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Renzi e le riforme che farà

14 Feb

I dati delle elezioni del 1992 furono l’ultimo atto della Prima Repubblica ed in essi è sugellato alla Storia il quadro – ferale ma bellamente ignorato – di una egemonia di consensi tanto ‘riformista’ quanto poco  ‘di apparato’, visto che i consensi ‘a sinistra’ videro, alla Camera, Occhetto (PDS) fermo a 6,3 milioni di voti, il PSI di Craxi a 5,3 e il PRC a 2,2 milioni, i Verdi poco oltre il milione.

Da lì prese avvio la Seconda Repubblica, erano almeno 14 milioni di voti, dopo 20 anni – nel 2013 – erano poco più di 10 milioni …

L’odierna Sinistra Ecologia e Libertà è riuscita a dilapidare un patrimonio di oltre 3 milioni di voti (PRC + Verdi nel 1992), divenuti meno di un milione nel 2013, mentre alle ultime elezioni tedesche Linke e Grunen – nonostante la batosta – hanno assommato comunque il 20% delle preferenze. Praticamente quanto oggi raccolto dal Movimento Cinque Stelle …

Quanto al Partito Democratico, oggi raggiunge circa 10 milioni di preferenze, più dei sei del 1992, ma molto meno di quanto raccogliessero PDS e PSI. In Italia, come in Germania per l’odierna SPD, quella che risulta determinante è l’incapacità di attrarre il voto moderato e di formulare strategie di politica economica.

Jean Ziegler – allorchè cadde il Muro di Berlino ed ebbe inizio la Globalizzazione – preannunciò questa crisi della ‘sinistra’, sia in ragione dell’ampio spread di diritti, tutele e benefit di cui godono i lavoratori europei (ma non nel resto del mondo) sia perchè la fine dei ‘blocchi ideologici’ avrebbe affievolito il ‘legante’ che finora aveva accomunato ceti medi e ‘dananti della terra’.

Enrico Letta poteva essere il protagonista di questo cambiamento, traghettando le istituzioni (e la Sinistra che ne ha fortemente condizionato l’attuale status) verso un sistema di governance che permetta la cosiddetta ‘alternanza’ senza escludere le minoranze di una certa entità e verso un  Progetto Italia che non pensi solo a consolidare il denaro ma anche e soprattutto a farlo circolare.

C’era da far la voce grossa in Europa – con ottimi alleati in Gran Bretagna, Francia e Strasbourg – e c’era da por mano alla ridondante questione romana (INPS, Alitalia, debiti comunali, legge sui rifiuti, Bankitalia, vendite e concessioni demaniali, eccetera), c’era da dar respiro ad un’Italia che produce e arranca, senza che vi sia almeno un termine prefissato per misure (ndr. quelle di Monti e Fornero) che non possono essere ragionevolmente durevoli, e c’era da dar speranza a quanti – troppi – non hanno il lavoro, la cura o la pensione che gli spetterebbe con le tasse che ci fanno pagare.

Enrico Letta non l’ha fatto e, in mancanza di altri parlamentari proponibili, arriva Matteo Renzi.

Per fare cosa?
L’agenda è già scritta dagli errori e dalle esitazioni di chi l’ha preceduto, ovvero dall’urgenza:

  1. risolvere il brutto pasticcio delle pensioni e del conseguente blocco del turn over e dell’innovazione
  2. alleggerire l’impianto dei contratti nazionali e della filiera negoziale, per facilitare gli sgravi fiscali, il sistema di premialità, gli accordi locali, la flessibilità sull’export
  3. riformare la legge elettorale in modo che sia garantita l’alternanza, ma anche la democraticità, ovvero le minoranze politiche di rilievo ed il federalismo
  4. riformare -per riequilibrarlo con il nuovo parlamento – il livello apicale della governance (sindacati, CSM, INPS, Bankitalia, Regioni, Provincie e Comuni)

Il passaggio politico più difficile non è il primo – come qualcuno cerca ancora di convincerci – ma l’ultimo, visto che cambiare sistema elettorale per davvero e pervenire ad un parlamento diverso per accesso e poteri significa dover mutare tutto quello che a Roma è immutabile da un secolo e passa: la Pubblica Amministrazione.

Non sarà difficile sbloccare previdenza, lavoro e investimenti, incassando consensi prima e dopo le elezioni europee. E non dovrebbe essere difficilissimo concertare una legge elettorale.

Vedermo, però, se Matteo Renzi riuscirà a riportare nei limiti sostenibili quell’antico Male che si impossessò di Roma nell’arco di soli 10-15, già negli anni di poco precedenti la Breccia di Porta Pia … ma potrebbe farcela.

Serviranno l’azzeramento delle prebende, gli scivoli pensionistici, l’innovazione tecnologica, la meritocrazia e il controllo di gestione: tutte cose che i Sindacati confederali italiani avversano come fosse il fumo negli occhi …

Dunque, a prescindere da Renzi, riuscirà l’Italia a dotarsi di un partito riformista?

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La fine del governo Letta (pre)annunciata dai media

13 Feb

Lucia Annunziata, dall’Huffington Post, scrive di ‘crisi drammatica, gestione ridicola’.

Come non darle torto, dinanzi ad un Partito Democratico che si presenta alle elezioni con SEL e candidando Pierluigi Bersani, per poi governare con Enrico Letta e il Nuovo Centrodestra – un partito che ancora non c’è – e adesso, in soli 12 mesi, proponendo l’avvicendamento con Matteo Renzi – che non è un parlamentare – e con una porta aperta al Movimento Cinque Stelle ed un’altra per Forza Italia.

Come non darle ragione, se l’immobilismo di Enrico Letta – rispetto al tracciato montiano e cencelliano che ha adottato – non lascia altre alternative all’Italia che Matteo Renzi e le sue promesse di attivismo riformatore, visto che proprio le opposizioni (Berlusconi, Salvini, Casaleggio) non disdegnerebbero la soluzione.

Sarà per questo che  “il Presidente Napolitano da parte sua aggiunge a questo percorso, insieme privatistico e confuso, il paletto di un nonchalant “parlare di elezioni è una sciocchezza“, se come sembra esistono le premesse per una legislatura riformatrice.

Per Matteo Renzi, come fu per Mario Monti, esiste il problema del “distacco totale da qualunque mandato elettorale” ed, infatti, Lucia Annunziata ha gioco facile per ricordare a tutti che “non c’è bisogno di essere costituzionalisti per dire che è arrivato il momento di dichiarare che siamo di fronte a una crisi del governo, che c’è un presidente del consiglio sfiduciato sia pur non in aula ma via media e streaming del suo partito ed altri, e che è in corso una sorta di auto-mandato esplorativo.”

Ben memori di come avvenne il subentro di Mario Monti, “è necessario, obbligatorio direi, dunque che questa successione torni nell’unico luogo autorizzato a gestirla: il Parlamento. Che la crisi venga ufficializzata e affrontata con mozioni, discussione pubblica, e voto. Ritornando poi sul tavolo di Napolitano per consultazioni ufficiali ed eventuale nuovo incarico.”

Ma per Enrico Letta andare in Parlamento ed ufficializzare una crisi di governo – ovvero seguire l’invito di Lucia Annunziata – già sarebbe uno smacco e l’anticamera delle dimissioni …

Intanto, in questi minuti, il Corriere della Sera titola “Governo, l’ultima mediazione del Pd , la La Repubblica “Delegazione dem offre a Letta l’Economia” , La Stampa “Renzi tenta un’ultima mediazione” , Sole24Ore “Da Letta buona analisi ma non le risposte attese“.

Proprio oggi, Toni Servillo, alla Scuola Normale di Pisa, ha dichiarato: «A me sembra che siamo vittime di un secondo dopoguerra morale: credo che il problema del Paese sia sostanzialmente morale. Nonostante Tangentopoli, le stragi di mafia, vere e proprie tragedie nazionali, la questione morale continua a essere una questione irrilevante».

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Salva Roma, salvi tutti? O solo alcuni?

23 Dic

Il Governo Letta era nato grazie ad una meticolosa applicazione del redivivo Manuale Cencelli – di democristiana memoria – e arriva alla fine (dell’anno) ponendo la fiducia su un decreto ‘Salva Roma, salvi tutti’ degno del miglior/peggior Amintore Fanfani.

Tra la ‘tanta roba’ contenuta nel ‘Salva Roma’, troviamo spese incompatibili – almeno nelle logiche e nella sostenibilità – con una sana pianificazione economica. Ad esempio,

  • 864 milioni per i ‘nuovi’ debiti nei conti di Roma Capitale,
  • 20 milioni per ‘vecchi’ debiti del trasporto pubblico calabrese e 23 milioni per i treni valdostani,
  • 1/2 milione per il Comune di Pietrelcina, paese di Padre Pio, e altrettanto per la torre anticorsara di Porto Palo,
  • 1 milione per le scuole di Marsciano, in Umbria, come anche per il restauro del palazzo municipale di Sciacca e per Frosinone, 3 milioni a Pescara, 25 a Brindisi,
  • 50 milioni di euro dal 2014 per rifinanziare il Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio,
  • 30 milioni di euro per il 2014 e di 50 milioni dal 2015 per le scuole di specializzazione in medicina.

Ma il ‘Salva Roma, salvi tutti’ di trasformista memoria, contiene di tutto di più: norme per il Teatro San Carlo di Napoli e la Fenice di Venezia, una minisanatoria per i chioschi sulle spiagge, disposizioni sulle slot machine, sulle isole minori, sulla Croce Rossa, sul terremoto dell’Emilia-Romagna, sui beni sequestrati alla criminalità organizzata, sull’istituzione di una sezione operativa della Direzione investigativa antimafia all’aeroporto di Milano Malpensa per prevenire le infiltrazioni mafiose nell’Expo 2015, … per inserite lampadine a basso consumo energetico nelle «lanterne semaforiche».

E se può sembrare strano che serva una legge per cambiare le lampadine ai semafori, vogliamo parlare della necessità di dotarsi della partita Iva per il diritto d’autore online? Oggi, nel mondo di WordPress e gli aggregatori di blogger oppure in quello di Flicker ed Istagram, per non parlare di Youtube, Myspace eccetera?

Una follia o, meglio, una iattura. Specialmente se andiamo a guardare cosa accade alle famose ‘misure di risanamento finanziario e per la ripresa dell’occupazione’.

Infatti, se per ‘salvare Roma’ si prevedono più di 850 milioni, sono solo 55 i milioni stanziati per il triennio 2014-2016, per sperimentare “nuove forme di politiche attive per il lavoro”. Giust’appunto si legifera l’assunzione di 120 “figure per gestire correttamente gli interventi finanziati dai fondi europei” e il tetto al cumulo di redditi da lavoro e da pensione per chi svolge un incarico nella pubblica amministrazione non dovrà superare i 302mila euro.
Utile sapere che il Segretario Generale del Ministero degli Esteri britannico percepiesce annualmente 261.338 euro, al tasso di cambio di 1.1615 euro per sterlina.

Un’elemosina agli esodati – 950 milioni di euro tra il 2014 e il 2020 – con soli 17.000 beneficiati, ma le pensioni oltre i 3.000 euro mensili godranno di un adeguamento pari al 95% del costo della vita e non al 90% come precedentemente previsto.

Sul fronte lavoro si registra anche  una spesa di 126 milioni di euro, in favore dei lavori socialmente utili (da non confondersi affatto con i disoccupati) nei territori di Napoli, Palermo e della regione Calabria. Inoltre, si prevede un massimo di 50 milioni per aumentare il trattamento salariale dei contratti di solidarietà ed incentivi per la stabilizzazione dei precari dei call center. Tutto qui.

C’è, poi, la norma che permette di revocare gli affitti d’oro, inserita nel Decreto Salva Roma, ma resa vana da un emendamento nella Legge di Stabilità che cancella la norma prim’ancora che sia emanata … come anche accade per il il “Fondo per la riduzione della pressione fiscale”, alimentato dai risparmi che derivano dalla spending-review e dagli introiti della lotta all’evasione fiscale, che, però, risultano già riservati alla razionalizzazione della spesa pubblica in nome della Stabilità …
Inoltre, “i fondi derivanti dall’attività di contrasto all’evasione (per il biennio 2014-2015) dai quali attingere sono al netto di quelli derivanti dal recupero svolto da Comuni, Province e Regioni” e, secondo Squinzi, ‘sono insufficienti’ già ora. Secondo il governo, con questi fondi faremo miracoli con l’Irap e gli esodati …

Intanto, per Banca d’Italia e Cassa depositi e prestiti si va con il passo del gambero ed il il periodo transitorio passa da 24 a 36 mesi, mentre arriva la specificazione dell'”italianità” dei quotisti e l’abbassamento del tetto dal 5% al 3% per le quote.

Dulcis in fundo, troviamo l’ennesima follia iniqua su tasse e tributi locali.

Infatti, la tassa sui Servizi indivisibili dei Comuni (come l’illuminazione e la manutenzione stradale)  potrà raggiungere il 2,5 per mille del valore catastale per la prima casa, come per la seconda casa, colpendo prioritariamente i residenti dei grandi agglomerati urbani, che sono pravalentemente lavoratori dipendenti e piccoli imprenditori. Allo stesso tempo, la proprietà terriera esulta per l’Imu, dove cala la base imponibile per i terreni e vengono esentati i fabbricati strumentali, i quali godranno di un tetto massimo della Tasi all’1 per mille.

Ciliegina sulla torta, arriva il megasconto anche per i canoni non pagati da parte dei gestori di stabilimenti balneari. Incredibile, ma vero: basterà pagare il 30% entro la fine di febbraio o, se si vuole un rateizzo, il 60% in nove rate.

Quanto sia diversa – tra i comuni cittadini ed i decisori – la percezione delle cose, dello stato dell’arte e del successo possibile, è ben delineata da una frase detta da Enrico Letta, pochi minuti fa, durante la conferenza stampa di fine anno: ‘Nel 2013 la svolta dei 40enni. Non possiamo fallire‘ …

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Produttività, un accordo monco

22 Nov

Firmato l’accordo tra governo e parti sociali sulla produttività. Camusso (Cgil): «si determina una riduzione dei salari reali dei lavoratori». Centrella (Ugl): «l’intesa porterà più posti di lavoro e salari più alti». Monti: «è un passo importante per il rilancio delle imprese e la tutela dei lavoratori».

Chi ha ragione? Tutti e nessuno.

Infatti, Palazzo Chigi ha precisato che «il governo ritiene che sussistano le condizioni per … (l’) implementazione degli atti normativi necessari a definire i criteri di operatività dei meccanismi di defiscalizzazione necessari a sostenere in una logica di incentivazione della contrattazione di secondo livello, i salari e la produttività».

In due parole, le contrattazioni nazionali definiranno dei minimi salariali e delle parametrazioni generali, la restante parte verrà definita in sede aziendale o di categoria in base alla produttività, ovvero come ‘premialità’.

E’, dunque, probabile che, nel tempo, i salari minimi perdano potere d’acquisto, che nei territori dove l’imprenditoria è sana e produttiva i redditi dei lavoratori s’incrementeranno, che avverrà un rilancio delle imprese, ma non necessariamente in tutti i settori e/o con sensibili benefici per i lavoratori.

Inoltre, la defiscalizzazione del lavoro dipendente, se non controbilanciata da una maggiore leva fiscale su altri settori della società, comporta una minore finziabilità dei servizi pubblici ‘alla persona’ (scuole, ospedali, assistenza, salario minimo), che sono indispensabili per questi ceti con minore potere d’acquisto e minore disponibilità finanziaria.

Per come stanno le cose oggi in Italia, le norme contrattuali sulla produttività potranno avere probabili benefici sull’evasione fiscale (fuori busta e lavoro nero), ma, per il resto, è difficile che i benefici per i lavoratori verranno diffusamente percepiti nelle regioni a sud di Firenze.

Il bilancio delle misure sulla produttività concordate tra lo Stato e le organizzazioni dei lavoratori dipendenti (eccetto la CGIL) non è, dunque, di per se positivo. E’ un intervento necessario che attendeva di divenire norma da diversi decenni, se non ‘ab origine’, ma proprio a causa del ritardo con cui avviene, necessiterebbe di essere accompagnato dalle altre misure – sul welfare – che lo rendono benefico non solo per le aziende, ma anche per la società in termini complessivi.

Ad esempio, la liberalizzazione del comparto assicurativo e la negoziabilità da parte dei singoli lavoratori di esodo anticipato entro determinati parametri, come in USA, e/o l’introduzione del salario minimo e la liberalizzazione del sistema sanitario, come in Europa, e/o l’esistenza di un corpo ispettivo sui servizi esternalizzati e sulle amministrazioni pubbliche che erogano servizi di assistenza od un sistema giudiziario rapido ed efficace, come dovunque.

Un intervento di ‘blando ultraliberismo’, insomma. Come del resto è stata finora tutta l’azione politica di Mario Monti.

Qualcosa per cui nessun elettore aveva dato mandato a questo Parlamento e che dovrebbe far riflettere chi, dopo un anno così, vagheggia ancora un governo di programma – un quinquennio – sotto l’egida di Mario Monti o, pejus, propone una sua elezione al Quirinale.

Certo, c’è qualcuno che è convinto che si possa governare anche con il solo 30% dei consensi espressi ed il 15% di quelli effettivi.
Ma c’è da chiedersi se questo sia possibile al di fuori degli USA – dove accade ma con un establishment che concede ‘in cambio’ grandi libertà individuali a tutti i cittadini – e c’è da chiedersi, soprattutto, per quanto tempo possa durare una siffatta leadership, quale sia il prezzo da pagare per mantenere il potere in tali condizioni minoritarie e cosa accadrebbe, primo o poi, quando la legge del corsi e dei ricorsi dovesse fare il suo effetto.

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Allarme Italia in crescita

17 Lug

Mentre il ‘fantasma’ del Berlusconismo si aggira nelle sale di Montecitorio e nelle redazioni dei nostri media, visto che il PD solo alleandosi con l’UDC può sperare di vincere le prossime elezioni, accadono cose  davvero inquietanti.

A partire dal documento pubblicato da The Guardian, quasi in simultanea con il de-rating di Moody’s, dal quale è possibile evincere – in tutta la sua ‘grandezza e piccineria’ – il disastroso bilancio dello Stato italiano. Nessuna eco dalle nostre parti, come del resto atteso.

Oppure, il Presidente della Repubblica che – mentre si avvicina il semestre bianco preelettorale – tacita per ‘conflitto istituzionale’ l’inchiesta palermitana sulla cospirazione che portò alla morte di Falcone, Borsellino e relative scorte, con il seguito di stragi e trattative mafia-Stato. Cosa di talmente imbarazzante (e lampante) deve esserci in quelle intercettazioni?

E che dire dei tanti e tanti consigli locali che si sono incrementati i vitalizi a pochi mesi dalla fine dei mandati, se non prendere atto che ‘i topi scappano quando la nave affonda”‘? O del Fondo Monetario Internazionale che va ad aggiungersi alla lunga fila di commenti negativi, specie riguardo la situazione sociale/politica e quella che è stata la sua gestione negli ultimi mesi?

Intanto, Eugenio Scalfari da La Repubblica – non quella di Platone, ma quella ‘all’amatriciana’ ed ‘espresso’ – ci invita a rileggere Marx e Keynes per scoprire i limiti dle Capitalismo. L’impressione è che l’invito sia diretto a Mario Monti e ministri vari, oltre che alla segreteria del Partito Democratico, dato che gli italiani questo l’hanno già capito da soli, specialmente da otto mesi a questa parte.

Varrebbe la pena di leggere d’altro e di più recente, sia Lei sia gli altri come Lei, egregio dottor Scalfari. Ad esempio, i brevi stralci che riporto.

Al di sopra dei governi, dei parlamenti, dei giudici, dei giornalisti, dei sindacati, degli intellettuali, delle chiese, degli eserciti, degli scienziati regnano casì i mercati finanziari. Ecco che allora le istituzioni pubbliche si svuotano del loro sangue e la repubblica soffre di anemia. Ben presto sarà ridotta a un fantasma“. (da La privatizzazione del mondo – 2002 – di Jean Ziegler, parlamentare ed economista svizzero)

L’esautoramento della politica da parte del mercato si manifesta così nel fatto che allo stato nazionale viene meno la capacità politica di proteggere la sua base di legittimità rastrellando risorse fiscali e stimolandola crescita economica“. (da La costellazione postnazionale – 1999 -di Jurgen Habermas, sociologo e membro del Partito Social-democratico tedesco)

Per restare concorrenziali sui mercati mondiali sempre più importanti, gli stati sono costretti a prendere iniziative che danneggiano irreparabilmente la coesione della società civile.” (da Quadrare il cerchio – 1995 – di Ralf Dahrendorf, sociologo e membro del Partito Liberale Tedesco)

In Italia, come dicevamo, stiamo ancora a Marx e Keynes, alle classi sociali ed agli stati nazionali – con tanto di codazzo di nostalgici di Giolitti, Mussolini, Togliatti e De Gasperi – mentre la situazione è vistosamente mutata e, soprattutto, ci sono altri autori e nuovi studi che consentono una visione diversa e delle soluzioni differenti.

Una consapevolezza che non attecchisce solo negli ambienti ‘estremi’ o radical, ma che sta coinvolgendo anche i cattolici – almeno per quanto riguarda l’America Latina – e che meriterebbe ben altra attenzione da parte dei ‘guru’ nostrani.

Cos’altro dire ai nostri ‘intellettuali’?
Che, da anni e decenni, in Italia, l’acqua è poca e la papera non riesce a galleggiare?

Leggi anche J’Accuse …! Lettera al Presidente Mario Monti

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J’Accuse …! Lettera al Presidente Mario Monti

14 Lug

Sappiamo da almeno 150 anni che gli italiani sono un popolo pronto ad inseguire lucciole e falene: il Trasformismo ottocentesco e la Cleptocrazia della Seconda Repubblica ne sono la prova.

Sappiamo anche che la qualità delle nostre scuole ed università non è eccelsa, forse non lo è da decenni, come dimostra quel 56% circa di adulti non diplomati e la fuga dei nostri (migliori) cervelli all’estero.

E ci è ampiamente noto che i nostri media non hanno alcuna intenzione di disturbare il conducente di turno: la riprova è nell’enorme quantità di politici indagati, condannati o prescritti di cui non v’è neanche una statistica riassuntiva.

Dunque, qui da noi è ampiamente possibile che venga data fiducia ad un personaggio, Mario Monti, che pur occupandosi di banche e finanza ‘da sempre’ riesca a dire “siamo virtuosi e invece di premiarci ci puniscono“.

E quando mai, egregio dottor Monti, la finanza speculativa (ndr. perchè ce ne sono altre?)  ha premiato la ‘virtuosità’? E, tra l’altro, chi è che può affermare che il programma attuato dal Governo Italiano sia ‘virtuoso’ se non le agenzie di rating che stanno lì apposta?

Dunque, non nascondiamoci dietro un dito, signor Presidente del Consiglio, che a quello ci pensa già Pierluigi Bersani.

Lei, presidente Monti, non sta eseguendo il programma con cui si presentò al Senato. Non ha rilanciato il sistema-Italia e, viceversa, l’ha messo in stallo, pur di dragare denaro privato e salvare banche (Unicredit e Monte Paschi) ed industrie belliche (Finmeccanica). Non ha risanato il sistema di governance e neanche ha spinto per farlo, mentre – a rileggere i giornali di settembre scorso – era questa la prima azione di risanamento da attuare.

Il suo piano ‘salva Italia’ non ha finora tutelato gli anziani, i sottoccupati ed i disoccupati, le famiglie, i giovani e le donne, i malati, gli scolari e gli studenti. Non ha tutelato i cittadini che, tramite il voto, affidano i loro destini al Parlamento ed al Governo.
Eppure, per ‘sistemare le pensioni’ bastava intaccare quelle milionarie e d’annata, che stravolgono persino i conti dell’INPDAP, che pur attinge dai contributi certi e noti del personale pubblico.

Come anche, invece supertassare i cittadini e portare l’Italia in una cupa recessione, potevamo ricorrere ad una Patrimoniale da 40 miliardi di euro, che, a far due conti, sono 670 euro per italiano di media. Una Patrimoniale che avrebbe evitato lo spread, ci avrebbe posto al di fuori dei ‘ricatti’ dei mercati finanziari e, soprattutto, rappresentava denaro cash e non a rate con gli interessi, come accade per i titoli di stato.

Tra l’altro, egregio professore, Lei ha forse ascoltato, ma certamente non ha raccolto consigli e suggerimenti che da più parti sono arrivati in questi otto mesi di delirio. Come anche ha avocato a Lei stesso tutte le decisioni riducendo in poltiglia il già penoso dibattito politico, con il risultato che “the political climate, particularly as the Spring 2013 elections draw near, is also a source of implementation risk“.
Oggi, lo scrive Moody’s, da otto mesi lo sta scrivendo Demata.

Dunque, non resta che prendere atto che Moody’s ha sfiduciato Lei, dottor Mario Monti, per due ben precisi motivi e lo ha fatto proprio mentre Lei andava ad incontrare il Big Business di Silicon Valley.

Il primo dei motivi del declassamento è che Lei ha adottato misure rivelatesi perniciose (recessione, deindustrializzazione generale ed abbandono del Meridione) e destabilizzanti (pensioni, lavoro e BTP). Un brutto flop di cui i media italiani – risvegliandosi dal torpore – iniziano ad sottolineare, come ad esempio LA7 di ieri sera.

Il secondo motivo del declassamento di Moody’s trova origine dal fatto che, come tecnico, Lei non ha avuto l’umiltà di ricorrere alla ‘concertazione’, ovvero al dibattito tra le parti e alla responsabilizzazione delle parti,  viatico unico ed imprescindibile per riformare la Casta, ripristinare un ‘political climate‘ ed abbattere ogni ‘source of implementation risk‘.

Oggi, con un rating in caduta libera, non Le restano molte scelte, egregio presidente Monti, se escludiamo il ricorso ad elezioni anticipate, ovvero il salto nel buio senza una riforma del parlamento e delle autonomie locali.

Dunque, o qui si continua a tirare avanti non si sa come, come da marzo accade, portando a fibrillazione completa il corpo elettorale e creando i presupposti per un ‘problema italiano’ di lunga durata (un Ventennio?), oppure Lei inizia a comportarsi da Clistene o da Cincinnato, come tutti si aspettavano, ricorrendo ad una Patrimoniale, riformando la Casta, semplificando il Paese.

 

Intanto, prenda atto che stavolta ‘l’asso di picche’ del Bel Mondo e della Bella Gente è toccato a Lei, prima, e poi, solo poi, all’Italia ed agli italiani.

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Moody’s declassa Mario Monti (e l’Italia)

13 Lug

Digis srl, con una serie di sondaggi effettuati in questi giorni, offre uno squarcio abbastanza fedele del deterioramento della pubblica opinione italiana, dopo sei mesi di ‘governo tecnico’ e della contestuale sparizione del dissenso dai media.

Innanzitutto, prendiamo atto che, oggi, i contatti rifiutati sono il 70,1% del totale, mentre, in dicembre, le interviste complete  raccolte da Digis srl (per un analogo sondaggio) erano il 73,7% su totale contatti.

In soldoni, le persone che hanno deciso che ‘rispondere ai sondaggi è una perdita di tempo’ sono aumentate più del doppio ed una percentuale così alta dovrebbe suggerire che sono fortemente scontente. Dovrebbe …

Ma il peggio arriva al leggere i dati raccolti: sembrerebbe quasi che tutti siano convinti (o convincibili) di tutto ed il contrario di tutto.

Vendere beni dello Stato è ‘un errore che porterà alla svendita del patrimonio statale’ per il 38%, mentre il 21% degli intervistati vuole che si mettano in vendita ‘soltanto quelli costosi ed improduttivi’, ma ben il 41% pensa che sia ‘un provvedimento non rinviabile’.
Il 43% degli intervistati ritiene che il ministro Fornero dovrebbe dimettersi, ma il 79% degli intervistati ritiene che per gli ‘esodati lo Stato dovrebbe garantire il raggiungimento dei requisiti di pensione solo per coloro che hanno subito chiusura o ristrutturazione dell’azienda”.

Allo stesso modo, il 48% attribuisce all’INPS la responsabilità degli errori sui dati degli esodati, mentre il 52% attribuisce la responsabilità degli errori al ministero diretto da Fornero.
Inoltre, il 49% è convinto che ‘i sacrifici imposti da Mario Monti riusciranno a portare l’Italia fuori dalla crisi’, ma il 60% ritiene che ‘questo governo deve interrompersi in autunno con elezioni anticipate’.

Un dato che viene implicitamente confermato da EMG, con un sondaggio eseguito su un campione di 1.000 persone che mostra un tasso pesantissimo di rifiuti/sostituzioni, pari al 79%, ed un totale sfaldamento della compagine elettorale e, soprattutto, del bipolarismo.

Le intenzioni di voto rilevate, infatti, attribuirebbero il 46.0% ad una coalizione guidata da Monti, composta da PD, Popolo della Libertà, Psi, UDC e FLi, ma, allo stesso tempo, confermano un rilevante astensionismo (35-37%), oltre che a prevedere sia la coalizione SEL-IDV sia il Movimento 5 Stelle al 20%.

Preso atto della situazione e del fatto che non ci voleva molto a prevederla, ricordiamo che il capo di un governo ha come primo compito operare affinchè il Paese sia unito, specie se è tempo di crisi e viene scelto un tecnico. Affinchè questo accada è necessario che i sacrifici siano equi e che gli errori vengano pubblicamente ammessi. Ciò vale, naturalmente, anche per i ministri come Fornero e Passera.

E’ anche indispensabile che – proprio perchè c’è crisi e la nazione ha un ‘manovratore’ e non un ‘capitano di lungo corso’ – i media provvedano ad informare a tutto tondo i cittadini, in modo da renderli consapevoli delle scelte e permettere loro di discernere cause ed effetti, responsabilità e decisioni.

Tutto questo non è accaduto in questi mesi, durante i quali l’Italia ha vissuto in una sorta di limbo della democrazia, senza alternative, senza commenti e senza critiche ad una ‘cura’, che a ben vedere è ignota a tutti, visto che Mario Monti non sta affatto rispettando il programma da lui stesso presentato a suo tempo.

Il Partito Democratico, da anni ormai, non agogna altro che un’alleanza con l’UDC, cosa che finalmente permetterà a buona parte degli ex giovani democristiani di confluire in un solo raggruppamento politico con alla guida Mario Monti, redivivo Cincinnato.

Un’alleanza PD-UDC che, coalizzandosi con il PdL degli esecrati Alfano e Cicchitto (incredibile ma vero) e con Gianfranco Fini ed i suoi (ancor più incredibile), riuscirebbe in due scopi: vincere le elezioni ed aggregare in una solo raggruppamento politico tutto ciò che resta (troppo e tanto) dei partiti della Prima Repubblica.

Una follia che porterebbe l’Italia ad un forte deterioramento della coesione civile, confusa dalla disinformazione ed alimentata dall’iniquità, mentre si andrebbe a creare un definitivo ed irrimediabile ‘strappo’ tra cittadini da un lato e politici e clientes dall’altro.

E’, dunque, evidente che se Moody’s declassa l’Italia, non è a causa di Confindustria o del Sindacato, specialmente se è il ‘quadro politico’ ad allarmare agenzie di rating e mercati.
Un ‘quadro politico’ che non riesce a ridurre di un centesimo le spese della Casta, che esita se deve tagliare qualche CdA o qualche provincia, che non sa stilare una legge elettorale, che non vuole assolutamente intaccare alcun privilegio di una generazione di privilegiati, che non offre un volto nuovo da almeno 20 anni.

Un ‘quadro politico’, ricordiamolo, che vede in Mario Monti la sua massima autorità come capo di un governo di programma sostenuto da una coalizione di partiti.    E chi altri mai?

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Monti, Bersani e la guerra contro tutti

12 Lug

All’Assemblea annuale dell’Associazione Bancaria Italiana (ABI) di ieri ha partecipato il Gotha – è il termine più calzante – dell’economia finanziaria italiana. Ad ascoltare i nostri media tutto si sarebbe svolto nella massima coesione, ma, a leggere le dichiarazioni, qualche crepa s’intravede.

Ad esempio, quando Mario Monti  annuncia che “siamo all’interno di un tunnel. I primi risultati arriveranno nel 2013. Il mio successore vedrà risultati. Un percorso di guerra durissimo. Una guerra contro i diffusi pregiudizi sull’Italia, contro le ciniche sottovalutazioni di noi stessi, una guerra contro le eredità, cioè il grande debito pubblico, contro gli effetti inerziali di decisioni del passato e contro vizi strutturali della nostra economia”.

Una ‘guerra’ che un paese allo stremo potrebbe non riuscire a sopportare come ricorda alla platea Giuseppe Mussari, presidente dell’Associazione Bancaria Italiana: “La pressione fiscale che ha raggiunto livelli insostenibili per imprese e famiglie”. Inoltre, “in media, negli ultimi dieci anni, (ndr. le banche hanno) sopportato quasi 15 punti di pressione fiscale in più rispetto all’Unione europea.”

O come Ignazio Visco, Governatore della Banca d’Italia, che tiene a puntualizzare come  “l’economia italiana è ancora in recessione e nella media di quest’anno il Pil diminuirebbe di poco meno di due punti percentuali. Al peggioramento dello scenario concorrono l’aumento del costo e il deterioramento della disponibilità di credito indotti dalla crisi del debito sovrano”.

Tradotto in italiano corrente, secondo Bankitalia non è la flessione del PIL a metterci nei guai, quanto il fatto che gran parte dei soldi che girano in Italia siano stati ‘dragati’ dalle aste dei titoli di Stato ad interessi vantaggiosissimi e dalle misure fiscali draconiane attuate da Mario Monti. Vuoi vedere che era (sarebbe) meglio attuare una Patrimoniale?

D’altro avviso sembra essere Giuseppe Mussari (ABI), che auspica il trasferimento – o comuque una loro valorizzazione – delle “quote delle banche nel capitale di Banca d’Italia a enti pubblici”, dato che ne “trarrebbero beneficio i patrimoni delle banche, aumenterebbe la nostra capacità di erogare credito”.

Ovviamente, anche un bambino si rende conto che, così facendo, il peso di Bankitalia diventerebbe pressochè nullo e che l’Italia finirebbe in balia dei Poteri Forti ancor più d’oggi … dato che i cosidetti ‘poteri forti’ sono, per definizione, quelli che detengono quote in Banca d’Italia.

Una giornata di concertazione tra finanza pubblica e privata. Difficile trovare una definizione diversa per l’Assemblea dell’ABI cui hanno partecipato il Presidente del Consiglio italiano (un ex consulente di Goldman e Sachs) ed il Governatore di Banca d’Italia.

Eppure, proprio in una tale sede, Mario Monti è riuscito a dirci che gli “esercizi profondi di concertazione  in passato hanno generato i mali contro cui noi combattiamo e a causa dei quali i nostri figli e nipoti non trovano facilmente lavoro”.

Ebbene si, il Governo Italiano concerta con le banche, ma non con le aziende ed i sindacati.

Anche se, come ricorda Susanna Camusso, Segretario Generale CGIL, “l’ultima concertazione nel nostro Paese è quella del 1993. Un accordo che salvò il Paese dalla bancarotta, con una riforma delle pensioni equa, al contrario di quella fatta dal suo Governo”.

O facendo onore ai debiti contratti dalle pubbliche amministrazioni, ovvero decretando lo sblocco dei pagamenti della pubblica amministrazione, come sollecita il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, perchè “è un argomento da affrontare con massima urgenza perché nel settore dell’edilizia, ad esempio se si continua in questo modo un numero elevatissimo di imprese sparirà”.

E’, dunque, un dato di fatto che la ‘guerra di Mario Monti’ non intenda ledere alcun interesse del sistema finanziario, mentre – come stiamo assistendo da mesi – si è pronti a buttare alle ortiche la tradizione industriale (imprese o sindacati che siano).
Il sospetto è che sia Mario Monti sia la Mitteleuropa siano convinti che l’Italia vada deindustrializzata e trasformata in un paese agricolo e vacanziero come è toccato a tutti i paesi di tradizione ispanica.

Cosa c’entra Pierluigi Bersani in tutto questo? Tanto, tantissimo e nulla, visto che riesce a dimenticare che Mario Monti doveva salvare l’Italia e non dichiarargli guerra.

Per ora, il segretario del Partito Democratico è riuscito a dichiarare che “la democrazia non si impoverisce se ci si confronta. Anzi, è il contrario”.
Peccato che sia proprio lui il principale (se non unico) sostenitore di questa ‘grosse koalition’, che poco o nulla discute in Parlamento, e di questo ‘governo tecnico’ che – in nome dell’emergenza finanziaria – ha azzerato sui media ogni voce di dissenso e di dibattito sulla bontà della ‘cura Monti’.

Morale della favola?

Con la fuga in massa dell’elettorato da coloro che collaborano o sostengono questo governo, le quotazioni di Silvio Berlusconi ‘candidato premier’ sono notevolmente risalite e chissà come finirebbero le elezioni, se si andasse a votare con il ballottaggio.

Non è improbabile che ‘l’infatuazione’ degli italiani per Mario Monti e le sue pretese sia già finita da un pezzo e che, da un mese a questa parte, i conti presentati nel DEF e nella spending review non abbiano convinto le imprese, i liberi professionisti ed il clero. E, se non è affatto improbabile che la ‘spinta’ sia finita, allora diventa alquanto probabile che, nell’arco di 6-9 mesi, un congruo numero di elettori sarà invogliato a votare qualsiasi cosa purchè non chi (il Partito Democratico) ha sostenuto la nota ‘macelleria sociale’.

E’ inutile che Bersani, D’Alema e compagni continuino a nascondersi dietro i distinguo. Mario Monti ha scelto gli alleati ed ha dichiarato guerra.
O staccano la spina a questo governo, riformano la Casta, attuano una Patrimoniale e ci lasciano votare oppure saranno responsabili – dinanzi agli italiani e dinanzi alla Storia, come lo fu Stresemann per la Germania – di tutto quello che avverrà a seguire.

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Il partito antispread, per un’Europa ‘civile e responsabile’

9 Lug

L’avevo detto ‘io’ … Mario Monti non aveva le risorse per superare il Ferragosto e solo un cambiamento (rimpasto?) reale od una manipolazione delle regole – la solita pubblica opinione mal trattata – avrebbe potuto consentirgli di arrivare a Natale, ovvero a fine legislatura.

Il cambiamento reale – ovvero il rimpasto di governo e lo ‘spazio alla politica’ – non c’è stato, ma il ‘gioco delle tre carte’ si, quello si.

Così andando le cose, ci ritroviamo – a luglio, come l’anno scorso, allorchè iniziò l’avventura dei tecnici del Potere al potere – nel caos generalizzato.

Prima si annuncia un deficit sui conti di svariati miliardi di euro e si propone di innalzare l’IVA in un paese in piena recessione, con disoccupazione ed inflazione in crescita. Le cause? I soliti evasori …

Poi, si predispone una spending review che nella forma e nella sostanza sembra proprio essere una manovra correttiva. Una cosa che un governo tecnico e così arrogante non dovrebbe permettersi, se non fosse che al PD tutto quel che accade non leva troppo consenso e, soprattutto, non intacca il potere ‘reale’, quello negli enti locali e nelle aziende collegate. Dunque, ‘evviva Mario Monti’,  sobrio “giansenista” ed austero “riformatore”.

Infine, la manovra correttiva chiamata ‘spending review’ prende forma nella sua interezza: 22 miliardi di euro, soldo più soldo meno. Una cosa da piangere, se non fosse per l’assoluta follia di quello che è accaduto dopo, nel corso di questo fine settimana.

Come non ammirare l’equilibrismo di Pierluigi Bersani, che riesce a dire tutto ed il contrario di tutto: «Nel decreto ci sono cose buone e le appoggeremo con convinzione. Ci sono anche cose da correggere. Quello che soprattutto non va riguarda il taglio delle risorse agli enti locali, già troppo indeboliti, e l’intervento sulla sanità. In particolare, per ciò che riguarda la sanità, l’errore è prima di tutto tecnico. Si rischia il bis della vicenda esodati».

Il problema, dunque, non sono i 14.000 posti letto che verranno tagliati in un paese dove si attendono mesi per un banale intervento chirurgico e dove chi usa farmaci ‘salva vita’ non può scegliere la struttura di ricovero. Il problema di Bersani e del PD tutto sono i medici ‘esodati’ …

Il problema del Partito Democratico è il “taglio delle risorse agli enti locali”, proprio quelli che, ogni anno, spendono 2,5 miliardi di euro in stipendi e spese dei consiglieri di amministrazione degli enti strumentali … quelli che hanno bisogno di migliaia di consiglieri e relativi impiegati per manutentare le strade provinciali e gli istituti superiori …

Preso atto che le Province restano ma le sedi giudiziarie no, ritorniamo a Mario Monti ed alla follia in cui ci ha portati, che i bizantinismi del Partito di Massimo D’Alema non possono nascondere e che trova conferma in ben altre affermazioni, ben più esplicite, di questi giorni.

“Abbiamo vissuto 30 anni da cicale, ora dobbiamo iniziare a pensare da formiche, anche se l’obiettivo del pareggio di bilancio mi sembra ampiamente esagerato. Dobbiamo anche evitare la macelleria sociale, ma si deve razionalizzare e semplificare la P.A. perché abbiamo ridondanze che vanno eliminate”. (Giorgio Squinzi)

“Mi permetto come esponente del governo di invitare a non fare il danno delle imprese, dichiarazioni di questo tipo, come avvenuto nei mesi scorsi, fanno aumentare lo Spread, i tassi di interesse a carico non solo del debito pubblico, ma anche delle imprese”. (Mario Monti)

“Dichiarazioni come quelle di Squinzi, sia nel merito che nel linguaggio, non si addicono a un presidente di Confindustria, fanno male e sono certo che non esprimano la linea di una Confindustria civile e responsabile”. (Luca Cordero di Montezemolo)

Per il presidente di Confindustria, il problema è quello di mettere in atto delle riforme sostenibili dal paese, intervenendo con una almeno minima equità (imposta patrimoniale?) ed eliminando gli sprechi della politica.
Per il capo del governo, la questione si pone tutta in termini di spread che aumenta (sic!), un moloch che, però, poco dipende da noi, specialmente dopo che la BCE di Mario Draghi, come la FED, ha praticamente azzerato il costo del denaro.
Per l’erede più famoso di una delle più grandi fortune italiane, è un problema di ‘civiltà e responsabilità’ se disturbare o meno il ‘conducente’ … cosa mai dovevamo aspettarci?

Intanto – non iniziate a ridere o piangere fragorosamente – i sondaggi raccontano che gli italiani sarebbero ben felici di vedersi ridurre i servizi pur di pagare meno tasse … e La Repubblica titola “Monti, missione per salvare l’euro: “Io al governo nel 2013? Sto valutando. Non farei il bene del governo se dessi adesso una disponibilità” … … …

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