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Angelina Jolie, i tumori e Veronesi

15 Mag

Ieri, ha fatto il giro del mondo la notizia che la bellissima Angelina Jolie si era fatta asportare ambedue i seni per evitare l’insorgere di un tumore alla mammella, causato da una predisposizione genetica.
Oggi arriva il dotto parere medico del professor Veronesi, che, a Repubblica News, precisa:  ”Tumore, vince la diagnosi precoce”.

”I fattori di rischio del tumore al seno oggi sono molto più chiari. Davanti a un caso come quello della Jolie c’erano due strade: la prima è quella seguita dall’attrice, eliminare il rischio eliminando il seno. L’altra alternativa è il controllo periodico. Che ha, nel caso della diagnosi precoce, una percentuale di guarigione del 98 per cento”.

Per rigore scientifico e correttezza dell’informazione, va detto che la diagnosi ‘precoce’ non vince affatto rispetto all’asportazione preventiva: nel primo caso due donne su cento non guariscono (98%), nel secondo caso proprio non insorge il tumore (N.B. probabilità bassissima). Una bella differenza.

Inoltre, il termine ‘guarigione’ usato dal prof. Veronesi significa, più precisamente, ‘non si riammala di tumore al seno nell’arco di cinque anni’, cosa molto diversa dal guarire comunemente inteso.

Infine, mentre Angelina Jolie nel giro di un mesetto ha asportato ghiandole e ricostruito mammelle, chi volesse affidarsi alla ‘diagnosi precoce’ potrebbe anche dover trovarsi a combattere con un tumore per mesi ed anni, sempre con il rischio di essere una delle due donne su cento che non guariscono.

Una bella differenza, non c’è che dire, sia per l’aspettativa in vita del paziente, sia per la qualità della sua vita e quella dei familiari.

Una differenza poco spiegabile, se la genetica – la vera dignosi precoce – annunciava ad Angelina Jolie un 87% di possibilità di sviluppare un tumore al seno e se la chirurgia permette di risolvere tutto con un intervento chirurgico, privo di controindicazioni particolari.

Perchè sconsigliare un intervento di mastectomia e protesi al seno, che può rientrare in un costo inferiore ai 10.000 euro, mentre le cure oncologiche costano molto di più, richiedono più strutture e più occupati, costringono il malato a lunghe trafile e ad assumere farmaci con pesantissime ricadute?

L’ha detto Veronesi? E pensate che Angelina Jolie, star di Hollywood e stramilionaria, si sia rivolta ad un oncologo con minori capacità del nostro anziano guru dell’oncologia?

Quando date il consenso informato, vi viene detto che avete “una percentuale di guarigione del 98 per cento” o che potete essere uno dei due su cento che non guariscono?
E, nell’ipotesi che potreste essere ‘dal lato sbagliato della percentuale’, preferireste una risolutiva mastectomia (con la plastica a carico del SSN) oppure rischiare lunghe e devastanti cure e poi scoprire di essere comunque condannati?

Vince la genetica, che è la vera diagnosi precoce. Perchè aspettare che il tumore insorga, professor Veronesi? Perchè sottoporre le persone a lunghe e dolorose cure, se è possibile evitarlo?

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Malati? No, meglio consumatori

1 Ago

“Secondo l’Aiba, l’Associazione italiana dei broker di assicurazioni e riassicurazioni, il costo dei risarcimenti per malasanità oscilla tra 850 e 1400 milioni di euro”.
Un miliardo di euro l’anno di danni causati e risarciti o risarcibili per danni alla salute causati da medici o dalla gestione sanitaria sono davvero un’enormità.
“Risarcimenti che “pesano” una media di 25-40 mila euro ciascuno” e che, facendo due conti della serva, riguardano almeno 20.000 malati che sono stati danneggiati anzichè curati.

Eppure, “secondo un’indagine della Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori in campo sanitario, è difficile che un professionista debba affrontare una condanna penale: il 98,8% dei procedimenti per casi di lesione colposa e il 99,1% di quelli per omicidio colposo si concludono con l’archiviazione, mentre su 357 procedimenti le condanne sono state solo due.”
Se le condanne penali rappresentano lo 0,5% dei casi denunciati, possiamo immaginare, dunque, che i risarciti dalle compagnie assicurative – per un miliardo di euro anni di media, ricordiamolo – siano solo la parte più vistosa del problema

Un ‘dato’ indirettamente confermato da Francesca Moccia, responsabile del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva  che ammette che “noi scoraggiamo le cause inutili, che fanno perdere tempo e denaro, con un sistema di giustizia lento come il nostro. Puntiamo invece a sostenere i cittadini nelle azioni di autotutela e mettendo in mora le strutture sanitarie inadempienti oppure segnaliamo le violazioni dei diritti dei malati come, ad esempio, nel caso di infezioni contratte in ospedale”, che, viceversa, esigerebbero risarcimento del danno.

Una conferma che ci viene data anche da quegli “otto chirurghi su 10 ammettono infatti di evitare interventi, andando oltre la normale prudenza, per paura di una causa, secondo un indagine dell’Ordine dei medici di Roma e dell’Università Federico II di Napoli” … così negando o ritardando ‘de facto’ l’accesso alle cure ai malati che necessitavano di quell’intervento?

Tutte le frasi tra virgolette sono tratte da un recente articolo di La Repubblica Dossier.

La soluzione suggerita dal noto quotidiano romano?

Farsi aiutare dal Tribunale del Malato e dalle numerose associazioni che difendono i diritti dei pazienti … proprio quella di cui sopra che “scoraggia le cause inutili”, invece di pretendere un sistema di controlli, giudizi e sanzioni degno di un paese europeo, come anche “segnala le violazioni dei diritti”, invece di offrire supporto e patrocinio legale ai malati danneggiati.

La Repubblica non si smentisce mai …

Piuttosto, se invece di esser considerati malati – e per giunta anche molto pazienti – accettassimo la mercificazione vigente e generalizzata ed iniziassimo a considerarci consumatori?
Siamo sicuri che ci tratterebbero ancora così?

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Neonato muore, ancora Malasanità

25 Lug

Nel 2009, la Commissione Parlamentare sui casi di malasanità, esaminò 329 casi in cui si era registrata la morte del paziente, di cui 223 legati a presunti errori medici e 106 a inefficienze di vario tipo. Nel 2004, secondo i dati Ania, l’associazione che rappresenta le imprese assicuratrici, le cause pendenti nei confronti dei medici per presunti errori erano fra le 15 mila e le 12 mila l’anno – con una richiesta di risarcimento danni annua media di 2,4 miliardi di euro – e si stima che circa 4.000 sanitari vengano alla fine condannati.

E’, però, davvero inquietante il quadro del reparto di Neonatologia del San Giovanni Addolorata di Roma che emerge dalla relazione degli ispettori del ministero della Salute, inviati lunedì 23 dal ministro Renato Balduzzi, in relazione alla morte del neonato Marcus De Vega.

La causa mortis potrebbe essere stata quella di «uno scambio tra il catetere enterale e quello parenterale», dato che quando il neonato viene pesato bisogna staccare e riattaccare dal suo addome due tubicini a causa delle incubatrici che sono di vecchia concezione.

Un reparto di neonatologia con incubatrici obsolete e che non avrebbe dovuto esistere? Forse …

Peggio è che nella relazione si conclama:

  1. la «inadeguata organizzazione e gestione»;
  2. «il numero limitato del personale»,
  3. «l’assenza di procedure e protocolli diagnostico-terapeutici»,
  4. la «inadeguatezza della redazione del diario clinico e conseguente difficoltà a chiarire i processi decisionali».

Se le incubatrici ‘obsolete’ ed il limitato numero di personale sono delle responsailità aziendali ed esclusivamente aziendali, ciò non vale per il resto.
Organizzazione, gestione, procedure, protocolli, diari clinici sono di competenza dei medici ed il fatto che fossero inadeguati od assenti  equivale a dire che non esiste nè regola nè trasparenza, figuriamoci il rapporto terapuetico da condividere con il paziente. E se questo accade in neonatologia, che è un reparto ‘delicato’, possiamo solo dubitare di cosa ne sia di regole, procedure e trasparenza negli altri reparti.

Alcune considerazioni.

Questo è l’approdo a cui la Polverini ed i poteri forti romani ci hanno portati, con l’ossessivo mantenimento dello status quo e di un sistema clientelare di gestione dei pazienti. L’evidenza dei fatti? Mentre tutto ‘crolla’, il Policlinico Universitario di Tor Vergata è un campus d’eccellenza, come anche i servizi lì offerti.

Questo è lo stato della Sanità romana, dopo la legionella al Policlinico Umberto I, la tubercolosi al Gemelli ed i crac finanziari degli ospedali cattolici. Tanti individualismi – a volte pletorici spesso velleitari – ed addio organizzazione, gestione, procedure, protocolli, diari clinici.

Visto che hanno ampiamente raggiunto l’azienità contributiva, non esiste altra via di risanamento che pensionare la generazione di medici che ha creato questo orrrore. Allo stesso modo, considerato che i casi di malasanità erano 30.000 nel 2010 e che oltre 300.000 malati cronici rinunciano alle cure a causa del ‘sistema’, dovremmo iniziare a diffidare delle tante associazioni ‘dei malati’, almeno di quelle che, con una cancrena del genere, di denunce non ne fanno.

Last but not least, cosa aspetta l’Ordine dei Medici a sospendere gli indagati, in attesa che la loro posizione venga chiarita? In medicina prima del presupposto di innocenza viene il ‘non ledere’ …

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