Tag Archives: fdi

Elezioni 2022, vincono gli astenuti, Letta tiene, Salvini crolla, Meloni trionfa. Cosa cambia?

26 Set

Alle elezioni per il rinnovo del Parlamento ha votato il 63,91% degli aventi diritto, cioè circa 30 milioni di elettori per la Camera e poco più di 27 per il Senato.
Il 36% degli italiani (uno su tre) non si è riconosciuto nei partiti e nei candidati proposti.
Congratulazioni a Giorgia Meloni, ma l’Italia ha innanzitutto scelto il dissenso (e starà a lei riconquistarla).

Rispetto alle elezioni del 2018, il dato grezzo mostra che la coalizione Dem / Verdi SI / +Europa è riuscita a mantenere il proprio elettorato (che ha risposto prontamente all’appello ‘antifascista’, as usual) o, comunque, a riassorbirne le perdite.
Fatto sta che nel 2013 – con Bersani e Renzi, opponendosi ai Cinque Stelle e senza “allerta antifascista” – di voti il PD ne aveva presi quasi 3 milioni in più.

Andando ai risultati di coalizione, sorgono diversi quesiti:

  • il Campo Largo immaginato da Zingaretti e Conte avrebbe potuto superare il Centrodestra? Probabilmente no: Conte vince correndo da solo
  • preferire il centro di Azione IV (lasciando Verdi SI alla coalizione a Cinque Stelle) avrebbe aiutato il PD nell’attrarre il voto moderato e dell’Italia che produce?
    Certamente si: i risultati di oggi dimostrano che un’alleanza PD Azione IV raccoglie più voti
  • la responsabilità della debacle della Lega è tutta di Matteo Salvini?
    Probabilmente si: è lui che fece e lasciò il governo con l’allora sconosciuto (ed oggi potente) Giuseppe Conte ed è con lui che ha staccato la spina al governo Draghi

In altre parole:

all’appello manca un 10% di elettori rispetto alle medie storiche e certamente non sono quelli che da sempre votano ‘a destra’ o ‘a sinistra’; è venuto meno il centro moderato e produttivo

Giorgia Meloni ha conquistato il Parlamento, adesso deve conquistare gli italiani, specialmente quel 10% che si è astenuto, ma “conta” nelle imprese e negli uffici

il Centrosinistra ‘storico’ (PD e alleati) regge ma più di tanto non va con le sue priorità ‘sociali’ e ‘redistributive’, a meno di non cascare nel populismo come ai tempi del PCI

il dimezzamento dei voti per la Lega e per i Cinque Stelle dimostrano che un conto sono i Social, un altro i Media e un altro conto ancora sono le piazze quando poi si va alle urne

l’esito del voto capitolino (dove il Campo Largo ‘piace’) e quello (inverso e negativo) delle ‘province meridionali e insulari’ (con Napoli a capintesta) impone una seria riflessione politica nazionale ed internazionale

dulcis in fundo, a quel 10% ‘produttivo’ che si è astenuto il governo Draghi piaceva (magari non troppo, ma andava), come era stato per quelli tutt’altro che populisti di Monti, Renzi, Prodi e – prima ancora – Craxi e Spadolini; un’Italia rimasta senza un partito da oltre 20 anni?


Chiunque che sarà a capo della Res Publica italiana dovrà scegliere se correre dietro al Popolo ‘populista’ o lasciar lavorare i Liberti ‘professionali’ oppure lasciar arricchire i Senatori monopolisti e ‘sovranisti’.
Come al solito a Roma dal 2.700 a.C.

A.G.

Più debiti? Più voti. Forse

13 Lug

Morale della favola: il Partito del “NO a Draghi” sta ottenendo un ulteriore indebitamento dell’Italia senza il Partito del “SI a Draghi” sia riuscito a convincere i Capibastone regionali a collaborare per attingere al PNRR.

Questo è il risultato, se Salvini indebolisce il Governo con la scusa dello Ius Scholae e della Cannabis, sperando di recuperare consensi a Destra.
Lo stesso accade, se Meloni esalta le III medie, che porta voti ma non soluzioni, dato che per attingere al PNRR e per risollevare l’Italia serve formazione tecnica superiore.

E figuriamoci poi se c’è Landini che sbraita contro le diseguaglianze e non chiede investimenti ma ancora più Debito pubblico, cioè quello che crea povertà.

Fino a Conte con i Cinque Stelle che lottano per la sopravvivenza, visto che sotto la sua leadership sono passati da oltre il 30% dei voti a meno del 10%, tenuto conto dell’esodo di Di Maio.

Ma questo è il risultato che arriva, se prima Zingaretti e poi Letta si illudono di avere un alleato nei Cinque Stelle, piuttosto che una mina vagante. E se il Centrodestra continua a raccattare il voto di protesta ma non quello ‘moderato’, cioè di governo. O, comunque, se le elezioni si vincono per opposta fazione anziché santa ragione.

I Media e i Social dovrebbero fare la differenza ed aiutarci a cooperare per il bene dell’Italia, ma … loro campano di pubblicità e lo share arriva da chi litiga, mica da chi ha qualcos’altro da fare.

Quanto ai Capibastone, cioè la scarsa voglia di cambiare per attingere al PNRR, non c’è nulla da fare.
Grazie del Partito del NO e pure quello del SI, ma anche grazie a Social e Media, le Regioni (certe regioni specialmente) sono inadempienti per Sanità, Diritto allo Studio e Infrastrutture, rigettando le proprie incapacità progettuali /gestionali sui ‘tagli’ attuati dai Governi.

Meglio i debiti, se portano consenso o no?

Demata

Posti letto e Omicron endemico: i numeri

5 Lug

Due giorni fa i ricoverati per Covid erano quasi 6.100 senza contare le terapie intensive: nello stesso giorno nel 2021 i ricoverati erano 2066, cioè erano un terzo, e nel 2020 erano 1305, quasi un quinto rispetto ad oggi. Dunque, è evidente un certo rischio che con l’autunno vadano a saturarsi di nuovo gli ospedali e che i servizi pubblici e privati risentiranno della diffusione dei contagi.

E per capire se e come questi posti letto ci sono / saranno, c’è da partire dal 1991, quando erano ancora sul nascere le RSA, istituite con la legge 67/88 e il DPCM 22.12.89, che poi andranno ad assorbire una discreta quantità di posti letto, precedentemente di ‘lungo degenza’ o di ‘medicina sociale’.

Nel 1991, (fonte Orizzonte Sanità) la Germania riunificata garantiva oltre 10 posti letto ogni 1.000 abitanti, la Francia meno di 6 e l’Italia circa 7, cioè c’erano quasi 400.000 posti letto.

TrueNumbers

Arrivati al 2012 (fonte Istat – Sanità e Salute 2015), i posti letto nelle strutture per l’assistenza residenziale erano 224.000, mentre negli istituti di cura del Ssn ci sono 199 mila posti letto. Cioè in lieve aumento complessivo.

Dal 2017 sono “circa 193 mila i posti letto in regime ordinario, con un trend in diminuzione rispetto agli anni precedenti”, ma nelle RSA i posti letto erano diventati 295.473, di cui la maggior parte (233.874) per anziani non autosufficienti (fonte Istat). In totale, nel 2017 il PL erano complessivamente quasi 500mila: rispetto al 1991 era il 20% in più, anche se differenziati in base alle differenti cure necessarie alle diverse età della vita.

Ma non bastano.

Non i posti letto ospedalieri ‘ordinari, forse, ma di sicuro quelli residenziali che vanno a sovraccaricare quelli ordinari se non sono sufficienti nel numero e nelle risorse.

Infatti, in Italia i posti letto nelle strutture residenziali ogni 100 anziani over 65 sono 1,9 contro i 5,4 in Germania, 5 in Francia, 4,6 in Austria e 4,4 nel Regno Unito. In Olanda e Svezia addirittura il 7,6 e il 7,1; la media europea è del 4,72 posti letto in RSA ogni 100 anziani over65. (fonte OECD, Health at Glance 2019)

Se l’Italia avviasse immediatamente un adeguamento alla media europea, passando da meno di 2 posti letto per anziano a quasi 5, nel 2025 serviranno ben 651.275 posti letto e quasi il triplo degli operatori. (fonte Osservatorio Settoriale sulle RSA)

Una carenza abissale inevitabile dopo la soppressione delle Mutue dei lavoratori (art. 38 Costituzione) avvenuta alla fine degli Anni ’70, che – viceversa – sono sopravvissute nelle altre nazioni proseguendo la tutela ‘sindacale’ della salute, che sia residenziale o domiciliare. Inutile dire che anche nell’assistenza domiciliare (incluso il medico di base) l’Italia non brilla con un mero 12% dei residenti che ne fruisce, mentre in Europa la media è al 20% con la Germania al 30% e la Francia al 50%.

Naturalmente, se almeno il doppio degli anziani potrebbe essere assistito in una RSA ed forse il triplo potrebbe avere il geriatra a domicilio, è conseguente che – a parte i costi e il disagio causati dalla dispersione – in caso di necessità anche differibili tutte queste persone vadano a gravare sugli accessi e poi sui posti letto ‘ordinari’ degli ospedali.

E – a proposito di posti letto, di residenze e di cure domiciliari – è arrivato il Covid con l’intenzione di … rimanere. Un Covid che il 7 aprile 2020 aveva fagocitato il 17% dei posti letto ‘ordinari’ (oltre alle RSA in stallo e le intensive al limite) e il 26 novembre 2020 aveva superato il 20%.

Poi, il lockdown, i comportamenti responsabili e – infine – il vaccino hanno riportato la situazione ai limiti della normalità, ma per oltre un anno i ‘soliti’ malati cronici o rari o acuti si sono trovati in serie difficoltà per accedere alle ‘solite’ unità, centri e pronti soccorsi. Arrivati ad oggi, il lockdown è finalmente finito, ma i comportamenti ritornano disattenti, mentre scopriamo che i vaccini faticano a controllare le varianti Omicron che a loro volta possono reinfettare la stessa persona.

Oggi, anche se le terapie intensive non sono sovraffollate, accade che il 30 giugno scorso avevamo tre volte i ricoveri per Covid del 2021 e cinque volte quelli del 2020.

E se – nonostante i lockdown – il 30 gennaio del 2021 e del 2022 i posti letto occupati da ammalati di Covid erano circa 22.000, quanti saranno alla stessa data del 2023 senza almeno ritornare a comportamenti più attenti e responsabili, in attesa del rinnovo vaccinale?

Come fare – comunque anche senza calamità naturali – a garantire i posti letto che servono ma anche le cure ambulatoriali che mancano, se devono rivolgersi al Sistema Sanitario ‘ordinario’ anche quei milioni di anziani italiani che in Europa avrebbero un’assistenza residenziale o geriatrica domiciliare, con più efficacia e maggiore efficienza cioè più soddisfazione e una certa economia?

E quali prospettive non solo per gli ‘anziani’ ma per oltre la metà della popolazione ormai over50enne, cioè con discrete probabilità di essere già affetta da una o due patologie croniche (fonte Istat-Inps)?

A.G.

Elezioni comunali 2022: il Centrosinistra non c’è più?

13 Giu

La debacle del Centrosinistra sembra essere certificata già dagli Exit Polls, che mostrano divari evidenti in tutte i maggiori comuni.

Se il voto delle comunali nelle aree metropolitane (Roma, Torino, Napoli, Milano) era stato condizionato dai NoVaX + Forza Nuova a favore del conglomerato PD+M5S+CGIL+Onlus, l’Italia di provincia va a votare in un clima completamente diverso, cioè ben consapevole dei danni causati dal Governo Conte-Zingaretti.

L’Italia di provincia, quella che produce anche per chi in città non lavora e chiede sussidi, quella che aspetta sveglia che i figli tornino dalla movida che alimenta il business delle città, quella che vuole vivere nel decoro e senza tutto quel crimine – ben organizzato – che ormai degrada le città.

Un Italia che rabbrividisce ogni volta che il Centrosinistra spende la sua lacrimuccia per il diseredato di turno, per sostenere … l’associazione o l’ente che – poi – se ne prenderà più o meno cura.

L’Italia degli italiani che ben hanno compreso il rischio di restar tagliati fuori dal Digital Divide e temono che per l’ennesima volta si spenda e spanda per ‘progetti’ senza lasciare infrastrutture, visto cosa hanno già combinato nelle città metropolitane, creando un esercito di poveri e di gaudenti.

A.G.

Sondaggi: testa a testa tra PD e Centrodestra, M5S in leggero calo

6 Mag

Da giorni i nostri media ci informano che per le elezioni europee si prevede un calo di Forza Italia, il Movimento 5 Stelle in leggera crescita, al primo posto rimane stabile il Pd.
Un coro di redattori, opinionisti e anchorman telvisivi vari, RAI in testa. Eppure, le cose non stanno affatto così.

La Repubbblica on line ha pubbblicato, infatti, un interessante raffronto tra i diversi sondaggi svoltisi di recente e le cose stanno in ben altro modo.

Sondaggi europee

Il che significa, facendo due somme, che PD e Centrodestra sono a ridosso, mentre il M5S a stento confermerebbe i risultati delle Politiche 2013.

Raffronto Politche 2013 Sondaggi UE 2014

Centrodestra al 32,70%, PD al 33,40%, M5S fermo al 25%.

Quel che sembra, al momento, è di un PD che ritorna alla vocazione maggioritaria e recupera voti moderati, di una larga parte di elettorato orientata comunque a centrodestra che non trova un leader/partito che li rappresenti in modo adeguato e unitario, di una sterile politica del ‘signor no’, attuata da Grillo e molti dei suoi in questo anno, che ha per lo meno evitato una disastrosa debacle, ma non riesce penetrare tra l’elettorato più radicato.

Sono sondaggi e sappiamo che almeno 10% dell’elettorato è ancora molto indeciso: potrebbe votare chicchessia come non farlo affatto.
L’importante è che i nostri quotidiani e le nostre televisioni non pasticcino i dati reali con le opinioni personali del ‘santino’ di turno …

originale postato su demata