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Coronavirus: the Italian rules

12 Mar

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People have not to leave the house and, however, must remain in own neighborhood, if not for valid reasons.
Two people maximum in the car, if not familiar.

No transportation blocking.
All means of public and private transport operate regularly.

Civil and religious ceremonies suspended.

People can leave the house to buy food and for close necessities.
Stores will always be restocked. There is no limitation on the transit of goods.

In case of symptoms of respiratory infection or fever above 37.5 ° C it is strongly recommended to stay at home, to seek medical attention and to limit contact with others as much as possible.
There is an absolute ban on leaving home for those who are quarantined or tested positive for the virus.

Those who leave home to go to work, for health reasons or situations of necessity, must complete a self-declaration to the police force.
You can go out with the dog, but only for the daily management of its physiological needs and for veterinary checks.

Business that can remain open:

  1. supermarkets, mini markets and grocery stores (bakers, fishmongers, butchers, pizza slices etc.)
  2. pharmacies, herbalists, perfumeries, soap shops, dry cleaners, pet shops,
    computer, photo and optical stores
  3. petrol stations, tobacconists and newsagents
  4. hardware store, and all the craftsmen (mechanics, carpenters, electricians, plumbers etc.)
  5. offices and factories

Violation of the provisions is punished with an arrest of up to three months or a fine of up to 206 euros.

Demata

Siria, Turchia, Kurdistan: tutto in pillole

17 Ott

Il Kurdistan è un territorio delimitato dal Trattato di Sevres del 1920, che però non trovò l’accordo della Turchia. Nella proposta di Sevres il nascente Kurdistan vedeva solo qualche villaggio di frontiera dentro quello che è il territorio della attuale Siria.

 

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Dunque, la Siria negli ultimi due anni è stata di fatto invasa dai Curdi, che pretenderebbero tre distretti siriani dove fino a pochi mesi fa vivevano arabi sunniti.
Infatti, dopo giorni di attacco turco, i Curdi hanno accettato la ‘restituzione’ dei territori e l’esercito siriano potrà essere dispiegato nei territori fino ad oggi controllati dalle SDF curde  e lungo il confine con la Turchia.
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Va ricordato che i curdi entrati  in Siria sono quelli del Partito Comunista Curdo (PKK), autori di molti attentati in Turchia, dove il partito filocurdo ha il 13% dei seggi in parlamento. E che da mesi si  parlava dell’accordo turco-americano per creare una sorta di zona cuscinetto «Isis-free»  di qualche decina di chilometri al confine tra Siria e Turchia.

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Con l’invasione della Siria i Curdi si ritrovano a controllare tutti i grandi bacini idrici /idroelettrici del quadrante (Lago Van in Turchia, bacino e diga Assad in Siria, bacino e diga Mossul in Iraq), oltre ad aree minerarie /estrattive e un paio di snodi vitali degli oleodotti più i collegamenti con l’Iraq.
Ed è fallita la trattativa curdo-siriana per il controllo delle fondamentali dighe sull’Eufrate e dei pozzi di petrolio che sorgono nel nordest della Siria, mentre Assad ha riconquistato la provincia ribelle di Idlib senza il supporto dei combattenti dell’YPG.
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Gli USA prendono atto del disastro causato da Obama/Pelosi e ritirano la propria protezione militare dai territori siriani occupati dai Curdi ‘turchi’, lasciando mano libera ai siriani di Assad, che hanno iniziato da mesi la ‘reconquista’ della Siria.

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La Turchia interviene con la scusa di bloccare i propri confini e di impedire l’afflusso di Curdi ‘turchi’ in Siria, cioè tagliare fuori le milizie del PKK, ma anche per appropriarsi delle città di Kobane e Manbji più una striscia di confine con l’Iraq ed – evidentemente – per ‘difendere’ i ribelli siriani dall’offensiva di Assad iniziata mesi fa.

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La Siria ha un trattato con la Russia, che è tenuta a proteggerla e la Russia interviene nei tre distretti occupati, affinchè “tutte le milizie illegali escano dalla Siria”, e in 48 ore subentra agli statunitensi nelle città di Kobane e Manbji, ambite dalla Turchia.
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Non è chiaro quanti jihadisti dello Stato Islamico detenuti dalle FDS prima dell’abbandono americano siano riusciti a fuggire dalle carceri curde e, intanto, i curdi Peshmerga e il clero cristiano iracheni sono allarmati perchè “hanno paura di un ritorno dello Stato islamico (SI, ex Isis)”, che l’offensiva turca sta espellendo dalla Siria e che si sta rifugiando in Iraq con lo scopo di ricostituirsi nei campi profughi.
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Infatti, una settimana fa, la coalizione a guida Usa in Iraq ha lanciato 40 tonnellate di bombe sull’isola di Qanus, nel Tigri, a nord della capitale irachena Baghdad, che è considerata “infestata” dall’Isis.
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La notizia del giorno, in Turchia, è del solito Erdoğan che mostra i muscoli nei titoli, ma poi negli articoli si legge di Trump che parla di «sanzioni economiche punitive» e del Cremlino, che ammonisce sulla «necessità di prevenire i conflitti tra le unità dell’esercito turco e le truppe del governo siriano».
Infatti, oggi  Erdoğan deve incontrare una delegazione ad Ankara composta niente di meno che dal vicepresidente Mike Pence, dal segretario di stato Mike Pompeo e dal consigliere per la sicurezza nazionale Robert O’Brien, mentre «entro pochi giorni»  è dato in arrivo nella capitale russa, dopo la convocazione telefonica di Putin.
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La solidarietà italiana verso i curdi non è solo umanitaria.
Il gruppo italiano Trevi di Cesena ad inizio 2016 si è aggiudicato  l’appalto in Iraq per la riparazione della diga di Mosul, strappata ad Isis dai Peshmerga curdi, che sono addestrati da specialisti degli alpini e del genio militare italiano.

Il primo contratto di 273 milioni di euro venne firmato nel marzo 2016 e l’Esercito italiano garantisce  a Mosul la sicurezza al sedime della diga (e del cantiere) con circa 500 unità della Task Force “Praesidium”.
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L’esportazione di armi italiane verso la Turchia? Leggiamo di armi di calibro superiore ai 19.7 mm, munizioni, bombe, siluri, razzi, missili e accessori oltre ad apparecchiature per la direzione del tiro, elicotteri T129 e software che la Turkish Aerospace al Pakistan deve ricondizionare e trasferire al Pakistan.
E verso il kurdistan iracheno? Nel 2014, l’Italia ha fornito ai curdi 100 mitragliatrici 42/59 calibro 7,62 con con 250mila munizioni, 100 mitragliatrici M-2 Browning calibro 12.7 con 250mila munizioni, 2.000 razzi anticarro Rpg 7 e Rpg 9, 400mila proiettili calibro 7,62 per Kalashnikov.
Il problema è che un paio di anni fa, risultava che in Iraq sono state vendute armi italiane per 55 milioni di euro, molto meno della Turchia (262 milioni) , ma la differenza non è così ampia senza i costosi elicotteri, motovedette e sistemi antiaerei acquistati dai turchi.
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Demata

Pace in Afghanistan? Magari … Ecco quanto c’è da sapere

29 Gen

Oltre 5,5 i miliardi di euro spesi in dieci anni di guerra in Afghanistan solo dall’Italia, che è costata finora le vite di 53 nostri militari e ben 650 feriti.  
Ad oltre 5,5 miliardi ci si arriva con le spese dal 2010 al 2012 quando l’Italia ha destinato oltre 2,5 miliardi alla missione  e non sono solo spese militari. Attualmente, (dati del 2017) vengono spesi 193,7 milioni di euro principalmente per presidiare la provincia di Herat.

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Intanto, 17 anni dopo, gli Stati Uniti si ritrovano ad aver speso 1,07 trilioni di dollari ed il costo iniziale totale era di circa un miliardo di dollari secondo il Dipartimento della Difesa.

Secondo il recente rapporto “Cost of War” dell’Istituto Watson per gli affari internazionali e pubblici della Brown University, è  confermato che

  1. i militari USA  morti sono 2.372 di cui 1.856 in azione e di 20.320 feriti, con 3.937 contractors  e 1.141 soldati di altre nazionalità anch’essi uccisi
  2. i morti civili ammontano ad almeno 38.480 in Afganistan e 23.372 in Pakistan, con almeno altrettanti feriti
  3. le forze governative afgane hanno contato 58.596 caduti, quasi 500 operatori umanitari sono stati uccisi dai Talebani, i quali avrebbero subito non meno di 72.000 morti
  4. i rifugiati profughi di guerra sono 1,3 milioni in Pakistan e circa un milione in Iran. Il Rapporto indica testualmente “in Europa alcuni paesi hanno accettato molti rifugiati; altri, ad esempio l’Italia, hanno criminalizzato loro e chi li assiste“.

Poi, ci sono gli interessi italiani che sono ben chiariti dalla Legge 29 novembre 2012, n. 239, relativa all’Accordo sul partenariato e la cooperazione di lungo periodo tra la Repubblica italiana e la Repubblica islamica dell’Afghanistan:

  1. l’impegno italiano (nel 2012 aveva raggiunto i 570 milioni di Euro) per la promozione del  buon governo, del rispetto dei diritti umani, del ruolo e della partecipazione delle donne, della protezione dei minori e della lotta contro la droga, la corruzione e l’illegalità;
  2. la cooperazione italiana si concentra su: lo sviluppo economico e agricolo (includendo colture alternative come lo zafferano), la costruzione dell’autostrada nazionale Kabul-Bamyan, il Corridoio Est/Ovest (da Herat a Chest-i-Sharif), l’Aeroporto Internazionale di Herat (150 milioni di Euro), la rete stradale di Herat e della regione occidentale
  3. il proprio aiuto sostenendo i Programmi Prioritari Nazionali, in linea con la Strategia Afgana per lo Sviluppo (Afghan Development Strategy) e le Conclusioni della Conferenza di Kabul del luglio 2010
  4. le nuove opportunita’ per lo sviluppo nei settori del marmo, dell’agroalimentare, del tessile, delle infrastrutture,  risorse minerarie e idrocarburi; centrali di produzione energetica su piccola scala (fra cui le centrali fotovoltaiche) e pompe idrauliche; infrastrutture (fra cui l’Aeroporto di Herat e la strada fra Herat e Chest-i-Sharif),  agricoltura e industria agroalimentare; gioielli (pietre preziose e semi-preziose), cemento, sanità, eccetera.

Avete visto voi?

Dunque, ce ne sarebbero di motivi per l’Italia nel ritirarsi dall’Afganistan. E la ripresa ‘alla grande’ del traffico di eroina, le donne schiavizzate, i milioni di profughi, il ripristino di un pericoloso stato jihadista?

L’esodo degli USA crea una situazione del tutto nuova e visibilmente critica in Centro Asia. Infatti, l’Afghanistan confina

  1. a sud e a est c’è il Pakistan, nazione ‘amica’, ma che ha rapporti talmente amichevoli’ con l’Iran che questo ha ben pensato di costruire un ‘muro’ che taglia a metà il Belucistan, tra le proprie provincie e quelle pachistane
  2. a ovest c’è l’Iran, che con la diga di Helmad può azzerare l’acqua che rifornisce l’agricoltura afgana e che sostiene da quasi 30 anni 2,5 milioni di profughi afgani sciti, che pur vorrebbero/dovrebbero tornare a casa
  3. ad est c’è la Cina Popolare che, giusto per chiarire il ‘punto di vista’, ha spedito in Xinjiang nei “campi di ri-educazione” un milione di islamici e dal 2014 ad oggi oltre un milione di membri del partito comunista ed “impiegati statali” (prevalentemente polizia e militari) sono stati assegnati nella regione
  4. a nord ci sono le repubbliche ex sovietiche di religione islamica ismailita o scita del Turkmenistan (povero, ad economia rurale e legato alla Russia), del Tagikistan (ricco di petrolio e gas, ma povero e spesso privo di elettricità, gas e acqua per una sorta di embargo della Russia) e l’Uzbekistan, che è il quarto produttore mondiale di cotone, dove il fondamentalismo già da 15 anni è attivo 
  5. a nord ed est, poco oltre il confine di paesi più o meno ‘amici’, c’è la Russia che ha – tra le varie – il Tupolev Tu-160 che ad un’ora di volo può scaricare 40 tonnellate tra bombe e missili, mentre – con due ore di volo – potrebbe testare il neonato drone armato Okhotnik con bombe laser-guidate e paragonabile a un caccia F-15 Strike Eagle statunitense, ma senza pilota a bordo, come un solo Antonov è in grado di spostare in poche ore 250 tonnellate di militari e attrezzature.

La bozza di accordo prevede l’impegno dei talebani a non far diventare il Paese un santuario di terroristi e gli americani invece si impegnano a un ritiro totale delle truppe in cambio del cessate il fuoco e il coinvolgimento talebano in colloqui con il governo afghano.

Poca cosa senza un’autorità militare internazionale a far da garante ed è forte il timore che il ritiro preluderà a nuovi equilibri (che in Afghanistan solitamente vengono scritti con rovine e sangue): il Comando NATO ieri ribadiva che “siamo in Afghanistan per creare le condizioni di una soluzione pacifica negoziata: non lasceremo prima di avere una situazione che ci permetterà di ridurre il numero di truppe,il nostro obiettivo è quello di impedire che il Paese torni a essere un paradiso sicuro per il terrorismo internazionale“.
Niente paradisi, specialmente se i dati confermano che dal 2012, nonostante fosse noto che quelle afgane non fossero affidabili, gli USA decisero un drastico ritiro delle proprie truppe dall’Afghanistan ed, a seguire, c’è stato un drastico aumento mondiale del consumo di eroina e delle over-dose.
Ancora oggi, secondo l’Unodc, l’85% dell’eroina e della morfina prodotte nel mondo, è estratto dall’oppio afghano e si tratta di quasi 400 tonnellate (cioè circa un miliardo di dosi da strada), che viene trafficato in tutto il mondo attraverso i paesi confinanti. 

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foto da analisidifesa.it

Non è difficile indovinare come andrà a finire senza un forte presidio militare internazionale. Narcostato, integralismo che si espande nell’Asia Centrale, possibili collisioni tra nazioni già oggi ben armate, l’un altro ostili, salvo un sempre probabile intervento russo / iraniano e/o  del Pakistan, filo-statunitense.

L’impressione generale è che gli USA di Trump stiano delineando una nuova Yalta in semi-accordo con Putin non solo in Siria, ma anche in Asia, cioè ritirando personale ed investimenti in Medio Oriente e Afganistan, gli Stati Uniti confidano di ritornare alla Dottrina Monroe e ‘dedicarsi al giardino di casa’, le Americhe.

Non a caso la Brexit riporta il Commonwealth al suo “naturale” ruolo di controllore dell’Oceano Indiano e delle rotte da oriente a occidente, basta guardare una mappa e quali nazioni ne fanno parte, Pakistan incluso.

Finanza e industria ben sanno che il Cambiamento Climatico crea nuove e diverse prospettive commerciali date dalla navigazione artica per la Gran Bretagna, come per tutta la Scandinavia e il Canada, con corrispettivi Russia, Cina, Corea e Giappone.

Ed all’Europa restano i pasticci che ha combinato in Medio Oriente,  in Africa … ed in alcuni processi di unificazione nazionale con lo smantellamento dei regni governati da Borboni o Asburgo.

L’Italia è una questione a parte: non possiamo permetterci un contingente di 1000 uomini all’estero, talmente siamo indebitati:  Di Maio a Washington il 14 novembre 2017 (fonte ANSA) fu chiaro: “Sull’intervento in Afghanistan siamo sempre stati chiari. Per noi quello è un intervento che per la spesa pubblica italiana è insostenibile“.

Infatti, oggi Quotidiano.net riporta che “il ministro dell’economia e finanze Trenta ha dato disposizioni al Comando operativo di vertice interforze di valutare l’avvio di una pianificazione per il ritiro del contingente italiano. Le stesse fonti aggiungono che l’orizzonte temporale potrebbe essere quello di 12 mesi”.
Inoltre, “la richiesta di valutare una pianificazione del ritiro del contingente italiano avviata dal ministro Trenta sarebbe statacondivisa con la presidenza del consiglio“. Quindi, se Moavero (ndr. e la Lega) non era a conoscenza dei piani della Trenta, Conte non solo era stato informato, ma li ha anche avallati“. 

Demata

Quale futuro per Destra e Sinistra nell’Era Digitale?

30 Dic

Destra e Sinistra per luogo comune sono associati a Tradizione e Innovazione, ma sono concetti nati quando erano in vita Stuart Mill o J.J. Rosseau o tanti altri “padri”, tutti antecedenti all’Era Digitale, che modifica profondamente le relazioni tra gli individui e/o Enti, ormai sempre più spesso mediate e ‘semplificate’ da un macchinario.

Ad esempio, secondo i “padri”, il ruolo principale delle istituzioni pubbliche sarebbe quello di mettere gli individui in condizioni di sviluppare tutto il loro potenziale, ma l’Archeologia moderna dimostra che è almeno dal Neolitico che le “pubbliche istituzioni” sorgono per spinte alla coesione sociale ed esigenze di sicurezza generale.
La nascita di un centro di culto comportava l’aggregazione di risorse e genti, che a sua volta causava l’esigenza di raccolta del cibo, di specializzazione dei lavori e di difesa del sito, con un Rex e un Pontifex, secondo la tradizione romana come del resto era per tutte le culture preistoriche e lo è ancora oggi.

Coesione sociale e Sicurezza generale che la Società deve continuare a garantirsi, mentre l’Industrialesimo è pervenuto all’Era Digitale e la definizione di Sinistra come luogo di “innovazione” come quella di Destra come sede della “conservazione” diventano concetti superati: siamo dinanzi ad un fenomeno ben maggiore delle 95 tesi di Lutero pubblicate nel 1517 a Wittenberg, due generazioni dopo che Johann Gutenberg nel 1448, a Magonza dall’altro lato della Foresta Nera, stampava il primo libro, la Bibbia.

Non a caso, oggi come ieri, i due ‘fronti’ speculari si differenziano innanzitutto su quale equilibrio tra solidarietà/tolleranza e degrado/insicurezza sia ‘giusto’. In altre parole, cosa è responsabilità collettiva e cosa, viceversa, è dovere personale.

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Destra e Sinistra equivalgono ancora a ‘vecchio’ (tradizione) e ‘nuovo’  (innovazione) e ad ‘avanti’ (progresso) od ‘indietro’ (conservazione)?
E come si ‘aggiornano’ queste istanze primordiali del vivere sociale degli Umani, nell’Era Digitale?

Pochi lo ricordano, ma viviamo nel mondo nato per “iniziativa” di un uomo di destra (who pardoned Nixon) che credeva nel progresso come Gerald Ford, il quale nominato in base al 25° emendamento (e non eletto) durante la sua breve presidenza nel 1974 fece rilasciare il sistema Unix sviluppato nei Bell Laboratories alle università, con il codice sorgente e il permesso di implementarlo.

Con il consenso del liberal Jimmy Carter, che credeva nella One Human Race: nel 1978 grazie al protocollo Unix UUCP nasce Internet, che consente ai computer la copia remota dei file e rende possibili reti di comunicazione tra computer, tra cui le chiamate telefoniche. Sempre in quegli anni Steve Jobs e Bill Gates creavano i PC Apple e i software Microsoft, cioè l’architettura hardware e gli applicativi di scrittura e calcolo che ancora oggi esistono.

La successiva spinta liberista di Ronald Reagan consentì un enorme sviluppo del “fai da te” informatico, non solo come assemblatori di base in Occidente e l’industrializzazione della Thailandia e dell’Indonesia, ma soprattutto la libera ricerca ed un programmatore del laboratorio di intelligenza artificiale del MIT, Richard Stallman, nel 1984 fondava la Free Software Foundation creando il sistema operativo GNU, un’alternativa a UNIX di ‘libero’ uso e sviluppo.

A cavallo delle amministrazioni Clinton e Bush sr iniziano a diffondersi, negli Anni ’90,  il sistema Linux su licenza GNU creato da Linus Torvalds e il linguaggio di programmazione Java creato da James Gosling della Stanford University Network.

Sotto la presidenza di Bush jr, nel 2007, nasce Iphone con rinnovata fortuna di Apple e – soprattutto – Google sviluppa e diffonde liberamente Android, un sistema operativo per dispositivi mobili basato sul kernel Linux in cui le utilità GNU sono sostituite da software in Java, che a sua volta è nato per gestire apparati (domotica) e macchinari (automobili) e … che – a differenza di GNU – ha una vera resa commerciale (le Apps a pagamento, ad esempio).

Dopo il disastro cileno dell’Amministrazione Nixon, Innovazione e Conservazione si sono modulate autonomamente dalla Politica e dalla Finanza? Forse …

Caso mai fosse, siamo nel 2019, a quasi due generazioni dall’inizio di questo processo di innovazione nelle comunicazioni umane, come lo era Lutero rispetto a Gutemberg.
E se oggi il FinTech (Amazon, Alibaba, PayPal, Google, Facebook etc) avanza nel mondo delle banche e della finanza, mentre secondo Istat il 26% degli elettori segue la politica attraverso internet, in gran parte tramite i social, forse dovremmo anche prendere atto che il Capitalismo e il Socialismo vanno a cessare la loro funzione come fenomeni dirigisti dell’Industrialesimo, che – viceversa – si palesa come il processo storico principale: causa e non effetto.

Un mondo nuovo, dove Destra, Sinistra e Centro devono (dovevano?) percepire e rispondere ad istanze e ad interessi non più componibili come nel passato.

Ad esempio,

  • i lavoratori del settore industriale (metalmeccanici e hardwaristi) che vorrebbero immobili a buon prezzo, modulari e ergonomici-digitali, e quelli dell’edilizia che vorrebbero redditi più alti, materiali tradizionali e maggiore lavoro manuale, a loro volta utili per gli immobili di pregio, storici o “vintage”;
  • i residenti delle grandi aree urbane, consumatori di enormi risorse alimentari, e quelli delle aree rurali, produttori e distributori consortili di queste risorse, con i primi che desiderano prezzi bassi e merci fresche, i secondi redditi più alti e massima resa;
  • le esigenze della medicina di base e territoriale, come di quella tecnico-infermieristica o meramente socio-assistenziale, cioè con diretto impatto sulla quotidianità e i diritti di tutti i cittadini, e quelle specifiche di eccellenza, cioè di ricovero ed organizzazione ospedaliera, e con quelle di ricerca, cioè di investimento e distribuzione farmaceutica;
  • il diverso punto di vista di chi lavora nei servizi (dal supermercato al sociale, passando per sportelli e magazzini o consegne) 7 ore e 12 ore al giorno e chi consuma (cioè anche egli stesso) che pretende di servirsene H24 e/o con risultati immediati … eccetera.

La “barriera” tra Destra e Sinistra è crollata, se i sondaggi constatano una migrazione di voti significativa dal PD alla Lega, e quelli elencati sono solo alcuni dei nuovi fattori di divaricazione dell’elettorato, come anche i Cinque Stelle si stanno accorgendo.

Destra e Sinistra si fondavano sul farsi portatrici di istanze incompatibili per diversi od opposti gruppi significativi di cittadini nella diversa funzione di consumatori – produttori – elettori.
Da Trump a Putin o Macron passando per Di Maio e Salvini e anche Renzi, oggi i due ‘fronti’ speculari si differenziano innanzitutto su quale equilibrio tra solidarietà/tolleranza e degrado/insicurezza sia ‘giusto’.

In seconda istanza, quel che sembrano fare la differenza sono i ‘soliti’ divergenti interessi tra ceti e professioni di accesso al  reddito e/o ai servizi “essenziali”, necessari alla (soprav)vivenza più o meno lussuosa od sobria che sia, ma con una peculiarità: quel che conta è il “tempo libero” da dedicare al proprio mondo ‘digitale’ e social(e) …
… se un tablet o una playstation costano poco, se per la vita sociale basta la tessera del fitness e la sala per vedere le partite consumando o giocando, se tot volte all’anno si decolla a prezzi infimi per qualche luogo turistico e se … non registrassimo ogni anno quasi 100.000 casi di minacce l’anno, prevalentemente ad opera di italiani e sono solo quelle denunciate dalla parte offesa.

Demata

Perchè il sovranismo USA paga e quello italiano ci rovinerà?

3 Ott

In Italia, ad oltre 100 giorni dall’affermazione sovranista di Di Maio e Salvini, il debito pubblico è cresciuto dell’1% rispetto lo scorso anno. Tantissimo.
Intanto, Istat annuncia che in Italia il  tasso di occupazione mai è stato così alto dal 1977. Pochissimo: in Europa siamo terzultimi.
Non ne parliamo della leva fiscale, notoriamente esosa quanto palesemente recessiva, e, andando al Bilancio, come avrebbe detto il buon Nino Taranto quasi un secolo fa,  l’ha capito anche Di Maio: ‘Bambole, non c’è una lira”.

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Negli Stati Uniti, invece, i dati relativi al mercato del lavoro nel mese di settembre dovrebbero confermare, una dinamica occupazionale positiva con il tasso di disoccupazione previsto in ulteriore calo a 3,8% da 3,9% del mese precedente.
Intanto, arrivano dati positivi dalla rilevazione delle richieste di sussidio settimanali correnti.
Secondo i report di IntesaSanPaolo, “gli occupati non agricoli sono previsti in crescita di 185mila unità”  con il settore manifatturiero che dovrebbe crescere di 13mila unità”.

Per Natale si prevede un ulteriore calo del tasso di disoccupazione, mentre i salari orari sono previsti in crescita mensile di 0,3%, “supportando le previsioni per un altro rialzo dei Fed Funds a dicembre da parte della Fed”.

Bravo Trump? E’ presto per dirlo, ma si sicuro è un buon investimento affermare ‘sovranismo’ se si è a capo di un ‘imperium’ …

Il problema è se si afferma ‘sovranismo’ essendo a capo di uno delle decine di stati che compongono un continente e ci si ritrova anche pieni di debiti, con i servizi mal funzionanti, l’agricoltura che costa un occhio e la manifattura che recede un po’ dovunque. 

Infatti, le notizie che arrivano dagli USA (ma anche dalle nazioni europee che hanno garantito parametri ed infrastrutture da Eurozona) sono relativamente buone, le nostre no.
Andando a leggerle oltre il titolo, la faccenda è puntualmente la stessa: “andrà peggio”. E volendo prendersi la briga di rispolverare quelle del 2010-2011, il problema è sempre lo stesso: l’incapacità politica di modernizzare il Paese.

Demata

Armi: i dati europei e le ragioni della National Rifle Association

24 Feb

In Italia, secondo Wired.it, “una ricerca delle Nazioni Unite del 2008 aveva stabilito che il 12,9% dei cittadini possedeva un’arma in maniera legale” e che, nel mondo, “il tipico possessore di armi ne tiene in casa tre tra pistole e fucili”. Dunque, calcolando che all’epoca eravamo 60,5 milioni, questo potrebbe equivalere a circa 7 milioni di italiani ‘armati’ e a non meno di 10-15 milioni di armi semiautomatiche che potrebbero essere in legale possesso degli italiani.

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Le stime ufficiali (in Italia non esiste un registro delle armi) raccontano di ‘soli’ 7 milioni di armi circolanti, cioè la metà di quanto ragionevolmente possibile, se  Firearms in the European Union, un rapporto dell’ottobre 2013, riportava  25 milioni di armi regolarmente registrate da privati cittadini per la prima e  19 milioni per la seconda. Ad ogni modo, stando ai dati di Gunpolicy.org , non eravamo al 34% degli USA o al 37% della Finlandia e neanche al 6,1 di Inghilterra e Galles o al 4,8% dell’Olanda, ma più o meno in media con Germania, Svezia e Francia attestate intorno al 16%.

In Europa, le vittime per armi da fuoco sono circa 6.700 all’anno secondo uno studio del Flemish Peace Institute. Un numero molto più basso (nonostante l’Unione europea abbia 503 milioni di abitanti a fronte dei 302 milioni degli Stati Uniti) di quello che si registra negli Stati Uniti, dove nel 2014 pistole e fucili hanno provocato l’uccisione di 33.599 persone con un tasso di mortalità di 10,54 vittime su 100 mila abitanti..

I dati europei sono essenziali per capire perchè la National Firearms Association nega che la diffusione delle armi da fuoco abbia un nesso diretto con il numero di omicidi da arma da fuoco:

  • la Finlandia (37% cittadini armati) e la Svezia (16%) hanno la stessa quota di cittadini uccisi o suicidati con armi da fuoco (0,45 e 0,41 a testa ogni 100 mila residenti) 
  • la Francia (16% cittadini armati) e la Gran Bretagna (6%) che fanno segnare a testa (0,06 e 0,07) lo stessa media di cittadini uccisi o suicidati con armi da fuoco
  • l’Italia (12% cittadini armati) ha un tasso di omicidi da arma da fuoco (0,71) enorme rispetto a nazioni dove le armi sono diffuse in modo paragonabile come Francia, Germania e Svezia (16%).

In Europa, come confermato da un accurato studio pubblicato da Lettera43 , la Germania ha il numero di armi più alto e la Finlandia il numero maggiore di pistole e fucili per cittadino, ma proprio l’Italia, che è il principale produttore di armi da fuoco, ‘vanta’ anche il maggior numero di omicidi da armi da fuoco, la cui diffusione non è censita, ma solo stimata.

Inoltre, la NRA statunitense rivendica un nesso ‘positivo’ tra diffusione delle armi da fuoco e sicurezza dei cittadini ed anche in questo caso l’Italia ‘vanta’ numeri a favore degli armaioli.
Il nostro Bel Paese è primo al mondo nella classifica per il numero di agenti presenti sul territorio, se si vuole escludere Russia e Turchia, con 467 unità  ogni 100.000 abitanti, mentre negli Stati Uniti dove sono disponibili almeno 300 milioni di armi da fuoco ed il 34% ne possiede almeno una, di di ‘law enforcement’ ne bastano 230 ogni 100.000 persone, a parte il senso di sicurezza/insicurezza che appare essere ben diverso, almeno a leggere le cronache.

A monte dell’uso di armi da fuoco contro altri esseri umani inermi esistono solo scelte personali di chi si fa assassino, eventualmente facilitate da fattori socioculturali, come – ad esempio – quelli che connotano così particolarmente l’Italia (ad esempio il crimine organizzato e la lentezza della Giustizia) o che vedono la maggiore diffusione di armi negli USA proprio negli stati rurali che maggiormente soffersero la Guerra Civile e la Recessione oppure ne esige la ‘libera vendita’ come negli USA e non solo.

Ma questa è un’altra storia, quella dell’Homo Sapiens e non degli ‘attrezzi’ da lui creati.

A noi tutti interessa sapere che delle armi letali ed abbastanza semplici da usare non arrivino nelle mani sbagliate.
Censirle in un registro non sarebbe affatto male.

Demata

Trump: funzionerà attaccare i russi per cacciare Assad?

7 Apr

Secondo The Times, l’aeroporto di Al Shayrat, bombardato dagli USA stanotte, era stato ammodernato da Mosca circa un anno fa, per trasformarlo nella base degli elicotteri d’attacco. Nell’ultimo anno, nella zona erano stato segnalati elicotteri Mi-8, Mi-35, Mi-24 “Hind” e Mi-17 “Hip”, numerose batterie di razzi TOS1 e un migliaio di militari russi.

Secondo quanto riportava  il Now Lebanon, l’espansione dell’aereoporto di Al Shayrat incrementa notevolmente la quantità di mezzi che Mosca può dislocare in Siria, con “circa 45 hangar bunkerizzati. Non a caso è stato Putin – e non Assad – ad annunciare che circa le metà erano stati colpiti …

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Dunque, c’è da prendere atto che i 59 Cruise americani hanno colpito un aeroporto praticamente deserto e che, dalle fotografie aeree, i danni non sembrano enormi, non almeno per una base elicotteristica, … ma l’atto bellico voluto da Donald Trump non ha colpito la Siria, se non nominalmente, bensì la Russia, che – saggiamente – non ha reagito, ma gia rivendica una ‘aggressione americana’.

Non è piccola cosa e c’è ancora altro.

L’eliporto militare (russo in Siria) di Al Shayrat è praticamente adiacente alla città di Homs ed è praticamente la ‘chiave’ per consentire la ripresa di Palmyra e della rotabile con tanto di oleodotti che porta verso l’Iraq, a partire proprio da Homs.

Un anno e mezzo fa, Business Insider riportava che “Mosca sta già utilizzando Sharyat per sostenere le operazioni contro lo Stato Islamico”, confermando che gli elicotteri russi stavano supportando utilmente le forze di terra siriana nella riconcuista della città di Palmyra”, in cui patrimonio archeologico era ed è a rischio se lasciato nelle mani degli jihadisti.

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Ed era solo il 18 marzo scorso, quando circa 1.500 ‘ribelli’ del cartello islamista “Ahrar al-Shams” acconsentiva allo sgombero della città e ad Homs – come ad Hama, Idlib e Aleppo – il loro accanimento verso cristiani e alawiti ha trasformato le città in deserti di macerie. Non a caso le unità Ahrar al-Shams hanno nomi come “Qawafil al- Shuhada” (le carovane dei martiri), “Ansar al-Haqq” (partigiani della verità) e “al- Tawhid wa l-Iman” (unicità divina e fede).

Un’organizzazione che la Gran Bretagna e gli Usa si rifiutano, però, di includere tra le organizzazioni terroristiche, nonostante la forte presenza di foreign fighters, l’obiettivo rimpiazzare il regime laico con uno islamico e le stragi di civili o l’uso dei barili bomba contro i civili.
Gran parte dei profughi riversatisi verso l’Europa provengono proprio dai distretti occupati dal cartello islamista di “Ahrar al-Shams”.

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Dunque, colpire proprio Al Shayrat rischia di essere un ‘triste’ segnale di quale ordine (o disordine) sia prospettato alla Siria. E annunciare il blocco dei rifugiati, mentre indirettamente si va a sostenere proprio chi ha trasformato opulente città in deserti, non sembra essere una bella idea.
Non almeno dal punto di vista di noi europei, russi inclusi, e – viste le borse – degli orientali, come certamente di non pochi statunitensi.

Ma, forse, agli USA – nella visione di Donald Trump – interessano maggiormente le relazioni con Arabia Saudita, Qatar e Turchia, che dalla pace in Siria avrebbero poco o nulla da guadagnare.
Senza parlare del riarmo, della risalita del petrolio e del “complesso industrial-militare”, che dalla WWII è il motore dell’economia USA.

Un segnale alla Russia, alla Cina e al Giappone (non solo alla Corea del Nord) e all’Europa.

E già, e l’Europa?
Se chi usa armi chimiche non ha attenuanti, non può averlo neanche chi ha causato l’esodo di milioni di siriani ‘non islamisti’: per la Siria sarebbe servito un negoziato, ma il non interventismo di Obama l’ha impedito.
Da stanotte, abbiamo l’interventismo di Trump
e le cose sono cambiate con una salva di Cruise americani contro una base russa in Siria
, da cui sarebbe partito un attacco chimico dell’aviazione siriana contro i ribelli di Jaysh al-Izza del Free Syrian Army, proprio quelli riforniti dagli USA di armi e missili, tra cui il  BGM-71 TOW che mesi fa ha abbattuto un elicottero Gazelle francese. Eh già …

Ha ragione Gentiloni, servono negoziati. Ma servono anche truppe di pace.

De Matha

Il fallimento di Obamacare (e della Sanità all’italiana)

23 Gen

Obamacare è il progetto di riforma sanitaria che Donald Trump intende riformare in tutta fretta.

Perchè?  Perchè il tentativo di Barak Obama ed i suoi fallimenti dovrebbero e potrebbero far rifletterTe le pubbliche amministrazioni di mezzo mondo.

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Innanzitutto, per buona parte degli statunitensi il sistema assicurativo privatistico regge, va bene, vogliono continuare così, è migliore e più tutelato di quello pubblico. Obiezioni che arrivano sia dai ‘soliti’ Repubblicani sia da non pochi Democratas e soprattutto da sindacati e associazioni, come è ben sintetizzato in un articolo di “L’indipendensa – Quotidiano Online’.

“Come molte cose che sembrano nuove, l’Obamacare è per molti versi vino vecchio in bottiglie nuove. Ad esempio, quando si confronta con il fatto che a seguito dell’ Obamacare milioni di americani rischiano di perdere la loro assicurazione medica esistente, i difensori dell’Obamacare affermano che questo è vero solo quando queste persone hanno una “scadente” assicurazione.
Chi decide cosa è “scadente”? Cosa c’è di più vecchio dell’idea che alcune élite esaltate sappiano cosa è bene e meglio per noi stessi più di noi medesimi?
Persone diverse hanno rischi diversi e diversa propensione nel prendersi cura dei loro rischi, invece di pagare per trasferirli ad una compagnia di assicurazioni. Ma i politici di turno nello Stato ad ogni tornata hanno definito quello che deve essere coperto da assicurazione, indipendentemente da ciò che gli assicurati e le compagnie di assicurazione potrebbero concordare se lasciati liberi di fare le proprie scelte.”

Inoltre, come stanno denunciando da anni – con scioperi e sit in contro Obama – gli operatori del sistema sanitario ‘pubblico’ statunitense (Medicare e Medicaid), gli interventi degli spin doctors di Obama per ‘migliorare la qualità’ consistevano nella minore spesa governativa per la sanità di circa 500 miliardi di Euro. Oggi sono stati chiusi tanti centri di cura, ma la spesa è aumentata.

Quanto alle cure essenziali, nel 2003 con G.W. Bush alla Casa Bianca, il servizio sanitario nazionale copriva in media il 17,7% delle spese totali, mentre il Medicare era già finanziato con un  contributo federale del 60% e la restante parte in capo ai singoli stati.
Il sospetto diffuso tra molti statunitensi è che la lobby dei sanitari (e dei loro amministratori ‘pubblici’) non offra più sufficienti garanzie di trasparenza o deontologia e, dunque, preferisca operare autonomamente, piuttosto che sottoporsi ai controlli di qualità richiesti dalle compagnie asscuratrici.

Ne parlava l’editoriale di Ezra Klein, columnist del “Washington Post”, ex blogger ‘radicale’, segnalando la “perdita di credibilità con i democratici al Congresso e con chiunque altro” riguardo l’approvazione di una “legge basandosi su promesse che non potevano mantenere. Hanno clamorosamente pasticciato nell’implementazione. E ora sembra che persino le modifiche al sito Healthcare.gov non saranno effettuati entro la deadline che loro stessi avevano predeterminato. I democratici al Congresso si sentono ingannati.”

Ma la pecca maggiore dell’Obamacare è che ha tentato di sovrapporsi al Medicaid  amministrato dai singoli stati (e garantito anche agli immigrati con regolare permesso), così evitando di intervenire politicamente riguardo i diversi criteri di reddito, età, invalidità per accedere al servizio d’assistenza,  senza sufficienti standard e controlli, che esistono tra i vari stati dell’Unione. Cioè, proprio quello che Donald Trump afferma di voler fare.
Senza parlare del fatto che gran parte delle persone coperte dall’Obamacare sono giovani, spesso con un lavoro autonomo, che preferiscono non pagarsi la previdenza e l’assistenza … poi, si vedrà …

Tutto questo spiega ampiamente l’insuccesso della riforma e la diffidenza dei cittadini statunitensi visto che staremmo parlando di assistenzialismo puro, oltre che di calo qualitativo della sanità in generale e di strapotere della Sanità pubblica nella scala del consenso politico.

Non dimentichiamo che, già prima di Obama, solo il Governo Federale USA spendeva circa il 4% del Prodotto Interno Lordo e un ulteriore 2% arrivava da singoli stati e contee. Un 6% totale del PIL non lontano da quel 7% che l’Italia spende in assistenza sanitaria per i suoi cittadini.

Con una sola differenza: gli USA – già prima di Obama – spendevano il 6% del PIL per curare il 15-20% dei propri cittadini, privi di assicurazione, l’Italia spende praticamente lo stesso, in percentuale, ma per tutti gli italiani, che assommano più o meno al 20% degli statunitensi.

E con la differenza che con quel che gli italiani spendono di tasca propria per la salute – tra ticket, diagnostica, specialisti e ricoveri privati, maggiore carico fiscale di accise, Irpef e Iva senza contare le assicurazioni – avremmo (quasi) tutti un’assistenza a quattro stelle.

Demata

Trump e i pregiudizi degli europei

22 Gen

Essendo gli Stati Uniti ben diversi da come ce li descrivono da molti anni i nostri giornali, ritengo che il fenomeno ‘Trump’ vada osservato con molta cautela, anche e soprattutto verso i ‘pregiudizi’ che certamente affliggono anche noi della Vecchia Europa.

LA RETE

La Rete è piena di messaggi di rifiuto – se non vituperio e odio, ergo la gogna – verso Donald Trump, pur non avendo ascoltato il saluto in lingua originale e neanche conoscendo quelli che sono i riferimenti culturali della gente d’oltreoceano o senza conoscere la storia familiare dei Trump e senza preoccuparsi di sbirciare i media statunitensi per comprendere – almeno dalle foto – quale sia l’enfasi e quale il background da chi in USA ci è nato.

Ad esempio, avrebbero potuto cogliere una certa stonatura tra chi vuol far credere che sia ‘filonazista’ e ‘razzista’ proprio quel commosso Donald Trump,  sull’attenti con un saluto militare, dinanzi alla statua di Abramo Lincoln proprio a compimento della cerimonia dell’insediamento?

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E sono sempre le immagini a rendere evidente un’altra stonatura con chi ci descrive Trump come un uomo delle ‘elite cospiratrici’, se suo nonno aveva un negozio di ferramenta e non tre lauree ad Oxford, ma soprattutto se alla cerimonia c’era tanta gente della worker class con giacconi da 40 dollari, ma tra i manifestanti tanti abiti e tanti accessori alla moda e non di modico prezzo.

IL MESSAGGIO

Ma Donald Trump cosa ha detto di così ‘strano’ da sollevare le folle europee?

Di sicuro, dovrebbe essere ovvio che un Presidente in ogni Stato del mondo vada a dire ‘Dio benedica la nazione’, ‘Prima di tutto i nostri cittadini’, ‘Più occupazione’, ‘Meno tasse per chi investe’, ‘L’esercito protegga innanzitutto i confini’, ‘Proteggiamo l’attività produttiva nazionale e garantiamo salari e previdenza ai lavoratori’.

A quanto pare, c’è chi si aspettava che Donald Trump si presentasse con ‘Dio maledica l’America’, ‘America Second, China First!’, ‘Meno lavoro, più Narcos’, ‘Meno tasse per chi specula’, ‘Aumentiamo la presenza militare USA nel mondo’, ‘Spostiamo tutte le fabbriche in Messico, dove il costo (e i diritti) del lavoro sono inferiori’ …

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Stranezze della post verità e del mainstream mediatico europei. Speriamo che almeno Saviano ne prenda atto ed avvisi tutti che la Seconda Guerra Mondiale ed anche la Guerra Fredda sono finite da un pezzo: Destra e Sinistra non significano nulla, NON hanno senso, se il Fascismo e il Comunismo furono (e sono) ugualmente totalitari, iniqui e liberticidi.
Questo il senso e il cambiamento profondi dei fatti che si verificarono alla Caduta del Muro di Berlino.

I SOLITI GUFI

Dicevamo dei pregiudizi di noi europei e come non notare che parliamo di un uomo alto, biondo, sicuro di se, di successo, eloquente, assertivo, circondato da belle donne, ricco, irruento, scaltro … un vichingo?
A sentir chi arriccia il naso, il problema non è ‘invidia’ o ‘razzismo’, ma altro: il progetto di Trump è ambizioso … bisognerà vedere Congresso e Senato quanto si spenderanno per remargli contro.  Già, perchè con questo metodo … noi in Europa a parlamenti stiamo messi davvero bene.

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Ah già, come se dotarsi di un vicePresidente come Spence, che sono vent’anni che è parte dell’apparato parlamentare statunitense, non serva proprio a questo, senza dimenticare che Congresso e Senato – a differenza dell’Europa – non hanno potere sulle prerogative presidenziali, cioè l’Esercito, la Sicurezza Nazionale, i rapporti Esteri e il Bilancio Federale, cioè quello che farà Trump nei prossimi mesi.
Dunque, che i parlamentari badino ad occuparsi dell’Agricoltura, della Sanità e delle Comunità locali … che sono i temi principali per cui gli elettori li hanno votati, che i due anni che ci separano dalle Elezioni di Mid-Term passano in fretta ed, a litigare con il Presidente, poi non c’è accordo sulla spesa destinata proprio alle Comunità che gli dovranno riconfermare il mandato.

IL PROGETTO POLITICO

Ricordato che le politiche ‘protezionistiche’ per le imprese sosterranno sia l’occupazione sia il welfare statunitensi con maggiore richiesta anche di lavoratori immigrati (non dimentichiamolo), ritorniamo a Donald Trump sull’attenti dinanzi alla statua di Lincoln ed all’America che ha spesso menzionato, non solo gli Stati Uniti o il suo Popolo.

L’Imperialismo Amerikano – affermatosi dopo la II Guerra Mondiale, grazie all’enorme bottino di guerra – va a restituire ai cugini inglesi protettorati e ‘aree di influenza’ in Africa e Medio Oriente, mentre andrà a cercare una nuova Yalta con i Russi, prima, ed i Cinesi, si spera, dopo.
A qualcuno sembra essere un ‘pericolo per la pace’?

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Ritorna la Dottrina Monroe, spezzatasi – ma questo i Dem non lo dicono – con i tentativi di aggredire Cuba da parte dei fratelli Kennedy?
Alla fine dell’embargo cubano ha provveduto Obama, grazie alla diplomazia vaticana, ma adesso sarà Trump a sottoscrivere i trattati commerciali e militari, che faranno da modello – si presume – per il riassetto delle relazioni centroamericane.

Ritorna l’afflato di Abramo Lincoln contro lo schiavismo e dei Repubblicani per un’adeguata formazione e protezione dei lavoratori, da affermare non solo in USA, ma i quelle Americhe, ormai feudalizzate dai Narcos e dalle loro filiere politico-criminali, fondate sulla riduzione in schivitù, su traffici di umani e sull’avvelenamento di massa dei corpi e delle coscienze?
L’estradizione del narco messicano “El Chapo” Guzman in USA – dove vige la pena di morte – è un segno chiaro delle intenzioni degli Stati Uniti verso il narcotraffico.

A CASA NOSTRA

Discutere di Donald Trump – come di Hillary od Obama sia chiaro – senza ascoltare e ben comprendere la lingua è come commentare un film con De Niro o Clooney tradotti e doppiati male, con la distribuzione che ha pure tagliato alcune scene originali.

La vera difficoltà (ed il vero imbarazzo di politicanti e media nostrani) è che l’Unione Europea – cioè le cattoliche Italia, Francia, Spagna, Polonia, Portogallo e Germania – adesso dovranno cavarsela ‘alla pari’, dal Mar Nero a Gibilterra, senza l’aborrito ombrello militare statunitense, cioè trovando l’unità decisionale (politica), la forza negoziale (finanziaria e militare) ed un unico modus operandi (sistemi di giustizia e di welfare), che mancarono agli antichi Romani o ai Crociati franchi, ma non ai Rus e ai Sassoni.

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Intanto, a differenza della base cristiano-sociale e popolare, Papa Bergoglio si esprime con un ‘vedremo’ e ci penseranno i politologi a spiegarcelo durante il prossimo talk show che conta, come già oggi lo stanno facendo – spesso inascoltati – tanti cittadini statunitensi nostri parenti o amici. Ma – niente paura – chi oggi reclama senza aver sentito il discorso in originale … annuncerà che è un complotto … come da tradizione europea fin dal lontano 1789.

E se la pubblica opinione fosse sempre stata una post verità?

Demata

De Benedetti e la crisi politico-economica: andrà peggio, tutti avvisati

28 Set
Questa la sintesi dell’intervista a Carlo De Benedetti, mconsigliere di sorveglianza della Compagnie financière Edmond de Rothschild Banque di Parigi e padre di Marco, Managing Director e Co-Head dell’Europe Buyout Group di The Carlyle Group ed Amministratore di Save the Children Italia Onlus, su La Repubblica di oggi:
 
– Se vincesse il no, Renzi dovrebbe dimettersi il giorno dopo. … Berlusconi aspetta col cappello in mano. Comunque finisca il referendum, ci guadagna: anche se vince il sì, Renzi avrà bisogno di lui.
 
– Negli Usa non si può escludere una vittoria di Trump; anche perché il candidato democratico è percepito come antipatico, passato, freddo, come puro establishment. Per il mondo occidentale, una tragedia. Il protezionismo americano aggraverebbe la nostra crisi. (ndr. ecco cosa veramente preoccupa di Trump: non i toni, bensì la deglobalizzazione degli USA … )
 
– La democrazia nasce con il declino delle monarchie e della nobiltà e con l’ascesa della borghesia. Anche in Italia la democrazia si afferma dopo la guerra, quando si è creata una classe media. Oggi proprio la progressiva distruzione della classe media mette a rischio la democrazia; senza che si sia risolto il problema della stagnazione. Peggiorato dalla folle scelta europea dell’austerity in un periodo di piena deflazione, il che equivale a curare un malato di polmonite mettendolo a dieta.
 
– Siamo alla vigilia di una nuova, grave crisi economica. Che aggraverà il pericolo della fine delle democrazie, così come le abbiamo conosciute. Di sicuro per combattere i populismi appare inevitabile che al partito di Renzi si sommino una parte dei voti e dell’apparato del centrodestra.

– Una patrimoniale? «Non è il nome esatto, perché dovrebbe includere anche i redditi, tranne quelli da lavoro. L’energia umana è molto più importante del petrolio. Un’operazione di grande coraggio. Abbattere le imposte sul lavoro. Il lavoro è la sola cosa che conta; il resto è sovrastruttura. Il lavoro è dignità. Un Paese in cui manca il lavoro conosce prima o poi turbe sociali e sommovimenti».

Dunque, al di là della simpatia – antipatia del personaggio, tre cose sono chiare:

– la Crisi peggiora perchè il Neoliberismo ci ha portati al disastro, abbattendo il reddito reale di gran parte della popolazione occidentale, e l’Austerity l’ha resa stagnante, impedendo al Mercato di stabilizzarsi secondo le proprie leggi
– sono necessarie riforme importanti nei sistemi fiscali e dei settori di spesa degli Stati, trasferendo i prelievi dalla produzione ai redditi e le spese dall’assistenzialismo centralista alla coesione sociale nazionale
– l’emergere dei populismi e degli estremismi richiede l’unione d’intenti di tutti i veri riformisti. Liberali, socialisti o cattolici che siano.

Demata