La legge 222/85 stabilisce che a partire dal 1º gennaio 1990 l’otto per mille del gettito IRPEF venisse ripartito tra lo Stato, le politiche sociali o una tra sette opzioni, e tra esse vi è anche la Chiesa cattolica.
Secondo i dati pubblicizzati dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI) e aggiornati alla dichiarazione dei redditi del 2005 si tratta di circa un miliardo di euro.
A questo va ad aggiungersi:
- la deducibilità fiscale delle offerte da parte dei cittadini, fino al 10% del reddito, e comunque non oltre i 70.000 euro, per tutti gli enti ecclesiastici come per tutte le Onlus e le Associazioni di Promozione Sociale;
- l’esenzione fiscale totale per le parrocchie e gli enti ecclesiastici
- i finanziamenti alle scuole paritarie private, gestite da enti cattolici
- gli oneri di urbanizzazione degli edifici di culto
- i contributi agli oratori (solo in alcune Regioni)
- una larga fetta degli interventi di restauro monumentali
Nella sostanza stiamo parlando di non pochi miliardi di euro, cavati a viva forza dalle tasche degli italiani grazie ai balzelli ed alle leggine delal Seconda Repubblica e non solo.
Perchè la Chiesa Cattolica italiana, che vive delle nostre tasse, continua ad essere esente dai tagli e dall’incremento di pressione fiscale?
originale postato su demata
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