Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, un’enorme quantità di coloni ebrei si trasferì nello Protettorato di Palestina, partendo dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti, dove erano approdati in fuga dalla Germania, dai Paesi dell’Est, dalla Francia e dall’Olanda.
Miliioni di europei, come gli invasori crociati, ebrei, come i traditori biasimati da Maometto: una premessa esplosiva.
Le premesse, tra l’altro, furono diverse: da un lato la “promessa”, più americana che inglese, per la creazione di uno stato sionista, dall’altra la politica interna britannica che non sapeva cosa fare di quei milioni di rifugiati, che avevano accolto per quasi dieci anni durante gli orrori del Nazismo.
Chi di noi può immaginare cosa fosse il melting pot siriano post grecofenicio post bizantino post cristiano post musulmano di quel Medio Oriente degli Anni ’30 che fa da sfondo ai film di Indiana Jones?
Di sicuro, convivevano pacificamente.
Quanto sarebbe ancor più splendida oggi la città dei Pellegrini ancora affidata agli antichi e pacifici “consegnatari” (da parte di Gesù-Jahvè-Allah, naturalmente).
Non è andata così e dopo 60 anni dobbiamo constatare che è il luogo sulla Terra dove si sono verificati più conflitti che altrove.
Molti di più, quasi quotidianamente.
Le politiche militari, da ambo le parti, non hanno prodotto alcun miglioramento territoriale, se non a favore della popolazione ebraica edhanno compresso le rispettive fasce di sicurezza e reso invivibili aree che lo erano.
Nella cieca retorica dei belligeranti, nè le popolazioni nè i leader si sono accorti dell’inutilità “de facto” di tutti i tentativi di “eliminare” l’avversario.
Il mondo non si è fermato nel 1947, come avvenuto in Palestina, quando tutto ebbe inizio con un gruppo di sionisti (cosa diversa da Ebrei o da Israele) arrivati dall’Europa (la “Banda Stern”) che si mise in testa di scacciare gli Inglesi alla maniera dell’IRA in Irlanda, invece di integrarsi nel contesto che li accoglieva benevolmente: arrivarono a far esplodere un albergo di Gerusalemme dove risiedevano i corrispondenti e gli attaché britannici per la Palestina.
E’ quella strada che ha portato, oggi, i nipoti di persone scacciate dalle case che avevano costruito con le proprie mani, a mandare madri di famiglia a farsi esplodere tra i ragazzini.

E’ esclusivamente per fare un consuntivo dell’annosa questione che vale la pena di ricordare i principali “fatti militari” che hanno coinvolto Israele e Palestina da allora.
- 1948 Prima guerra arabo-israeliana
- 1951 Guerra siro-israeliana ed occupazione militare di Gerusalemme
- 1956 Seconda guerra arabo-israeliana “di Suez”
- 1967 Terza guerra arabo-israeliana “dei Sei Giorni”
- 1973 Quarta guerra arabo-israeliana “del Kippur”
- 1978-1983 Guerra civile libanese
- 1987 Rivolta di Gaza (Prima Intifada)
- 2001 Intifada di al-Aqsa
- 2002 Assalto ed assedio della sede dell’Autorità Palestinese a Ramallah
- 2004 Elicotteri israeliani sparano 4 missili contro manifestanti a Rafia alla frontiera con l’Egitto
- 2006 Attacco contro gli Hezbollah (scarsi risultati) e vasta devastazione del Libano
- 2008-09 Bombardamento e rastrellamento di Gaza (per ora almeno 500 di morti e diverse migliaia di feriti tra la popolazione civile)
Diversi dati sono evidenti:
– la degenerazione del conflitto con il coinvolgimento sempre più feroce o brutale della popolazione civile, come a Gaze due anni fa circa, dato che nè lo Stato israeliano nè l’Authority palestinese hanno il controllo della situazione nè sono in grado di conseguirlo
– la progressiva indisponibilità, per la parte araba della popolazione certamente più esposta, a recepire gli eventi fuori da un quadro millenaristico e jiadista, con il conseguente imbarbarimento dei metodi di lotta e di indottrinamento
– l’incapacità, da parte di Israele, a perseguire soluzioni diverse dall’intervento militare con armamenti pesanti e, soprattutto, utili a favorire, a permettere la nascita di un Governo e di uno Stato Palestinese.
Nelle future, si spera, negoziazioni sarà fondamentale capire cosa sarà dei territori che Israele ha occupato illegalmente, dato che erano riservati alle Nazioni Unite (Gerusalemme, campi profughi, zone smilitarizzate).

La nuova fase che porta Abu mazen all’ONU, si è avviata, ricordiamolo, anche grazie all’incombente Tribunale per i criminidi guerra dell’Aja, in relazione ai fatti di Gaza, ed alla ripresa della linea clintoniana alla Casa Bianca, che aveva già dato successiin passato.
Vedremo come andrà e vedremo se una ridotta armata europea, su mandato ONU, potrà intervenire in Palestina a separare i contendenti, visto che gli Israeliani proprio non potrebbero attaccarli e che i Palestinesi già guardano a noi e ci accoglierebbero come hanno fatto i loro cugini Libanesi.
La Filistina, insieme alla vichinga Helgoland e alla celtica Stonenghe, è la terra d’origine anche degli Europei, greci o fenici che fossero, non solo degli Ebrei.
Siamo coinvolti molto più di quanto vorrebbero i Governi di mezza Europa ed i pacifisti israelo-palestinesi guardano a noi.
originale postato su demata
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