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L’Ucraina una volta era la Russia e non viceversa

21 Feb

Perchè proprio Von Leyen ‘accusa’ Putin di voler riscrivere le regole internazionali? C’è qualcosa che dovremmo sapere? E’ una lunga storia, quella dell’Ucraina che una volta era la “vera” Russia.

Iniziamo col dire che nel 1240 i Mongoli cancellarono i regni Rus da Mosca a Kiev, che divennero territori contesi dalla Cristianità e solo progressivamente controllati dai Cavalieri Teutonici polacchi, più o meno quando a Firenze e ad Avignone fioriva il Rinascimento.

Sotto la spinta dei Mongoli, il territorio ucraino per secoli fu attraversato da profughi, esuli e rifugiati Rus (in turco: kozak) ed – a partire dalla fine del 1500 – furono i Cosacchi Sič a riconquistare le frontiere meridionali, finchè – a metà del 1600 – si arrivò alla costituzione di uno stato autonomo cosacco, che poco dopo venne diviso tra la Polonia e la nascente Russia di Pietro il Grande, che spostò la capitale da Mosca a San Pietroburgo.

Dei 15 distretti dell’Impero Russo sotto Caterina la Grande ben 8 sono nell’Ucraina riconosciuta oggi dall’ONU: Taganrog, Odessa, Feodosiya, Kerch-Yenikale, Izmail, Sevastopol, Nikolayev, Yalta. Viceversa, la Galizia (attuale provincia di Leopoli) rimase polacca e poi venne assorbita dall’Impero Austroungarico.

Nel 1853, l’attuale territorio ucraino era chiamato Piccola Russia (i governatorati di Kiev, Charkov, Poltava e Černigov), Russia Meridionale (i governatorati di Ekaterinoslav, Cherson, Tauride e parte della Bessarabia) e Russia Occidentale (i governatorati di Volinia e Podolia), oltre alla ‘polacca’ Galizia e alla ‘slovacca’ Rutenia , che erano austroungariche.
Odessa era il “granaio d’Europa” e la quarta più grande città dell’Impero russo, Kiev e Kharkov erano importanti centri dell’industria tessile, Leopoli era la quarta città dell’Impero Austroungarico … e così rimase fino alla Rivoluzione Russa.

Infatti, se San Pietroburgo era troppo cosmopolita rispetto a Mosca dove Lenin riportò la capitale, Kiev fu il centro della resistenza zarista e dell’Armata Bianca.

Solo dopo cinque anni di aspre lotte, nel 1922 la Pace di Riga assegnò la Galizia e la Volinia alla Polonia, mentre la Piccola Russia con quella Meridionale e quella Occidentale andarono a Stalin, che però, dovette stare alle condizioni del precedente Trattato di Brest-Litovsk firmato da Lenin che assicurava la nascita di una “Repubblica Popolare di Kiev” riconosciuta dall’Impero Germanico.
La “Russia zarista ucraina” resistette molto tempo e servì una pulizia etnica come l’Holodomor per cancellare la resistenza dei kulaki, i contadini agiati (coltivatori diretti o piccoli proprietari terrieri) e la persecuzione dell’intellighentzia dei russi diventati ucraini.

I restanti territori di lingua rutena divisi fra Polonia, (attuali Oblast’ di Leopoli, Volinia, Rovno, Ivano-Frankivs’k, e Tarnopol), Slovacchia (Oblast’ di Transcarpazia) e Romania (l’odierno Oblast’ di Černivci) furono assegnati all’Unione Sovietica solo dopo la Seconda guerra mondiale.

Il 16 luglio 1990, la Repubblica socialista sovietica ucraina adottò la Dichiarazione di sovranità affermando la democrazia e la priorità della legge ucraina rispetto al diritto sovietico. Ma l’uscita della Repubblica Ucraina dal contesto sovietico pose dei seri problemi di legislazione internazionale (alla stregua di quelli in Siria e Iraq).
Infatti, cessata l’Unione Sovietica, in base ai trattati della Seconda Guerra Mondiale al tavolo dei negoziati di oggi:

  • siedono gli alleati vincitori di ieri (USA, UK, URSS, Francia e Polonia)
  • c’è un’Ucraina esclusa dai quei trattati e oggi fortemente subalterna, se altri discutono dei suoi confini
  • mancano (se non tramite l’UE) Germania, Slovacchia e Austria, le sconfitte di ieri.

E’ per questo che ci sarebbe in corso (dal 2014) una Conferenza per l’Ucraina … che non va da nessuna parte. Infatti, in base al Trattato di Riga precedente:

  • la “Repubblica Popolare di Kiev” del trattato Brest-Livotsk aveva una base di diritto giuridico a se stante
  • i cittadini ‘polacchi’ di Galizia e Volinia (Leopoli) avevano diritto a far parte dell’UE ed, infatti, da alcuni anni esiste uno speciale trattato tra Polonia e Ucraina
  • identicamente, per i cittadini della Transcarpazia verso la Slovacchia
  • Donbass, Crimea e Kharkiv erano russi, perchè non rientravano nel Trattato e, comunque, non nelle competenze di Kiev all’epoca.

Detto questo e rammentato che la propaganda è l’anima del commercio e non solo della politica, vi meraviglierebbe se a breve vedessimo

  • Kiev e le sue fertili terre assediate dall’esercito ucraino dispiegato … a loro difesa dai russi
  • Leopoli fosse felicemente okkupata dagli carri Abrams polacchi forniti … dagli USA
  • Donbass, Kharkiv e Crimea conquistate dai ferocissimi russi … tra ali di folla festante
  • le Borse occidentali a far festa dopo … lo smaltimento “in combattimento” di Eurofighter e Mig obsoleti
  • il mercato dell’energia che tira un sospiro di sollievo … dato che l’inferno si scatena a termosifoni (quasi) spenti
  • gli USA hanno validissimi motivi per mantenere e rafforzare i propri contingenti e la propria influenza militare in Europa
  • la Russia riprende il controllo della fabbrica aeronautica Antonov e dell’hub di gasodotti per il Southern Stream
  • e l’Europa … resta al palo.

Demata

Chiude L’Unità, il giornale che osannava Stalin

31 Lug

Il Comunicato di Redazione dell’Unità annuncia, oggi: “Fine della corsa. Dopo tre mesi di lotta, ci sono riusciti: hanno ucciso l’Unità”. “I lavoratori sono rimasti soli a difendere una testata storica”.

Forse ci volevano i lettori e non i lavoratori, ma ormai è tardi per ogni recriminazione:  i liquidatori di Nuova Iniziativa Editoriale spa – società editrice del quotidiano fondato da Antonio Gramsci nel 1924, a seguito dell’assemblea dei soci – hanno comunicato che il giornale sospenderà le pubblicazioni dal 1 agosto venturo.

Come dimenticare il glorioso passato di L’Unità, come l’8 marzo 1953, quando titolava: “Gloria eterna all’uomo che più di tutti ha fatto per la liberazione e per il progresso dell’umanità. Stalin è morto.”
“Onore al grande Stalin! I lavoratori in quest’ora del più grave dolore, inchinano le loro bandiere dinanzi al capo dei lavoratori di tutto il mondo, al difensore della pace, … all’Uomo che più di tutti ha fatto per a liberazione e per il progresso del genere umano.”

unità stalin è morto testata

Non sembra che la chiusura di L’Unità possa essere una grande perdita per noi italiani, in termini di tradizioni e valori ccondivisibili.

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Il Presidente fa quello che può …

1 Ott

In rete e su Facebook, imperversano i commenti e le proposte su cosa dovrebbe fare il nostro Presidente Giorgio Napolitano, dalla legge anti-corruzione, a quella elettorale, al ruolo di Mario Monti, alla legittimità di alcune norme varate dalla ministra Elsa Fornero e da lui avallate, la trattativa Stato-mafia, eccetera eccetera eccetera e chi più ne ha più ne metta.

Penso che ognuno di noi non possa far altro che quello che è nella sua natura, entro i propri limiti e secondo i propri talenti. Ciò a maggior ragione se si tratta di un politico ottuagenario, che, seppur tenutosi al passo dei tempi, difficilmente può smentire logiche, stili e metodi d’altri tempi, che l’hanno caratterizzato e, come nel caso di Giorgio Napolitano o di altri VIP, l’hanno reso vincente per una vita.

Toccherebbe al Parlamento eleggere un Presidente della Repubblica men che settantenne ed, al possibile, ancora in età lavorativa.

Per caratterizzare ‘logiche, stili e metodi’ il nostro Presidente Giorgio Napolitano le cronache ci propongono un incipit abbastanza clamoroso, ‘very impressive’, pubblicato da L’Unità nel 1956, quando aveva 31 anni ed iniziava ad essere il politico ‘a tutto tondo’ ce conosciamo.

Come si può, ad esempio, non polemizzare aspramente col compagno Giolitti quando egli afferma che oltre che in Polonia anche in Ungheria hanno difeso il partito non quelli che hanno taciuto ma quelli che hanno criticato?

E’ assurdo oggi continuare a negare che all’interno del partito ungherese – in contrapposto agli errori gravi del gruppo dirigente, errori che noi abbiamo denunciato come causa prima dei drammatici avvenimenti verificatisi in quel paese – non ci si è limitati a sviluppare la critica, ma si è scatenata una lotta disgregatrice, di fazioni, giungendo a fare appello alle masse contro il partito. E’ assurdo oggi continuare a negare che questa azione disgregatrice sia stata, in uno con gli errori del gruppo dirigente, la causa della tragedia ungherese.

Il compagno Giolitti ha detto di essersi convinto che il processo di distensione non è irreversibile, pur continuando a ritenere, come riteniamo tutti noi, che la distensione e la coesistenza debbano rimanere il nostro obiettivo, l’obiettivo della nostra lotta.

Ma poi ci ha detto che l’intervento sovietico poteva giustificarsi solo in funzione della politica dei blocchi contrapposti, quasi lasciandoci intendere – e qui sarebbe stato meglio che, senza cadere lui nella doppiezza che ha di continuo rimproverato agli altri, si fosse più chiaramente pronunciato – che l’intervento sovietico si giustifica solo dal punto di vista delle esigenze militari e strategiche dell’Unione Sovietica; senza vedere come nel quadro della aggravata situazione internazionale, del pericolo del ritorno alla guerra fredda non solo ma dello scatenamento di una guerra calda, l’intervento sovietico in Ungheria, evitando che nel cuore d’Europa si creasse un focolaio di provocazioni e permettendo all’Urss di intervenire con decisione e con forza per fermare la aggressione imperialista nel Medio Oriente abbia contribuito, oltre che ad impedire che l’Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, abbia contribuito in misura decisiva, non già a difendere solo gli interessi militari e strategici dell’Urss ma a salvare la pace nel mondo.

Un testo ‘very impressive’, dunque, ma non solo per i contenuti di cui Giorgio Napolitano ha fatto personale ammenda nel 2006 sulla tomba dell’eroe ungherese Nagy – ahimè dopo ben 50 anni dai fatti – precisando, come riportato nell’intervista del direttore della Gazeta Wyborcza, Adam Michkin, che “innanzitutto fu una tragedia, anche per il Pci, un errore grave e clamoroso del gruppo dirigente, a partire da Togliatti. Poi, anche prima che si ammettesse l’errore, si comprese la lezione: per cui, quando nel 1968 (Togliatti era già deceduto da 4 anni) ebbe luogo l’intervento armato dell’Urss e degli altri paesi del blocco sovietico in Cecoslovacchia, il Pci ufficialmente si schierò contro quell’intervento”.

Un testo ‘very impressive’ non solo per chi vede gli ‘uomini d’apparato’ come il fumo negli occhi, ma anche per chi bada ai dettagli per intepretare l’animo e la logica umani, dato si tratta di ben 2.100 caratteri (una intera cartella dattilografica) con solo quattro punti. L’unico interrogativo, l’unica ‘ipotesi’, è in realtà una figura retorica, piuttosto che essere finalizzato ad introdurre ad un reale quesito o dibattito – ovvero informazione e costituzione di una pubblica opinione – su una questione gravissima come l’invasione sovietica dell’Ungheria.

Beato a chi vive di certezze.

Un testo che si conferma ‘very impressive’ per quanto accadde l’11 aprile del 1975,  quando il Comitato centrale del Pci – di cui facevano parte D’Alema e Napolitano – votò una risoluzione per esaltare «l’eroica resistenza dei popoli cambogiano e vietnamita» e invitare tutti i comunisti a «sviluppare un grande movimento di solidarietà e di appoggio ai combattenti». Peccato che, in Cambogia, i ‘combattenti’ erano i Khmer Rossi di Pol Pot, che, nell’arco di quindici anni circa, massacrarono brutalmente almeno un milione di oppositori politici.

Una ‘impressività’ che avrà il suo giusto verdetto dai posteri – a fronte dei dati sanitari attuali che raccontano un disastro ambientale ed etnico, che ancora oggi prosegue e che resterà ad imperitura memoria – per il sostegno dato al Governatore della Campania e Commissario straordinario all’emergenza rifiuti, mentre la Campania era un enorme rogo di rifiuti – e reclamassero ormai anche l’UE e la WHO – e nonostante che Bassolino fosse ormai oggetto di inchieste, denunce e processi (poi pervenuti a condanne e prescrizioni, oltre che decaduti spesso per vizi formali).

Cosa dire di più oltre il constatare che, se il Centrodestra italiano, durante tutta la Seconda Repubblica, è stato condizionato dal Berlusconismo, il Centrosinistra non è stato da meno, dato che i gli obiettivi erano (e son rimasti) la ‘conciliazione’ con i Cattolici – ovvero il Compromesso Storico di berlingueriana e fallimentare memoria – e la ‘vocazione maggioritaria, cioè la creazione di una forza politica monopolista, come il PCUS in Russia od il Partito dei Lavoratori in Norvegia.

Chiarito che gli obiettivi di fazione hanno prevalso sull’interesse generale per troppi e troppi anni – oltre che l’età anagrafica del Presidente è anch’essa, ormai, un elemento di significativa ed attesa innovazione – ricordiamo che la norma conferisce al Presidente della Repubblica un ruolo ‘quasi notarile’ con prerogative limitate e che Giorgio Napolitano, dimostrando comunque un grande senso delle istituzioni nei frangenti attuali, non è un ‘dilettante’ (come noi comuni cittadini frequentatori di salotti e bar dello sport) e ‘fa quello che può come lo sa fare’, visto, tra l’altro, che l’attuale legge elettorale ha reso le legislature più deboli ed i poteri presidenziali ancor meno espliciti.

Andrebbe chiarito anche che il senso delle istituzioni è una cosa leggermente diversa dal senso dello Stato, specialmente se sono proprio le istituzioni (ed i suoi uomini) quello che lo Stato deve riformare con antica urgenza. E specialmente se qualcuno fosse convinto che tra le istituzioni vi siano anche i partiti, che viceversa non sono altro, ormai, che delle organizzazioni finalizzate alla raccolta del consenso.

Un consenso ormai incomputabile, visto che ormai siamo ad ottobre 2012 , di partiti e colaizioni non ve ne è l’ombra ed il ‘popolo’ ed i ‘servizi pubblici’ (anche questo è Stato) non reggono più un obsoleto temporeggiare che si traduce in disoccupazione, degrado e carestia.

Ma le istituzioni vanno comunque rispettate fino a diversa riformulazione: il Caos porta solo lacrime e sangue senza alcun costrutto.

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