A proposito di cutting – ed in generale dei fenomeni autolesionistici di grado medio-lieve – lo psichiatra Gustavo Pietropolli Charmet, fondatore del gruppo “Minotauro”, intervistato da La Repubbblica, “tagliarsi è un rito ipnotico e catartico. Il coltello che scava nella pelle, la vista del sangue, il batuffolo d’ovatta che si macchia, la ferita che diventerà una cicatrice e, dunque, un trofeo. Si volge il coltello contro se stessi quando ci si sente impotenti di fronte ad un dolore, un sopruso, una delusione”. Ad esempio, “le adolescenti maltrattano il proprio corpo con tagli, cicatrici, piercing, sfogano la propria rabbia contro quel fisico a cui tanto tengono, così come da piccole riversavano le proprie sofferenze sulla bambola più amata, tagliandole i capelli o magari facendola a pezzi”.
Secondo altri quella della ricerca di attenzione sarebbe un dato non conclusivo, dato che molti autolesionisti sono ben consapevoli delle proprie ferite e cicatrici e il senso di colpa per il loro comportamento li conduce a fare di tutto per nascondere il loro comportamento dagli altri. (Truth Hurts Report, Mental Health Foundation, 2006, ISBN 978-1-903645-81-9, retrieved 2008-06-11) Come anche , diversi studi hanno mostrato che l’autolesionismo dipende da fattori ambientali come l’ottenere l’attenzione ma anche la fuga dalle richieste. (Iwata, B. A., et al. (1994), “Toward a functional analysis of self-injury”, Journal of Applied Behavior Analysis 27 (2): 197–209)
Secondo Camilla Haw e altri (2001, “Psychiatric and personality disorders in deliberate self-harm patients”, British Journal of Psychiatry 178) molti autolesionisti soffrono anche di depressione clinica moderata o severa e quindi il trattamento con antidepressivi farmaci può spesso essere efficace nel trattamento di questi pazienti. Anche la terapia cognitivo-comportamentale viene utilizzata (dove sono disponibili le risorse) per aiutare chi soffre di comportamenti autolesionistici.
Di cosa si tratta?
Innanzitutto, il cutting (tagliarsi) è la forma di autolesionismo più comune e comprende una vasta gamma di comportamenti, tra cui soprattutto il taglio, ma anche piccole ustioni, graffi ed ematomi fino ad interferire con la guarigione della ferita (dermatillomania), strapparsi i capelli ( tricotillomania). E’ una manifestazione non limitata agli esseri umani. Animali in cattività, come uccelli e scimmie, sono anche noti per partecipare a un comportamento autolesionistico.
I fattori sociali che provocano l’autolesionismo sono nella sostanza correlati o correlabili ad un’esperienza di depersonalizzazione ed alla sfera affettiva, specialmente se parliamo di ragazzi/e, a partire dai rapporti con e tra i genitori, passando per un lutto e finendo agli abusi, non necessariamente sessuali. Riguardo l’abuso di sostanze, sono correlate le benzodiazepine e l’alcol, mentre recenti studi hanno escluso che l’uso di cannabis possa essere un fattore di rischio specifico per DSH in giovani adolescenti. (Rossow, I.; Hawton, K.; Ystgaard, M. (2009). “Cannabis Use and Deliberate Self-Harm in Adolescence: A Comparative Analysis of Associations in England and Norway”. Archives of Suicide Research 13 (4): 340–348)
L’autolesionismo è elencato nel DSM-IV-TR come un sintomo di disturbo borderline della personalità, ma può manifestarsi anche come patologia secondaria in i pazienti con altre diagnosi, compresi quelli con depressione, ansia, abuso di sostanze , disturbi alimentari , disturbi da stress post-traumatico , schizofrenia e altri disturbi di personalità. (Muehlenkamp, J. J. (2005), “Self-Injurious Behavior as a Separate Clinical Syndrome”, American Journal of Orthopsychiatry 75 (2): 324–333)
L’autolesionismo è molto più comune tra adolescenti e giovani rispetto all’età adulta, di solito la prima manifestazione avviene tra i 12 ei 24 anni. Prima di questa età è relativamente raro, ma il tasso ha andato aumentando dal 1980.
“Uno studio effettuato su un campione di adolescenti di scuola secondaria di II grado è stato rilevato che la percentuale di ragazzi che dichiara di aver agito una o più condotte autolesive nel corso della vita è pari al 35,2% e che le modalità più frequenti sono il tagliarsi intenzionalmente con lamette, forbici o taglierini i polsi, le braccia ed altre parti del corpo, senza avere l’intenzione di uccidersi, il mordere il proprio corpo e l’incidersi disegni, figure o simboli sulla pelle. Infine, studi su popolazioni cliniche di adolescenti di comunità hanno permesso di rilevare una prevalenza del fenomeno quasi doppia rispetto alla popolazione generale, di circa il 63%.” (Maura Manca, Psicoterapeuta)
Secondo La Repubblica sarebbero circa 200.000 gli adolescenti che ‘si tagliano’, solo il 15% chiede aiuto, il 30% rischia di cronicizzarsi.
Come ben descrive la psicologa Rosalia Giammetta per Quipsicologia.it, “tagliarsi è un comportamento che spesso comincia nell’adolescenza, intorno ai tredici anni, diffuso soprattutto tra le ragazze. Non c’è un’unica spiegazione che renda conto dei motivi per cui una persona può decidere di tagliarsi.
Se alcuni ragazzi e ragazze si tagliano, è per controllare e interrompere, in modo indiretto, un dolore mentale troppo forte, un’angoscia troppo intensa e insostenibile: preferiscono soffrire nel corpo che psicologicamente, preferiscono il dolore fisico al dolore mentale e fanno in modo che il dolore fisico prenda il posto di quello mentale. Le ferite inflitte al corpo sono un mezzo estremo con cui lottare contro la sofferenza psicologica. Per altri adolescenti tagliarsi è un modo per percepire di esistere ed essere vivi: meglio un dolore fisico che non sentire niente o sentirsi vuoti e inutili.
Tagliarsi dà l’illusione di un sollievo, a volte addirittura euforia, come se dai tagli fuoriuscissero finalmente le emozioni che non si riescono a tollerare dentro di sé: la disperazione, la tristezza, il sentirsi rifiutati, la solitudine e soprattutto la rabbia verso qualcun altro da cui si sente di dipendere e che si teme si allontani. È una rabbia che diventa odio contro se stessi e la propria incapacità nel gestire una data situazione. Tagliarsi può permettere allora di abbassare una tensione estrema.”
Cosa fare? (a cura della Adulescent Self-Injury Foundation)
Bisogna innazitutto ricordare che gli/le adolescenti che si tagliano lo fanno per manifestare rabbia o frustrazione perchè il dolore fisico è più facile da affrontare piuttosto che il dolore emotivo, fornisce prove concrete che il dolore è reale ed è un modo per prendere il controllo quando ci si sente fuori controllo. Spesso rappresenta una forma di auto-punizione per qualcosa di cui ci si aspettava una meritata sanzione.
I segnali più evidenti sono:
- Rifiuto di andare al mare o in piscina e altre situazioni in cui il corpo è visibile
- Indossare ‘sempre’ indumenti che nascondono polsi, braccia, gambe, specie fuori stagione
- Portare o nascondere in camera da letto, zaino, indumenti o scarpe oggetti taglienti come lamette, rasoi, taglierini, cocci di vetro, spille di sicurezza, chiodi o aghi
- Incidenti, contusioni, graffi, tagli, bruciature frequenti seguiti da scuse inconsistenti
Cosa può fare un adolescente che ‘si taglia’ (a cura della Adulescent Self-Injury Foundation)
- Ricorda che non sei solo e che esiste aiuto e trattamento per le persone che si feriscono. Per sapere cosa fare devi provare a parlare con un professionista, anche a partire dallo psicologo /consultorio scolastico.
- Riconosci che le cose possono migliorare: è solo un momento difficile della tua vita. Tuttavia, con l’aiuto, si può arrivare al punto in cui non farai più male a te stesso.
- Chiedi aiuto. Se si attendi, il problema sarà solo più grande e allora sì che tutti lo verranno a sapere. presto tutti potranno sapere. Se invece inizi oggi, farai prima nel sentirti libero di andare avanti con la tua vita.
Quello che i genitori potrebbero fare (a cura della Adulescent Self-Injury Foundation)
- NON dire “lo fai solo per attirare l’attenzione.” NON sgridare e urlare. Mantenere la calma. Essere un modello di ruolo. Dimostrare che è possibile gestire le emozioni difficili.
- NON punire, ma NON minimizzare la gravità di questo comportamento. Fidarsi dell’istinto e chiedere se “si è fatto male di proposito”
- NON utilizzare un “contratto” per fermare l’autolesionismo. Non funziona e può portare a un peggioramento. Rassicurare e offrire un abbraccio è possibile anche con le parole, se la richiesta di abbraccio è negata.
- NON chiedete al vostro adolescente a smettere di ferire se stessi per amor vostro: hanno bisogno di sviluppare il proprio desiderio di smettere di ferirsi e si fermeranno solo quando saranno pronti. Seguire tutte le raccomandazioni cliniche, anche se queste raccomandazioni ci spaventano.
- NON sottovalutare il problema pensando che sta solo attraversando una fase che sarà superato. La maggior parte degli adulti che si auto feriscono ha iniziato durante l’adolescenza.
- Sostenere il piano di trattamento che avete scelto e NON permettere che venga terminato prematuramente: un adolescente depresso non ha il giudizio per prendere questa decisione. Ricordare che spesso l’adolescente può sostituire il comportamento autolesionistico con un disturbo alimentare, abusando farmaci per la tosse, o droghe / alcool.
Cosa possono fare gli amici (a cura della Adulescent Self-Injury Foundation)
Accettando di rimanere in silenzio, si sta dando il permesso di continuare. Il tuo amico ha bisogno di un aiuto professionale. La strada per la ripresa comincia rompendo il codice del silenzio. È possibile salvare una vita raccontando tutto ad un adulto di fiducia.
Dire a qualcuno il segreto del tuo amico sarà una decisione difficile e la tua amica potrebbe arrabbiarsi perchè “hai fatto la spia” e/o “ha avuto dei guai con i genitori“, ma in realtà vi siete preoccupati per il taglio e qualcuno si sta attivando per aiutare i tuoi amici.
Dunque, puoi dirgli che gli vuoi bene, che è una persona importante per te che vorresti che avesse fatto lo stesso, se i ruoli fossero stati invertiti. Prima o poi ti ringrazierà.
originale postato su demata
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