Tag Archives: Termini Imerese

Parmalat? Si ritorna all’IRI …

3 Apr

Per ora siamo al decreto: la Cassa depositi e prestiti (di proprietà del MEF al 70%) potrà intervenire per finanziare aziende in difficoltà, se sono ritenute strategiche per fatturato, per importanza oppure per le eventuali ricadute sul sistema-nazione.

Il pretesto? Il tentativo francese di entrare in Parmalat, dato che in Italia “non passa lo straniero” … neanche se arriva con in capitali a risanare un’azienda florida che, nelle nostre mani, fallisce senza una vera o chiara ragione.

Grazie a Tremonti e la Lega, ritorna l’assistenzialismo industriale che la Storia ha già condannato per mille motivi diversi e sul quale la parola fine fu messo dall’entrata nell’EUro e dalla Seconda Repubblica.
I danni che verranno sono già noti: consociativismo, clientelismo, corruzione, concussione, desviluppo, declino.

Meglio questo che dover riportare produzione e flussi finanziari al Sud, diranno la Lega ed i poteri forti. Meglio che trovarsi con i fedeli lavoratori del Settentrione disoccupati ed imbufaliti, diranno i sindacati, mentre quelli del Sud manco sono sindacalizzati.
Meglio questo che abbandonare i furbetti del quartierino e compagni di merende vari, se ci voltiamo verso sinistra.
E meglio ancora non immaginare cosa possano pensarne le Mafie, che sono anche figlie di quell’assistenzialismo e di quel clientelismo romano.

Intanto, qualcuno potrebbe spiegarci come sia possibile che l’agroalimentare italiano, pilastro del made in Italy, sia così poco produttivo, andando periodicamente in crisi, e perchè i prezzi al consumo siano così alti a fronte di basse rendite per gli agricoltori.
Sarebbe bello capire perchè, in un mondo che compra pasta, salse, formaggi, vini, olio italiani, noi ci ritroviamo a dover sussidiare i contadini, con milioni di cittadini ai banchi alimentari, con la mezzadria ancora la bando ed i giovani a fare in precari nelle fabbriche e negli uffici.

Il bello è che il decreto, che impegna dall’immediato il Ministero dell’Economie e delle Finanze, è un provvedimento transitorio.
Nei prossimi mesi, dovrà essere convertito in legge, cosa non improbabile visto di cosa si tratta, e vagliato in sede europea dove, come per tanti altri provvedimenti di Giulio Tremonti, risulterà ovviamente come un aiuto dello Stato ad un’impresa, ovvero cosa vietata dalla legislazione comunitaria.

In poche parole, per Parmalat come per Termini Imerese, potrebbe accadere di puntellare con i nostri soldi delle situazioni molto precarie e tutte da chiarire, per poi dover ritirare il capitale pubblico versato con tutti i peggiorativi del caso.

Senza aver formulato alcuna exit strategy dalla crisi “che non c’è”, dopo aver illuso tanta povera gente con provvedimenti estemporanei e con un peso internazionale ormai ai numeri negativi, cosa sarà dell’Italia, dei suoi cittadini e della sua produttività?

FIOM, tanto rumore per cosa?

11 Gen

La FIOM, nel 2009, totalizzava 363.507 iscritti tra i lavoratori attivi del settore metalmeccanico ed informatico. La confederazione “rossa” dei metalmeccanici non rappresenta, dunque, le “masse”, i “lavoratori”, il “proletariato”, ma è solo un’associazione di una categoria.
Del resto, sono trascorsi almeno 40 anni da quando il mondo del lavoro ha iniziato a mutare dalla “grande fabbrica” al “terziario flessibile”: gli operai sono diventati una ristretta minoranza della popolazione.

Oggi, ad esempio, va registrato che la CGIL è il sindacato del pubblico impiego e dei servizi, se annoverava (nel 2009) 407.716 iscritti nella Pubblica Amministrazione, 372.268 nel commercio, turismo e servizi, 367.768 tra gli edili, 188.127 nella scuola e 152.953 nei trasporti.

In assoluto, i lavoratori attivi iscritti alla CGIL sono solo 2.751.964 a fronte di 2.994.203 pensionati, spesso provenienti dalla FIOM e dalla FILT.

Cosa significa tutto questo?
Molte e poche cose allo stesso tempo.

La CGIL ha 5.746.167 iscritti, ovvero i suoi iscritti rappresentano un terzo di tutto l’elettorato di centrosinistra, e, anche se la relazione non è così diretta, sono pari alla metà degli elettori del Partito Democratico.
Considerato che è un “sindacato di sinistra” e non un “sindacato e basta”, questo rappresenta un vincolo (ed un limite) politico per il nostro Parlamento ed il nostro sistema elettorale, oltre che per i partiti e per l’editoria di sinistra. Tra l’altro, se ragionassimo in termini sessisti, considerato che la gran parte degli iscritti sono maschi, potremmo azzardare che buona parte degli elettori di sinistra di questo sesso sono anche aderenti alla CGIL.

C’è, poi, la FIOM che raccoglie circa il 10% degli iscritti attivi di tutta la CGIL, meno del 2% dei lavoratori italiani attivi (24 milioni) e meno dell’1% dell’elettorato (~ 45 milioni).
Come dire che poche noci nel sacco riescono sempre a fare tanto rumore? Probabilmente si, ma a condizione che i media scambino le lucciole per lanterne …