La scorsa estate, per l’esattezza venerdì 10 agosto 2012, l’ISTAT ha pubblicato i dati del 2010 riguardanti le pensioni, gli importi, la distribuzione eccetera.
Una statistica di cui nessuno ha parlato, che offre uno spaccato ‘very impressive’ del declino italiano.
Precisiamo, innanzitutto, che pressochè tutti i pensionati attuali arrivano dal ‘vecchio sistema’ che prevedeva che la pensione fosse pari – più o meno – all’ultimo stipendio e non computata in base a quanto versato, ovvero contributiva. Un distinguo importante visto che molti degli attuali pensionati non hanno effettivamente versato quanto ricevuto con il TFR e quanto ricevono e riceveranno come pensione, tredicesime incluse.
Cosa raccontano i dati?
Innanzitutto, che in Italia ci sono un paio di milioni di invalidi che se la passano abbastanza male, visto che le ‘pensioni’ al di sotto dei 500 euro mensili riguardano prevalentemente loro. Persone bisognose che avrebbero diritto ad un ‘salario minimo’ e che vengono bistrattate in nome di quel 0,1% – od anche meno – che i media chiamano ‘falsi invalidi’. Due milioni di persone che si arrangiano con poche centinaia di euro e che non fanno notizia.
Poi, prendiamo atto che due terzi dei pensionati vivono con un reddito netto inferiore ai 1.100 euro mensili, il che ci dimostra che tagliare le pensioni è un atto di iniqua follia e che la proposta Veltroni-Damiano sul salario minimo è sproporzionata.
Infine, scopriamo che ci sono 776.609 italiani che vivono nel lusso, nonostante la Crisi, percependo pensioni di almeno 3.000 euro mensili. E non pochi percepiscono pensioni ben oltre i 3.000 euro, per le quali è abbastanza difficile supporre che siano stati versati gli stessi contributi che stanno versando le generazioni attualmente al lavoro.
Una vera vergogna dato che, se i 776mila pensionati percepissero ‘solo’ 3.000 euro mensili di rendita, tredicesima inclusa, ne verrebbe un costo per lo Stato di 30.287.751.000 euro, dieci miliardi in meno di quanto spendiamo oggi. Ebbene si, se questi signori si accontentassero di una pensione netta di circa 2.500 euro mensili (equivalenti ai 3000 lordi), l’Italia risparmierebbe circa 10 miliardi l’anno.
Dieci miliardi che nessuno mai ha accantonato per intero e che, in dieci anni, rappresentano 100 miliardi di euro, ovvero circa metà dell’overflow del debito pubblico accumulato nel decennio. Non è un caso che Mario Monti ha promesso all’Europa il reiquilibrio dell’Italia a partire dal 2020, quando inizierà a sentirsi l’effetto delle generazioni ancora al lavoro, che percepiranno pensioni effettivamente accantonate, ed una buona parte di questi fortunati baby boomers avrà lasciato questa valle di lacrime.
Dieci miliardi che diventerebbero addirittura 15, se le pensioni ‘versione lusso’ venissero abolite e si fissasse un tetto di 2.500 euro lordi per tutti e tutto. Miliardi, tanti, che rappresentano una distorsione del sistema assicurativo italiano fin dal 1992, allorchè Giuliano Amato, riformando le pensioni in modo piuttosto discutibile, andò a creare questa situazione. Se qualcuno fosse a caccia delle cause del disavanzo italiano, è avvisato.
Non parliamo di diritti acquisiti, visto che nessuno versò sufficienti somme, se confrontate con le nuove generazioni. E non parliamo di pensionati sul lastrico, dato che con ‘soli’ 3.000 euro al mese la maggior parte degli abitanti di questo pianeta si sentirebbe più che benestante.
Una questione, visto che parliamo anche di soldi mai accantonati dai lavoratori, che poco o nulla dovrebbe avere a che vedere con la costituzionalità di eventuali tagli votati in Parlamento. Una questione che qualunque apparato, salvo il Parlamento, non può gestire od arbitrare, perchè opererebbe in conflitto di interessi, visto che si tratta anche delle loro pensioni.
Una questione che, dunque, dovrebbe essere di sola competenza del Parlamento. Anche per questo diamo i vitalizi ai parlamentari, per consentirgli la necessaria autonomia.
Un nodo generazionale che sta alimentando la crisi italiana e che impedisce di operare con equità, alimentando l’antipolitica, l’esasperazione popolare, le soluzioni giustizialiste.
Un atto di irresponsabilità e di iniquo egoismo da parte di una generazione, che ci impedisce di sostenere la nascita di un welfare sostenibile e solidale, ovvero come dovrebbe essere, e che è una delle concause del deficit italiano e del degrado sociale ed istituzionale in cui viviamo.
La causa principale del downgrade di un paese che in tal modo non può badare alla crescita ed al futuro e che può garantire stabilità solo a condizione di esaudire pedissequamente la Casta.
Un’ennesima prova che Mario Monti e questo Parlamento non stanno badando ad altro che a tutelare i cosiddetti ‘diritti acquisiti’, ovvero gli interessi delle banche e dell’anziano ceto dominante.
Esattamente coloro che hanno causato la situazione in cui siamo.
Qualcosa su cui ‘i giovani’ Renzi, Vendola, Alfano, Casini, Meloni, Maroni (come l’M5S, Forza Nuova od i partiti meridionali) dovrebbero aver, almeno loro, qualcosa da dire o da ridire.
originale postato su demata
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