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Merito e istruzione: cosa dicono oggi le norme?

25 Ott

In alcuni settori dell’istruzione fa scalpore che sia ritornato in auge il ‘merito’, come se fosse l’antitesi dell’inclusione, mentre ne è lo scopo, essendo anche fonte primaria di opportunità.

C’è chi ha scomodato don Milani, Mario Lodi, Maria Montessori e Gianni Rodari e alla fine del post scoprirete come la pensavano sul ‘merito’ e sulla ‘istruzione’, ma quel che qui interessa è capire innanzitutto se il ‘merito’ sia sparito dalle norme scolastiche oppure no.

Sul fronte degli studenti, l’ammissione alla classe successiva avviene per merito e non per età anagrafica, come spiega a chiare lettere proprio il Ministero (LINK), sintetizzando le norme che regolano gli Scrutini:

  • nella scuola primaria, “l’impianto valutativo che supera il voto numerico e introduce il giudizio descrittivo”, cioè è una valutazione di merito
  • nella scuola media, la valutazione prevede innanzitutto un “voto in decimi” correlato ai “livelli di apprendimento raggiunti dall’alunno”, cioè al merito
  • nelle scuole superiori, a parte quanto detto per la scuola media, è sempre il merito ad essere valutato, nella “verifica delle competenze acquisite al termine dell’istruzione obbligatoria e durante il corso di studi”.

Come è una valutazione del merito quella del Collegio dei Docenti che consente “l’ammissione alla classe successiva anche in presenza di livelli di apprendimento parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione”.

Anche l’ammissione all’esame di Stato avviene per merito, l’ordinanza che si ripete annualmente è chiara.
Anzi, c’è anche l’apposita abbreviazione della maturità per merito, che permette agli studenti di affrontare l’Esame di Stato in quarta superiore, saltando così l’ultimo anno di scuola.
Come anche, il sistema dei crediti scolastici prepara fin dal terzo anno il punteggio di ammissione agli esami di Stato e si divide in tre fasce di merito.

Ma non solo, riguardo i docenti è vigente il Testo Unico dove è normato che

  • è dalle “graduatorie di merito” che si attinge per nominare vincitori di concorso e supplenti
  • esiste ancora l’esame “per merito distinto” per il passaggio alle classi superiori di stipendio abrogate dagli ultimi contratti.

Dunque, scandalizzarsi per il ‘merito nelle scuole’ equivale a derubricarle a spazio educativo, non di istruzione e benché meno di cultura.

Anche perché è una questione di cultura, quella di ricordare che, a proposito dell’importanza del ‘merito’ quando si parla di istruzione,

  • secondo don Milani, mortificare le eccellenze è iniquo (“non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali”)
  • secondo Mario Lodi, non c’é educazione senza prima l’istruzione (“la scuola non deve soltanto istruire, ma anche e soprattutto educare”)
  • secondo Maria Montessori, il successo e le pari opportunità degli adulti iniziano da bambini (“aiutiamoli a fare da soli”)
  • secondo Gianni Rodari, l’istruzione è essenziale non per la cultura ma per le pari opportunità (“vorrei che tutti leggessero, non per diventare letterati o poeti, ma perché nessuno sia più schiavo”).

A.G.

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Garagnani, la cultura ed il pensiero divergente

12 Mag

Fabio Garagnani, nato a San Giovanni in Persiceto il 15 ottobre 1951, è un deputato del PdL, in politica fin dal lontanissimo 1972, ma anche funzionario della Camera di Commercio di Bologna, attività evidentemente svolta nei ritagli di tempo lasciatigli dalla politica e che lo vedrà pensionato, ovviamente con il massimo.
Nel corso del 2010, si era distinto per la sua proposta di legge per l’abolizione del valore legale della laurea, appoggiata dai ministri Sacconi e Gelmini, che hanno presentato il piano per l’occupazione di giovani “Italia 2020”, che prevede come «al valore legale del titolo deve gradualmente sostituirsi la logica dell’accreditamento dei corsi, valutati per la loro capacità di offrire una preparazione di alto livello qualitativo».

Il solito sessantenne, senza esperienza diretta nel settore di cui si occupa, che vuole smantellare il passato senza avere idee chiare sul futuro? Forse.

Fatto sta che Garagnani ha presentato oggi una proposta di legge per modificare il Testo unico delle norme sull’istruzione, inserendo il divieto per gli insegnanti di “qualunque atto di propaganda politica o ideologica”.
In particolare, ha puntato l’indice contro i docenti italiani “accusati di “inculcare nei ragazzi ideologie e valori contrari a quelli della famiglia“.

Infatti, il nuovo articolo (il 490 bis) dovrebbe così recitare: “il docente dovrà astenersi in ogni caso da qualunque atto di propaganda politica o ideologica nell’esercizio delle attività di insegnamento anche di carattere integrativo, facoltativo od opzionale”.
La proposta, che arriva da uno dei deputati della Commissione Cultura di Montecitorio, prevede anche sanzioni abbastanza pesanti, ovvero la sospensione dall’insegnamento “per almeno 1-3 mesi.

“La propaganda politica non può trovare tutela nel principio della libertà dell’insegnamento enunciato dall’Articolo 33 della Costituzione. Un conto infatti è tutelare la libertà di espressione del docente, un’altra è quella di consentire che nella scuola si continui a fare impunemente propaganda politica. Soprattutto in Emilia Romagna tra i professori della Cgil”, questo il punto di vista di Garagnani.
Domenico Pantaleo, il segretario generale della Flc-Cgil chiamata in causa, ha così replicato: “Esternazione delirante. Abbia rispetto per gli insegnanti tutti e per la loro funzione. Si ricordi Garagnani che gli insegnanti tutti non inculcano, ma educano secondo i principi della nostra Costituzione”.

In effetti, sembrano davvero finiti i tempi dei corridoi affrescati con i Che Guevara e dei professori che “esibivano” orgogliosamente Il Manifesto. Dopo le riforme degli Anni ’90, nelle scuole di oggi pochi ancora leggono e quasi più nessuno ricorda come si faccia un disegno.

Dovrebbe essere anche ovvio che tutti (studenti, “bidelli” insegnanti e burocrati) siano “rassegnatamente coesi”, dopo un quindicennio di tagli rilevantissimi, vistosi incrementi di attività e continui cambiamenti normativi, accompagnati da continue delegittimazioni di una categoria di lavoratori pubblici che, nonostante tutto, è tra le poche di cui la popolazione non è scontenta.

A prescindere da come vada a finire, sarà interessante scoprire in qual modo la Commissione Cultura di Montecitorio riuscirà a trovare una definizione per “atto di propaganda politica o ideologica”.

Fermo restante che in ogni ufficio pubblico sono già vietati i simboli di partito e più in generale la propaganda, immaginate voi una scuola senza i temi (o saggi brevi) di attualità, o senza scrittori come D’Annunzio e Carducci (di destra), Collodi e Calvino (di sinistra), Cecco Angiolieri, Boccaccio e Dante (anticlericali) od, addirittura, Manzoni e Alfieri (filomonarchici)? Oppure una scuola “attenta ai valori della famiglia”, cioè senza Petronio ed Apuleio, senza il Macbeth, l’Edipo Re e l’Antigone, senza Garcia Lorca o Rimbaud?

La storia stessa della cultura, del sapere umano, è la storia del pensiero divergente, mentre la conoscenza è la sostanza stessa del nostro percorso esistenziale e la curiosità è null’altro che un’affermazione di libertà: non c’è censura o normalizzazione che tenga.