
Era stata condannata a 20.000 euro di spese giudiziarie, per aver chiesto di bloccare un suo video compromettente che continuava ad essere pubblicato su internet, esponendola alla gogna mediatica e al dileggio per strada.
Dicembre 2014 – gennaio 2015 Tiziana invia filmati hard a alcuni uomini tramite Whatsapp.
Maggio 2015: Tiziana consegna una querela circostanziata indicando in almeno uno dei cinque uomini ai quali aveva inviato quei video hot – senza averli mai incontrati – il responsabile della divulgazione su Internet.
Tiziana aveva presentato denuncia anche per violazione della privacy, ma gli inquirenti avrebbero individuato nel mancato esplicito divieto da parte di Tiziana alla diffusione dei video che lei stessa aveva inviato ad alcuni amici, un limite alla configurabilità del reato.
Ottobre 2015, Tiziana ritira le accuse verso gli uomini (Christian, Antonio, Enrico, Antonio) da “accusati” a “persone informate dei fatti”, come lo era Luca il suo ex fidanzato, su chi continui ad alimentare la gogna mediatica..
Tiziana aveva chiesto alla magistratura di sequestrare un sito web che aveva pubblicato i video con le immagini dei rapporti intimi.
Di recente, il pm Alessandro Milita la condannava a circa 20.000 Euro di spese di giudizio, perchè il sequestro del sito web appariva inutile in quanto quelle immagini erano ormai già state scaricate da numerosi utenti che le avevano pubblicate in altri siti e che il blocco non sarebbe servito a impedirne la circolazione su internet.
Ma avrebbe fatto da deterrente, aggiungeremmo noi comuni mortali, che ben comprendiamo – a differenza delle norme vigenti e delle imposizioni dei gestori dei siti Social – come Tiziana NON avesse alcuna intenzione di rendere ‘pubblici’ i suoi filmati.
SOLUZIONI
Sarebbe un ottimo deterrente – oltre che giusta – una norma che renda i siti social corresponsabili dei reati che dovessero derivare dalla diffusione di materiali audiovisuali privi dell’esplicito consenso del diretto interessato, allorchè debitamente informati od ammoniti da questo. Perchè vengono rimossi profili Facebook (o di altri social) se pubblicano foto di suore vestite in spiaggia o di bambini vietnamiti nudi in fuga, ma restano intoccabili quelli che finora hanno provocato suicidi in mezzo mondo?
Sarebbe urgente – non in Italia ma nel mondo – una moratoria tra i giganti del WEB, che porti alla chiusura dei profili di coloro che inviano con persistenza messaggi offensivi ad personam. Fino a quando la gente si incontrava in piazza, anzichè on line, chi lanciava sassi o sputi veniva arrestato all’istante … per turbativa della quiete pubblica. L’arresto immediato era necessario per evitare che qualcuno lo imitasse o qualcun altro si facesse giustizia da se. Se i Social sono ‘area pubblica’ chi è che provvede “sul posto” a garantirne la “quiete”?
Sarebbe stato ovvio – ma non lo è stato – che per l’acceso dei minorenni ai Social fosse prescritta l’autorizzazione formale dei genitori e che dei crimini telematici se ne occupasse una magistratura apposita – in Italia come altrove – vista la rapida evoluzione dei mezzii tecnici e dei fenomeni sociali.
Sarebbe Giustizia che il magistrato potesse non condannare il soccombente alle spese di giudizio “secondo giusto intendimento”, specie se parliamo di bullismo / stalking o di strapotere delle big companies.
Demata
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