Tag Archives: divorzio

Aborto, divorzio e diritti: cosa cambierà?

23 Ott

Il 20 novembre 1989 quasi 200 nazioni ratificarono la Convenzione universale sui diritti del fan­ciullo, tra queste l’Italia che poi approvò anche la legge 27 maggio 1991, n. 176.

Dunque, sono 30 anni che vige la Convenzione per cui «il fanciullo, a causa della sua immaturità, ha bisogno di una protezione speciale, anche giuridica, sia prima che dopo la na­scita».

Cioè la Convenzione sui diritti del fanciullo si applica anche ai ‘nascituri’ (al ‘concepito’) come ai figli delle coppie che si separano. E i nostri codici ne tutelano solo per gli aspetti patrimoniali, nonostante l’articolo 22 della Costituzione stabilisca che «nessuno può essere privato […] della capacità giuri­dica », cioè della così detta ‘attitudine’ alla titolarità dei diritti.

Riguardo “i diritti dei figli nella separazione dei genitori” dal 2018 in Italia esiste una Carta apposita (LINK) a cura dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, che sancisce come i figli hanno diritto a:

  • al rispetto dei loro tempi per elaborare la separazione, per comprendere la nuova situazione, per adattarsi a vivere nel diverso equilibrio familiare, per abituarsi ai cambiamenti,
  • non essere coinvolti nei conflitti tra genitori,
  • essere ascoltati nelle decisioni assunte dai genitori,
  • ricevere spiegazioni sulle decisioni prese, in particolare quando divergenti rispetto alle loro richieste e ai desideri manifestati,
  • ricevere spiegazioni non contrastanti da parte dei genitori.

Non è difficile immaginare quale effetto avrebbero questi diritti sui doveri genitoriali e – soprattutto – sull’ampiezza di intervento di assistenti sociali e magistrati, se … questi diritti fossero effettivamente garantiti ai nostri bambini e/o adolescenti quando i genitori divorziano.
Ad esempio, corrispondendogli un risarcimento in proporzione al comportamento inaccettabile di uno o ambedue i genitori.

Riguardo i nascituri, è la stessa legge che consente l’aborto in Italia (legge 22 maggio 1978, n. 194) a sottolineare che lo Stato «tu­tela la vita umana fin dal suo inizio» (art. 1).
Infatti, già nel 1996 il Comitato nazionale di bioetica italiano (CNB) affermava: «il dovere mo­rale di trattare l’embrione umano, sin dalla fecondazione, secondo i criteri di rispetto e tutela che si devono adottare nei confronti degli individui umani a cui si attribuisce comunemente la caratteristica di persone».

Questo comporta che l’aborto sia una decisione di un genitore (la madre) verso una “vita umana” ed una “persona”, come nella Legge 194 che, oltre a sancire la tutela della vita umana fin dal suo inizio,

  • garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile,
  • riconosce il valore sociale della maternità 
  • esclude che l’interruzione volontaria della gravidanza sia un mezzo per il controllo delle nascite,
  • ordina che i servizi socio-sanitari evitino che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.

Dunque, a parte gli aborti per condizioni patologiche del nascituro e grave rischio per la salute fisica della madre, la Legge 104 consente “nei primi novanta giorni di gravidanza” la possibilità di abortire per propria scelta, ma solo a condizione che la donna “accusi circostanze che comporterebbero un serio pericolo per la sua salute psichica” in caso di parto.

Paradossalmente, la norma – dopo aver ben chiarito che è solo per cause di salute e non per limitare le nascite – consente l’aborto anche semplicemente in considerazione delle “condizioni economiche, o sociali o familiari” della madre, escludendo – anche in questi casi – che il padre del concepito sia titolare di alcun diritto sul feto. Del resto, anche nel caso di una coppia coniugata, nulla fa riferimento alla salute psichica del padre o alle sue condizioni in caso di parto come di aborto, .

A quarant’anni dalla sua adozione, resta ancora da garantire il pieno accesso alla gravidanza come prevista dalla legge (ed alla sua eventuale interruzione).

E così sarà finchè le Regioni non offriranno adeguati servizi di Consultorio previsti dall’art. 2 della legge 104, elidendo il proprio dovere ad assistere le situazioni problematiche ed a “superare le cause che possono portare all’interruzione della gravidanza” e continuando a precludere il diritto delle donne in stato di gravidanza alle informazioni e agli accessi per le opportunità, i diritti e i servizi previsti per le gestanti. Incluso il diritto ad assistenza durante la gestazione – specie se indigenti – ed il diritto di lasciare il bambino in affido all’ospedale per una successiva adozione e restare anonima.

Mancando tutto questo su un arco di 30 anni, come anche per quanto riguarda l’educazione all’uso sicuro di contraccettivi, resta solo da chiedersi quanto l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite e se sia questo … il motivo della diffusa obiezione di coscienza tra i professionisti sanitari.

Demata

Il Sinodo apre a divorziati e conviventi etero

19 Ott

In estratto dalal relazione finale del Sinodo per la Famiglia del 19 ottobre 2014:

“L’indissolubilità del matrimonio (“Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi” Mt 19,6), non è innanzitutto da intendere come “giogo” imposto agli uomini bensì come un “dono” fatto alle persone unite in matrimonio.
Ma nello stesso tempo ha messo in pratica la dottrina insegna ta manifestando così il vero significato della misericordia. Ciò appare chiaramente negli incontri con la samaritana (Gv 4,1-30) e con l’adultera (Gv 8,1-11) in cui Gesù, con un atteggiamento di amore verso la persona peccatrice, porta al pentimento e alla conversione (“va’ e non peccare più”), condizione per il perdono.

Dio non solo ha creato l’essere umano maschio e femmina (Gen 1,27), ma li ha anche benedetti perché fossero fecondi e si moltiplicassero (Gen 1,28). Per questo, «l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne» (Gen 2,24).

Gesù, che ha riconciliato ogni cosa in sé, ha riportato il matrimonio e la famiglia alla loro forma originale (cf. Mc 10,1-12).
una dimensione nuova della pastorale familiare odierna consiste nel prestare attenzione alla realtà dei matrimoni civili tra uomo e donna, ai matrimoni tradizionali e, fatte le debite differenze, anche alle convivenze. Quando l’unione raggiunge una notevole stabilità attraverso un vincolo pubblico, è connotata da affetto profondo, da responsabilità nei confronti della prole, da capacità di superare le prove, può essere vista come un’occasione da accompagnare nello sviluppo verso il sacramento del matrimonio. Molto
spesso invece la convivenza si stabilisce non in vista di un possibile futuro matrimonio, ma senza alcuna intenzione di stabilire un rapporto istituzionale.
Ci sono quindi elementi validi anche in alcune forme fuori del matrimonio cristiano –comunque fondato sulla relazione stabile
e vera di un uomo e una donna –, che in ogni caso riteniamo siano ad esso orientate. Conlo sguardo rivolto alla saggezza umana dei popoli e delle culture, la Chiesa riconosce anche questa famiglia come la cellula basilare necessaria e feconda della convivenza umana.

In ordine ad un approccio pastorale verso le persone che hanno contratto matrimonio civile, che sono divorziati e risposati, o che semplicemente convivono, compete alla Chiesa rivelare loro la divina pedagogia della grazia nelle loro vite e aiutarle a raggiungere la pienezza del piano di Dio in loro. Seguendo lo sguardo di Cristo, la cui luce rischiara ogni uomo (cf. Gv 1,9; Gaudium et Spes, 22) la Chiesa si volge con amore a coloro che partecipano alla sua vita in modo incompiuto, riconoscendo che la grazia di Dio opera
anche nelle loro vite dando loro il coraggio per compiere il bene, per prendersi cura con amore l’uno dell’altro ed essere a servizio della comunità nella quale vivono e lavorano.

La Chiesa, in quanto maestra sicura e madre premurosa, pur riconoscendo che per i battezzati non vi è altro vincolo nuziale che que
llo sacramentale, e che ogni rottura di esso è contro la volontà di Dio, è anche consapevole della fragilità di molti suoi figli che faticano nel cammino della fede.

Le situazioni dei divorziati risposati esigono un attento discernimento e un accompagnamento di grande rispetto, evitando ogni linguaggio e atteggiamento che li faccia sentire discriminati e promovendo la loro partecipazione alla vita della comunità.
Prendersi cura di loro non è per la comunità cristiana un indebolimento della sua fede e della sua testimonianza circa l’indissolubilità
matrimoniale, anzi essa esprime proprio in questa cura la sua carità.

Si è riflettuto sulla possibilità che i divorziati e risposati accedano ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia.
Alcuni Padri hanno sostenuto che le persone divorziate e risposate o conviventi possono ricorrere fruttuosamente alla comunione spirituale. Altri Padri si sono domandati perché allora non possano accedere a quella sacramentale.

Va ancora approfondita la questione, tenendo ben presente la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti, dato che «l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate» da diversi «fattori psichici oppure sociali».

Circa le cause matrimoniali lo snellimento della procedura, richiesto da molti, oltre alla preparazione di sufficienti operatori, chierici e laici con dedizione prioritaria, esige di sottolineare la responsabilità del vescovo diocesano, il quale nella sua diocesi potrebbe
incaricare dei consulenti debitamente preparati che possano gratuitamente consigliare le parti sulla validità del loro matrimonio. Tale funzione può essere svolta da un ufficio o persone qualificate.

Dunque  – riguardo alle convivenze e ai matrimoni civili eterosessuali, come anche ai divorziati risposati –  si aprono le porte per la loro riammissione, allorchè “compete alla chiesa di riconoscere quei semi del Verbo sparsi oltre i suoi confini visibili e sacramentali” con allusione agli Ortodossi, per i quali la celebrazione del secondo matrimonio “è penitenziale, non è un sacramento” – come ben chiariva il cardinale arcivescovo di Lione, Philippe Barbarin, a Radio Vaticana – in cui gli sposi vengono  “accolti e benedetti” dopo un periodo penitenziale “affidandosi al rapporto tra il fedele e il suo parroco, confessore o vescovo”.

Gesù ama anche i divorziati …

Originally posted on Demata

Sinodo sulla Famiglia: un forte richiamo alla Politica

19 Ott

“La“Relatio Synodi” della III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi: “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”, conclusasi il 19 ottobre 2014, non si è limitata ai mezzi termini, nel richiamare la Politica – specialemente quella cristiana e cattolica – ai propri doveri.

“Si è parimenti sottolineata la necessità di una evangelizzazione che denunzi con franchezza i condizionamenti culturali, sociali, politici ed economici, come l’eccessivo spazio dato alla logica del mercato, che impediscono un’autentica vita familiare, determinando discriminazioni, povertà, esclusioni, violenza.”

“C’è anche una sensazione generale di impotenza nei confronti della realtà socio-economica che spesso finisce per schiacciare le famiglie. Così è per la crescente povertà e precarietà lavorativa che è vissuta talvolta come un vero incubo, o a motivo di una fiscalità troppo pesante che certo non incoraggia i giovani al matrimonio.
Spesso le famiglie si sentono abbandonate per il disinteresse e la poca attenzione da parte delle istituzioni.”

“Anche il calo demografico, dovuto ad una mentalità antinatalista e promosso dalle politiche mondiali di salute riproduttiva, non solo determina una situazione in cui l’avvicendarsi delle generazioni non è più assicurato, ma rischia di condurre nel tempo a un impoverimento economico e a una perdita di speranza nell’avvenire.”

“Le conseguenze negative dal punto di vista dell’organizzazione sociale sono evidenti: dalla crisi demografica alle difficoltà educative, dalla fatica nell’accogliere la vita nascente all’avvertire la presenza degli anziani come un peso, fino al diffondersi di un disagio affettivo che arriva talvolta alla violenza.”

“Vanno tenute in debito conto le esigenze e le attese di famiglie capaci di essere nella vita quotidiana, luoghi di crescita, di concreta ed essenziale trasmissione delle virtù che danno forma all’esistenza. Ciò indica che i genitori possano scegliere liberalmente il tipo dell’educazione da dare ai figli secondo le loro convinzioni.”
“I bambini spesso sono oggetto di contesa tra i genitori e i figli sono le vere vittime delle lacerazioni familiari. L’essere donna è oggetto di discriminazione e anche il dono della maternità viene spesso penalizzato piuttosto che essere presentato come valore.”

“È responsabilità dello Stato creare le condizioni legislative e di lavoro per garantire l’avvenire dei giovani e aiutarli a realizzare il loro progetto di fondare una famiglia.”

Più chiaro di così ….

Originally posted on Demata

 

Matrimoni gay dopo il Sinodo e l’exploit di Marino: cosa dicono le leggi

19 Ott
“La“Relatio Synodi” della III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi: “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”, conclusasi il 19 ottobre 2014, ha sancito che:
  • 55. (ndr approvato con 118 voti a favore e 62 contrari) Alcune famiglie vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con orientamento omosessuale. Al riguardo ci si è interrogatisu quale attenzione pastorale sia opportuna di fronte a questa situazione riferendosi a quanto insegna la Chiesa: «Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». Nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza. «A loro riguardosi eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 4).
  • 56. (ndr approvato con 159 voti a favore e 21 contrari) È del tutto inaccettabile che i Pastori della Chiesa subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso”.
Intanto, a meno di un chilometro di distanza, nella stessa Roma dove si svolgeva un Sinodo mondiale dei vescovi – ovvero l’unica struttura democratica del Vaticano – il sindaco Ignazio Marino trascriveva ben sedici matrimoni omosessuali contratti all’estero.
Le leggi  devono consentire a tutti di avere gli stessi diritti. Ora ci limitiamo a trascrivere, ma andremo avanti. E io lo so, andremo avanti insieme … Se il prefetto annullerà la trascrizione chiederò i pareri legali per comprendere la legittimità di un eventuale annullamento. Certamente io difenderò la mia posizione“ ha dichiarato Marino, ammettendo implicitamente di operare in potenziale contrasto con la sovranità dello Stato italiano e della Santa Sede, come anche che la legittimità dei propri provvedimenti è contestabile.
Immediate le reazioni del prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro il quale, in osservanza delle norme emanate dal Ministero degli Interni, ha annunciato l’annullamento dell’atto.
«Una scelta ideologica», «un affronto istituzionale senza precedenti», «una mistificazione sostenuta a livello mediatico e politico», attacca oggi la diocesi di Roma, il cui vescovo – ricordiamolo – è proprio Papa Francesco. «Una arbitraria presunzione», «inaccettabile», «proprio a Roma in questi giorni» di Sinodo della famiglia, secondo la Conferenza episcopale italiana (Cei).
Nello stessso senso i toni del ministro dell’Interno Alfano: “ Il sindaco Marino ha firmato trascrizioni per nozze gay. Ribadisco: per l’attuale legge italiana, ciò non è possibile. La firma di Marino non puo’ sostituire la legge e non ha dunque alcun valore giuridico. In pratica, il sindaco Marino ha fatto il proprio autografo a queste, peraltro rispettabilissime, coppie.”
A riguardo anche la norma ‘laica’ è chiara:
  1. non esiste alcuna normativa che istituisce e regola il matrimonio tra persone dello stesso sesso (o unioni civili variamente definite): “il diritto fondamentale di contrarre matrimonio non è riconosciuto dalla nostra Costituzione a due persone dello stesso sesso” (C. Cass. 4184/2012)
  2. non è di nessun aiuto la giurisprudenza internazionale: “Si lascia decidere alla legislazione nazionale dello Stato contraente se permettere o meno il matrimonio omosessuale” (Corte Europea dei diritti dell’uomo, sentenza 24 giugno 2010, Prima Sezione, caso Schalk e Kopf contro Austria)
  3. non è possibile sopperire al vuoto normativo per sentenza emessa da giudici, la cui attività interpretativa non può spingersi fino a “incidere sul nucleo della norma, modificandola in modo tale da includere in essa fenomeni e problematiche non considerati quando fu emanata” (C. Cost., 138/10; C. Cass. 4184/2012)
  4. l’unica Corte che finora non si è astenuta è il Tribunale di Grosseto ed in un unico caso (Ordinanza del 3 aprile 2014).
  5. La Circolare dd. 7.10.2014, relativa alla “Trascrizione nei registi dello stato civile dei matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati all’estero”, riafferma l’art. 9 del Decreto del presidente della Repubblica 396/2000 che assegna al Prefetto la funzione di vigilanza sugli uffici dello stato civile, al fine di “garantire che la fondamentale funzione di stato civile, esercitata, in ambito territoriale, dal Sindaco nella veste di ufficiale di Governo, sia svolta in piena coerenza con le norme attualmente vigenti che regolano la materia”.

E forse non tutti sanno che le norme vigenti, cioè il Codice Civile, prevedono quanto dettato da:

  • l’art. 107 che si riferisce espressamente al “marito” e alla “moglie”;
  • l’art. 115 cc secondo cui il cittadino è soggetto alle disposizioni del Codice civile anche quando contrae matrimonio all’estero;
  • gli artt. 12 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) e 9 della Carta di Nizza che fanno salva la discrezionalità degli Stati membri ad adottare norme in materia;
  • le sentenze della Corte costituzionale di cui sopra (C. Cost., 15 aprile 2010 n. 138) e della Corte di cassazione (C. Cass., sez. I, 15.3.2012, n. 4184).

Dunque, il sindaco della Città Eterna, di Roma Capitale, ha quasi sicuramente commesso un gran peccato mortale (vedi Relatio Synodi punto 56) e di certo nel giorno davvero sbagliato, fosse solo per il rispetto istituzionale verso la Santa Sede riunita democraticamente in consesso e per ingerenza internazionale visto che il Sinodo era prossimo a deliberare.

Ignazio Marino, però, ha acceso una contesa tra istituzioni, provocando pubblico scandalo (secondo chi protesta o borbotta) e, soprattutto, (per chi crede ancora nelle leggi) accettando delle richieste di trascrizione di matrimonio all’estero, irricevibili dato che quei cittadini che ben erano edotti che quella unione omosessuale era fuori dalle disposizioni del Codice civile italiano all’atto stesso della ‘stipula’.
Il tutto proprio nel giorno in cui il Vaticano, pur ritenendo l’omosessualità come peccato, dichiara urbis et orbis che “ Nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza. «A loro riguardosi eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione».
Non è così che si vincerà la battaglia per il riconoscimento civile delle coppie gay e nessuno dovrebbe dimenticare – specialmente se occupa solo temporaneamente il ruolo di pubblico ufficiale – che mai si potrà imporre per cavillo che i diritti civili dei gay contemplino anche il ‘matrimonio’ (inteso come identica denominazione delle unioni eterosessuali) nella nazione in cui – per Costituzione vigente – Stato e Chiesa sono ambedue sovrani, senza modificare il Trattato che regola quell’articolo.

Originally posted on Demata

Divorziati, conviventi, coppie gay: un Sinodo tra speranze e trasgressioni

18 Ott

La relazione riassuntiva della prima settimana di lavori del Sinodo sulla famiglia (Relatio post disceptationem), presentata il 13 ottobre 2014 dal cardinale Péter Erdö , a differenza dei sinodi precedenti, mentre veniva fatto divieto ai padri sinodali di intervenire, ha sollevato molte speranze e ancor più polemiche.

“Cogliere gli elementi positivi presenti anche nelle forme imperfette di famiglia, comprese le convivenze pre-matrimoniali. Curare le famiglie ferite (separati, divorziati) con scelte pastorali coraggiose. Riscoprire, nella enciclica Humanae Vitae di Paolo VI, il bisogno di rispettare la dignità della persona nella valutazione morale dei metodi di regolazione della natalità.” (Vatican Insider – La Stampa)

“Cancellato il senso del peccato; abolite le nozioni di bene e di male; soppressa la legge naturale; archiviato ogni riferimento positivo a valori quali la verginità e la castità. (Il Foglio)

Nella prima parte della relatio, il presidente della conferenza episcopale ungherese ha indicato – facendo riferimento alle teorie molto discutibili del filosofo francese Levi Strauss –  il “cambiamento antropologico-culturale” della società come “sfida” per la chiesa, in un quadro sociale che vede una situazione diffusa di poligamia o di “matrimonio per tappe” oppure la “prassi della convivenza” della società occidentale, ma anche  individualismo, solitudine, immaturità affettiva, aumento del numero dei divorzi, violenze domestiche sulle donne, fragilità dei bambini.

Tutto bene, se non fosse che mancava di precisare un qualsiasi elemento di valutazione morale.

Gay Pride a Roma – link a foto di La Repubblica

Carenza che si accentua nel seguito della relatio, il cui testo va analizzato tenendo conto che  neanche il Papa, in quanto Vicario di Cristo in Terra, può discostarsi da san Paolo (I Lettera ai Corinzi, 6, 9): “Né immorali, né idolàtri, né adùlteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio”:

  1. riguardo alle convivenze e ai matrimoni civili eterosessuali, come anche ai divorziati risposati, il percorso di redenzione dal peccato ricompare, allorchè “compete alla chiesa di riconoscere quei semi del Verbo sparsi oltre i suoi confini visibili e sacramentali” con allusione agli Ortodossi, per i quali la celebrazione del secondo matrimonio “è penitenziale, non è un sacramento” – come ben chiariva il cardinale arcivescovo di Lione, Philippe Barbarin, a Radio Vaticana – in cui gli sposi vengono  “accolti e benedetti” dopo un periodo penitenziale “affidandosi al rapporto tra il fedele e il suo parroco, confessore o vescovo”
  2. l’aspetto positivo della “relazionalità” da condizione ordinaria dell’essere umano – che diventa peccatore allorchè si comporta da ‘avaro’ e ‘rapace’ – diventa un bene in sé, da conseguire e da contrapporsi all’egoismo individualista
  3. una nuova norma, la “legge di gradualità”, che permette di cogliere dei progressivi “gradi di comunione” in tutte le situazioni peccaminose, perchè il male e il peccato propriamente non esistono, ma sono solo “forme imperfette di bene”, cosa che permetterebbe – ad esempio – ad idolatri come i Voodooisti o politeisti come i Neopagani di professarsi anche cristiani e accedere ai sacramenti
  4. la rinuncia alla conversione del peccatore è confermata, se “la questione omosessuale ci interpella in una seria riflessione su come elaborare cammini realistici di crescita affettiva e di maturità umana e evangelica integrando la dimensione sessuale” e “hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana: siamo in grado di accogliere queste persone, garantendo loro uno spazio di fraternità nelle nostre comunità?” .

Tutto bene, almeno dal punto di vista di un osservatore ‘laico’?

Certamente bene la questione dei conviventi e dei divorziati, che procede ottimamente superando la loro situazione di  ‘adulteri’ e ammettendo forme progressive di rientro nelle ecclesia.

Maluccio – teologicamente parlando – nell’accettare lo status quo degli “effeminati” e dei “sodomiti” delle Lettere di San Paolo come irreversibile, congenito, dato che questo poi comporterebbe accettare – alla stregua di Lombroso – che lo sia anche per i ‘ladri’ e i ‘maldicenti’ inclusi della lettera di San Paolo.

Molto peggio – secondo fede ma anche secondo scienza – sia nel decollare con datate ipotesi ‘antropologico-culturali’ sia per poi affondare nel considerare ‘avari’, ‘rapaci’, ‘effeminati’ e dei ‘sodomiti’ come naturali, affermando che la ‘relazionalità’ sia un bene in se da conseguire: l’Uomo non è più sanato dal peccato originale tramite il battesimo?

Gay Pride a Roma – link a foto di Giornalettismo

Non è un caso che i Circoli del Sinodo (le commissioni ristrette che produrranno il documento finale) abbiano  duramente contestato la relatio, è già noto che cinque su dieci presenteranno risposte critiche, mentre un altro gruppo  – l’Anglicus A guidato dal cardinale Leo Burke – sembra si dichiarerà apertamente contrario mentre molti autorevoli partecipanti fanno notare che di tutto si è parlato fuorchè della Famiglia che è il tema del consesso. L’unico gruppo ad esprimersi apertamente a favore è stato l’Italicus C, guidato dall’arcivescovo di Tirana, Angelo Massafra.

Questa sera il Sinodo si concluderà e verrà pubblicata la relatio conclusiva ed è prevedibile, ma non certo, che prevarrà la linea del vescovo di Riga, mons. Zbignevs Stankevics, che vuole “correggere alcune espressioni, non corrette” pervenendo ad “un testo finale più equilibrato e che risponda meglio alle sfide di oggi” perchè “il compito principale del Sinodo è di riaffermare la verità del Vangelo sul matrimonio … senza perdere l’identità cattolica e senza rinunciare alla verità sul matrimonio”.

segue

Originally posted on Demata

Bari: tolte al padre per consegnarle ad un killer

1 Set

Un killer della mafia barese adesso pentito, affiliato del Clan Strisciuglio, aveva avviato una relazione extraconiugale con una donna, anch’essa sposata e madre di due figli.
Più o meno contemporaneamente, l’uomo aveva iniziato a collaborare con i magistrati, ovvero a pentirsi in cambio di una nuova identità e di una valanga di soldi.
Così accade che l’ex malvivente scompaia, lasciando i suoi due figli con la madre, dato che, secondo lui, non v’è rischio che siano sottoposti a ritorsioni.
Inghiottita dal programma di protezione del ministero dell’Interno, però, sparisce anche la sua amante e, con lei, due ragazze di 10 e 14 anni ed un suo nipote.

Il tutto senza che i due genitori si siano separati e senza che il padre, un onest’uomo, sappia o possa sapere dove sono le figlie, che vivevano, naturalmente, a casa sua. Figurarsi incontrarle o provvedere alla loro educazione: svanite in un batter di ciglio.
Una mostruosità: strappare al padre naturale e legittimo due figlie per mandarle, per il capriccio di una madre, a vivere con un mafioso omicida, persona di inqualificabile moralità ed esposta ai rischi di una vendetta del clan.

E’ dovuto intervenire il TAR di Bari per intimare al Ministero degli Interni di riconoscere i diritti del padre e, tra non molto, dovrebbe esprimersi la Procura Minorile di Bari, togliendo la patria potestà alla madre.

Sicuramente, c’è da chiedersi quale Costituzione e quali leggi abbiano studiato i funzionari del Ministero degli Interni che hanno combinato questo gran pasticcio.

Ma, soprattutto, dovremmo prendere nota quei funzionari possano aver dato per scontate troppe cose … in un paese dove il 96% dei divorzi si concludono con l’affidamento alla madre. Non è un caso che, per ora, i principali quotidiani e le televisioni non abbiano dato rilievo alla vicenda.

Unica menzione su Il Giornale, dove una donna, Annamaria Bernardini de Pace, ci ricorda che “non tutte le mamme sono buone: anzi, ogni giorno si racconta di madri cattive, egoiste, interessate, trascuranti. Il destino di ognuno di noi è disegnato dall’amore o dal disamore della madre. … Ogni giorno sin dal giorno della nascita. Fortunatamente ci sono molti padri che sanno compensare i disastri causati dalle madri inadeguate. Le madri peggiori sono quelle che  violano il diritto giuridico e affettivo dei figli di voler vivere anche l’amore del padre, dei nonni, o degli amici.”

Claudio Magalli ed il rigurgito femminista

6 Apr

“Se un marito rifiutato dalla propria moglie, cerca di trovare un dialogo con lei e si ritrova a ricevere risposte come “ti ho tradito tutta la vita”, “sei un buono a nulla”, sei un “impotente”, è evidente che questa è una provocazione e che se avviente un delitto d’impeto, l’uxoricida deve avere delle attenuanti.”

Questo è, nella sostanza, quello che ha affermato Claudio Magalli, durante la trasmissione di ‘Se a casa di Paola’ di ieri lunedì 4 aprile.

Un’ovvietà, per legali, magistrati, legislatori e gente comune. Un’efferatezza, per un certo “mondo al femminile”, come dimostra, tra i tanti, l’articolo on line pubblicato dalla giornalista Flavia Amabile di La Stampa.

Un popolo di donne che, evidentemente, vorrebbe una legge con due pesi e due misure, dove si ribadisca che il “maschio è sempre violento” e la “donna è sempre vittima”.

Poco conta il dato che, se son tante le donne uccise da mariti ed amanti, sono altrettanto tanti i bambini uccisi, vessati od abbandonati dalle loro madri.

Ma di tutto questo, sui siti “delle donne e per le donne” non se ne legge mai …