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Buona Scuola: i dettagli che NON vorremmo sapere

13 Mar
Buona Scuola, se ne parla tanto anche se il decreto in Gazzetta Ufficiale ancora non c’è, e – forse – sarebbe meglio attendere di conoscerne la versione definitiva.
Infatti, gli sgravi fiscali alle scuole non statali, come l’entità effettiva degli organici supplenze incluse oppure l’eliminazione delle ‘classi pollaio’ e tante altre belle cose dovranno passare al vaglio di molti ‘casellanti’, tra costituzionalità del finanziamento indiretto alle private, reale disponibilità di risorse per il Miur, aule ed edilizia accettabili che per ora non ci sono, enti ed imprenditori locali pronti a raccogliere la sfida’, cioè ad investirci di proprio, eccetera eccetera.
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Ma soprattutto l’ennesima riforma epocale della scuola (ne abbiamo di media una a governo) presenta tre elementi  che in prospettiva rappresentano ipotesi e risultati tutti da chiarire.
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old teacherInnazitutto, l’età media anagrafica di un docente, che spesso si avvicina o supera la cinquantina, ma con solo una ventina d’anni di servizio (ergo resteranno fino a 67 anni), mentre nell’Ocse gli over50 sono meno – spesso molto meno – del 30%. Evidentemente altrove li pensionano ben prima di noi.
Cosa accadrà nel periodo medio-lungo, allorchè è prevedibile – specie con una maggiore meritocrazia e controllo di gestione – che ci ritroveremo con decine (centinaia?) di migliaia di docenti over60 non pensionabili e più o meno invalidi o inidonei … tutti per strada esodati?
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Inoltre, a parte le ricadute sulla salute dei lavoratori e quelle sulla didattica, di cui parleremo dopo, sarebbe molto interessante sapere se i 100.000 incaricati e supplenti che saranno immessi in ruolo andranno a sbilanciare ulteriormente il sistema previdenziale rispetto all’assunzione degli idonei del concorso Profumo, mediamente più giovani di loro.
I dati Ocse dimostrano che che altrove i docenti li reclutano giovani (almeno il 10% ha meno di 30 anni) e noi per innovare il Paese andiamo ad assumere in blocco (100.000 sono oltre il 10% del totale) un esercito di quarantenni per tenerli fino a 67 e poi pagargli una pensione praticamente minima?
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don boscoInfine, la didattica, dato che una buona scuola la fanno i docenti e i libri. Riguardo i primi, arriva un voucher di 500 per libri e aggiornamento in proprio, mentre con tutto quel che cambia e con la meritocrazia che si reclama dovrebbe essere il datore di lavoro a definire percorsi e riferimenti per la formazione del personale.
Quanto ai libri, è difficile credere che un testo integrativo di una cinquantina di pagine pieno zeppo di figure possa invogliare lo studio e l’approfondimento, specie se ha un costo di produzione di qualche euro, ma al cittadino costa magari 20 euro e allo Stato che contribuisce pure … per non parlare di quanto poco costerebbe al Miur distribuire testi base per tutte le classi e tutte le discipline, come dovunque, anzichè ‘affidarci agli editori’ …
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Sullo sfondo, poi, la questione edilizia scolastica che mai si risolverà se non faciliteremo le demolizioni, visti i tanti edifici cotruiti con materiali di scarsa qualità e molto costosi da manutentare, ma soprattutto suddivisi in modo fortemente difforme dalle norme tecniche per l’edilizia scolastica ed oggi inservibili a causa di aule piccole, corridoi e androni enormi ed inutili, servizi sanitari mal dislocati, sicurezza ingestibile eccetera.
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Certamente, il ministro Stefania Giannini è animata da ottime intenzioni – come del resto lo furono i suoi predecessori e riformatori Fiorentino Sullo, Riccardo Misasi, Franco Maria Malfatti, Franca Falcucci, Giovanni Galloni, Rosa Russo Iervolino, Luigi Berlinguer, Letizia Moratti, Giuseppe Fioroni, Mariastella Gelmini, Francesco Profumo – ma questa è la quinta riforma ‘importante’ della scuola italiana dal 1996 ad oggi e sembra sia solo l’incipit, vista la delega al governo in materia di semplificazione del Testo Unico e degli organi collegiali della scuola, valutazione degli insegnanti e requisiti per l’abilitazione all’insegnamento, diritto allo studio ed alunni diversamente abili o con bisogni educativi speciali, sistema integrato 0-6 anni.
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Insomma, quel che conta del DDL Buona Scuola sono soprattutto le norme delegate al governo che dovranno arrivare che trasformeranno gli organi collegiali, il ruolo docente, l’accesso e i servizi complementari per gli svantaggiati.
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pazienza1Un bel trambusto, specie a voler ricordare che in una scuola per prima cosa va “garantito il sereno andamento delle lezioni”. Una gran bella somma da spendere per decenni, specie considerato che ci sarà – in un modo o nell’altro – da prepensionare … l’enorme massa di ‘giovani quarantenni’ che abbiamo assunto nell’ultimo trentennio che a breve inizieranno a compiere sessant’anni e che resteranno in servizio per almeno altri quindici anni …
Un bell’azzardo … a mettere nelle mani di un governo non eletto l’intero ‘pacchetto’ del diritto allo studio, della partecipazione e dell’accesso degli studenti eccetera eccetera … specie se consideriamo che sono diritti privati e doveri pubblici che dal 1968 ad oggi sono soltanto calati, visto il lento declino culturale del Bel Paese e il de profundis dei dati Pisa-Ocse sull’istruzione e di quelli Reuters sull’informazione.
Che la Santa Madre li (e ci) accompagni?

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La buona scuola: senza pensioni, niente turn over e niente futuro

19 Gen

Il Rapporto “Education at glance 2013” fotografa la situazione del 2011 e riporta che, in Italia, i docenti ultracinquantenni sono ben oltre il 60% (media OCSE è sotto il 35%), mentre quelli con meno di 30 anni sono il 2,7% (media OCSE 10%).

Trattandosi del 2011, prima dello stop a pensionamenti e turn over, è presumibile che, oggi, tre anni dopo, le cose stiano molto peggio.

Peggio tanto quanto quei dati dimostrano che i docenti, nel mondo, possono staccare intorno alla cinquantina per lasciare il posto a chi è fresco di studi e carico di energie.

Una volta c’era l’Enpas (Ente nazionale di previdenza e assistenza per i dipendenti statali) messo in liquidazione nel 1978, seppur in largo e consolidato attivo al momento dell’istituzione del Servizio sanitario nazionale e, nel 1994, ancora in attivo malgrado tutto, fatto confluire nell’INPDAP a sua volta volta in attivo fino al 2006, ma assorbito dall’Inps con una voragine creatasi in pochi anni per le anticipazioni sulla spesa sanitaria, dal Prodi bis in poi, e l’assorbimento delle Casse delle pensioni d’oro, già in passivo di 4 miliardi dopo pochi anni dall’adozione dell’euro.

Una volta c’erano i versamenti dei lavoratori intangibili ed intoccabili e c’era una cassa che garantiva solidità e solidarietà a chi serve lo Stato di tutti e lo fa tutti i giorni.
Una volta si potevano fare riforme e turn over e gli insegnanti potevano invecchiare arrotondando con le lezioni private la pensione (che le troppe tasse e la malasanità rendono troppo magre) ed dedicare il proprio tempo a tanto utile volontariato ‘vero’.
Oggi, anche i migliori neolaureati devono attendere anni per un concorso e chi è nel tempo giusto per mettere su famiglia deve arrotondare le lezioncine con la speranza di qualche spicciolo di  supplenza, dopo aver studiato anni per, forse, nulla, visto che il lavoro c’è, ma al call center.

I dati dimostrano che i docenti – nel mondo, non in Italia –  possono staccare intorno alla cinquantina per lasciare il posto a chi ne ha meno di trenta, è fresco di studi e carico di speranze.

Detto questo, non credo sia necessario spiegare cosa dovevamo già aver fatto per dare all’Italia una ripresa ‘possibile’, un futuro ‘vero’ e una fiducia internazionale ‘solida’.

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