Ai tempi della Prima Repubblica, lo schema della corruttela era semplice: i partiti “offrivano servigi”, le aziende foraggiavano i partiti in cambio di commesse, una parte dei funzionari pubblici chiudeva un occhio in cambio di carriera o di moneta.
Lo schema di corruttela che emerge in questi giorni dallo scandalo Enav conferma che tutto è cambiato e che il “traffico” è tutto interno alla Funzione Pubblica ed al paraStato.
Partiamo dall’inchiesta Why Not calabrese, dove la formazione professionale veniva convenzionata con sigle di comodo, strettamente legate alla politica, che a loro volta provvedevano a girare una parte delle somme ai “benefattori”, oltre che a procacciare consenso, con buona pace dell’upgrade del territorio, dell’emancipazione femminile, dell’occupazione giovanile e dell’assistenza ad anziani e disabili.
Uno schema che ritroviamo scientificamente applicato nella devastazione dell’isola della Maddalena, che appare come un’opera realizzata al solo scopo di spendere denaro pubblico in favore di noti e meno noti personaggi “interni al sistema”, oltre che alla solita macchina del consenso.
E, siccome al peggio non c’è mai peggio, ce lo ritroviamo anche nel “caso Sesto”, che coinvolge il PD, dove, seppur perseguendo la giunta le finalità pubbliche prefissate, la sensazione è che tutto fosse funzionale ad alimentare un cartello transregionale di imprese del paraStato.
Arriviamo all’Enav (o meglio allo stesso Ministero dell’Economia e delle Finanze) e ci ritroviamo sulla stessa barca: attività gestionali e finanziarie fine a se stesse, finalizzate ad alimentare imprese del paraStato e partiti. Un’attività ricorrente, se parlassimo di fabbriche di armi come Finmeccanica.
Imprese del paraStato che non sono solo, però, Finmeccanica, Enav, Alitalia, AMA, ATM eccetera, ma anche le onlus dei “malati”, che non vediamo mai al capezzale di qualcuno, o come le cooperative del sociale, che vivono di politica e sono una fabbrica di precari, o come gli enti certificati, che in 10 anni hanno prodotto migliaia di giovani tecnici “superiori”, solitamente a spasso o sottoccupati.
Un enorme buco nel welfare e nelle infrastrutture del nostro paese. Cosa aspetta Monti (e l’Europa che finanzia questi settori) a cambiare tutto?
Ad ogni modo, l’affaire Enav, o meglio Finmeccanica, contiene un grande elemento di novità: è il primo scandalo della “grande” finanza pubblica italiana, dai tempi della Banca Romana, che emerge nella Capitale, a stretto contatto con i “palazzi” e con le centrali di partito. L’affaire Lockeed, che defenestrò Giovanni Leone e diversi ministri, chiudendo l’era del Pentapartito, è di gran lunga inferiore a quello che è chiuso nei forzieri di Finmeccanica (e non solo), che, naturalmente, nessuno ha interesse ad aprire, ma che inevitabilmente andranno a riaprirsi, visto il prevedibile passaggio di proprietà o,comunque, i profondi cambiamenti gestionali che dovranno arrivare.
Cosa aspettano i media televisivi a togliere la sordina sui troppi scandali eclatanti di cui si parla molto poco? Non è dell’attuale “concept di stabilità” che avranno bisogno i cittadini che, tra non molto, dovranno essere convinti a recarsi alle urne per eleggere un nuovo parlamento con nuove regole, oltre che votare per comuni ed europee.
Se l’astensionismo dovesse avere un peso rilevante, tra un anno, sarà evidente che silenziare gli scandali ripaga con una pessima moneta: diffidenza ed esclusione, instabilità.
Dieci anni di devastazione del paese possono anche chiudersi con un’amnistia ed una restituzione, in nome della pacificazione generale, ma l’entità del maltolto, la gravità dei danni e, soprattutto, la permanenza nel sistema di gran parte degli “orchetti della Seconda Repubblica” impongono che si conoscano fatti e nomi.
Ne va la stessa attendibilità del sistema di informazione della pubblica opinione e qui sì che parliamo di “stabilità” e “consenso”.
originale postato su demata
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