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Copyright: Wikipedia oscurata per protesta

3 Lug

La proposta di direttiva UE sul diritto d’autore nel mercato unico digitale prevede, per i contenuti caricati online nell’Unione Europea:

  1. la frammentazione su base nazionale delle informazioni pubblicabili
  2. la verifica preventiva dei contenuti e del materiale protetto dal diritto d’autore
  3. la possibilità di una  link tax come in Spagna
  4. l’azzeramento delle piattaforme online con contenuto generato dagli utenti (blogs) che dovrebbero adottare misure “adeguate e proporzionate” per tutelare il copyright.

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Oggi, Wikipedia ha oscurato il proprio sito per protesta e diramando il seguente Comunicato:

Cara lettrice, caro lettore,

Il 5 luglio 2018 il Parlamento europeo in seduta plenaria deciderà se accelerare l’approvazione della direttiva sul copyright. Tale direttiva, se promulgata, limiterà significativamente la libertà di Internet.

Anziché aggiornare le leggi sul diritto d’autore in Europa per promuovere la partecipazione di tutti alla società dell’informazione, essa minaccia la libertà online e crea ostacoli all’accesso alla Rete imponendo nuove barriere, filtri e restrizioni. Se la proposta fosse approvata, potrebbe essere impossibile condividere un articolo di giornale sui social network o trovarlo su un motore di ricerca. Wikipedia stessa rischierebbe di chiudere.

La proposta ha già incontrato la ferma disapprovazione di oltre 70 studiosi informatici, tra i quali il creatore del web Tim Berners-Lee (qui), 169 accademici (qui), 145 organizzazioni operanti nei campi dei diritti umani, libertà di stampa, ricerca scientifica e industria informatica (qui) e di Wikimedia Foundation (qui).

Per questi motivi, la comunità italiana di Wikipedia ha deciso di oscurare tutte le pagine dell’enciclopedia. Vogliamo poter continuare a offrire un’enciclopedia libera, aperta, collaborativa e con contenuti verificabili.

Chiediamo perciò a tutti i deputati del Parlamento europeo di respingere l’attuale testo della direttiva e di riaprire la discussione vagliando le tante proposte delle associazioni Wikimedia, a partire dall’abolizione degli artt. 11 e 13, nonché l’estensione della libertà di panorama a tutta l’UE e la protezione del pubblico dominioLa comunità italiana di Wikipedia

Il 26 aprile 2018, 145 organizzazioni nei settori dei diritti umani e digitali, della libertà dei media, dell’editoria, delle biblioteche, delle istituzioni educative, degli sviluppatori di software e dei fornitori di servizi Internet hanno firmato una lettera di opposizione alla legislazione proposta. Dall’altro lato, l’approvazione della direttiva è sostenuta da editori, gruppi di media e case discografiche.

Demata

 

DDL diffamazione: si ricomincia da capo?

7 Nov

Silvia Della Monica, relatrice al Senato del disegno di decreto relativo alla diffamazione a mezzo stampa e con strumenti telematici, ha dato le dimissioni perchè “anche se il voto sarà segreto io voterò contro l’articolo 1” e per questo “non posso continuare a svolgere il ruolo di relatrice”.
Il disegno della cosiddetta ‘legge bavaglio’ torna dunque in Commissione con l’obiettivo di trovare “un testo assai più snello e condiviso”, come spera la presidente dei senatori Pd Anna Finocchiaro.

Cosa era successo all’articolo 1 del DDL Diffamazione al punto da convincere la senatrice del Partito Democratico a dichiarare anticipatamente il suo voto e lasciare i lavori?

All’inizio, quando presentarono il disegno normativo, il testo del’articolo 1 determinava che “alla legge 8 febbraio 1948, n.47, sono apportate le seguenti modificazioni:

  • a) l’articolo 12 è sostituito dal seguente «Art. 12. (Riparazione pecuniaria). — 1. Nel caso di diffamazione commessa col mezzo della stampa, la persona offesa può chiedere, oltre il risarcimento dei danni ai sensi dell’articolo 185 del codice penale, una somma a titolo di riparazione. La somma è determinata in relazione alla gravità dell’offesa e alla diffusione dello stampato e non può essere inferiore a 30.000 euro.»;
  • b) l’articolo 13 sostituito dal seguente «Art. 13. — (Pene per la diffamazione). — 1. Nel caso di diffamazione commessa con il mezzo della stampa, consistente nell’attribuzione di un fatto determinato, si applica la pena della multa non inferiore a 5.000 euro».

Un paio di ‘aggiornamenti’ alla norma del 1948, in modo da escludere il carcere per un reato d’opinione commesso a mezzo ‘stampa’, ovvero non includendo necessariamente tutto quanto viene scritto nei social netowrk o dai blog, sottoposti alle ordinarie norme del codice penale.

Aggiornamenti pesantucci, se consideriamo che ‘non inferiore a 30.000 euro’ suona come un’ingiunzione fallimentare per qualunque piccola testata.
Aggiornamenti peggiorativi, se parlassimo  dell’articolo 2, dove si continua a fare riferimento a concetti come ‘decoro’, ‘onore’, ‘reputazione’, anzichè  alla semplice ed oggettiva nozione di veridicità.

Preso atto che alla relatrice PD Silvia Della Monica, inspiegabilmente, crea problemi l’articolo 1 e non l’articolo 2, mentre alla Commissione sembra che piacciano tutti e due, torniamo a capire cosa è accaduto di così grave all’articolo uno.

Tutto e nulla, nel senso che non è dato saperlo se non prendendo atto che gli emendamenti tra Commissione ed Assemblea sono stati più di 300, mentre il testo presentato era di 120 parole, congiunzioni incluse.

E’ evidente che la Commissione non riesce a superare l’en passe.

Da un lato, la condanna di Sallusti non può divenire un altro caso Kydonis vs. Grecia, dove la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato la Grecia, obbligandola al risarcimento dei danni materiali e morali al giornalista ritenuto colpevole di diffamazione ed incercerato.
D’altra parte, la necessità d’intervento sul Codice Penale, che prevede la detenzione, rende opportuno aggiornarlo in funzione delle nuove tecnologie telematiche e qui si complicano le cose.
Nel contempo, come lasciar cadere un’occasione così prelibata e succulenta per bloccare la massiva mole di post, disegni e commenti a ruota libera che tappezzano, oramai, ogni angolo di internet?

Così è accaduto che il Senato, si spera inconsapevolmente, non riesca a rendersi conto che ledere l’onore, la reputazione o il decoro sono concetti particolarmente sdruccioli se navighiamo in rete, non solo in Italia quanto nei paesi più avanzati del nostro, dove porsi domande e borbottare al pub sono diritti ancestrali.
E non si riesce a far prendere atto ai nostri eletti che è ancora più deformante imporre l’obbligo di rettifica ad un mondo – quello telematico – che si fonda sul diritto di replica (lasciare un commento). Un diritto/dovere che è previsto anche dal codice francese, seppur molto attento all’onore ed alla reputazione come il nostro.

Ritornando ai 300 circa emendamenti per sole 120 parole ed alla straordinaria capacità dei nostri eletti di scatenare una burrasca anche in un bicchier d’acqua, c’è solo da aggiungere che ‘saggiamente’ è stato rispedito l’intero testo – e non solo l’articolo 1 – in Commissione nell’auspicio che torni indietro ‘assai più snello’.

Segno che la politica nostrana si sia resa conto che con una tale norma (l’articolo due non il primo) metteremmo in crisi l’intero sistema dell’informazione on line, con al primo posto le enciclopedie pubbliche (ndr. Wikipedia è molto allarmata) e, subito a seguire, tutto il resto dell’informazione, inclusa quella pubblicata in altri paesi ma leggibile, ‘diffusa’, anche in Italia?

Taglieremo l’accesso dei lettori al Financial Times o del Daily Mail perchè pubblicano articoli che, seppur scrivendo cose vere, ‘ledono’ l’onore, il decoro, la reputazione di qualche nostro presidente del Consiglio – come di un ministro degli esteri o del Tesoro – e si ostinano a farlo senza neanche rettificare?

Forse.

originale postato su demata

Vogliono imbavagliare Wikipedia. E non solo

25 Giu

Gentile lettrice, gentile lettore,

il comma 29 del disegno di legge in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali (rif.) – se approvato dal Parlamento Italiano – imporrebbe ad ogni sito web, a pena di pesanti sanzioni, di rettificare i propri contenuti dietro semplice richiesta di chi li ritenesse lesivi della propria immagine.

Attenzione, non basterebbe una smentita del blogger o la pubblicazione di un commento oppositivo. No, secondo il decreto l’autore dovrebbe modificare il testo, pena l’oscuramento, prima ancora che il presunto danneggiato possa aver vinto una eventuale quanto improbabile causa giudiziaria e comunque a prescindere che abbia dimostrato l’infondatezza delle fonti.
E, sia chiaro, non parliamo di testi contenenti offese o falsità: basta pubblicare una biografia non gradita o commentare causticamente un evento per ‘attentare alla reputazione’ della Casta.

Una norma che permetterà, con una banale Email, a qualunque politico o pubblico funzionario di cancellare dalla Rete qualunque notizia che a suo ‘soggettivo’ avviso possa ledere alla sua reputazione.

Praticamente come nel mondo virtuale di Facebook, dove è possibile cliccare ‘mi piace’ ma non c’è il tasto ‘non mi piace’.

Una legge che, se approvata, allarma addirittura Wikipedia, che ritiene che,  con l’approvazione di questa norma, “sarebbe obbligata ad alterare i contenuti delle proprie voci indipendentemente dalla loro veridicità, anche a dispetto delle fonti presenti e senza possibilità di ulteriori modifiche. Un simile obbligo costituirebbe una limitazione inaccettabile all’autonomia di Wikipedia, snaturandone i principi fondamentali.”

Wikipedia è la più grande opera collettiva della storia del genere umano, in continua crescita da undici anni grazie al contributo quotidiano di oltre 15 milioni di volontari sparsi in tutto il mondo. Le oltre 930 000 voci dell’edizione in lingua italiana ricevono 16 milioni di visite ogni giorno, ma questa norma potrebbe oscurarle per sempre.

L’Enciclopedia è patrimonio di tutti. La Rete è un patrimonio di tutti.

Non permettere che scompaia.

originale postato su demata