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Cambiare la Scuola per salvare il Pil (e l’Ambiente)

5 Dic

(tempo di lettura: 5-7 minuti)

In Italia il fabbisogno di energia elettrica lordo annuo è nell’ordine di 330mila GWh (“gigawattora”), che attualmente arrivano da:

  • 150 mila Gwh = centrali idroelettriche, eoliche, fotovoltaiche, a biomassa
  • 85mila Gwh = centrali a gas naturale acquistato in Russia, Algeria e Libia
  • 35mila Gwh = centrali a carbone acquistato in Russia
  • 24mila Gwh = acquistati dalla Svizzera
  • 16mila Gwh = acquistati dalla Francia
  • 10mila Gwh = centrali a petrolio acquistato in Libia
  • 5mila Gwh = acquistati da Austria e Croazia.

Dunque, oltre a 60mila Gwh da Svizzera, Francia eccetera, l’Italia acquista anche 21 miliardi di metri cubi di gas per produrre energia elettrica, oltre ai 31 miliardi di metri cubi che vanno acquistati per consentire a 24 milioni di famiglie di cucinare, lavare e riscaldarsi. E non solo: la produzione nazionale di gas, infatti, copre poco più della metà dei soli così detti “fabbisogni industriali”.

In altre parole, tra materie prime ed energia elettrica ‘già pronta’, l’Italia importa il 77% del suo fabbisogno energetico, equivalente a più di 2 tonnellate di petrolio per ciascun abitante ogni anno.

In termini di saldo negativo, la spesa annua italiana per l’energia è di:

  • petrolio e derivati = 28 miliardi €
  • gas naturale = 12 miliardi €
  • energia elettrica = 1,8 miliardi €
  • carbone = 1 miliardo €

In totale si tratta di 43 miliardi di euro che spendiamo all’estero ogni anno e che non producono occupazione né crescita in Italia.

Il punto è che ogni tre anni il debito pubblico italiano si affonda di altri 2-300 miliardi: viene spontaneo chiedersi se questo non dipenda ‘direttamente’ dal buco di 120 miliardi di euro in energia ogni tre anni, che – se speso in casa nostra – certamente produrrebbe un volume di Pil almeno raddoppiato o triplicato, cioè andremmo ad invertire la tendenza dell’indebitamento.

Specialmente se, a guardare i grafici, è dalla crisi del petrolio degli Anni ’70 che il debito italiano ha preso questo andamento, nonostante si cerchi di consumare sempre di meno.

Questa constatazione mette in luce un altro aspetto dell’Italia: per cambiare le cose nel corso degli ultimi 10 anni avremmo potuto impiantare turbine eoliche da 2.5-3 MW, pannelli fotovoltaici da 500 W e centrali a biomassa , almeno per eliminare le centrali a carbone e petrolio che pesano non solo sulla spesa ma anche sul bilancio delle emissioni.

Infatti,

  1. la Germania entro 10 anni conta di arrivare a produrre 10mila Gwh l’anno con le centrali eoliche offshore con soli 2.000 km di coste e non vi è motivo per cui non possa anche l’Italia che ne ha oltre 8.000 chilometri oltre ad un profilo montano lungo quasi 2.000 km
  2. non dovrebbe essere difficile produrre ben oltre i 10mila Gwh con una media di 3 pannelli fotovoltaici per ognuno dei 14 milioni di edifici censiti da Istat
  3. una centrale elettrica a biomassa da 100 kW (es. Colleferro – RM) produce 0,5 Gwh l’anno, smaltendo 1.050 tonnellate di biomassa ogni anno, tante quante i rifiuti organici differenziati che oggi riusciamo a raccogliere da 10mila abitanti

Cosa servirebbe per riportare in Italia 40 miliardi di euro in spesa energetica per “reinvestirla” affinché produca innovazione, industria, occupazione e reddito?

Qui viene in luce il secondo aspetto dell’Italia che è causa non solo di un gap tecnologico ed energetico diffuso, ma soprattutto di indebitamento, degrado e declino: le ormai scarse istruzione e formazione superiori – soprattutto scientifica – degli italiani.

Una dimensione ‘culturale’, una ‘mentalità’, che incide a vari livelli:

  1. popolare e tecnico, dove i non diplomati sono troppi,
  2. manageriale e decisionale, dove le competenze STEM sono rare,
  3. commerciale e finanziario, dove si preferisce la rendita all’investimento
  4. sociale, dato che così è impossibile sostenere i consumi di una nazione avanzata, mentre sono sempre di più quelli che restano indietro.

A dire il vero, di cause del disastro finanziario, tecnico-produttivo ed occupazionale dell’Italia ce ne sarebbe un’altra, prettamente politica, dato che è impossibile:

  • investire in energia, se gli Enti locali e territoriali si disinteressano
  • istruire maggiormente la popolazione, se la Scuola e l’Università mancano di uniformità e meritocrazia
  • dotarsi di una mentalità coesiva e pro-attiva, se i Media pubblici diventano un vettore commerciale e propagandistico.

Difficile credere che la maggioranza degli italiani decida di fare un passo indietro per affidarsi a quella che ormai è una minoranza, ma il senso di responsabilità verso le future generazioni potrebbe smuovere molte coscienze spingendole a rinnegare i tanti complottismi e negazionismi del Novecento, che affliggono l’Umanità da oltre 100 anni.

L’unica cosa certa è che se domattina l’Italia avviasse un piano per uscire dal gap e dall’indebitamento energetico, alla società (enti, media, università e scuola) serviranno non meno di 3-5 anni per ottenere amministratori, professionisti, maestranze e utilizzatori adeguatamente formati.

Dunque, l’importante è iniziare.

Dove?

Dalle scuole, in cui lo Stato ha ancora poteri decisivi, dove crescono le nuove generazioni e dove da molti anni si registrano carenze di istruzione tecnica-scientifica di base e di meritocrazia nell’avanzamento degli studi, anzi addirittura difficoltà diffuse ad assicurare per le diverse discipline il numero di ore minimo, che consentirebbe il riconoscimento del titolo da parte di altri stati UE e non.

Come?

Ritornando a formare annualmente i docenti riguardo i programmi, la didattica e la valutazione ed a valutare periodicamente gli alunni in base a delle prove di esame uguali per tutti con commissari diversi dai docenti della classe.

Perchè?

Perché l’apprendimento è sociale ed è incentrato sul processo di imitazione e perché necessita di un sistema di memoria strutturato e della abitudine di rivedere il proprio modo di pensare.
E i numeri dell’ultimo decennio sono decisamente al ribasso.

Tra Ambiente, Energia, Import-Export, Debito, Istruzione e (dis)Occupazione bisogna fare delle scelte: vogliamo ritornare al Bel Paese investendo sulle sue qualità oppure c’è solo da rassegnarsi al declino culturale pur di ‘valorizzare’ diseguaglianze?

A.G.
N.B. tutte le cifre sono arrotondate e variano in base ai consumi annui effettivi

Quanto costa la Quota 100?

21 Gen

Una valanga di nuove tasse, circa 73 miliardi di euro, per il triennio 2020/2022, questa è l’entità della spesa aggiuntiva per le casse pubbliche della Quota 100 e del Reddito di Cittadinanza, stimata da Claudio Romiti su L’Opinione (18 gennaio 2019). 

Una cifra attendibile, ma – come ricordava ieri Emma Bonino – nessuno sa ancora quanto costerà effettivamente ai contribuenti italiani la Legge di Bilancio, figuriamoci la Quota 100 e il Reddito di Cittadinanza. 

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Restando alle Pensioni e cercando di capire quanto saranno sostenibili per le Casse Pubbliche, cioè per pensionati, lavoratori e giovani, i dati dell’Ufficio parlamentare di Bilancio (12 Novembre 2018) sono chiari e dicono che l’introduzione di quota 100 potrebbe costare allo Stato fino a 13 miliardi, ma a condizione che tutti i 437.000 contribuenti coinvolti scegliessero di andare in pensione nel 2019.

Tito Boeri, presidente dell’Inps, prospettava (11 ottobre 2018) «incremento del debito pensionistico destinato a gravare sulle generazioni future nell’ordine di 100 miliardi», cioè confermava che «ridurre i costi a 7 miliardi per il primo anno e a 13 miliardi a regime»  (23 maggio 2018).

Il Sottosegretario al Ministero del Lavoro e Politiche Sociali ed esponente della Lega Claudio Durigon (18 settembre 2018) negava la stima di 13 miliardi, ma confermava Upb ed Inps: “Siamo intorno ai 6-8 miliardi per il primo anno. Questo è il costo effettivo di Quota 100.” 

Ma come c’è riuscito il Governo?

Innanzitutto, tagliando nelle previsioni il numero dei beneficiari di un quarto (portandoli a circa 340mila) … e potrebbero essere anche meno.

Infatti, con la Quota 100 un 63enne con contribuzione inferiore ai 35-25 anni si ritrova con un taglio 40-60% rispetto all’ultimo stipendio, con buona pace del suo reddito e del suo futuro da anziano.

Tagliando adeguatamente la rendita pensionistica della Quota 100 si ottiene che molti preferiranno andare via con APE Sociale (se hanno almeno 63 anni di età) o con la Fornero (se hanno almeno 43 anni di contributi).
E così accade che da 13-15 miliardi annui per pensionare quasi mezzo milione di persone, si prevede che se ne possano spendere la metà, cioè 6-8 miliardi di euro.
Per il primo anno …

Dunque, riguardo la Quota 100 voluta dalla Lega già in campagna elettorale:

  1. un esborso di circa 5 miliardi annui era già previsto dai governi precedenti per ‘aggiornare’ le norme Fornero ed entro tale somma si tratta solo di decisioni politiche su quali categorie vanno ‘anticipate’. C’era da scegliere tra lavori usuranti, gravi invalidità, settori in crisi o da rinnovare, contribuzione insufficiente;
  2. essendo in Italia, ci saranno poi le deroghe e i ricorsi, e per i prossimi 5-6 anni peserà sui conti Inps qualcosa in più delle previsioni del Governo (credibilmente 10-11 milioni l’anno), poi – a man mano che i “pensionati quota 100” diventano over 67enni – la spesa rientrerà in quella ‘di vecchiaia’. Dunque, niente panico per i giovani: chi va via prima ora paga pegno sulla rendita pensionistica e tra sei anni al massimo inciderà di meno sulla spesa totale;
  3. nel complesso parliamo di una somma pari a circa il 3-6% della spesa pensionistica italiana totale. Non un’inezia. E parliamo di circa mezzo milione di redditi dimezzati, con ricadute sul fisco e sul commercio locali tutte da capire. Non è un caso che si parli di cessare l’iniquo blocco dei TFR pubblici, che – almeno da principio – andrebbero a sostenere  la pensione ridotta;
  4. c’era da scegliere se riformare la Fornero, a partire dall’esodo dei lavoratori senior con malattie croniche invalidanti (con minori conti del lavoro e della spesa sanitaria e assistenziale) o favorire il turn over nella P.A. (cioè i ‘concorsi’) ed a raccogliere consensi quà e là, con la speranza che i nuovi assunti porteranno con se anche l’innovazione e la semplificazione che serve da 30 anni;
  5. mantenendo in vigore sia APE sia la Fornero e tentando di restare nei parametri prefissati, è evidente che la Quota 100 così com’è rinvia il problema complessivo delle pensioni agli anni a venire, quando sapremo quanti sono questi miliardi nei prossimi tre anni, da dove saranno presi e se potevano essere spesi meglio. 

Il vero enigma (sociale ed economico) è il Reddito di Cittadinanza, ma ne riparleremo.

Demata

Quota 100 e Reddito di cittadinanza: lo Stato Sociale lo pagano i lavoratori

18 Gen

In base alla Quota 100, da aprile e per tre anni, chi ha maturato almeno 62 anni di età e 38 di contributi potrà andare in pensione anticipata, anche se non ha mai lavorato prima dei 24-28 anni d’età e ancora oggi sta bene in salute.
Del resto, erano i Favolosi Anni ’70 o no?

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Intanto, resta il blocco per chi ha maturato almeno 60 anni di età e 42 di contributi, anche se ha iniziato a lavorare prima dei 18 anni d’età ed oggi è un grave invalido.

operai a lavoro nello stabilimento fiat, termoli 1981 1

Inoltre,

  1. i beneficiari del reddito di cittadinanza riceveranno il sussidio per i prossimi 18 mesi anche se non accettassero mai un’offerta di lavoro o di formazione;
  2. il reddito di cittadinanza farà anche da versamento contributivo per le pensioni dei beneficiari, ma ai lavoratori a cui mancano pochi mesi nessuno ‘sconto’;
  3. arriva l’incubo del blocco parziale delle pensioni sopra i 1500 euro lordi, cioè TUTTE, con buona pace tra chi ha prodotto e versato contributi  forse per 20 anni e chi oltre 40 anni.

Resta, dunque, il dubbio per “se e come” diventerà vigente un combinato simile ed è difficile fare una previsione di come andrà a modificarsi / deformarsi la norma già nell’arco di una sola legge finanziaria e quali modifiche pre-elettorali arriveranno.

Comunque, solo a legge scritta e pubblicata sapremo dai vari Organi di controllo cosa accade per la legittimità e la copertura, come solo tra qualche mese inizieranno ad arrivare i prevedibili ricorsi  all’Inps  dai diretti interessati. Infatti, molti di coloro che andrebbero con la Quota 100 riceverebbero poco più della attuale pensione minima e sarà da vedere quanti effettivamente sono e quanto malcontento di ritorno ci sarà.

Lo scopo della Lega verso le pensioni sembra essere solo quello di avviare il turn over nelle pubbliche amministrazioni e consentire nuove assunzioni.

Restano dubbi anche sulla costituzionalità, se l’art. 38 riporta ancora che “i lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di vecchiaia”.

Quali effettive previsioni ci sono? Chi ci assicura della bontà dei conti? Ed è legittimo trasferire somme versate dagli assicurati (art. 38) per coprire le spese che lo Stato deve per gli indigenti (art. 32)?

E resta anche il primario problema generato dalla Legge Fornero riguardo la ‘pensione anticipata’: per la medicina chi ha 65 anni o più è ancora oggi definito “giovane anziano” ed ha diritto ai servizi di geriatria. Dunque, qualcuno dovrebbe spiegarci perchè per l’Inps la vecchiaia inizia a 67 anni.
Tra l’altro, se la medicina dovesse alzare l’età di vecchiaia come dicono ai congressi, esploderebbe il dato dei malati cronici ed invalidi al lavoro, visto che l’età comunque si fa sentire.

La parola passa alla Corte Costituzionale, alla Corte dei Conti, alle Agenzie di Rating (sic!), ma anche alla gente ed alla creatività degli avvocati, oltre che ai Sindacati … europei.
Come sarà da vedere l’effettiva reazione dell’Inps, che rischia un disastro di bilancio,
se il disposto giallo-verde mandasse a rotoli i suoi conti con questo vistoso prelievo dai fondi pensione dei lavoratori per coprire la spese sociali che i Populisti al governo non sanno come affrontare.

Demata

Immigrazione, sicurezza, lavoro e servizi pubblici: ecco i temi centrali delle Elezioni 2019

15 Mag

 

L’articolo dell’Huffington Post che vi invito a leggere racconta qualcosa di terribile ed arriva direttamente dal Garante delle persone private della libertà per le Regioni Lazio e Umbria.
Difficile parlare di Libertà e Democrazia, se un Garante deve narrare la vicenda sulla stampa nazionale, pur di essere ascoltato.
 
Prendere un albergo per una sola notte – da cittadino europeo con una moglie incinta diretta in Germania dove avrà diritto addirittura a chiedere la cittadinanza – in Italia è un reato anche se l’aereoporto di Fiumicino, come tutti gli altri, non offre aree di ristoro per le donne incinte in transito.
 

La ‘colpa’ non è della Magistratura, ma della legge italiana che è scritta male: lascia in circolazione persino gli stranieri condannati per reati come scopriamo dalle cronache, respinge in Libia persone che avrebbero diritto a rifugiarsi o transitare e blocca alle frontiere famiglie innocue e operose, riempie le carceri di criminali senza futuro, ma permette lo sviluppo di un enorme mercato del lavoro nero che in alcuni contesti scopriamo esser vicino allo schiavismo.
Ed il lavoro nero massivo si chiama speculazioni, evasione fiscale, sottosviluppo, mafie, lobbing, clientelismo.

 
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Il problema vero – direbbe qualcuno – è che la gestione dei migranti irregolari e quella degli immigrati che delinquono abitualmente è direttamente correlata al ‘garantismo’ procedurale e di diritto che – come leggiamo – consente a certi stalker di proseguire imperterriti, a noti delinquenti di ritornare ‘al lavoro’ poco dopo un arresto, a stupratori infami di trascorrere gran parte della pena ai domiciliari in attesa di processo e … ai colletti bianchi di finire in prescrizione elidendo così anche i danni civili ed erariali.
Non dimentichiamo che tra gli effetti di un ‘certo garantismo’ ci furono la depenalizzazione del falso in bilancio e l’elisione della responsabilità giuridica.

Il problema vero – direbbe qualcun altro – è nella normativa sul lavoro (nero) che oggi in Italia, che non riesce ad incidere neanche sul ritorno del caporalato estirpato negli Anni ’50, figuriamoci nelle fabbrichette e nei servizi. Sarà per questo che gli italiani certi lavori non vogliono farli? O che gli stranieri debbano sottostare ad espedienti pur di lavorare?
E se gli immigrati sono qui per dare una vita dignitosa ai figli, non basta di sicuro un welfare che lascia tanto spazio all’anti-Stato, se crede di risolvere tutto con enormi ammassi di case popolari per disoccupati, sottoccupati e invalidi o anziani indigenti, come a Quarto Oggiaro, allo Zen, a Secondigliano, a Tor Bella Monaca.

 
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Intanto, tra pareri discordi e senza affrontare la questione che è strutturale (dato che hanno buone ragioni e soluzioni incomplete ambedue i fronti), finisce che la Lega e i Cinque Stelle su queste falle del sistema (immigrazione, sicurezza e impunità dei colletti bianchi) hanno costruito una base di consenso enorme, offrendo delle non-soluzioni populiste, mentre quel che manca sono le riforme che attendiamo dagli Anni 70.

Gran parte degli italiani – da quando abbiamo iniziato a spiegare che i rifugiati non sono immigrati e che i meridionali non sono stranieri – ha tirato un sospiro di sollievo, lo stesso Salvini da allora ha iniziato ad evitare certe ‘goliardate’ come le chiama lui, è chiaro il mandato dato ai Cinque Stelle dal massivo voto meridionale.

Affrontare queste questioni in termini di metodo e di soluzioni strutturali comporta visibilità e voti, oltre a rassicurare Borse, Europa ed Nato.
Non affrontarle equivale a non scendere in campo su grandi questioni mediatiche e social, se parliamo di elettori: lascia ancora più spazio ai populisti e relega all’oblio.

Nel 2019 saranno in lizza tanti seggi locali, nazionali ed europei: i partiti ‘tradizionali’ avranno voglia di iniziare a far le riforme che non hanno fatto per vent’anni?
E se continueranno a non affrontare il ‘collegato’ immigrazione-sicurezza-lavoro-servizi-giustizia come pensano di governare una Nazione politicamente allo stremo?

Demata

Un ministro CGIL all’Istruzione

13 Dic

Torna a casa il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini, già rettrice dell’unica Università italiana che non si occupa di discipline tecnico scientifiche, perchè specializzata nell’insegnamento e nella diffusione della lingua e della cultura italiana all’estero …

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Al suo posto arriva Valeria Fedeli, già segretaria generale CGIL dei lavoratori tessili, poi presidente del sindacato tessile europeo Fse-Thc.
Nel 2012, pensionatasi dal sindacato, viene eletta  come capolista in Toscana nella coalizione «Italia bene comune» e, priva di ogni esperienza parlamentare, viene nominata vice presidente vicaria del Senato.

La domanda del giorno è duplice:

  • Valeria Fedeli (una vita nella CGIL) come potrà occuparsi dei contratti, delle mansioni e dei concorsi dei docenti italiani, confrontandosi con Aran e Sindacati, senza generare un mostruoso conflitto di interessi?
  • la sua esperienza nel settore manifatturiero porterà ad una definitiva quanto attesa strutturazione estandardizzazione della formazione professionale in Italia oppure sarà il solito flop ed ulteriore spesa pubblica per ‘aiutini’ alle Regioni e agli Enti certificati?

Demata

Le Primarie ai tempi di Jules Verne

28 Nov

“Degli “uomini-sandwich” circolavano in mezzo ai gruppi di pedoni.  Bandiere e stendardi fluttuavano nel vento.  Grida echeggiavano da ogni dove.
– Urrà per Kamerfield!
– Urrà per Mandiboy!

– Suppongo che si tratti di una competizione, di un “meeting” come lo chiamano qui, per l’elezione di qualche alto funzionario militare o civile, o addirittura di un membro del Congresso, a giudicare dall’animazione che si vede – disse Fix. …

… Di fronte, sull’altro lato del viale, tra la mostra di un mercante di carbone e quella d’un negoziante di petrolio, era sistemata su una specie di palco una larga scrivania con due urne, verso cui sembravano convergere le fluttuanti correnti della folla.

Là intorno l’agitazione raggiungeva il parossismo. Tutte le mani erano in aria;  talune rigidamente chiuse a pugno si alzavano e si abbassavano con rapidità e con frequenza, mentre intorno scoppiavano grida, e il numero dei cappelli neri a cilindro diminuiva a vista d’occhio. Per la maggior parte quei copricapo sembravano aver perduto la loro altezza normale.

La signora Auda, da parte sua, standosene stretta al braccio di Phileas Fogg, guardava con meraviglia tutta quella scena tumultuosa.
Una specie di flusso e riflusso agitava ora la marea di teste su cui le bandiere ondeggiavano, sparivano a tratti per ricomparire poi fatte a brandelli.
Ad un certo momento, mentre Fix stava per chiedere ad un vicino quale fosse la precisa ragione di tanta effervescenza popolare, un movimento più vivo si determinò. Gli «urrà» conditi di improperi raddoppiarono.

L’asta delle bandiere si trasformò in arma offensiva. Non più mani: pugni dappertutto.
Dall’alto delle carrozze e degli “omnibus” bloccati era uno scambio di insulti e un lancio di corpi contundenti: stivali e scarpe descrivevano in aria traiettorie molto tese. Anche qualche colpo di revolver si frammischiò all’urlio assordante che pareva la  voce del mare in tempesta.
La calca si fece più sotto alla scalinata e rifluì sui primi gradini.

Uno dei due partiti evidentemente era stato respinto, senza che peraltro ai semplici spettatori fosse dato capire se il vantaggio rimanesse a Mandiboy o a Kamerfield.”

(da “Le tour du monde en quatre-vingts jours” – Jules Verne)

Pensioni, esodati? Solo parole al vento e lacrime da coccodrillo

16 Ott

Le ‘pensioni non si toccano’ fu uno degli slogan della campagna elettorale della sinistra di base italiana ai tempi di Fausto Bertinotti. Sembrava una bella cosa, ma poi abbiamo scoperto che era una fregatura: chi in pensione restava intatto, chi in procinto aveva da aspettare e per chi futuro nulla sarebbe rimasto.

La riprova arriva in questi giorni:

  1. niente agevolazioni per i lavoratori precoci;
  2. niente scivoli per gli invalidi gravi;
  3. quattro centesimi di ‘opzione donna’;
  4. esodati poi si vedrà;
  5. zero opzioni per anticipare.

Intanto, Tito Boeri – neo direttore dell’Inps – resta inascoltato e nè istituzioni nè sindacati hanno finora presentato un esposto uno per acclarare cosa ne sia stato dei miliardi e miliardi che mancano all’ex Inpdap e alle tante Casse assorbite dall’Inps.

E, se la CGIL piange lacrime da coccodrillo dopo aver affondato le proposte di Boeri e di Damiano, va da se che Poletti proprio non sembra interessato alla previdenza come all’assistenza: oggi è ministro, ma ieri era  Coop …

Renzi? Per ora ha dato lavoro nelle scuole a quasi centomila suoi coetanei, ha salvato i privilegi iniqui del catasto e di chi vive nei centri storici, ha lasciato in piedi la Cassa Integrazione, mentre per i (ne)fasti di Roma ha finora scucito almeno un miliardo di euro e mentre l’Europa presta quasi 2.000 miliardi di euro alla Grecia.

Aggiungiamo che i Cinque Stelle intervengono su tutto ma non riguardo le pensioni od il salario minimo ed anche il Centrodestra e persino l’estrema Destra non mostrano interesse alla questione.

Inutile ricordare che qualcuno aveva sbagliato metodo e conti per le pensioni – specie se apicali – come è comprovato dall’intervento corrrettivo di Maroni, come anche che i dati sul livello di istruzione dei maschi e sulla sottoccupazione femminile sono la riprova dei danni prodotti dall’assenza di un welfare organico e rigoroso e di percorsi professionalizzanti (Mafia Capitale docet) .

Eppure, basterebbero qualche dozzina di miliardi e dei sindacati ‘come quelli degli altri paesi avanzati’ per sbloccare la questione. I miliardi ci sarebbero pure, quel  che manca da noi sono dei sindacati ‘normali’, cioè in grado di gestire fondazioni ed enti benefici, Cda assicurativi, case per anziani eccetera.
L’organizzazione del dissenso, come sentivamo in tv tempo fa? Quella compete ai partiti, mica ai sindacati …

Demata

Sinistra corrotta: adesso anche Lula

17 Lug

Ormai in tutto il mondo avanzato emergono a livello locale sistemi di corruzione per finanziare, in cambio di appalti pubblici, esponenti politici e partiti della coalizione di governo.
In Italia, siamo arrivati a Mafia Capitale mentre la cronaca ha riportato – in un decennio – migliaia di casi di corruzione. In Francia, sono diverse centinaia i politici processati in dieci anni ed il caso D’Avignon – ex socialista e padre dell’Unione Europea, divenuto un potente finanziere nella privatizzazione dell’acqua ‘pubblica’ – è solo la punta dell’iceberg. In Germania, nonostante il rigore morale, è accaduto che i sindacalisti dei metalmeccanici (Volkswagen) abbiano incassato 2 milioni e mezzo in bustarelle e prostitute, per non parlare di Schroeder, passato dalla segreteria socialdemocratica alla direzione del colosso energetico North Stream. In Brasile esplode lo scandalo dei ‘companeros’ Dilma Rousseff e Lula, attuale ed ex presidenti, ad incassare tangenti e favori dalle multinazionali e dai palazzinari locali.

Una volta la Sinistra si distingueva per la ‘questione morale’ ed attraeva un elettorato  che vedeva nelle regole l’unica tutela possibile in un mondo di poteri forti. Oggi, evidentemente, no.
Non è questa la Socialdemocrazia che immaginavano i Kennedy o Willy Brandt. Fate qualcosa.

Demata

Scuola tra meritocrazia e pari opportunità

11 Mag

Il ministro Boschi e il segretario della CGIL rappresentano due mondi e due elettorati diversi e non complementari: da un lato l’ipotesi che i meritevoli abbiano uno status riconosciuto (e tutelato), dall’altra l’idea le moltitudini abbiano una effettiva capacità decisionale.

L’Italia è un paese dove la meritocrazia (a scuola) è tecnicamente vietata: nessuno può diplomarsi a 15 anni, nessun altro può laurearsi prima della maggiore età. Stop. E si è assunti per concorso, con il risultato che resterà fuori il 31esimo se i posti sono trenta, ma verrà assunto il 1.800esimo se il bando arriva a duemila.

L’Italia è anche la nazione che (per decisione di un consiglio di classe, ma non del docente preposto) promuove in classe quinta un bimbetto che ancora in quarta non conosceva (a memoria) le tabelline che già in terza avrebbe dovuto sapere a mendito. Il tutto senza tener conto di quanto potrà per lui essere deprimente trovarsi con compiti sempre più impossibile da comprendere prima che svolgere.

Altrove un concorso vale l’altro e le scuole attingono da graduatorie ‘storiche’ (ed aggiornate anno per anno) per reclutare i propri docenti.
Gli alunni sono valutati con prove nazionali e con una gamma di al massimo 4-5 ‘voti’; non superarle comporta automaticamente la permanenza nella classe.
I meritevoli sono agevolati nei percorsi di studi e ‘contesi’ dalle scuole superiori e dalle università, permettendogli di arrivare ai vertici della società anche se ‘figli di un dio minore’.
I ‘ritardatari’ sono supportati e indirizzati negli studi in modo che possano vivere del proprio lavoro e con dignità, piuttosto che puntare ad un acculturamento ed una socializzazione non ben definiti.
La ‘legge’ interviene rapidamente se famiglie, i docenti, i presidi che non fanno il proprio dovere verso i bambini / ragazzi, che in una scuola – ricordiamolo – sono il soggetto da tutelare.

E c’è una questione di ruoli: i sindacati della scuola rappresentano e tutelano il personale della scuola, il ministero dell’istruzione garantisce il diritto allo studio e le pari opportunità di tutti gli alunni.

I sindacati sono contro la Buona Scuola di Renzi, Boschi e Giannini, ma – non essendo solo una questione di spesa pubblica – cosa propongono riguardo lo status dei docenti (e dei dirigenti) e cosa riguardo la valutazione dei risultati?

Demata (blogger since 2007)

Senato: la minoranza promette battaglia … agli italiani

1 Ott

Oggi, su La7, Cesare Damiano ha chiarito che “non credo che una situazione di tal genere possa essere recuperata con i palliativi”; “dipende molto da quello che offre l’Italia in termini di risorse e di ripresa … quello he conta è che si pone un problema di credibilità del Paese e di lanciare un paino di riforme” aggiungeva Irene Tinagni.

Sono trascorsi quattro anni da quando Mario Monti promise all’Europa un piano di rientro in quattro e quattr’otto, rifiutandosi di fare una Patrimonale, bloccando il Welfare e, in pratica, raddoppiando le tasse.
E son trascorsi quattro anni da quando si iniziò – questo blog tra i primi – a paventare la recessione, la stagnazione e la deflazione che ne vennero.

Intanto, mentre stanno per arrivare le prime sanzioni UE per infrazione del deficit, sentiamo ancora in televisione ‘autorevoli esperti’ che ci raccontano che si tratta di una ‘fase’ … mentre lo scenario è fosco.

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L’economia reale, però, racconta tutt’altro:

  • la disoccupazione e la povertà sono in aumento da cinque anni e – in un paio d’anni – avremo ‘bruciato’ la generazione degli attuali ventenni
  • la spesa pubblica è ancora in crescita e i turn over pubblici restano bloccati per almeno altri cinque anni, grazie alle norme di Elsa Fornero sulle pensioni e al MEF che non vuole ripristinare il buco da 45 miliardi che creò nell’ex Inpdap
  • l’Istat che annuncia nel 2012 come iniquamente stiamo trattenendo al lavoro – pur con 30 e passa anni di contribuzione – centinaia di migliaia di lavoratori senior (over55) che sono in ‘condizioni di salute non buone’ mentre gli invalidi che risultano all’Inps sono praticamente la metà (in media) di quelli che Francia o Germania riconoscono e mentre i nostri media scatenano selvagge campagne contro i ‘falsi invalidi’, ovvero i soliti tot truffatori del sistema previdenziale che esistono dovunque. Intanto, almeno due milioni – tanti sarebbero in base alle medie UE – di disabili ‘sommersi’ attendono …
  • il valore delle case degli italiani è crollato di 500 miliardi di euro in pochi anni e c’è chi ha visto l’unico proprio investimento (il ‘mattone’) anche del 40%
  • lo sbilanciamento commerciale e tecnologico con la Germania è tale che – ad esempio – una Opel GTC usata del 2008 oggi vale quasi il 10% in più rispetto ad un paio di anni fa, mentre una Opel Corsa nuova costa quasi il 30% in più di una Seat Ibiza o di una Fiat Punto, mentre anni fa erano nella stessa fascia di prezzo
  • ogni anno in Italia si diploma il 21% dei diciottenni, mentre in Polonia i laureati sono al 43% ed entro sette anni in tutta Europa (eccetto che da noi) sarà così, come in tutta Europa (eccetto che da noi) le scuole sono linde, ben organizzate e soprattutto finanziate
  • solo per i TFR teniamo bloccati almeno 25 miliardi di euro per dare liquidità alle imprese, mentre potrebbero /dovrebbero andare in busta paga ai lavoratori, ovvero genererebbero consumi, ma non possono essere toccati perchè i sindacati dell’industria li hanno fatti reinvestire in fondi vari
  • la sovraspesa ‘fiscale’ per gas e luce che le famiglie povere devono affrontare equivale a meno della metà del bonus energetico che gli offriamo, serve in discreta parte per finanziare il fotovoltaico e a causa di questi ‘balzelli’ – rispetto ad un britannico – gli vengono sottratti almeno un mese di consumi alimentari

D’altra parte siamo il Paese di Pinocchio, che ammazza a scarpate chi potrebbe insegnargli qualcosa, che si affida al duopolio del Gatto e della Volpe per rimediare fregature a giorni alterni, ove l’umiltà e la pazienza di Geppetto si antepongono al giusto esercizio dei propri diritti, dove le istituzioni giudicano distrattamente e curano ancor peggio e dove – puntualmente – c’è qualcuno che promette il Paese del Bengodi a dei ciuchini ignoranti pronti a seguirlo … e dove l’unica brava persona (oltre alla Madonna – Fata Turchina) è quel Mangiafuoco circense apolide e burattinaio di professione …

Acclarato il perchè NON si studia Collodi (Carlo Lorenzini, 24 novembre 1826 – 26 ottobre 1890) nelle scuole superiori, mentre Pinocchio è forse il primo ‘personaggio italiano’ nel mondo, sarebbe bello capire chi sono gli elettori che si sentono rappresentati dalla minoranza del PD che ha creato e vuol mantenere il ‘declino italiano’, rallentando da oltre un anno gli interventi che erano urgenti già 5 anni fa.

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