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IMU, service tax, catasto: la verità che non vogliono sentire

16 Set

I dati riportati da L’Espresso sui valori catastali nelle maggiori città italiane segnalano una situazione di mostruoso privilegio per i residenti dei quartieri centrali, in particolar modo a Roma.

Basti dire che un appartamento zona via Frattina a Roma (valore commerciale 10.000 euro per metro quadro) vale per il catasto appena 1.211 euro, meno del valore catastale di un immobile zona Cimitero Maggiore a Milano e meno del valore commerciale di una casa nella suburbia di Napoli o Palermo.

Una casa a ridosso di VIlla Pamphili (via Vitellia ad esempio) vale per il catasto poco meno di una abitazione di una casa nella suburbia di Napoli o Palermo ed un quinto dell’effettivo valore commerciale.

Un’abitazione in Via San Giovanni in Laterano ha un valore catastale quasi la metà di un’abitazione sulla Prenestina (Via Giuseppe Donati) a Roma e – incredibile – pari a due terzi di quello attribuito a Quarto Oggiaro (Via Carlo Amoretti) a Milano.

Una mostruosità capitolina che è la punta dell’iceberg di un dato consolidato: se la casa è centrale per il Fisco vale molto meno che in periferia. Incredibile ma vero.

A Torino una casa a Via Garibaldi varrebbe la metà che in via Sabaudia. A Palermo un immobile in via Colonna Rotta o in Via Scordia varrebbe più o meno quanto uno in Via Pietro Perricone. A Firenze, chi abita nella periferica Via di Fagna possederebbe un immobile dal valore più che doppio di quelli siti in via Giano della Bella e Via Giuseppe la Farina o in Via Aretina e Viale Europa.

Praticamente un’enorme evasione fiscale legalizzata per ‘inertia legis’, visto che il valore catastale degli immobili contribuisce alla parametrazione delle fasce ISEE che hanno diritto ad esenzioni, riduzioni e servizi sociali.

Un sistema di privilegi causato dallo Stato Sabaudo che costruì in centri amministrativi delle nostre città (come Prati a Roma o il Rettifilo a Napoli), destinando interi blocchi residenziali di pregio con affitti irrisori ai propri funzionari … e alle loro discendenze.

Un’enorme intrigo di interessi piccini ed enormi che vede strenui difensori del paesaggio italiano affiancarsi ai portabandiera delle cementificazioni palazzinare, se si tratta di difendere la ‘slow life’ e i ‘mitici Anni ’60’ con tutte le prebende necessarie a mantenerli in vita.

Un popolo di presunti arricchiti che non potrebbe permettersi le case in cui vive o da cui trae lauto reddito con affitti e subaffitti, se il Fisco italiano facesse il proprio dovere.
Una lunga fila di ‘ticket esenti’ che tali non sarebbero se il loro appartamentino al centro risultasse valere quanto vale per il mercato e/o se vendessero ciò che non possono permettersi, ricomprando casa altrove, al loro livello, e, magari, reinvestendo qualche centinaio di migliaia di euro in attività produttive.
L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro … che i quartieri migliori vadano a chi effettivamente produce di più per la nazione. Un principio che non sarebbe male adottare anche per i redditi oltre i 60.000 euro annui, visto che di risultati nella pubblica amministrazione se ne vedono molto pochi da un ventennio e passa e dato che di ricchi scialaquatori sembrano essercene non pochi in giro, visti i raggiri e le cessioni fallimentari che raccontano le cronache.

Il gap catastale è ormai tale e così interlacciato con il sistema del Welfare da rendere inevitabile che la schiera di ‘poco o non abbienti’, di ‘pensionati minimi’ con appartamenti da un milione di euro debba scomparire e che la crisi del mercato immobiliare subirà non poche turbolenze. Ciò è scritto nella globalizzazione dei sistemi finanziari, inclusi quelli previdenziali (ndr. e noi stiamo ancora all’INPS …) e nelle riforme che vanno inevitabilmente fatte: nessuna service tax può funzionare e passare il vaglio costituzionale se non verte sul valore catastale degli immobili, come nessun welfare decente può essere finanziabile se esistono falle irreparabili nel sistema di computo del reddito.

Cambiare, ma come? Come hanno fatto i nostri coinquilini europei.

I siti per la ricerca/vendita/affitto di case forniscono di continuo dati aggiornati sul valore medio per metro quadro degli immobili e i dati tra le diverse agenzie sono sostanzialmente convergenti. Basterebbe che il Fisco attribuisse un valore catastale pari alla media dei valori commerciali nel triennio per risolvere il problema ed avremmo potuto farlo già 5-10 anni or sono.
Tra l’altro, in un paese dove si urla ‘dagli all’evasore’ da un ventennio, sarebbe ora di porre fine a quella che appare una forma legalizzata di elusione dei propri doveri verso la Comunità nazionale.

Comprensibile che i ‘vecchi partiti’ siano restii a mutare scenari e alleanze lobbistiche, molto meno se parliamo dei partiti come SEL, Lega, M5S, Scelta Civica per Mario Monti e, venendo alla loro credibilità, prendiamo atto che lo studio di L’Espresso, che denuncia lo scandalo del Catasto e anche quello delle fasce ISEE, risale al 1° agosto scorso. Son trascorsi quasi 50 giorni e tutto tace, se non il sibillino Enrico Letta che tiene appeso il suo governo all’abolizione dell’IMU.

Eppure Casaleggio, Renzi, Maroni, Boldrini dovrebbero rifuggire un’Italia con una sbilenca service tax e tutti i quattrini che restano a Roma che li redistribuisce a modo suo a Comuni, Regioni e Agenzie varie. Come anche tutti i partiti dovrebbero dar conto ai loro elettori, spiegando che si intende redistribuire la leva catastale e risanare il Welfare. Non aumentare come al solito le tasse ai soliti ceti medi.

Senza dimenticare che se il Governo Letta riuscirà a portare a casa almeno questa riforma entro la fine dell’anno, avremo dato all’Europa e ai Mercati uno dei segnali politici che si attendono.

Altrimenti, oltre alle conseguenze finanziarie e di consenso, sarà un po’ più difficile sfatare il mito che l’Italia è fondata sul lavoro di tanti ma non di tutti. Tra l’altro, se dovettero scriverlo in capo alla Costituzione, vuol dire che il problema è di vecchia data e che potremmo, ancora oggi, rifarci al Pinocchio di Collodi per conoscere i ‘colpevoli’ dell’eterno stallo italiano.

Tra l’altro, quella del Catasto sarà il banco di prova per capire se l’M5S di Casaleggio, la Lega di Maroni e Zaia e Sinistra renziana sono effettivi portatori di cambiamento oppure rappresentano il solito opportunismo provinciale di Bertoldo e Bertoldino.
Sempre troppo tardi se, poi, i nostri sindacati, che invadono la sfera politica con tradizione cinquantennale, volessero pronunciarsi dinanzi a tale scandalo e tale iniquità che colpisce vistosamente i ceti meno abbienti. O, forse, dovremmo constatare che tanti nostri leader abitano proprio nei quartieri privilegiati?
E non sarebbe male se anche il Clero – che è una nota presenza nei centri delle città – volesse prendere atto del danno sociale e umano causato da certe prebende.

Da un mese traballiamo perchè cade Letta, ritorna l’IMU o forse no?
Ma vogliamo scherzare? Meglio tenersi la service tax …

Resta un mistero del perchè M5S, SEL e Lega – che sono all’opposizione – facciano finta di nulla e della ‘questione catasto’ i guru della ‘democrazia dal basso’ non ne facciano un cavallo di battaglia, visto che basterebbe far muro sul volume compessivo del gettito catastale per poter promettere almeno a metà degli italiani che il sistema sarà più equo e, soprattutto, che chi vive in provincia o nelle periferie suburbane avrà qualche diritto e qualche risparmio in più.

A proposito, con un catasto che funziona anche il costo di acqua e energia diventa più equo … non solo l’accesso a servizi, cure e medicinali, studi universitari.

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Roma inerme: la Mafia è alle porte

24 Nov

Secondo il criminologo Francesco Bruno, «il segnale è inequivocabile: vi è la presenza evidente di una struttura mafiosa a Roma di grosso calibro». Mentre le organizzazioni locali «non sono bande classiche ma vere organizzazioni clandestine».

E Gianni Alemanno conferma che «ci siano o possano esserci contatti tra il grande crimine che ha comprato pezzi di economia romana e che per ora si è limitato al riciclaggio di capitale sporchi e le bande che operano sul territorio nell’ambito per ora del solo controllo dello spaccio della droga».

La ricetta del Ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri, è quella che si aspettava da tempo e che Mastella e Maroni avevano negato: più uomini, più mezzi, più controllo del territorio. Speriamo che basti.

Purtroppo, nonostante la gravità del contesto che vede le organizzazioni mafiose impossessarsi sanguinariamente di Roma, il PD romano, per voce di Ileana Argentin, non esita a criminalizzare il Sindaco di Roma, per «aver perso tre anni a minimizzare anche i più evidenti fenomeni di criminalità nella Capitale, sollecitando media e organi di informazione a non dipingere Roma come terra di conquista di organizzazioni malavitose».

Eppure, i “veri” problemi che inficiano la sicurezza di Roma sono di vecchia data.


Innanzitutto, il Lazio accoglie quasi metà dei collaboranti di giustizia esistenti in Italia, se solo una piccola parte di costoro continua a delinquere, a Roma c’è l’equivalente di una cupola.
Inoltre, a causa del rischio di incappare in qualche VIP, i controlli sui locali pubblici sono scarsi e poco incisivi, come lo sono i controlli antialcol ed antidroga all’uscita.
Infine, essendo la Capitale dipendente dagli snodi logistici di Fondi e di Civitavecchia-Gioia Tauro, è improbabile che, tra Veltorni e Storace, si potesse NON prevedere “cosa” si sarebbe impossessato di questi gangli vitali per l’economia locale.

Andando in “profondità”, dobbiamo rilevare che 18 anni di politiche “de sinistra”, dopo quelle cinquantennali del centrodestra democristiano, consegnano alla città:

  • oltre un milione di persone, tra cui poveri ed anziani, ma anche malviventi e sussidiati, che vive in case popolari
  • un livello di istruzione dei maschi adulti spaventosamente basso: circa il 40% degli under50 è non è in possesso di un diploma.

Se parliamo delle case popolari ricordiamo anche che le pertinenze non possono essere pattugliate dalle forze dell’ordine, come sono impattugliabili le borgate totalmente abusive che assediano la città.
Giusto per non mancare, ricordiamo anche che i servizi sociali, notoriamente clientelari e/o esternalizzati, non sono in grado di organizzare gli interventi (giudiziari e sociali) che servirebbero per l’enorme massa di bulli, persone prive di requisiti e famiglie allo sbando.

Gianni Alemanno passerà alla storia come il “sindaco immobile”, questo è probabilmente nell’essere dei fatti, ma è del tutto errato affrontare il problema “mafia a Roma” come fosse una delle quotidiane sterili polemiche capitoline in cui si “diletta” il nostro Consiglio Comunale.

Come lo è continuare a guardare solo all’immagine, alle clientele ed ai potentati locali senza tentare di “emancipare la suburbia” e di innovare, dopo due millenni, questa città nei servizi come nelle sanzioni.

E’ inconcepibile che in una Capitale circa un quarto della popolazione viva di sussidi o sia assistita in vario modo: la città deve essere produttiva e deve avere abbastanza cittadini in grado di esserlo.

Come anche, a Roma, non possiamo continuare ad amministrare le pene come ai tempi del Papa Re: le carceri devono essere moderne e lontane, altro che Regina Coeli sul Lungotevere, come fosse casa e bottega.

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