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Europee 2014: PD fagocita, 5S crolla, Centrodestra delude

26 Mag

Il PD di Matteo Renzi – a vocazione maggioritaria come per Veltroni – fagocita gli alleati moderati. La Sinistra resta inderogabilmente intorno al milione di voti, cioè  ai limiti soglia dello sbarramento del 4%.

Le Cinque Stelle perdono quasi 3.000.000 di voti, un buon 20% ha già voltato le spalle. Stessa batosta per il Centrodestra, che il Berlusconismo è finito. La Lega cresce, con oltre 200.000 voti in Italia Centrale.

Confronto voto UE 2014 - Italia 2013Quale morale trarne?

Il PD a vocazione maggioritaria ‘vince’ perchè mantiene la fiducia dei propri elettori e di quelli di ‘area’, ma, come da sempre, non riesce ad agganciare elettori non già ben predisposti.

Le 5S paga l’inesperienza e l’arroganza di tanti suoi parlamentari, l’ostinazione a focalizzarsi su microproblemi, invece partecipare positivameente al dibattito generale sulle riforme strutturali. Inoltre, il ‘disastro’ è stato accentuato dalla centralizzazione della campagna  del movimento sulle intemperanze di Beppe Grillo e sulle teorie sociali di Casaleggio.

Il Centrodestra deve affrontare e superare rapidamente la fine del Berlusconismo e del Clientelismo. La prima annunciata dalla veneranda età di Silvio Berlusconi e dai noti fatti di cronaca giudiziaria. Il secondo è precisato – dopo Alba Dorata in Grecia e 5S in Italia – dagli exploit di destra in tutta Europa, ma, soprattutto, dal buon risultato elettorale di Alleanza Nazionale e della Lega.

Intanto – se qualcuno volesse correre alle elezioni o pensare ad un Centrosinistra oppure ideare un governo PD-5S – sarebbe meglio non lasciarsi offuscare dal dato percentuale del PD (41%), se oltre 20 milioni di italiani sono rimasti a casa e i voti che mancano nelle urne sono in gran parte di destra.

Piuttosto, riguardo l’Europa, in Italia hanno vinto gli Eurocritici – meglio degli Euroscettici altrui – e questo potrebbe essere un gran punto a favore di Renzi e Draghi.

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Sondaggi: testa a testa tra PD e Centrodestra, M5S in leggero calo

6 Mag

Da giorni i nostri media ci informano che per le elezioni europee si prevede un calo di Forza Italia, il Movimento 5 Stelle in leggera crescita, al primo posto rimane stabile il Pd.
Un coro di redattori, opinionisti e anchorman telvisivi vari, RAI in testa. Eppure, le cose non stanno affatto così.

La Repubbblica on line ha pubbblicato, infatti, un interessante raffronto tra i diversi sondaggi svoltisi di recente e le cose stanno in ben altro modo.

Sondaggi europee

Il che significa, facendo due somme, che PD e Centrodestra sono a ridosso, mentre il M5S a stento confermerebbe i risultati delle Politiche 2013.

Raffronto Politche 2013 Sondaggi UE 2014

Centrodestra al 32,70%, PD al 33,40%, M5S fermo al 25%.

Quel che sembra, al momento, è di un PD che ritorna alla vocazione maggioritaria e recupera voti moderati, di una larga parte di elettorato orientata comunque a centrodestra che non trova un leader/partito che li rappresenti in modo adeguato e unitario, di una sterile politica del ‘signor no’, attuata da Grillo e molti dei suoi in questo anno, che ha per lo meno evitato una disastrosa debacle, ma non riesce penetrare tra l’elettorato più radicato.

Sono sondaggi e sappiamo che almeno 10% dell’elettorato è ancora molto indeciso: potrebbe votare chicchessia come non farlo affatto.
L’importante è che i nostri quotidiani e le nostre televisioni non pasticcino i dati reali con le opinioni personali del ‘santino’ di turno …

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Porcellum incostituzionale. Quale parlamento con il proporzionale?

5 Dic

La Legge Calderoli, comunemente chiamata Porcellum, è incostituzionale.
“La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme della legge n. 270/2005 che prevedono l’assegnazione di un premio di maggioranza (sia per la Camera dei Deputati che per il Senato della Repubblica) alla lista o alla coalizione di liste che abbiano ottenuto il maggior numero di voti e che non abbiano conseguito, almeno, alla Camera, 340 seggi e, al Senato, il 55% dei seggi assegnati a ciascuna Regione.
La Corte ha altresì dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme che stabiliscono la presentazione di liste elettorali ‘bloccate’, nella parte in cui non consentono all’elettore di esprimere una preferenza”.

Camera 2013 Porcellum Camera 2013 Porcellum

Dal 2006 gli italiani (sempre meno a dire il vero) sono andati a votare con una legge che gli impediva di scegliere i candidati e che dava un notevole ‘premio’ di seggi a chi, per una spanna, superava gli altri.

Nel 2006 abbiamo avuto un’Unione (Prodi) con 67 seggi in più della Casa della Libertà (Berlusconi), ma il divario era di solo 150.000 voti (0,5%).
Nel 2008, al Senato, 1,5 milioni di voti ‘regalavano al Popolo della Libertà una superiorità di ben 25 seggi sul Partito Democratico, ma più o meno gli stessi voti – presi dall’Italia dei Valori – coincidevano a 14 seggi, mentre – se presi dal’Unione Democratica di Centro non coalizzata con nessuno – accadeva addirittura che 1,85 milioni di voti corrispondessero a soli 5 seggi.
Nel 2013, alla Camera, il Partito Democratico e il Movimento Cinque Stelle raccolgono ambedue 8,6 milioni di voti, ma al primo vanno 292 seggi e al secondo solo 108.

Norma a dir poco bizarra, la legge Calderoli, ma quello che è davvero incredibile è che, con un sistema ‘secco’:

  • nel 2006, L’Ulivo (31,3%) alla Camera avrebbe ottenuto 190 seggi e non solo 220, mentre Forza Italia (23,7%) si sarebbe ritrovata con una dozzina di seggi in più;
  • nel 2008 Silvio Berlusconi (46,81%) alla Camera avrebbe ottenuto 290 seggi e non solo 272 come avvenuto con il Porcellum, mentre Walter Veltroni ne avrebbe ottenuti 248 anzichè 239 come accaduto;
  • nel 2013, al Senato, il M5S avrebbe ottenuto ben 20 seggi in più, mentre alla Camera SEL (3,2%) avrebbe occupato 20 seggi anzichè 37 che sono tanti quanti quelli di Scelta Civica (8,3), che però di voti ne ha raccolti quasi il triplo.

Per non parlare della Camera dei Deputati …

Camera 2013 Porcellum vs Proporzionale

Parliamo di circa 15 deputati che invece di SEL avrebbero rappresentato Rivoluzione Civile, l’UdC e Scelta Civica con 20 seggi in più, sette altri per Fermare il Declino con una cinquantina di eletti ulteriori per il Movimento Cinque Stelle e una quarantina per il Popolo della Libertà.
E parleremmo di 132 deputati del Partito Democratico in meno, praticamente la metà, con tanta provincia e bassa macelleria che sarebbe rimasta a casa. Magari, alla ricerca di un lavoro.

Un altro parlamento con una ‘reale’ rappresentatività, ma visibilmente ingovernabile.

Ingovernabile perchè l’Italia ed il sistema proporzionale lo sono ‘di per se’?
Od ingovernabile perchè il Porcellum – regalando maggioranze virtuali e impedendo di scegliere i candidati – ha allontanato dalle urne quasi venti dei 50 milioni di lettori italiani, alterando irrimediabilmente gli esiti elettorali e, soprattutto, la loro futura prevedibilità?

E quanto potrà andare avanti il governo Letta con una maggioranza alla Camera che non avrebbe luogo di essere, neanche con la ‘larga intesa’ con il PdL?

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Arriva un governicchio di larghe intese?

23 Apr

Giorgio Napolitano resterà in carica finché avrà forze e, poi, sferza i partiti: «Voi, sordi e sterili, non autoassolvetevi» ed i partiti, tutti, applaudono in piedi come se i rimproveri fossero per i rivali.

Stamane, su Omnibus di La7, giusto per far finta di nulla, Rosa Maria Di Giorgi (assessore PD a Firenze) continuava a parlare di ‘difficoltà di Bersani’, di ‘svolta del Capranica’, di ‘debacle orrenda’ del M5S nel Nordest, di ‘dirigenti’ che non devono farsi influenzare dalla Rete, di non confrontarsi con la base … che la fiducia è d’obbligo se il partito lo decide.

Intanto, Serracchiani vince per un pelo in Friuli Venezia Giulia, che non è una regione rappresentativa degli equilibri nazionali, Renzi è stracorteggiato, ma fino ad oggi ha amministrato solo una piccola città come Firenze, SEL appare fortemente egemone sull’ala sinistra del PD, ma in Parlamento sono tanti gli eletti che arrivano dalla nostra famigerata Malasanità, alla Camera siedono circa 100 democratici che arrivano dall’apparato di partito, alla faccia delle Primarie.

Inoltre, non sono solo Travaglio & Santoro a sospettare che PD e PdL non siano l’un l’altro opposti, ma semplicemente complementari, con la conseguenza che il Centrodestra liberale è incatenato dalla stagnante componente populista ed il Centrosinistra riformista non ha voce in un’eterna campagna elettorale che privilegia i consensi gauchisti e sindacal-azionisti.

Dunque, in questa situazione, va bene qualsiasi governo, con il rischio di vederlo impallinato al primo incrocio o bivio dal qualche fazione democratica? Oppure serve un governo di larghe intese che accetti la Rete come principale vettore di informazioni e di conformazione della pubblica opinione, ma, soprattutto, tenga in debito conto che l’azionista di maggiornza è il PD, ma anche che il controllante è il PdL?
Oppure vogliamo proporre ai cittadini un Giuliano Amato, sconosciuto a chi abbia meno di 40 anni, tesoriere di ‘quel Partito Socialista Italiano’, massacratore delle nostre pensioni e del Titolo V della nostra Costituzione, nonchè prelevatore patrimonaile dei nostri conti?

Il Patron del futuro governo è il Popolo della Libertà, il padrino è il Partito Democratico: non facciamoci abbagliare dal il fatto che una componente parlamentare sia più numerosa dell’altra, grazie agli artifici del Porcellum.

E smettiamola, a sinistra, di pensare che quanto detto in televisione sia ‘reale’ e che quanto circoli in Rete sia ‘passatempo’. Piuttosto, è il contrario. Inoltre, se il mezzo televisivo permette allo spettatore l’unica possibilità di cambiar canale – cosa del tutto inutile se andiamo avanti da anni con talk show partitici a reti unificate – va considerato che in Rete l’utilizzatore va puntualmente a cercarsi le notizie secondo l’approccio che ritiene più verosimile.
Se i talk show politici diventano intrattenimento partitico, il ‘passatempo’ è in TV, le notizie sono in Rete: è inevitabile che sia così.

Inoltre, l’idea fissa dei democratici ‘a confrontarsi con i sindacati’ appare piuttosto bizzarra -ai nostri giorni – se il persistere della Crisi è causato dall’over taxing che la sinistra pretende da anni, dal suo profondo legame con gli apparati pubblici, dalla diffidenza verso il mondo imprenditoriale e la libera iniziativa, dal basso o bassissimo livello di istruzione e di formazione professionale di tanti attuali inoccupati (manovali, camerieri, banconisti, padroncini, artigiani e operatori di basso livello, eccetera), dal limitato ruolo delle donne nella nostra società, dal famigerato Patto di Stabilità interno di centralistica e statalista memoria.

Difficile credere che la situazione attuale del Partito Democratico possa essere superata senza una chiara e profonda scissione tra la componente social-liberale delle elite metropolitane, quella cattolico-populista dei mille campanili di provincia e quella gauchista ondivaga ed il suo elettorato di lotta e di governo, attualmente ‘in carico’ a SEL ed M5S.

Far finta di nulla o, peggio, paventare ai cittadini un governicchio di ristrette intese servirebbe solo ad accentuare la sfiducia degli elettori e la rabbia dei cittadini.
A sentire i Democratici – in nome dell’emergenza, si badi bene – serve uno ‘scatto di responsabilità’ da parte del PdL e che per loro si tratta solo di ‘un cammino altanelante’, mentre i conti del governo Monti-Bersani iniziano a non tornare, serve una nuova manovra, c’è cenere sotto il tappeto, le politiche di Elsa Fornero sono palesemente un disastro, l’IMU e la TARES sono de facto delle patrimoniali.

Un governo Monti fortemente voluto da Eugenio Scalfari che, come ricorda Verderami del Corsera, si è rappresentato come un’anomalia fin dall’inizio, dal novembre 2011, quando, invece di sciogliere le Camere, Giorgio Napolitano nominò senatore a vita Mario Monti per poi indicarlo come premier di un ‘governo del presidente’ e per poi ritrovarselo come leader di partito.
Un semipresidenzialismo di cui non v’è traccia nella Costituzione, un dirigismo di cui non v’è traccia nella storia nazionale, salvo il primo gabinetto Mussolini indicato direttamente dal Re. Un errore ed un equivoco che persistono e che ‘il popolo bue’ percepisce ampiamente.

Intanto, il Financial Times scrive, oggi, di “Napolitano gigante di Roma tra i nani della farsa italiana”. Purtroppo, i nani non leggono l’inglese e la ‘base’, per loro, sono solo quelli che incontrano in piazzetta o nel salotto buono …

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Il governo del Presidente, ma anche di Grillo e Berlusconi

22 Apr

Riconfermare Giorgio Napolitano alla Presidenza della Repubblica era ormai l’unico sistema per evitare l’automatico passaggio all’opposizione del centrodestra e, soprattutto, dei moderati liberali o popolari o democratici che fossero.
Il motivo è semplice: l’aver lasciato al M5S la candidatura di Stefano Rodotà, anzichè avanzarla per primi e giocare in contropiede con ambedue le opposizioni, comportava il ritorno ‘automatico’ di Bersani alla strategia di co-governo con il movimento guidato da Beppe Grillo con un Matteo Renzi probabile premier.

Una contraddizione in termini. Come quella di riciclare nel patto per il bene comune’ con il PdL due noti nomi (Marini e Prodi) pur di evitare il Quirinale a Massimo D’Alema, che era con il PCI dall’inizio, che ha voluto la svolta centrista e che non era sgradito al Centrodestra.
In tutto questo, non c’è due senza tre, aggiungiamo la follia degli Otto Punti inderogabili, sui quali convergevano abbondantemente i programmi di Grillo e di Berlusconi, rimesti precisamente nel cassetto.

Peccato per Stefano Rodotà, che questo blog aveva già segnalato un mese fa. Troppo innovativo per una concezione dell’apparato amministrativo e contabile pubblico, che risale ad oltre 100 anni fa, e per una generazione che è passata con grande facilità dal Fascismo alla DC ed al PCI, tanto INPS, Corporazioni e IRI erano ancora tutti lì.

Dunque, il Parlamento che Napolitano – ed il Premier da lui scelto e si spera votato – dovranno gestire sarà dei più etereogenei possibili, con un centrodestra forte e compatto, quasi determinante al Senato, e con un M5S che potrebbe fare la differenza, nel bene e nel male, se i suoi eletti dimostreranno di avere la metà della capacità politica di cui dovranno aver bisogno.

Infatti, vista la situazione di ‘pericolo di crollo’ del PD, è più che opportuno che il Presidente eviti di scegliere personalità di quel gruppo parlamentare o ad esso collegate, onde non vincolare il governo a polemiche interne al Partito Democratico. Come anche, vista la situazione del sistema partitico e parlamentare, sarebbe opportuno scegliere dei profondi conoscitori di quel mondo con provate capacità di mediazione ed un comprovato senso dello Stato. Ad esempio, Gianni Letta o Emma Bonino.

Una premiership da affidare in fretta e senza incappare in ‘sorprese’, come ci ha abituati Mario Monti, dato che Scilla e Cariddi si profilano all’orizzonte.
Da un lato, l’imminente rischio di spacchettamento del centrosinistra in cristianosociali, cristianoliberali, socialisti, comunisti, post comunisti, verdi, ambientalisti, demoliberali, socialdemocratici, popolari.
Dall’altro, l’evidente necessità che servano sia i voti di Grillo sia quelli di Alfano, se vorremo una legislatura di almeno un annetto e delle buone riforme, nonché un tot di fiducia dall’estero e di ossigeno per il paese. Il rischio che qualcuno pensi di avvantaggiarsi dalle urne è elevato.

Riuscirà il Presidente Reloaded di questa strana Matrix all’amatriciana, l’ancora nostro Giorgio Napolitano, a scegliere la carta fortunata, anzichè l’asso di picche?

Speriamo di si, il lavoro dei dieci saggi si rivela, oggi, un fattore accelerante e migliorativo.
Un altro fattore “accelerante e migliorativo”, probabilmente del tutto inderogabile, è la nomina di senatori a vita di Berlusconi, Prodi, Marini, Pannella e Rodotà (come anche Bonino se non avrà incarichi di governo). I primi tre per evitare che in un modo o nell’altro continuino a condizionare, fosse solo con il oro passato carisma, la vita dei partiti e del parlamento; gli altri tre per iniziare a pacificare il paese, riconoscendo a quel partito radical-liberale di Mario Pannunzio il dono dell’onestà morale e della lungimiranza, come per tutti i minority report alla prova del tempo.

Adesso, serve un governo del Presidente, un governo di larghe intese, di unità nazionale e finalizzato ad un programma, in cui un contesto generale in cui il PdL eviti l’abbraccio fatale con il Partito Democratico, aprendo sui punti di convergenza comune al M5S, che dovrà abbandonare certe formule populiste, visto che ormai il Movimento di Beppe Grillo è determinante per le istituzioni di cui l’Italia ha febbrile bisogno.

continua in -> Partito Democratico, pericolo di crollo

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Il PD non c’è più, pericolo di crollo

22 Apr

Se Eugenio Scalfari riesce ancora a parlare di ‘motore imballato’ dinanzi a quell’ammasso di ferraglia, gomma e vetro che il Partito Democratico è riuscito ad esibire in un mese di follia, l’esigenza di rottamazione annunciata da Matteo Renzi appare più come una presa d’atto che come una proposta.

Nessuno “prevedeva che il Partito democratico crollasse su se stesso affiancando la propria ingovernabilità a quella addirittura strutturale del nuovo Parlamento”, scrive nel suo domenicale il fondatore di la Repubblica, ma i segnali c’erano tutti a volerli vedere.

A partire dalle esitazioni ad intraprendere scelte difficili quando la Sinistra era nel governo e nel fare vera opposizione quando non lo era. Parliamo di un’enormità di leggi, che il Partito Democratico non ha mai portato avanti, come il conflitto di interessi, la durata dei processi, le leggi sui sindacati, i servizi pubblici esternalizzati o convenzionati, il welfare tutto, le coppie di fatto, le carceri, la depenalizzazione, gli immigrati, gli sgravi e le premialità aziendali, un piano infrastrutturale, la Casta, i super stipendiati e pensionati, i trasporti, le mafie, la legge elettorale.

Tutte esigenze dei cittadini  che a vario titolo il PD ha escluso dalla propria agenda e dalla propria fattività.

Difficile, dunque, parlare di un partito a base popolare, specialmente se lo sanno anche i bambini che alle Primarie c’è sempre un ‘candidato del partito’ e che erano già sicuri di avere la maggioranza alla Camera con il 30%, mentre si tentava di cambiare il Porcellum in extremis.
Eh già, il Porcellum. Cosa dire adesso che è sotto gli occhi di tutti che il suo mantenimento non era vitale per il Centrodestra, che sapeva già di non vincere le elezioni e che il super premio sarebbe andato al Partito Democratico.

Una riforma elettorale che non conveniva al Partito Democratico per troppi e tanti motivi.
Come la concomitante abrogazione dei comuni con meno di 10.000 abitanti e delle province con meno di 3-400.000 abitanti, dove si può contare un’ampia presenza di ‘democratici’.
Come l’istituzione di uno sbarramento serio e del ballottaggio che avrebbe provocato la definitiva frantumazione delle correnti ‘democratiche’.
Come l’eliminazione delle liste bloccate ed il rischio che tanti big e capibastone non ritornassero in Parlamento, oltre a delle Primarie effettive se da Partito unico si diventa variegata Coalizione.

La blindatura a nido d’aquila del Partito Democratico, dei suoi vertici e del suo apparato dovevano e potevano suggerire, a chi la politica la segue da tanti anni, l’esistenza di crepe e fraintendimenti ormai irreversibili.

Un manifesta percepibilità della scollatura ‘democratica’ che il ventre del ‘popolo bue’, a differenza di tanti saggi, aveva già ampiamente percepito. Un problema che, se percepito, avrebbe dovuto far temere una vittoria ‘eccessiva’ che avrebbe comportato il pervenimento alla Camera di circa 200 neoparlamentari democratici, del tutto disorientati tra una Rete che spesso usano davvero male e ancor meno comprendono, un Partito che decide le cose ‘a prescindere’ e secondo imperscrutabili strategie, la propria ambizione e la relativa competenza che mal si conciliano con i sacrifici e le professionalità che l’Italia reale riesce ancora a garantire.

Questi sono solo alcuni dei segnali che potevano lasciar presagire la situazione di incapacità politica che il PD ha mostrato finora.
Adesso, il Partito Democratico non c’è più, il segretario Bersani è dimissionario, il Congresso da convocare a giorni non è stato ancora annunciato, la Presidente Rosy Bindi che lo doveva convocare è dimissionaria dal 10 apirle.

Motore imballato, tutto quì, dottor Scalfari?

continua -> Il governo del Presidente, ma anche di Grillo e Berlusconi

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Il Partito Democratico è presentabile?

12 Apr

Cinquanta giorni fa abbiamo eletto un  parlamento perchè era urgente dare un governo all’Italia, dato che con Mario Monti non era possibile andare avanti, tra manovre inique, recessione diffusa ed inerzie istituzionali nel rilanciare il paese, il cui scenario era già completo un anno fa, di questi tempi.

Invece, tra dieci giorni o poco più un parlamento senza maggioranza eleggerà un presidente della Repubblica con logiche spartizionistiche, che potrebbe essere percepito, dagli italiani, come un uomo della Casta, ovvero un uomo della Sinistra.

Un percorso inevitabile, iniziatosi quando Giorgio Napolitano era giovane ed il PCI iniziò la sua longa marcia per il potere, reclutando intellettuali e personaggi dello spettacolo con lo scopo di affermare una supremazia culturale, intellettuale e umana della Sinistra.
Una retorica che, ancora oggi, attribuisce a qualunque partito ‘non di sinistra’ una componente ed una finalità politica ‘antipopolari’, se non addirittura ‘pro delinquenti’ od ‘affamatori del popolo’. Il luogo comune della ‘lotta all’evasione fiscale’ ne è un odierno esempio, come lo è stato lo slogan ‘un’Italia giusta’, usato da Bersani e dal PD recentemente.

Viceversa, è ormai comprovato da una serie storica infinita che la Sinistra italiana non raccoglie più di un 30-35% delle preferenze degli elettori.  Dunque, la pretesa di governare ed influenzare scelte e politiche in totale autonomia (egemonia) dovrebbe essere del tutto fuori discussione.

Invece no.

Dopo aver conseguito una cospicua maggioranza parlamentare grazie ad un’indegna legge elettorale, il Partito Democratico si ostina a tenere in stallo l’Italia, pretendendo di imporre tutte e quattro le principali cariche dello Stato, avvantaggiandosi della totale incapacità politica che gli eletti del M5S stanno dimostrando.


Un PD che definisce impresentabile il PdL come se fossero presentabili personaggi come Rosy Bindi, che da ministro emise le quattro norme cardinali del nostro corrotto, sprecone e baronale sistema malasanitario. O come Fioroni, autore da ministro del famigerato Capitolone, dopo il quale per 3-4 anni non si pagarono supplenti ed esami se non con fortissimi ritardi. Oppure Walter Veltroni, che lasciò Roma con 12 miliardi di euro in debito e con milioni di buche stradali e dissesti vari. Od, anche, l’ex ministro Damiano che puntuamente propone cose insostenibili nei costi oppure quel Giuliano Amato che si sentì in diritto di requisire i nostri conti correnti e di promulgare una riforma pensionistica che premiava i suoi coetanei e condannava chiunque fosse nato dopo il 1950.

Come anche la lunga striscia di processi per corruzione, concussione ed abusi della politica vede ormai PdL, PD, Lega, UDC e SEL sostanzialmente alla pari nella black list dei coinvolti in scandali.

Dunque, se la Destra italiana è impresentabile (a dire dei Democratici), andrebbe capito se la Sinistra italiana non lo sia altrettanto, specialmente dopo aver preso atto che sarebbe stato meglio che Giorgio Napolitano scioglesse il parlmento quando Berlusconi perse la maggioranza due anni fa e che la sponsorship di Eugenio Scalfari verso Mario Monti si è rivelata un ‘increscioso equivoco’.

Intanto, siamo a caccia di un nuovo presidente della Repubblica e, tra i vari problemi, c’è quello che son pochi coloro che ‘siano in grado di parlare all’estero, che conoscano l’inglese’, come rimarcava Pietro Gomez a La7 stamattina, sottolineando che circa il 60% degli elettori – magari sbagliando – ritiene impresentabile non la Destra, ma il singolo Silvio Berlusconi, come fa anche la stampa internazionale.

Un discorso che non fa una piega, visti i sei milioni di voti persi dal Centrodestra, se non fosse che tale impresentabilità viene ipso facto estesa a tutti, fino all’ultimo degli elettori indecisi, anche a causa della assoluta (assolutistica?) centralità di Silvio Berlusconi. Intanto, il rischio è quello di un presidente della Repubblica che venga percepito dal popolo italiano come un ‘garante della Casta e degli interessi stranieri’. C’è mancato un pelo che non accadesse già con Giorgio Napolitano, circa un anno fa, quando scoprimmo come Elsa Fornero – al Welfare – voleva risolvere i problemi della finanza e dell’economia …

Dunque, di nomi credibili al Quirinale – per parametri richiesti e caratterische personali – non ce ne sono tanti: sono indispensabili integrità, diplomazia, esperienza, indipendenza.
Letta, Draghi, Rodotà, Bonino … non è che ci sia tanta scelta.
Come non ce ne dovrebbe essere tanta per il governo, visto che Barca – pur definendosi di Sinistra – appare sufficientemente liberal, per essere bipartizan, ed abbastanza competente, da poter dirimere opposte visioni della politica o dell’economia.

Intanto, il vero problema italiano, sono – come denunciava Pietro Gomez stamane – “le classi dirigenti odierne emerse per cooptazione in questi anni. Una classe dirigente in larga parte collusa con il malaffare od incompetente.” Non è un caso che Mario Monti, ancora saldamente installato nei luoghi del potere grazie alla linea Bersani, annunci spese non rinviabili per almeno 6-8 miliardi, che senza l’IMU potrebbero triplicate. Conti in sicurezza, quante volte l’avrà ripetuto mentre spesa e debito crescono?

A che servono un presidente od un governo perfetti se son quelle della Seconda Repubblica le dirigenze apicali che dovrebbero produrre straesatti dati o studi di settore e rendere esecutive miracolose e taumaturgiche riforme? Milano Finanza denuncia oggi un debito pubblico ‘sommerso’ da parte delle Amministrazioni periferiche, che potrebbe essere superiore a 30 miliardi di euro, di cui solo quattro in capo ai Ministeri …

Quale presentabilità può avere non solo il PdL, ma anche e soprattutto il Partito Democratico che, specialmente durante l’ultimo governo Prodi, ha largamente contribuito a questa situazione con leggi improvvide a partire dalla Riforma del Titolo V della Costituzione, dalla vorace ed intoccabile Equitalia, dalla diffusione del gioco d’azzardo, eccetera?

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M5S a convegno per governare?

4 Mar

Non era difficile non dare per scontato che centonove deputati e cinquantaquattro senatori avessero bisogno di un «conclave» del neonato Movimento Cinque Stelle, per decidere insieme le strategie ed i margini di accordo che vogliono attuare in Parlamento e, innanzitutto, la governabilità.

Altrettanto facile immaginare che la Premiata Ditta Grillo & Casaleggio si faccia scippare ‘al mercato delle vacche’ quelle due dozzine circa di senatori che mancano al Partito Democratico per governare.

Nel ‘conclave’ dei parlamentari del M5S, verranno chiarite anche alcune questioni essenziali, sulle quali non loro, ma gli italiani tutti stanno facendo una gran confusione.

La richiesta da parte di Grillo di un governo di minoranza senza una fiducia preventiva che contratta, di volta in volta, l’appoggio su singole leggi porrebbe inevitabilmente l’Italia in balia del Parlamento e delle Lobbies.

Anche se Bersani intima a Grillo: «Decida cosa fare o tutti a casa», il caso del capo dello Stato in scadenza – “semestre bianco” – impedisce che egli sciolga subito le Camere.

Come probabilmente sperano i sostenitori di Mario Monti, una prosecuzione “a tempo” del mandato presidenziale al Quirinale non rientra nei ‘parametri’ previsti dalla Costituzione.

Malgrado quanto sostenuto da una parte della Sinistra, nonostante il Procellum, spetta solo al Presidente della Repubblica, e solo a lui, scegliere in piena autonomia, al termine delle consultazioni, a chi affidare l’incarico per formare il governo.

Dunque, esistono solo due strade.

La prima via – quella che comunemente è chiamato ‘governo tecnico per le riforme’ – è quella che di un governo a tempo con un programma di riforme, sul genere di quelli ‘tecnici’ guidati da Dini e Amato per traghettare il Paese dalla Prima alla Seconda Repubblica, che si concluda con delle elezioni con un nuovo sistema elettorale e con le autonomie locali riformate.
Nella sostanza è quello che sta chiedendo – con poca chiarezza – Beppe Grillo e che, ragionevolmente, chiederà il Movimento Cinque Stelle di Casaleggio.

Il secondo percorso – quello che comunemente è chiamato ‘governissimo’ -è quello che di un governo a tempo con un programma di riforme, sul genere di quello guidato da un ‘tecnico’ come Mario Monti per salvare il sistema finanziario italiano, che si concluda con delle elezioni con un nuovo sistema elettorale e con il Welfare riformato.
Nella sostanza è quello che serve alla Seconda Repubblica per guadagnare qualche anno di vita ed avere il tempo, secondo loro, di lavorarsi ai fianchi il movimento dei Grillini.

In tutto ciò, c’è da insediare il Parlamento ed eleggere, anche con una certa rapidità, sia i Presidenti della Camera e del Senato, si individuare i candidati alla presidenza della Repubblica e darsene uno.

Dunque, che Bersani la smetta di portar fretta, che non ce ne è se non per lui, che, a breve, dovrà rendere ragione ai suoi sodali di partito in ordine all’ennesima cantonata presa e conseguente bastosta incassata, illudendosi di governare con il 33% ed un voto.

Tanto, finchè non si eleggerà ed insedierà il nuovo Presidente della Repubblica, c’è il Governo Monti per ‘l’ordinaria amministrazione’ e per la buona pace di banche, governi esteri e mercati vari.

Il Movimento Cinque Stelle è a convegno ed è la loro prima prova del nove. Avranno idee, condivisione e lungimiranza per resistere al canto delle sirene democratiche-democristiane? Riusciranno a stendere un decalogo delle priorità e delle negoziabilità, con cui sostenere un governo di programma per le riforme?
Probabilmente si, ma lo sapremo tra due giorni soltanto.

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Inciucio a Cinque Stelle?

28 Feb

La strana proposta del Partito Democratico di formare un governo con SEL, UDC e Montiani con l’appoggio esterno del Movimento Cinque Stelle, può rivelarsi come l’evento più destabilizzante dell’Eurozona in assoluto. Un’associazione del tutto innaturale, che suonerebbe come inciucio per larga parte degli elettori del Movimento Cinque Stelle e che consegnerebbe l’Italia ad ‘Alba Dorata’, come evoca Beppe Grillo.

Non a caso le promesse e le proposte elettorali ci dimostrano come i programmi dei vari Bersani, Monti, Casini, Vendola e Casaleggio siano di gran lunga diversi, mentre i fatti ci ricordano che il Movimento Cinque Stelle e SEL non possono votare leggi finanziarie ‘supine’ al Fiscal Compact ed alle richieste europee. Un paese che non costruisce TAV ed F35, che non partecipa a missioni militari estere, che assume il doppio dei docenti che negli altri paesi, che non ha un programma ‘vero’ neanche come singole compagini. Al massimo, c’è un’agenda, quella di Mario Monti ed è tutto dire.
Un governicchio che annaspa mentre vara leggi ‘urgentissime’, come le coppie gay od il conflitto di interessi, ma non riesce nè a tagliare sprechi nè le spese. La Regione Sicilia, con il PD al potere con l’appoggio del M5S, è una palese dimostrazione delle effimere priorità di certe strane congreghe.

Il peggio, però, non sarebbe rappresentato dalle continue fibrillazioni dei mercati ad ogni legge o leggina che l’Italia dovesse approvare, magari con la capitale sotto assedio da parte della CGIL per qualche prebenda di qualche casta di lavoratori a posto fisso, mentre il paese affonda nella recessione. Il tutto mentre il disagio nel paese cresce e non è rappresentato da alcuno.

Il peggio sarebbe la reazione degli elettori del Movimento Cinque Stelle che non sono, in larga parte, di sinistra e che, forse, per la totalità avversano il ‘partito’ da quando era ancora filosovietico.
Un elettorato che non potrà non sentirsi ulteriormente tradito e che andrebbe del tutto ‘out of control’.

Un elettorato, di Cinque Stelle e non solo, che ancora non si è reso conto di una cosa: a leggere le liste degli eletti nel PD, c’è da mettersi le mani nei capelli.
Infatti, tra candidati blindati dalle Primarie all’amatriciana e le aspettative elettorali deluse nelle grandi aree metropolitane, è andata a finire che alla Camera la rappresentanza ‘democratica’ è composta da strenui difensori delle Province da buttare via, della santa Toscana e della ‘loro’ Mps, dell’apparato consortile delle Coop emiliane e dei Consorzi calabresi, della Roma Capitale ‘de noartri’.
Chissà perchè il PD ha subito un sonoro flop al Sud …

Solo agli alchimisti delle maggioranze a perdere del Partito Democratico potevano pensare che i duri e puri del M5S possano positivamente e utilmente consociativizzarsi con tale reliquia di obsoletezza e provincialismo italico.
Dunque, riguardo la proposta di un governo di minoranza PD-SEL-Monti-UDC, con l’appoggio esterno del M5S, prendiamo atto che si tratta di una tristissimo tentativo del Partito Democratico di salvare capra (il partito) e cavoli (le lobbies).

Piuttosto, se tra tre o dieci giorni ci si dovesse trovare con un esodo di parlamentari M5S verso il PD, dovremo parlare di stealthing, proprio come quello berlusconiano di un paio di anni fa su i vari Scilipoti.
Farlo a goveno avviato è scorretto, ma fisiologico. Se accade prima ancora di costituire l’assemblea parlamentare, si chiama inciucio, nella migliore delle ipotesi.

I rapporti degli 007, nell’attuale scenario di crisi, prevedono ‘attentati spettacolari’ ed inside trading nelle aziende da parte di chi, all’estero, punta alla destabilizzazione della difesa NATO nel Mediterraneo ed all’occupazione dei mercati oggi in mano ad aziende italiane.

Se in Italia esistono ‘gonzi e furbi’, come vuole Scalfari, ‘morti che camminano’, come ricorda Beppe Grillo, iniziamo a dirci che esistono anche dei ‘presuntuosi irresponsabili’, come il PD dimostra di avere da venti anni, pretendendo di governare con il 3-40%, con i propri elettori dal naso turato e con il resto del paese contro.

Governo tecnico per le riforme proprio non piace … non è l’Italia ‘giusta’. Evviva l’ingiustizia, allora?

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Governabilità, ma come?

27 Feb

I dati elettorali e lo stallo parlamentare sono sotto gli occhi di tutti, il mondo della politica è sgomento, i cittadini un po’ meno, M5S ha annunciato che voteranno le leggi che ritengono giuste, all’estero pazientano. Allo stesso tempo, la Lega è egemone nelle tre regioni che contano (Piemonte, Lomnbardia E Veneto), mentre la Puglia e la Campania hanno abbandonato Vendola e De Magistris.

Già questo dato dovrebbe darci una chiave di lettura della exit strategy in cui dovrebbero dedicarsi il Quirinale ed il sistema partitico, salvo apporti ed interferenze da parte del sistema giudiziario e dai media, cui siamo notoriamente avezzi.

Il PD con SEL ha alla Camera più o meno gli stessi voti del PdL-Lega e del M5S, grazie ad una legge iniqua a dire di tutti, il Porcellum, ha, però, la maggioranza assoluta. Rivendicare una primazia o, addirittura, una sorta di diritto a governare è un atto classificabile – agli occhi di un elettore che badi alle regole ed non solo alla fazione – come un enorme atto di arroganza.
Per giunta, proponendo al M5S un abbraccio suicida per non pochi motivi, visto che tra ‘ruggine storica’ e ‘pastoie governative’ Beppe Grillo rischierebbe di perdere un’enorme massa di consensi nel giro di pochi mesi da un elettorato che aborrisce il consociativismo, i capibastone, le scuderie eccetera eccetera.

Inoltre, c’è la disponibilità già dichiarata dei Grillini ad operare nel pieno, vero mandato cui ogni parlamentare dovrebbe adempiere: votare le leggi secondo coscienza.
Questo significa che esiste ampio spazio per un governo di minoranza.

Certo, in politica mai dire mai, ma la via del governo di minoranza è la prima balzata gli occhi, dato che l’abbraccio di Bersani con il Giaguaro Berlusconi è improponibile agli elettori di sinistra, come è impensabile un Mario Monti premier con un Scelta per l’Italia che è ‘quasi’ l’UDC ma ‘non è l’UDC’ e con la carenza di carisma e di opportunità politica dimostrate in quest’anno.
E’ però improponibile anche che il PdL sostenga un governo di minoranza guidato da Bersani: una comprensibilissima questione di principio.

Ed, allora, non resta che Casini, che a guardarlo bene, ha tutte le caratteristiche per assolvere alle funzioni di un Premier di minoranza o di un governo a termine, che abbia i poteri di programma e non solo tecnici, onde intervenire su alcuni aspetti costituzionali.
Le caratteristiche così ‘rare’ sono quelle di non essere sgradito all’elettorato di sinistra, non incassa troppa ostilità dal PdL, fa parte della compagine montiana, così rassicurante per i ‘mercati’, ha interesse a riformare la legge elettorale, conosce a menadito i regolamenti parlamentari, conosce molto bene vezzi e difetti di tanti suoi colleghi.
I limiti sono quelli noti: non aver mai dimostrato un carisma ‘non solo fotogenico’, non avere un gruppo di ‘cavalli di razza’ nel partito, essere indirettamente legato ad una certa ‘romanità’ di cui il cinema ha raccontato fatti e misfatti ed in tanti si è imparato a diffidare, essere additato dai Montiani come la causa del loro flop.

Ad ogni modo, Casini o non Casini ed acclarato che M5S non farà bieco ostruzionismo parlamentare, di alternative ad un governo di minoranza non sembra che se ne vedano all’orizzonte, salvo quella del Partito Democratico che forma un governo con SEL e Cinque Stelle. Ma, in tal caso, di quanto e per quanto saremo sballottolati, piallati, compressi, svalutati, massacrati, disfatti dai mercati e dalle diplomazie di mezzo mondo?
E chi si prende una responsabilità storica del genere? Pierluigi Bersani a cui, forse, il partito dovrebbe chiedere le dimissioni?

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