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C’è consenso e consenso

16 Feb

In tutte le televisioni, a qualunque ora, troviamo qualcuno che ci spiega che il “governo Monti ha un largo consenso”.

In effetti è vero, ma dovremmo, poi, chiedere se il consenso che Monti e Passera riscuotono è degli elettori italiani o di quei politici, seduti in Parlamento, di cui gli italiani, da anni, vorrebbero il ricambio.

Potremmo anche chiederci perchè, con tutti i talk show che ci sono, i nostri politici “consensienti” non vadano in trasmissione a spiegarci questo e quell’altro … ma sarebbe troppo.

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L’ottimismo viene dal consenso

15 Feb

L’Italia è ufficialmente in recessione, i dati di ottobre-dicembre 2011 sono carta stampata, ma questo è il passato, la scommessa è il futuro.

Ce lo racconta Corrado Passera, ministro dello sviluppo del governo Monti.

I dati «sono una conferma di quanto ampiamente previsto e del fatto che proprio da lì dovevamo partire, come abbiamo fatto, con riforme e interventi strutturali».

La recessione, annunciata da questo blog e non solo, ma snobbata dai nostri “professori”, secondo Passera «ci spinge ad andare avanti con grande determinazione: un’iniziativa al mese per rimettere il Paese in condizione di reagire».
«Un ottimismo che viene dal consenso del Parlamento e dell’opinione pubblica, questa è la grande spinta».

Ah, beh, … allora stiamo inguaiati, se la “grande spinta” arriva dal consenso dell’opinione pubblica.

Ma non solo …

«Messi i conti in sicurezza», va attuato «un’insieme di iniziative per la crescita. Infrastrutture, competitività e internazionalizzazione delle imprese, innovazione, costo e disponibilità del credito, costi dell’energia, semplificazione».
E per le opere già previste, il ministro annuncia 60 miliardi entro quest’anno: «Una messa in moto oltre le aspettative, un passaggio fondamentale per la competitività del Paese».

Male, peggio, malissimo, cosa dire?

Sostenere con 60 miliardi le opere già previste, senza entrare nel merito, significa, molto probabilmente, incrementare la cementificazione senza provvedere agli interventi urgentissimi per contrastare il dissesto idrogeologico, più volte richiesti da Giorgio Napolitano, invano, alla legislatura di Berlusconi.
Inoltre, senza intervenire sulle norme inerenti i subappalti, si rischia di consegnare all’Italia un ulteriore ammasso di sprechi, collusioni, infiltrazioni mafiose, clientela politica.

Quanto alla crescita ed all’ottimismo, le domande sono tante o tantissime.

  • Quali nuove infrastrutture, se l’Italia muore di scarsa o nulla manutenzione dell’ordinario?
    Internazionalizzazione delle imprese significa molte cose, incluso che arrivino i “russi” a comprarsi tutto o, peggio, che la Padania possa incrementare la spoliazione produttiva del paese, delocalizzando ancor più la produzione?
    Costo e disponibilità del credito è cosa corretta in un paese che, causa declassamento, paga caro il denaro e che ha bisogno di “inflazione” per superare la recessione? O, guardando alla demografia ed agli anziani che abbiamo, in un paese che non dovrebbe affatto invoglaire i giovani continuino ad indebitarsi “a vita” per un mutuo trentennale?
    Per non parlare dei costi dell’energia, che possono aprire la strada a maggiori privatizazioni, e della semplificazione, che finora ha comportato solo un aumento dei contenziosi, delle collusioni e delle corruttele, visto che tra farraggini, tributi e territorialità l’iter è solo peggiorato.

Domande non eccessive se ricordiamo che Corrado Passera si è finora distinto per la sua abilità nel far ricadere  i costi aziendali sullo Stato (Alitalia, Caboto-FinMek, Nextra-Parmalat …) e per la sua capacità di tagliare posti di lavoro a favore delle concentrazioni di capitale (Comit, Intesa San Paolo, Olivetti, Telecom …).

Un manager che della politica e della pubblica amministrazione conosce solo un aspetto riflesso, come Tremonti era esperto sono nella fiscalità e nella gestione di un bilancio.

Un uomo che muove i primi passi in politica e già gode dell’appoggio di Roberto Formigoni, governatore della Lombardia ininterrottamente dal 1995, e di Pier Ferdinando Casini, genero di Francesco Gaetano Caltagirone, undicesimo italiano più ricco al mondo, a capo di uno dei più importanti gruppi industriali italiani.

Un ministro che annuncia “un’iniziativa al mese per rimettere il Paese in condizione di reagire”, mentre la riforma delle pensioni non trova una forma regolativa, gli F-35 si son ridotti di un terzo, le liberalizzazioni raccolgono migliaia di emendamenti, la riforma del lavoro è deve essere recepita dai lavoratori e non semplicisticamente i sindacati con cui discute il governo.

Mala tempora currunt.

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Rating A3 per il governo Monti

14 Feb

Ieri, l’Ambasciata Italiana a Washington pubblicava sul proprio sito che “l’incontro con l’elite finanziaria, almeno stando a quanto riferisce lo stesso Monti, è più che positivo“.

Infatti, il Primo Ministro italiano aveva dichiarato: “Penso di aver convinto gli investitori, non lo dicono seduta stante, ma … c’é molto interesse per l’Italia e per il mercato italiano … ma già oggi … per il ruolo che si aspettano che l’Italia giochi.
A giudicare dall’andamento del mercato qualcuno deve aver già investito e penso che l’opinione dei mercati, così come gli altri governi, si stanno formando della serietà con cui l’Italia sta affrontando i suoi problemi, non possa che far aumentare l’atteggiamento positivo” verso le imprese italiane e i suoi titoli di Stato.

Il comunicato dell’Ambasciata italiana a Washington precisava che il governo Monti non è preoccupato per “il declassamento di 34 banche italiane da parte dell’agenzia di rating Standard & Poor’s e si concentra sulle aspettative che si hanno nei confronti del suo esecutivo: i mercati ci chiedono “di continuare quello che abbiamo cominciato” e che viene molto apprezzato“.

Sarà un caso, ma, oggi, l’agenzia Moody’s ha ribassato ulteriormente il rating dell’Italia, da A2 ad A3, come per la Spagna, mentre il Portogallo è “crollato” al livello Ba3.
Risultato atteso dopo il BBB+ di Standard & Poor’s
oppure poteva e, soprattutto, doveva andare meglio?

Il premer aveva anche minimizzato, intervistato dall’emittente finanziaria Cnbc, l’ipotesi di uscita dell’Italia dall’euro, anche nel caso in cui la Grecia fallisca, dato che “non ci sarebbe un riflesso automatico sull’Italia ed ha assicurato che, quando “i partiti torneranno a costituire un governo da soli”, non si tornerà indietro dalle riforme intraprese dal governo tecnico.

La ragione perchè di queste riforme se ne è parlato molto ma senza che fossero introdotte era il costo politico. Ma il costo politico per noi non è questione rilevante, e quando i partiti torneranno a formare un governo da soli, non torneranno indietro dalle riforme, perchè il costo è iniziarle, ma una volta che sono lì“.

Sarà un caso, ma, sulle “modeste” liberalizzazioni del governo Monti – che non toccano banche, assicurazioni, sindacati, giornali e società cooperative – gli emendamenti presentati “dai partiti” sono circa 2.300. Figuriamoci cosa accadrà nell’arco di un triennio, a fronte di misure e norme che non hanno alcun sostegno da parte di tanti, tantissimi elettori.

Non è un caso che, da circa due mesi, questo blog sostenga che la manovra impostata dai “professori” potrebbe peggiorare le cose.
L’azione dell’attuale governo, infatti, lascia ampi spazi all’antipolitica ed alle mafie, che traggono linfa vitale dalla disoccupazione e dal rischio aziendale, non interviene sulla celerità, sull’economicità e sull’efficienza della governance pubblica, sistema giudiziario incluso, e, soprattutto, impedisce, con gli alti tassi dati dai titoli di Stato pur di mantenere un’elevata spesa pubblica, l’investimento di grandi capitali per il rilancio della produttività. Il tutto mentre gli investitori extra-europei sono alla finestra, dato che l’Euro, dopodomani mattina, potrebbe valere un terzo o non esistere proprio più.

Intanto, in Grecia va sempre peggio, grande è l’incognita del Portogallo e gli investimenti, per ora languono. D’altra parte, quale corporation o quale banca d’affari investirebbe in un paese dove un recupero crediti dura dieci anni e lo stesso accade per edificare l’impianto industriale?

Mario Monti sta rendendo più efficiente, celere, efficace, economica, la “macchina pubblica” italiana? No, almeno non ancora.

E dunque, a quanto i fatti dimostrano, “non siamo stati apprezzati”, neanche un tot, se in due mesi di governo Monti l’Italia ha perso due punti di rating.

Leggi anche Un programma per l’Italia, tutte le leggi che avremmo dovuto fare e non abbiamo ancora fatto.

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Monti alle stelle e gli italiani si arrangino

10 Feb

“L’Italia non è in uno stato in cui ha bisogno di sostegno finanziario da parte della Comunità internazionale, ma ha bisogno solamente di una migliore governance. La crescita in Italia è necessaria, non solo per ridurre il tasso di disoccupazione, ma anche per assicurare la sostenibilità dei conti”.

Mario Monti, in visita in USA, ha anche annunciato che il pacchetto sulle liberalizzazioni potrà essere approvato nel giro di due settimane ”con modifiche minimali” e che il terzo pilastro dell’azione di governo, oltre alla disciplina di bilancio e alle liberalizzazioni, “è la riforma del lavoro”.

Tagli al Welfare, eliminazione delle “protezioni” verso i piccoli imprenditori e professionisti, deregulation del lavoro: questi i “pilastri” – molto british e molto neolib – del nostro Governo.

Peccato che il popolo italiano e gli analisti tutti avessero evidenziato che il “male italiano” va ricondotto alla Casta ed agli sprechi, all’immane spesa dell’apparato pubblico, allo strapotere delle banche e delle mafie, ai sistemi di controllo e sanzione farragginosi e deboli.

Tra qualche giorno, Mario Monti ritornerà dagli USA e noi ritorneremo a chiederci – magari dopo le aste di titoli di marzo – se quello attuale è un governo tecnico, che si occupa solo di “riforme tecniche” ed ha un tempo prefissato, oppure è un governo di programma, che opera riforme politiche e che arriva fino a fine legislatura.

Differenza irrilevante, ormai? Mica tanto: un governo tecnico non ha titolo ad innalzare l’età pensionabile o ad intervenire sull’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori … e, comunque, ambedue le materie sono referendabili, con esiti scontati, almeno per quanto riguarda la riforma delle pensioni.

Intanto, mentre mezza Italia è sotto la neve, non si vede un soccorso pubblico, come anche con il Meridione al collasso, si parla solo d’altro. Inutile chiedersi quali sarebbero le priorità di un “governo di programma”, specialmente se “l’antipolitica” è al centro delle conversazioni dei cittadini comuni.
Specialmente, se il governo non ha altro da dirgli che “arrangiatevi”.

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Leggi anche Obama elogia, ma non è chiaro cosa

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Obama elogia, ma non è chiaro cosa

10 Feb

Obama elogia Mario Monti in un brodo di giuggiole: «I rapporti tra Stati Uniti e Italia non sono mai stati così forti», «ho piena fiducia nella leadership di Monti», «lo ringrazio perché sono fiducioso che sarà in grado di portare l’Italia fuori dalla tempesta».

Mai, a memoria d’uomo, un capo di stato aveva avuto una tale accoglienza dal President of United States of America.

Al di là dell’effettiva stima che Barak Obama possa provare per Mario Monti, una tale “eccezionalità” deve farci dubitare che gli USA siano “altruisticamente” soddisfatti – business as usual – ed andrebbe meglio compreso se gli interessi italiani siano convergenti.

Anche perchè Obama ha sottolineato “quanto noi apprezziamo la poderosa partenza e le misure molto efficaci che sta promuovendo” … mentre vediamo mezza Italia sommersa dalla neve e senza soccorsi, fabbriche e Meridione in subbuglio, ceti medi sull’orlo di una crisi di nervi e disoccupazione al galoppo, investimenti al palo, dato che l’emissione di titoli di stato – con quello spread – ha raschiato tutto. Senza parlare del fatto che, a parte il tilt totale generato, le “misure molto efficaci” sono carta e poco più, dato che non arrivano i decreti attuativi ed i regolamenti.

Per non parlare, in assenza di un risanamento politico e gestionale dell’Italia, di Gerry Rice, il capo delle pubbliche relazioni di “quel” Fondo Monetario Internazionale che ha disastrato nazioni e continenti,  “plaude alle ambiziose misure di correzione prese dal governo italiano e stimiamo che il consolidamento del debito in corso porterà al risanamento del bilancio”.

C’è da farsi venire il sospetto che siano l’acquisto di 130 cacciabombardieri F-35 e la libertà d’azione consentita a Marchionne a galvanizzare Barak Obama ed i suoi connazionali, oltre all’ennesima conferma della presenza militare italiana in Afganistan ed all’ampia possibilità data all’affermarsi di “trusts” e “franchising”, ovvero di “monopoli”, se parliamo delle liberalizzazioni dei taxi e delle farmacie.

O, peggio, che gli interventi sul lavoro che Monti e Fornero vogliono attuare siano una “conditio sine qua non” per veder arrivare – anche in Italia come nel Terzo Mondo – le corporation internazionali dell’agroalimentare o dei servizi, che notoriamente pretendono – vedi il caso della FIAT-Chysler di Marchionne – di operare “in deroga” ai contratti nazionali e di poter licenziare come e quando gli pare.

Ma, se questi sono dubbi, almeno su una cosa Obama è chiaro: “Ci siamo accordati sul fatto che l’Europa debba andare avanti con la strategia per consolidare bilanci ma anche che la crescita è un imperativo”.

Ah già, la famosa questione del Fondo Salva Stati, che Francia e Belgio, accodati dietro Mario Monti capofila, stanno sostenendo e che la Merkel osteggia o, comunque, limita.

Interessi italiani od europei? Nulla di tutto questo: gli USA non vedono di buon occhio un Euro privo di un solido plafond di riserve, come temono la disgregazione della moneta unica e l’infiltrazione finanziaria cinese nell’area del Mediterraneo.

Attenzione, dunque, agli elogi sperticati ed alle adulazioni facili, specialmente se arrivano da un paese enorme ed in seria difficoltà come gli USA, che ha sempre badato all’egemonia ed al business.

Leggi anche Monti alle stelle e gli italiani si arrangino
Di cosa hanno parlato Obama e Monti? Leggi Fiscal Compact, un trattato difficile da digerire

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Berlusconi and … his shareholders

4 Apr

The Mediatrade-RTI investigation shows as suspects Silvio Berlusconi, the son Pier Silvio, Fedele Confalonieri, the American producer Frank Agrama and other defendants. They are accused of irregularities in the sale of rights in order to create over 34 million euro of slush funds.

According to investigators the criminal offenses would take place ‘within a system of fraud used by the end of the ’80s, under which the broadcasting rights were provided by Paramount, to a lesser extent by other international producers, rather than directly from suppliers, and were bought by Mediaset at inflated prices through dummy companies due to Farouk Agrama”.

A concealment of funds in full conflict of interest, which took place between Milan and Dublin from July 2002 to November  2005, a time in which Silvio Berlusconi was prime minister.
The fact that they are not mentioned for the two decades prior to 2002 is due to the prescription of offenses  …

According to Niccolo Ghedini, lawyer for the premier, the charges will affect a “time in which Silvio Berlusconi had not the slightest possibility of an impact on the company.”

A likely thing, if we could be sure that Silvio Berlusconi meets the standards on conflict of interest, which, consequently, would “ipso facto” involve the incrimination of his son, Pier Silvio Berlusconi, as it is not possible that top management were not involved in an expedient than ten years.

A “proceeding in which the injured party rather Mediaset is in fact backfires against the company and its top executives,” as claimed by the Berlusconi family’s television network?
Maybe. It would seem possible: it could be not the first nor the last time that executives and shareholders are incorrect in this way, scratching profits, which should be back in the budget for new investments or dividends.

However, the process goes as it will go if it will go, but certain facts are really happened.
What’s waiting for Consob (National Commission for Companies and the Stock Market), as RTi and Mediaset are of limited companies?

The investigations, in fact, are clear: someone (Berlusconi, his associates or others) “appropriates a substantial portion of amounts transferred (note: about 70 million euros) from the RTI and Mediatrade to Olympus Trading Company (note: due Frank Agrama) as payment for television rights”.

Considering that Medusa Film SpA (a Paramout competitor) is a subsidiary/associate company of RTI Spa, who protects shareholders and the free market?

Mediatrade: Consob può attendere?

4 Apr

L’inchiesta Mediatrade-Rti vede tra gli indagati Silvio Berlusconi, il figlio Pier Silvio, Fedele Confalonieri, il produttore americano Frank Agrama e altri imputati, accusati di irregolarità nella compravendita dei diritti allo scopo di creare fondi neri per oltre 34 milioni di euro.

Secondo gli inquirenti i fatti delittuosi si sarebebro svolti «all’interno di un sistema di frode utilizzato dalla fine degli Anni Ottanta, in forza del quale i diritti di trasmissione forniti dalla Paramount, in misura minore da altri produttori internazionali, invece che direttamente dai fornitori venivano acquistati da Mediaset a prezzi gonfiati per il tramite di società di comodo riconducibili a Farouk Agrama».
Un occultamento di fondi in pieno conflitto di interessi, avvenuto tra Milano e Dublino dal 30 luglio 2002 al 30 novembre 2005, periodo in cui Silvio Berlusconi era presidente del Consiglio. Il fatto che non vengano menzionati i due decenni precedenti al 2002 è per via della prescrizione.

Secondo Niccolò Ghedini, avvocato del premier, le accuse toccano un «periodo in cui Silvio Berlusconi non aveva la benché minima possibilità di incidere sull’azienda».

Una cosa verosimile, se fossimo sicuri che Silvio Berlusconi rispetti le norme sul conflitto di interessi, che, di conseguenza, comporterebbe “ipso facto” l’incolpazione del figlio, Pier Silvio Berlusconi, dato che non è possibile che i vertici aziendali non fossero coinvolti in un espediente ultradecennale.

Accade, dunque, che un «procedimento in cui Mediaset è semmai parte lesa si ritorce infatti contro la società stessa e i suoi massimi dirigenti», come sostiene il network televisivo della famiglia Berlusconi?
Sembrerebbe possibile, ahimé, dato che non è la prima nè l’ultima volta che dirigenti ed azionisti scorretti fanno in tal modo la “cresta” agli utili, che viceversa andrebbero a bilancio per nuovi investimenti o come dividendi.

Ad ogni modo, il processo andrà come andrà se andrè, ma certi fatti sono più che comprovati e non resta che chiedersi cosa stia attendendo la Consob, visto che R.T.i. e Mediaset sono delle società per azioni.

Le indagini, infatti, parlano chiaro: qualcuno (Berlusconi, i suoi sodali o altri) «si appropriava di una parte rilevante delle somme trasferite (ndr. circa 70 milioni di Euro) da Mediatrade e da Rti alla società Olympus Trading (ndr. riconducibile a Frank Agrama) a titolo di pagamento di diritti televisivi».

Considerato che Medusa Film S.p.a. (concorrente di Paramout) è una controllata/partecipata di R.t.i.  S.p.a., gli azionisti e il libero mercato chi li tutela?

Parmalat? Si ritorna all’IRI …

3 Apr

Per ora siamo al decreto: la Cassa depositi e prestiti (di proprietà del MEF al 70%) potrà intervenire per finanziare aziende in difficoltà, se sono ritenute strategiche per fatturato, per importanza oppure per le eventuali ricadute sul sistema-nazione.

Il pretesto? Il tentativo francese di entrare in Parmalat, dato che in Italia “non passa lo straniero” … neanche se arriva con in capitali a risanare un’azienda florida che, nelle nostre mani, fallisce senza una vera o chiara ragione.

Grazie a Tremonti e la Lega, ritorna l’assistenzialismo industriale che la Storia ha già condannato per mille motivi diversi e sul quale la parola fine fu messo dall’entrata nell’EUro e dalla Seconda Repubblica.
I danni che verranno sono già noti: consociativismo, clientelismo, corruzione, concussione, desviluppo, declino.

Meglio questo che dover riportare produzione e flussi finanziari al Sud, diranno la Lega ed i poteri forti. Meglio che trovarsi con i fedeli lavoratori del Settentrione disoccupati ed imbufaliti, diranno i sindacati, mentre quelli del Sud manco sono sindacalizzati.
Meglio questo che abbandonare i furbetti del quartierino e compagni di merende vari, se ci voltiamo verso sinistra.
E meglio ancora non immaginare cosa possano pensarne le Mafie, che sono anche figlie di quell’assistenzialismo e di quel clientelismo romano.

Intanto, qualcuno potrebbe spiegarci come sia possibile che l’agroalimentare italiano, pilastro del made in Italy, sia così poco produttivo, andando periodicamente in crisi, e perchè i prezzi al consumo siano così alti a fronte di basse rendite per gli agricoltori.
Sarebbe bello capire perchè, in un mondo che compra pasta, salse, formaggi, vini, olio italiani, noi ci ritroviamo a dover sussidiare i contadini, con milioni di cittadini ai banchi alimentari, con la mezzadria ancora la bando ed i giovani a fare in precari nelle fabbriche e negli uffici.

Il bello è che il decreto, che impegna dall’immediato il Ministero dell’Economie e delle Finanze, è un provvedimento transitorio.
Nei prossimi mesi, dovrà essere convertito in legge, cosa non improbabile visto di cosa si tratta, e vagliato in sede europea dove, come per tanti altri provvedimenti di Giulio Tremonti, risulterà ovviamente come un aiuto dello Stato ad un’impresa, ovvero cosa vietata dalla legislazione comunitaria.

In poche parole, per Parmalat come per Termini Imerese, potrebbe accadere di puntellare con i nostri soldi delle situazioni molto precarie e tutte da chiarire, per poi dover ritirare il capitale pubblico versato con tutti i peggiorativi del caso.

Senza aver formulato alcuna exit strategy dalla crisi “che non c’è”, dopo aver illuso tanta povera gente con provvedimenti estemporanei e con un peso internazionale ormai ai numeri negativi, cosa sarà dell’Italia, dei suoi cittadini e della sua produttività?