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La bufala del ‘gender’ a scuola e i diritti delle donne

2 Feb

Era il 7 agosto 2016 e, mentre i nostri bambini erano indaffarati tra spiagge, piscine e giardinetti, Il Giornale lanciava l’allarme: il Ministero parla ancora di “gender” nelle scuole !
Una bufala del genere non si era mai vista e, quel che è peggio, interferisce con la soluzione di un problema nazionale chiamato ‘femminicidio’.

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Pari diritti, ora !

Iniziamo col dire che il Miur non scrive di ‘gender’, bensì di “genere”, che è il termine che le Scienze Naturali da secoli hanno scelto per distinguere tra maschi e femmine. Se per qualcuno il ‘genere’ fosse sconveniente … andasse a parlare con Carlo Linneo (1707-1778), che è considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi.
E aggiungiamo – visto che si parla di scuola – che, se qualunque persona che abbia superato il biennio delle superiori, questo lo dovrebbe sapere a memoria – resta il fatto che una bella metà degli italiani non lo sa, sono prevalentemente maschi e  … noi parlavamo dei femmincidi e tutto il resto.

Diciamo anche che il 6 luglio e il 15 settembre 2015 (un anno prima dell’articolo de Il Giornale), il Miur aveva precisato con circolari apposite che “le famiglie hanno il diritto, ma anche il dovere, di conoscere prima dell’iscrizione dei propri figli a scuola i contenuti del Piano dell’Offerta Formativa e, per la scuola secondaria, sottoscrivere formalmente il Patto educativo di corresponsabilità”.

A proposito di doveri e di cose da conoscere quando si mandano i figli a scuola, va evidenziato che Piano dell’Offerta Formativa e  il Patto educativo di corresponsabilità sono deliberati dal Consiglio d’istituto, dove famiglie e studenti sono solitamente in maggioranza rispetto ai docenti.
E’ non solo impossibile che possa essere imposto quello che paventano Il Giornale e Matteo Salvini, ma – soprattutto – questo può fare presa solo su genitori, nonni e zii davvero molto poco informati.

Il Giornale e Matteo Salvini attaccano la “decostruzione degli stereotipi di genere” e che “sono infiniti i pregiudizi e gli stereotipi che vengono spacciati come naturali” o che “la differenza sessuale può al contrario essere vissuta secondo uno spettro ampio di inclinazioni, affinità, scelte”. Ma nel concreto di cosa si tratta?

Ad esempio, che anche le donne portano i pantaloni ed anche i maschi sono ottimi babysitter. Oppure che il vero imbranato è quello che NON va bene a scuola e che una ragazza non è meno femminile se fa pugilato.
O che i maschi – quando fanno i galletti con insistenza – stanno molestando una donna. Oppure una donna può avere tanti partner quanti sia ‘leggittimo’ che ne abbia un maschio.

Negli ultimi dieci anni le donne uccise in Italia sono state quasi 1.800, di cui otto su dieci da familiari, il 20,2% ha subìto violenza fisica, il 10,6% ha subìto violenze sessuali prima dei 16 anni, il 16,1% ha subìto stalking nel corso della vita.

Le differenze di genere vedono le donne al di sotto della soglia di povertà, specie tra i single (maschi 18,2%, donne 31,1%),  mentre, nelle giovani generazioni, il 42,4% è diplomata (uomini 40,2%) e il 15,9% sono laureate ( (uomini (10%).
E che esista una ‘iniquità di genere’ è dimostrato dai maggiori tassi di disoccupazione, soprattutto giovanile, e d’inattività, dalle retribuzioni più basse rispetto agli uomini, dalle pensioni d’importo più modesto, del doversi far carico dei figli spesso a discapito della propria indipendenza economica.

Dunque, a proposito degli “stereotipi di genere”, potremmo iniziare ad elogiare le bambine quando sono ‘forti’ o ‘assertive’ed i bambini se sono ‘gentili’ e ‘rispettosi’. O fare lezione su una cosa che si chiama sesso per far comprendere la differenza dall’Amore. Vi sembra poco?

Una rivoluzione. Quella Liberale.

Chissà se anche Santanchè, Meloni e Binetti non siano – in quanto donne – contro gli ‘stereotipi di genere’ …

P.S. A proposito, come non considerare ‘omofobo’ chi straparla di ‘gender’ anche quando ‘non c’azzecca niente’ e – così facendo – accantona le pari opportunità per gli esseri umani a prescindere dal sesso e – addirittura – le cause della violenza sulle donne?

Demata

Convenzione di Istanbul, cosa cambierà in Italia?

20 Giu

Il Parlamento Italiano ha approvato la Convenzione di Istanbul, ma è solo l’inizio: ci sono tutte le leggi e i decreti correlati da concordare, approvare e rendere esecutivi. Anni e anni ancora dovremo aspettare, se andrà come è andata per i Classificazione Internazionale del Funzionalità, della Disabilità e della Salute come “standard di valutazione e classificazione di salute e disabilità”, ancora in attesa di essere pienamente adottati, dal 2001.

E sono molte le cose che dovranno cambiare, si spera in fretta, se l’articolo 12 (Obblighi generali) ci impegna ad adottare “le misure necessarie per promuovere i cambiamenti nei comportamenti socio-culturali delle donne e degli uomini, al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata sull’idea dell’inferiorità della donna o su modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli uomini”.
Come sarebbe stata l’Italia con una legge del genere e senza le pin up di Colpo Grosso e di Drive In? E delle copertine dei magazine ‘di tendenza’ con donne sempre ‘spogliate’ e maschi ‘ordinariamente macho’, ne vogliamo parlare? E delle donne sempre maestre ed infermiere e dei maschi sempre primario e capufficio? Per non parlare di quello strano limbo femminile, pressochè ignorato dal Welfare, in cui essere casalinghe o disoccupate è una non-scelta …

Non a caso l’articolo 14 impone agli stati di attuare “le azioni necessarie per includere nei programmi scolastici di ogni ordine e grado dei materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, la violenza contro le donne basata sul genere e il diritto all’integrità personale, appropriati al livello cognitivo degli allievi.”
Potremo continuare a finanziare od equiparare scuole ed istituti privati che non garantiscano “materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi e i ruoli di genere non stereotipati”?
Sembrerebbe proprio di no.

E che ne sarà  tanti processi finiti come sappiamo, anche grazie a tanti appelli ‘al perdono’, se i costumi, la religione, la tradizione non potranno essere in alcun modo utilizzati per giustificare nessuno degli atti di violenza sulle donne?

E’ evidente che sarà necessario molto tempo, prima che la Convenzione di Istanbul diventi legge dello Stato italiano con tutele garantite, sanzioni apposite, procedure percorribili.
Una necessità di tempo che deriva anche da una contingenza: lo Stato del Vaticano non ha firmato la Convenzione di Istanbul, come non ha firmato la “Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità del 2008”, che, all’art. 6, riporta l’obbligo per gli Stati firmatari di “prendere misure appropriate per assicurare il pieno sviluppo, avanzamento e rafforzamento sociale delle di garantire loro l’accesso e l’esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali”.

Più chiaro di così …

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Corigliano – Istanbul, la violenza sulle donne andata e ritorno

28 Mag

A Corigliano Calabro un ragazzo quasi maggiorenne, Davide M., prima tenta di obbligare una ragazza sedicenne ad atti sessuali, poi la sequestra, poi, ancora, l’accoltella 20 volte, va a prendere della benzina ed, infine, la uccide bruciandola viva, mentre lei tenta, esangue, di difendersi e lo prega di non farlo.

Per un fatto del genere, in altri paesi del mondo è prevista la pena di morte, da noi no: Davide M. sarà processato come minore, nonostante gli manchino solo pochi mesi per la maggiore età e nonostante l’organizzazione dimostrata nel crimine commesso, e potrebbe essere condannato ad un massimo di 10 anni, se verrà usato lo stesso metro applicato per Erika ed Omar, che uccisero la madre ed il fratellino di lei.

Troppo comodo uccidere in modo efferato a 17 anni ed essere liberi a 27, con un posto di lavoro che ti aspetta ed una laurea pagata dallo Stato, grazie ai servizi sociali.

C’è, dunque, da rimanere impressionati se La Repubblica – come altri quotidiani – riporti acriticamente che:

  1. la mamma di Fabiana ha detto che “anche lui è una povera vittima”, riferendosi all’assassino 17enne
  2. l’arcivescovo di Rossano-Cariati, monsignor Santo Marcianò ha parlato di un possibile recupero dell’omicida
  3. la madre di Davide M. “porta dentro di sè un grande dolore per la scomparsa di una ragazza che conosceva, un dolore che solo un genitore può capire”.

Ricordato che bisogna “dare a Cesare quel che è di Cesare”, qui si tratta, ancora una volta, di una violenza travestita da amore, un orrore. Nessuna violenza può essere debellata fino a quando il rapporto uomo-donna non si libererà di concetti come subalternità e possesso.”

E mentre l’Italia ribadisce giorno su giorno un primato in fatto di donne uccise  e di perdono verso gli omicidi, è arrivata anche la ‘tirata d’orecchie’ di Laura Boldrini, presidente della Camera, dicendosi dispiaciuta “di vedere un’aula così vuota” durante la discussione sulla Convenzione di Istanbul.

Ma cosa contiene questa Convenzione di Istambul da necessitare dei richiami di Laura Boldrini ad una maggiore presenza alla Camera, mentre Federico Gelli, deputato del Partito Democratico e componente della Commissione Affari Sociali della Camera, si trova addirittura a dover auspicare il voto all’unanimità, come se non fosse un atto dovuto?
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Facile a capirsi, sfogliando la Convenzione e ben conoscendo l’Italia.
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L’articolo 12 (Obblighi generali) prevede che si adottino “le misure necessarie per promuovere i cambiamenti nei comportamenti socio-culturali delle donne e degli uomini, al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata sull’idea dell’inferiorità della donna o su modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli uomini” e che si vigili “affinché la cultura, gli usi e i costumi, la religione, la tradizione o il cosiddetto “onore” non possano essere in alcun modo utilizzati per giustificare nessuno degli atti di violenza che rientrano nel campo di applicazione della presente Convenzione.”
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Inoltre, vanno adottate “le misure necessarie per promuovere programmi e attività destinati ad aumentare il livello di autonomia e di emancipazione delle donne” e (art.14) vanno intraprese “le azioni necessarie per includere nei programmi scolastici di ogni ordine e grado dei materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, la violenza contro le donne basata sul genere e il diritto all’integrità personale, appropriati al livello cognitivo degli allievi.”
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I costumi, la religione, la tradizione non potranno essere in alcun modo utilizzati per giustificare nessuno degli atti di violenza sulle donne. Bel problema per tanti processi finiti come sappiamo e tanti appelli ‘al perdono’ …
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Bisognerà attuare programmi e attività destinati ad aumentare il livello di autonomia e di emancipazione delle donne e ad includere nei programmi scolastici di ogni ordine e grado dei materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati. Bel guaio per un sistema scolastico dove un’enorme quantità di ragazzi/e  frequentano scuole confessionali …
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