Malattie rare, un caso diffuso di malasanità

30 Mag

Secondo un recente report del Comitato Nazionale di Bioetica le malattie rare comportano situazioni molto gravose per il milione di italiani che ne è affetta, non tanto per le patologie in se, per altro spesso gravi e croniche, quanto per l’assoluta fatiscenza del nostro Sistema Sanitario Nazionale ed il disinteresse profondo dei politici e funzionari preposti.

Secondo il report, infatti, le problematiche individuali e familiari dei malati riguardano principalmente:

  1. la difficoltà, o l’impossibilità, di accedere alla diagnosi corretta – dovuta alla mancata individuazione di un centro clinico di riferimento specializzato nella patologia in questione – con il conseguente aggravio psicologico e peggioramento dello stato di salute del paziente;
  2. il ritardo nella diagnosi che incide negativamente sulla prognosi;
  3. l’isolamento e la mancanza di conoscenze scientifiche e di informazioni sia sulla malattia, sia sulle leggi e i diritti esistenti;
  4. la mancanza di assistenza medica adeguata e di terapie riabilitative e psicologiche necessarie, tenuto conto della natura cronico-invalidante di gran parte delle malattie rare e dello sconvolgimento e destabilizzazione che l’esperienza della patologia comporta per il paziente e la famiglia;
  5. la difficoltà d’accesso al trattamento e alle cure, che riguarda sia la reperibilità-disponibilità di farmaci innovativi, ad alto o altissimo costo, specifici per una data malattia rara e già in commercio in Europa, sia, quando non vi sono terapie eziologiche specifiche, l’accesso ad altri possibili trattamenti;
  6. le forti diseguaglianze esistenti, a livello regionale e locale, nell’accesso alla diagnosi, alle terapie innovative e, più in generale, alle cure sanitarie e ai servizi sociali;
  7. i costi elevati dei trattamenti, complessivamente considerati, e la mancanza di misure di sostegno rispondenti ai bisogni di assistenza quotidiana e continuativa determinati dalla patologia, il cui carico ricade quasi interamente sul nucleo familiare, causandone l’impoverimento e spesso l’allontanamento dal mondo del lavoro;
  8. le condizioni precarie, di frequente percepite come gravi o gravissime, delle persone affette, anche dopo avere ottenuto la diagnosi;
  9. le conseguenze sociali pesanti per il paziente (stigmatizzazione, isolamento nella scuola e nelle attività lavorative, difficoltà di costruirsi una rete di relazioni sociali).

Con tutti i soldi che spendiamo e con tutti gli invalidi che abbiamo, questo ‘bollettino degli orrori’ avrebbe dovuto riguardare, da anni, la Corte dei Conti e l’Ordine dei Medici, oltre che la società civile tutta.

Nulla di tutto questo.
Il ‘Dossier in tema di malattie rare del 2008-2010 (a cura di Cittadinanzattiva, Tribunale per i diritti del malato, Coordinamento nazionale associazioni malati cronici), segnala:

  1. le difficoltà nel godere effettivamente dei benefici previsti dalla legge
  2. le forti differenze che si riscontrano tra regione e regione,
  3. più del 40% dei pazienti non ha spesso accesso ai farmaci indispensabili o ai farmaci per la cura delle complicanze.

Secondo Il Sole 24 ore “Focus sanità” del 11-17 Novembre 2008, l’inadeguatezza sanitaria e il mancato accesso ai diritti, ovvero ‘costi e disagi, determinerebbero la rinuncia alle cure da parte di 1 paziente su 4 a cui andrebbe aggiunto un 37% che desiste per gli ostacoli burocratici’, che evidentemente vengono posti dai diversi ospedali e ASL. 

Altri studi hanno rilevato che:

  1. il 57,9% dei pazienti è costretto a sostenere personalmente le spese della terapia con una spesa annua che va da un minimo di 800 euro a un massimo di 7.000 (studio del 2008 del Tribunale dei diritti del malato);
  2. per molti genitori far fronte ai bisogni assistenziali significa peggiorare la propria condizione lavorativa, se non interromperla (Studio pilota ISFOL13)
  3. tra le famiglie partecipanti allo studio molte versano in condizioni reddituali assai basse e quasi il 20% è stato costretto a ricorrere a prestiti finanziari, per far fronte alla gestione della malattia.

E’, dunque, un eufemismo parlare di Malasanità, quando si ha a che fare con un malato raro, dovremmo parlare di martiri.

Le domande che nascono spontanee dinanzi a questo girone infernale dei ‘rare disease’ italiani sono quelle di repertorio, allorchè si parli di medici e di medicina in Italia:

  1. le università rilasciano medici e specialisti preparati, soprattutto in conto che le malattie rare sono oltre seimila e che spesso riguardano il metabolismo?
  2. cosa fa l’Ordine dei Medici che dovrebbe vigilare almeno sulla deontologia dei medici e dove finisce l’enorme massa di reclami che pur dovranno esser stati presentati?
  3. cosa fanno i Revisori dei Conti delle ASL e delle Regioni, allorchè i bilanci non tengono conto del numero e tipo di malati presenti nel territorio e non sono rivolti a garantire innanzitutto le prestanzioni essenziali o ‘salva vita’?
  4. cosa hanno fatto finora al Ministero della Salute come al MEF se, a 11 anni dall’introduzione della normativa sulle malattie rare, i dati devono fornirceli le associazioni dei malati?

Alle domande ‘di repertorio’ va ad aggiungersene altre due, rivolte alla nostra classe medica:

  1. come può l’Ordine dei Medici non pretendere un repulisti degli incapaci e giustizia per i malati, se 370.000 dei malati rari (il 37% di quelli noti) rinuncia alle cure, per altro dovutegli gratuitamente?
  2. quale è il grado di conoscenza delle malattie rare, delle procedure sanitarie e delle leggi a riguardo, da parte sia dei medici in servizio sia soprattutto di quelli che si sono laureati in questo decennio e sono ‘figli del disastro’?

Inutile chiedersi quanti soldi abbiamo buttato in questi dieci anni ed in quali tasche siano finiti.

Leggi anche ‘Sanità: basta sprechi sulla pelle dei malati

originale postato su demata

2 Risposte a “Malattie rare, un caso diffuso di malasanità”

  1. demata luglio 16, 2012 a 6:31 am #

    Ecco un preciso esempio di come buttiamo i soldi.
    L’Istituto Superiore di Sanità – che è preposto al monitoraggio – non è neanche in grado di pubblicare una lista dei centri con le diverse specifiche.
    In tutto questo, un malato raro della diagnosi non sa molto che farsene se poi viene respinto dagli ospedali perchè il tutto farebbe capo ad un inesistente od incompetente centro regionale.

  2. elisa luglio 15, 2012 a 9:44 PM #

    VOGLIO SEGNALARE, COME MADRE DI UN BAMBINO AFFETTO DA DISPLASIA SPONDILOEPIFISARIA CONGENITA CHE SI PUò OTTENERE UNA DIAGNOSI NON ANAMNESTICA, MA CON ANALISI DEL DNA PRESSO L’OSPEDALE PEDIATRICO MEYER DI FIRENZE.

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