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INPS, un colossale e iniquo colabrodo

28 Gen

L’INPS è (ormai) una holding poco trasparente e deregolata che ha in mano i destini di oltre 40,7 milioni di utenti – di cui 23,4 milioni di lavoratori (l’82% della popolazione occupata in Italia) e 16 milioni di pensionati – oltre a mezzo milione di invalidi civili e altri 4,4 milioni di persone che ricevono prestazioni a sostegno del reddito (ammortizzatori sociali).

Allo stesso tempo,  l’INPS ha speso  296 miliardi di euro (2012) in prestazioni pensionistiche, con un budget complessivo di 315 mld che lo colloca nell’olimpo delle compagnie assicuratrici (ndr. gestisce il bilancio più grande d’Europa per quanto riguarda gli enti previdenziali) senza dover adempiere alle minime regole di concorrenza in quanto esiste ‘ope legis’.

Un Leviatano.
E che l’INPS non sia più un ‘ente benefico di Stato’ è dimostrato dagli almeno 150.000 esodati rimasti per strada, dagli assegni di invalidità infimi e risibili (ndr. meno di 300 euro mensili per ciechi e invalidi totali), dal fenomeno delle pensioni d’oro che perdurano scandalosamente da decenni.
Inoltre, è sotto gli occhi di tutti (da anni se non da sempre) che l’INPS non abbia un bilancio trasparente, come – ad esempio – è dimostrato dagli effetti di una norma che prevede che le strutture sanitarie che operano in convenzione possano scaricare su quanto devono all’INPS il credito che vantano verso le ASL, lasciando spazio a truffe miliardarie e creando un circolo vizioso di overflow della spesa sanitaria e di sfondamento dei bilanci previdenziali incompatibile con una gestione finanziaria ‘sana’.

Ma non solo. L’INPS sembra un colabrodo, ma non per chissà quale esagerata elargizione agli ‘utenti’ (pensioni d’oro eslcuse), bensì per operazioni di maquillage finanziario che lo Stato e il MEF hanno messo in atto nel corso degli anni.

Ad esempio, nel 2011, l’INPS ha assorbito l’INPDAP che aveva accumulato un disavanzo di 31 miliardi a causa di «una norma maligna del 2007 che ha trasformato in anticipazioni di Tesoreria, e quindi in debiti dell’ente verso lo Stato, gli iniziali trasferimenti (e quindi crediti dell’Inpdap verso lo Stato) stanziati dalla legge Dini del 1995 a copertura dello stock delle pensioni degli statali, quando venne istituita la loro Cassa». (Giuliano Cazzola, responsabile Welfare di Scelta civica, membro del collegio dei sindaci Inpdap tra il 1994 e il 2002 e del collegio dei sindaci Inps dal 2002 al 2007)
E sempre l’INPDAP – tra il 2008 e il 2010 – ha assorbito gli enti previdenziali del comprarto ‘dirigenza’, assorbendo anche i circa 4 miliardi di debito accumulato e garantendo il prosieguo di pensioni, evidentemente, sovradimensionate.

E’ evidente che la responsabilità ‘a posteriori’ ricada anche e soprattutto sui vertici dell’istituto, che avrebbero dovuto opporsi ad un tale obbrobio. Specialmente, se l’INPS con i propri dati avesse alimentato una ‘caccia all’untore’ in direzione inversa, ovvero additando ‘gli utenti’ come causa del dissesto e non i ‘potenti’. Annotiamo l’ampio aiuto fornito dai media (salvo Sole24Ore e Fatto Quotidiano) ad un’opera di disinformazione capillare.

Da alcuni anni, l’INPS – con una mera circolare – ha stabilito forti limitazioni della libertà personale (residenza) per chi assiste parenti anziani o malati e, nonostante le diverse sentenze avverse, non ha particolarmente mutato le proprie pretese.
Sempre a mezzo circolare l’INPS ha determinato che i benefit per gli scivoli pensionistici sono computabili solo in base al tempo in cui l’INPS stessa (sic!) attribuisce l’80% di invalidità e non da quando la malattia si è manifestata.
Per non parlare della ‘burla agli utenti’ in cui si denomina ‘pensione anticipata’ la possibilità di lasciare il lavoro dopo ‘soli’ 42 anni e tre mesi. Chiunque conosca gli ‘orrendi’ sistemi previdenziali privatistici della Mitteleuropa o degli USA sa che la non negoziabilità dell’esodo è un abuso e che con le regole italiane si trasforma il mondo del lavoro in un gerontocomio …
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Dunque, la questione non è Mastropasqua, ma l’INPS ed il sistema previdenziale e assistenziale italiano, che de facto risalgono ad un modello – all’avanguardia nel 1933 e migliorato nel 1952 – che avrebbe dovuto rimanere nel proprio ambito, ovvero quello di un istituto di previdenza e assistenza rivolto alle fasce sociali indigenti o svantaggiate senza fagocitare il sistema di ‘casse’ afferenti ai diversi comparti di lavoro.
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Poi, solo poi, c’è la questione Mastropasqua, ovvero la possibilità che un solo uomo diventi presidente dell’Inps, presidente o vicepresidente di Equitalia, Equitalia Nord, Equitalia Centro, Equitalia Sud; dirigente di Italia Previdente, di Eur Spa, di Eur Tel, di Eur Congressi Roma, di Coni servizi Spa, di Autostrade per l’Italia, di Fandango, di Telecom Italia Media; consigliere di amministrazione di Quadrifoglio, di Telenergia, di Loquendo, di Aquadrome e presidente onorario di Mediterranean Nautilus Italy, di ADR Engineering, di Consel, di Groma, di EMSA Servizi, di Telecontact Center, di Idea Fimit SGR.
A seguire la questione del reddito – prevalentemente ‘pubblico’ – del dottor Mastropasqua e di tanti altri come lui.
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Una questione che si chiama ‘spoil system all’amatriciana’ e ‘conflitto di interessi’ riguardo le quali non sono le aule giudiziarie a poter porre (ritardato) rimedio, ma deve farlo la Politica. Prima o poi, forse mai.
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Intanto, che i Partiti inizino a chiedersi con quale coraggio – dinanzi alla mattanza dello scandalo INPS e della Sanità romana – continuiamo a tartassare gli esodati (ma non i cassaintegrati) o a lesinare la Quota 96 a chi, dopo una vita di lavoro, si ritrova  seriamente malato e invalido.
E inizino a chiedersi, i Politici, se la riforma Damiano delle pensioni sia risultata  insufficiente a causa di limiti propri o – anche e soprattutto – a causa delle operazioni finanziarie che lo Stato ha svolto dal 2007 ad oggi sul patrimonio previdenziale accumulato dai lavoratori.
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A proposito … Elsa Fornero reclama che le hanno impedito di limitare il potere di Mastropasqua, ma ci spieghi lei perchè un ministro del Welfare abbia preferito colpire milioni di lavoratori, anziani e malati, anzichè batter cassa da Mario Monti, che deteneva il dicastero dell’Economia e delle Finanze.
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Fornero, Amato ed i danni collaterali

17 Set

Giorni fa, un mio carissimo amico 67enne mi ha contattato per chiedermi un prestito. Nulla di eccezionale: qualche migliaio di euro.

Sapendo che era stato pensionato al 31 agosto per sopraggiunto limite di età, mi è venuto spontaneo chiedergli quando gli avessero pagato la pensione e di star tranquillo che sarebbero anche arrivati gli arretrati.

Con mia somma sorpresa, mi son sentito rispondere che era stato esodato e che da settembre a dicembre venturo era di fatto un indigente, ovvero era privo di un reddito.

Sono rimasto di stucco e gli ho chiesto se il suo fosse un caso singolo, un’anomalia, specialmente considerando che il mio amico è un (ex) professore universitario – esimio e benemerito – con 42 anni di servizio riconosciuti presso le Università degli studi italiane, un passato al Massachussets Institute od Technology e una parziale doppia pensione per le ricerche svolte al CNR.

La risposta, drammaticamente breve, è stata: ‘mica sono il solo’.

Parliamo di un uomo di 67 anni, con 42 anni di contributi versati, che viene costretto a lasciare il lavoro, privandolo del suo sostentamento, e contemporaneamente gli si nega non solo l’accesso a quanto ha messo da parte, versando contributi obbligatori, ma addirittura gli si cassano quattro mensilità dovutegli.

Non so se e quante leggi si siano violate, ma la Costituzione, di sicuro, prevede altro.
E, dopo una tale vergogna ed iniquità, che nessuno venga a dirci che una Patrimoniale avrebbe significato mettere le mani nei portafogli dei cittadini … come vediamo lo fanno ugualmente e solo a carico di chi non può difendersi.

Anche perchè, sarà sfuggito a molti, Giuliano Amato, il riformatore delle pensioni, è stato interpellato dal pubblico durante il Festival del Partito nazionale riguardo le pensioni. Ebbene, dinanzi ad un pubblico tra lo sbalordito ed il pietrificato, Amato è riuscito ad ammettere il proprio rincescimento, ma solo perchè trovava ingiusto percepire una pensione (circa 150.000 euro annui, sembrerebbe, più rimborsi e vitalizi parlamentari, nonchè consulenze ed eccetera) inferiore all’ultimo stipendio retribuito.
E quando dal pubblico, depresso e shockato, qualcuno ha ribadito ‘ma si rende conto che lei è un fortunato?’, Giuliano Amato, come riportano le cronache di sinistra, ha rifiutato il confronto ed è andato via.

Dunque, è lecito affermare che l’attuale governo sottrae risorse a pensionati ed indigenti per sostenere i debiti contratti dalla Cleptocrazia italiana (la cosiddetta Casta), evitando di denunciare i malfattori e garantendo la stabilità dei mercati.
Non è una ‘fanfaronata’ di Di Pietro o la ‘solita protesta’ di Camusso, questa è la realtà, la nuda e cruda realtà.

Purtroppo, quanto avvenuto a Reggio Emilia con Giuliano Amato, deve farci porre un altro quesito ormai ineludibile.
E’ lecito affermare che la generazione dei 60-80enni, che ha scritto o votato come governo le diverse riforme (downgrade) pensionistiche, ha ben pensato di tutelare i propri interessi, affermando principi a senso unico, salvaguardando pensioni d’annata o privilegiate e facendo in modo che tutte le ‘tagliole’ non intercettassero chi è nato prima del 1945-50?

Come anche, è lecito ipotizzare che non avremo qualcosa da dare neanche agli attuali cinquantenni senza privatizzare – almeno in parte – l’INPS e senza ricondurre a norma le pensioni ‘pre contributivo’?

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