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ISIS avanza, Obama perde: perchè?

22 Mag

ISIS è ormai alle pochi chilometri da Israele e da Beirut, ISIL imperversa in Libia e solo i terminali petroliferi sono ancora al sicuro, Boko Haram ha una retrovia che ormai arriva al Sahara, i Talibani hanno in corso una pesante offensiva in Afganistan, lo Yemen è nel caos come lo è la Somalia.

Global Terror Map

Negli Stati Uniti, le ‘lagnanze’ per l’inerzia di Obama sono diventate aperta critica e dibattito nazionale.
Guai che l’ex ministro della Difesa di Bush e di Obama, Robert Gates, definisce con poche, crude parole: «Il gap tra la retorica e i risultati sul campo è molto ampio. I nostri nemici hanno Ramadi, Falluja e Mosul: cacciarli da queste città è un lavoro tremendamente difficile».

Fatto sta che gli Jihadisti hanno un’area di influenza (se non controllo) ormai superiore all’intera Europa – tra Africa, Medio Oriente e Asia – in territori ricchi di giacimenti minerari.
Quanto ad armamenti ne hanno più dei regimi ai quali sono subentrati e, solo con la presa della Banca di Mosul, si sono assicurati un tesoro inestimabile, per non parlare di quale sia il lucro dei tesori archeologichi contrabbandati o dei traffici di droga in Asia come in Africa oppure delle royalties su petrolio, gas e minerali che le multinazionali versano a chi ‘garantisce la sicurezza’ dei siti di estrazione …

L’obiettivo manifesto degli Jihadisti (ma anche degli Sciiti che li combattono, come degli Iraniani, dei Pakistani eccetera) è il superamento dei Patti di Yalta, che a loro volta garantivano il mantenimento dei confini artificiali degli stati coloniali determinati dalla Conferenza di Berlino del 1884.

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Il presidente Usa continua a negare all’ipotesi di inviare truppe Usa, forte del consenso della maggioranza degli americani: Obama il pacifista pretende che se ne riparli solo nel 2018, dopo le elezioni presidenziali.
Ma, a breve, dopo aver ‘riunificato’ quello che l’Europa aveva diviso, gli uomini della Jihad saranno ai confini di Israele … chi è nato in Occidente, come in India o Cina, dagli Anni 70 in poi è cresciuto nella Pace, ma il resto del mondo no. E vivere in pace non è una scelta autarchica, finora ci hanno salvato dalle guerre i residui del Colonialismo, cioè le ‘vituperate’ Multinazionali.

Prendiamo atto tutti che dal 2001 la Pace non c’è più e che non possiamo star qui a lagnarci del ‘bel giocattolo rotto’ , mentre gli Jihadisti fanno i ‘bambini cattivi’ distruggendo di tutto pur di attirare l’attenzione?

Piani di riserva non ce ne sono, come forse non c’era un piano fin dall’inizio, e, mentre la Jihad si espande, davvero non s’è capito a che gioco giochino la Turchia e l’Arabia  Saudita, mentre si può contare solo sulle milizie sciite, che finora sono le uniche che non hanno perso terreno, ma che rispondono a Teheran e non a Washington.

«Non possiamo fare quello che dovrebbero fare gli iracheni».
Bella frase per il consenso interno USA e Democrat mondiale, pessima per noi alleati: domani potremmo sentirci dire «Non possiamo fare quello che dovrebbero fare gli italiani».
Sembra che ce l’abbiamo già detto francesi  e spagnoli, riguardo la Libia …

Demata (since 2007)

Libia, sempre peggio: un milione di profughi, a rischio i tesori archeologici

9 Mar

Mustafa Turjman, direttore del centro studi archeologici della University of Tripoli, ha dichiarato la propria preoccupazione per le devastazioni di cui potrebbero essere autori gli islamisti in Libia. Infatti, già al momento sono in serio rischio le città di Leptis Magna, uno dei maggiori resti della storia dell’Impero Romano, di Sabratha, dove si trova anche un imponente anfiteatro, di Cirene, una delle più antiche colonie greche, di Gadames, uno dei più antichi siti agricoli del Nordafrica, definito dall’ Unesco come “the pearl of the desert”, e delle pitture rupestri preneolitiche tra i monti Acacus.

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Gli affiliati di Isis non le hanno ancora colpite, ma questi gruppi controllano la striscia costiera tra Derna e Sirte, come buona parte dell’interno della Libia.

La National Oil Corporation libica ha annunciato che sette tecnici stranieri (due europei) sono stati rapiti dai militanti islamici, dopo l’attacco al centro petrolifero di Ghani, durante il quale era stata uccisa una dozzina di guardie e distrutti gli impianti.
A Tripoli, solo da una settimana è stato riparato uno degli impianti di stoccaggio, secondo la Brega Petroleum Marketing Company; a Zueitina, invece, la Wintershall riprende l’estrazione, ma con ‘personale locale’. Chissà se ‘governativo’ o ‘islamista’ come in Irak …

Sabratha-008Intanto, l’inviato speciale dell’ONU, Bernardino Leon, chiede che sia attivato un blocco navale per impedire il traffico di armi e di petrolio, senza chiarire cosa fare dei profughi, mentre il direttore dell’agenzia Frontex, Fabrice Leggeri, precisa che il blocco avrebbe un forte impatto sui migranti che cercano di fuggire dalla Libia, stimati in un milione, ed ai quali la Germania ha già garantito lo status di rifugiati.

Rifugiati come gli oltre 70.000 stipendi di insegnanti e funzionari che non saranno pagati questo mese. Settantamila persone, settantamila famiglie, trecentocianquantamila prossimi profughi o … vittime.
Traffico come quello svelato dalla GNC-Libya Dawn LANA News Agency, secondo la quale su 223 forni del pane ispezionati a Tripoli ben 94 non esistevano pur ricevendo ingenti quantità di farina dalle agenzie di aiuto umanitario. O come quell’altro – per ora negato dalla NOC che gestisce il mercato ‘esterno’- che vede letteralmente scomparire la benzina e il gasolio che vengono importati, dato che la Libia non ha raffinerie, e redistribuiti dal governo (ndr. quando c’è) tramite le compagnie ‘interne’ Libya Oil, Al-Sharara, Alrahela e Al-Toroq Assareeya.

La Libia è nel caos, si combatte nelle città.
A Tobruk per un pelo è stato sventato un attentato con una autobomba contro un ospedale. Da Derna, invece, è stato postato il video della macabra esecuzione di due soldati governativi. A Kufra, intanto, le tensioni intertribali tra Zwai e Tebu sono sempre meno contenute con agguati e morti.
E, giorni fa, a Tripoli anche la compagnia maltese Medavia ha ritirato i voli charter, dopo i continui attacchi dell’aviazione libica per impedire che venisse preso dai jihadisti. Aviazione che – a sua volta – comporta quasi 250 milioni di dollari di spese e che soffre delle restrizioni alla Libia, per cui potrebbe essere dismessa …

Dunque, o si ripeterà la tragedia degli Armeni con navi ed aerei a raccogliere un milione di persone oppure c’è da fare una ‘guerra coloniale’ come quelle che avvenivano prima dei Patti di Yalta del 1945 e dell’accordo di Sikes(UK)-Picot (FR) del 1916.

Sikes-Picot 1916
Una guerra che ‘estenderebbe i confini’ di Italia o Egitto o Tunisia (o tutte e tre) fino ai campi petroliferi, lasciando agli jihadisti il deserto e le fazioni tribali dell’interno. E che forse farebbe meno morti e meno disastri di un ennesimo esodo biblico con approdo a pochi chilometri dalle nostre coste delle stesse milizie che vediamo operare in Medio Oriente.

Una guerra che si è già estesa oltre i confini della Libia (ammesso che esistano ancora) se il portavoce delle Sudan Armed Forces (SAF), il colonnello al-Sawarmi Khalid Sa’ad, continua a ribadire che non sono coinvolti nel supporto ai ribelli libici tramite gli islamisti del Darfur oppure il portavoce del ministero dell’interno tunisino, Mohamed Ali Aroui, deve dirsi fortemente preoccupato per l’ennesimo deposito di armi (inclusi razzi) rinvenuto al confine con la Libia dalla polizia locale.
La strategia di sconfinamento e di interposizione che Is ha adottato in Medio Oriente potrebbe infiammare l’Africa sahariana e tormentare il Mediterraneo.

leptis magnaPer ora, lo scenario NATO è in stallo, dato che Obama è ideologicamente contrario ad un ‘nuovo Vietnam’ e ad un ‘nuovo Afganistan’, ma soprattutto vede nello Stato Islamico che avanza – e soprattutto nella Libia – il simbolo del suo fallimento alla Casa Bianca. Dunque, non intende occuparsene, come se la sua firma su tutto quello che sta accadendo (e quello che dovrà accadere) non sia la sua.
A sua volta anche Hollande teme una qualunque soluzione della crisi libica per l’ennesima perdita di peso nel Mediterraneo. E, quanto a Matteo Renzi, è davvero difficile credere che come distributore di giornali a Firenze si sia fatto una qualche idea di come ‘muoversi’ in questi casi; Gentiloni (e la Bonino) qualche idea gliel’avevano data, persino la Boldrini qualche ‘se’ gliel’ha lanciato … nulla.

Attendiamo Washington, con li sarracini alle porte. Intanto, però, prendiamo atto che in Libia le cose vanno male per davvero e che i nostri media preferiscono raccontarci dei terribili foreign fighters in Siria, ma non di cosa accade al di là del mare, Tunisia ed Egitto inclusi, passando per Leptis Magna, Cirene, Gadames e Sabratha.
Fecero lo stesso con Cosa Nostra, mentre occupava e devastava il Meridione, e se la sono ritrovata a Roma e Milano …

originale postato su demata