopralluoghi di marzo “siamo stati sempre accompagnati e scortati da personale locale, con un alto grado di sicurezza”, cioè miliziani armati.
Una zona di combattimento, non c’è altro da dire, di quelle che persino i reporter di guerra evitano.

Resta un mistero – con una situazione del genere – su cosa abbia indotto i tre volontari a varare il progetto ‘Progetto Horryaty” per l’assistenza sanitaria delle popolazioni rurali e rientrare in Siria proprio mentre le notizie sul posto erano davvero poco rassicuranti e mentre da oltre un anno mancano notizie su padre Paolo Dall’Oglio, rapito a Raqqa, solo dopo mesi sono state liberate le tredici suore trappiste rapite nel convento di Maalula e giorni fa è stato rapito e ucciso ad Homs il gesuita olandese Frans Van der Lugt, in Siria dal 1964, e ultimo occidentale rimasto lì.
Informazioni che almeno Roberto Andervill avrebbe dovuto conoscere e considerare, visto che è un volontario esperto, presidente della Comunità palestinese di Lombardia e socio IPSIA (federato con l’Associazione Cattolica dei Lavoratori Italiani).
Viceversa, dalle informazioni tratte dalla pagina Facebook ufficiale “Assistenza sanitaria in Siria-Horryaty”, emerge un curriculum delle due ragazze rapite davvero minimale e il buon senso avrebbe sconsigliato di farle operare – da sole e praticamente inesperte – in un’area dove due giovani ragazze, cattoliche e simpatizzanti per la fazione ribelle soccombente, posso ritenersi facilmente un ‘obiettivo militare’, specialmente se Horray(a)ty in arabo suona come ‘liberatori’.
Infatti, se Greta Ramelli, 20 anni, aveva già esperienze in Zambia e a Calcutta, in strutture missionarie della carità, Vanessa Marzullo è andata in piena zona di guerra a 21 anni, con gli studi universitari in corso per Mediazione Linguistica e Culturale, “dal 2012 si dedica alla Siria, dalla diffusione di notizie tramite blog e social networks all’organizzazione di manifestazioni ed eventi in sostegno del popolo siriano in rivolta. Questo culmina nell’organizzazione e nella nascita del Progetto Assistenza Sanitaria in Siria”.
Due ragazze tranquille – cresciute nei circuiti parrocchiali a quanto sembra – rapite praticamente a poche ore dal loro arrivo sul posto, in un contesto dal quale si tengono ben lontani operatori e ong ben più esperti e organizzati. Praticamente, un regalo per le bande di terroristi che operano in Medio Oriente.
Infatti, le schede e gli avvisi per i viaggiatori che si recano in Siria – curate dal Ministero degli Affari Esteri italiano – precisavano già il 14 marzo 2012, che l’Ambasciata d’Italia a Damasco ha sospeso le proprie attività, mentre proprio il 15 luglio scorso un avviso recitava che “in considerazione dell’attuale situazione di elevato rischio e di grave pericolosità, si sconsiglia di recarsi in Siria e si ribadisce l’invito ai connazionali ancora in loco a lasciare il Paese.”
“Si invita ad evitare spostamenti all’interno delle città … e si sconsiglia vivamente di intraprendere alcun viaggio all’interno del Paese … Elevatissimo è il rischio di rapimenti, attentati e violenze in tutto il Paese tra cui la Capitale. Le aree periferiche della capitale e di Aleppo sono assolutamente da evitare a causa di violenti scontri tra l’esercito regolare e i gruppi armati degli oppositori.”
Dunque, sarebbe davvvero da comprendere perchè una certa parte del volontariato italiano non si sia resa conto che stavamo ‘spedendo’ due ragazzine inermi in Siria in data 28 luglio 2014, sulla base di un approccio dimostratosi parziali e/o arbitrario, forse pregiudiziale o ‘fazioso’, viste le bandiere del Free Syrian Army …
Anche questa volta, come per padre Dall’Oglio sj e le suore trappiste, La Farnesina ci racconta di un rapimento ad opera di delinquenti comuni.
Ma voi ci credete?
Originally posted on Demata
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