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Meeting, Rimini: uno scandalo a macchia d’olio?

12 Dic

Il nucleo polizia tributaria della Guardia di Finanza, su ordine della Procura della Repubblica di Rimini, ha sequestrato beni per oltre un milione di euro tra immobili e saldi attivi risultanti dai rapporti bancari intestati alla ‘Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli’ e a personale della stessa fondazione.

Secondo quanto riporta La Repubblica, il legale rappresentante della fondazione, il direttore generale, il responsabile amministrativo e la fondazione in quanto tale sono indagati “per aver avuto gravi e precise responsabilità sia nella ideazione che nella realizzazione di un disegno criminoso che ha permesso al Meeting di ottenmere contribuzioni illecite per gli anni 2009-2010”. La Fondazione Meeting avrebbe ricevuto illecitamente 310mila euro di contributi “inducendo in errore gli enti circa la sussistenza di un passivo di bilancio della stessa fondazione”

Meeting replica  che “l’ipotesi di reato è infondata e la misura del sequestro preventivo è sproporzionata”, oltre ad “aver operato con la massima correttezza, confortati anche da documenti già da tempo messi a disposizione nel corso delle indagini”.

Al di là dell’accusa, dell’entità dell’eventuale raggiro e dell’equità del sequestro attuato, al di là che si tratti di Comunione e Liberazione o di aziende e partiti, anche da questa storia possiamo imparare qualcosa.

Infatti, apprendiamo dalla stampa che una delle vie per il raggiro consisteva in un contratto in essere con la Evidentia srl, una società raccoglie sponsorizzazioni, controllata al 100%, tramite la quale venivano artatamente  diminuiti i ricavi della fondazione. La seconda modalità è stata l’acquisto di spazi pubblicitari sulla rivista Cdo (Compagnia delle Opere) attraverso la società Cdonet, pagando il doppio rispetto alla tariffa ordinaria.

Un bel sistema, non c’è che dire. Quante altre volte è già stato usato in Italia? Per quali entità?
Anche a carico dei rimborsi che vanno ai nostri partiti o per sostenere qualche campagna elettorale? E’ anche così che si evade il fisco o si creano fondi neri?

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Cortei: basta violenza

22 Nov

Tra le tante questioni irrisolte che emergono in questa Italia alla frutta, arriva la querelle cortei, manifestanti militarizzati, polizia violenta. Ed arriva nel momento peggiore, mentre l’azione di governo starebbe rilanciando una parte del settore produttivo, ma affossando il welfare e non contrastando sufficientemente le pretese della Casta.

Così accade che, ad un anno di distanza, la magistratura e le forze dell’ordine portino al pettine i nodi rimasti sospesi da quando uno sparuto gruppo di facinorosi mise a ferro e fuoco il centro di Roma, con denunce, arresti e perquisizioni in tutta Italia.

Intanto, i sindacati della scuola, esclusa la Flc-Cgil, hanno deciso di sospendere lo sciopero della scuola indetto per sabato, 24 novembre, con relativa manifestazione romana.

Ciliegina sulla torta, i poliziotti del reparto mobile potrebbero mettersi in ferie, in blocco, per non trovarsi coinvolti in eventuali scontri di piazza a margine della manifestazione di sabato a Roma.

Ottima l’iniziativa del ministro Cancellieri, quella di numerare il retro dei caschi dei poliziotti in assetto antisommossa. Alla quale però fa eco la giusta richiesta che vi sia tolleranza zero verso i manifestanti con caschi od il volto coperto.

E qui viene il dunque.

Il Regio Decreto 773/1931, Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, agli artt. 18-24 prevede che:

  1. art 18 i promotori di manifestazione devono darne avviso, almeno tre giorni prima, al Questore, che può impedire che abbia luogo o prescrivere modalità di tempo e di luogo per lo svolgimento. Cambiare percorso, ad esempio, viola questa norma;
  2. art 20  la Questura può sciogliere la manifestazione se accade che gli slogan siano  ‘sediziosi o lesivi del prestigio dell’autorità” o che sia messo in pericolo l’ordine pubblico e/o la sicurezza dei cittadini, come anche se durante le manifestazioni sono commessi delitti. Lanciare sassi e petardi od offendere ed irridere le forze dell’ordine e pubblici uffici, come anche occupare uno svincolo od una ferrovia, sono motivo di scioglimento della ‘riunione’;
  3. art. 21  è sempre considerata manifestazione sediziosa l’esposizione di bandiere o emblemi, che sono simbolo di sovversione sociale o di rivolta o di vilipendio verso lo Stato, il governo o le autorità ed è manifestazione sediziosa anche la esposizione di distintivi di associazioni faziose. Tutto vietato, dunque, da chi istiga l’odio di classe o razziale o di genere a chi, fuori e dentro gli stadi, trasforma il tifo sportivo in fazione violenta;
  4. art. 22/23/24  quando, nei casi previsti dagli articoli precedenti, occorre disciogliere un assembramento in luogo pubblico, le persone sono invitate a disciogliersi dagli ufficiali di pubblica sicurezza. Se  l’invito rimanesse senza effetto, va ordinato il discioglimento con tre distinte formali intimazioni, preceduta ognuna da uno squillo di tromba. Se anche queste rimanessero senza effetto,  la ‘riunione’ va disciolta con la forza. La massima parte se non la totalità delle ‘cariche di polizia’ eseguite in Italia durante gli ultimi 80 anni hanno seguito questa procedura, anche sotto il Fascismo e durante gli Anni di Piombo.

Inoltre, l’art. 4,  della legge 18 aprile 1975, n. 110, prevede che “senza giustificato motivo, non possono portarsi, fuori della propria abitazione, bastoni muniti di puntale acuminato, strumenti da punta o da taglio atti ad offendere, mazze, tubi, catene, fionde, bulloni, sfere metalliche, nonché qualsiasi altro strumento non considerato espressamente come arma da punta o da taglio, chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa alla persona”. Chiaro, anzi chiarissimo, o no?

E per concludere, ricordiamo che la Legge 22 maggio 1975, n. 152 ordina,  all’articolo 5, che “è vietato l’uso di caschi protettivi o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo”.

In poche parole, potremmo azzardare l’ipotesi che pochissime delle tante manifestazioni ‘antagoniste’, che si sono svolte negli ultimi 40 anni, hanno avuto il crisma della legalità e della legittimità: dai caschi ai petardi, agli slogan offensivi (ad esempio dare del ‘boia’ a qualcuno), dalle molotov ai bulloni, dalle ‘spranghe’ ai bastoni, fino ai cambi di percorso ed agli ‘occupy’ che mandano in tilt mezza città, ambulanze incluse.

Aggiungiamo che Roma, la stessa città che più volte è scesa spontaneamente in piazza, portando il numero dei cortei ad oltre un milione di partecipanti, non ne può più di essere dilaniata da blocchi e devastazioni causati, a ben vedere, da poche migliaia di persone, se non centinaia o decine, in occasione di ogni riforma al voto in Parlamento o di un derby calcistico finito male.
Già il calcio, il tifo calcistico, dove la tolleranza eccessiva della nostre leggi, ha trasformato gli stadi e gli spazi antistanti in una sorta di ‘palestra dell’ardimento’ per provocatori, teppisti, esagitati e malviventi, che, a distanza di una quindicina di anni, sta dando i suoi frutti, come constatiamo sia a Milano, con il sequestro del commercialista di Berlusconi, od aRoma, con l’assalto al Drunken Ship di Campo dei Fiori, con tanto di feriti in prognosi riservata e turisti in fuga.

Applichiamo la legge: ai cortei si va a volto scoperto, senza ‘armi improprie’ e senza slogan truculenti. Non si cambia il percorso prefissato, non si imbrattano gli edifici mentre si passa, non si disturbano le ordinarie attività dei cittadini che non aderiscono.
Meglio ancora se, come propone Cancellieri, le forze dell’ordine avessero un visibile codice di identificazione, e se, come suggerirebbe il buon senso, tutti i processi per reati avvenuti durante una manifestazione, inclusi quelli eventuali delle forze dell’ordine, si svolgessero per direttissima.

Intanto, viste le premesse, Roma attende un nuovo ‘sabato di fuoco’, se in occasione della manifestazione della Flc-Cgil, dovesse verificarsi l’aggregazione di gruppi che intendessero non rispettare le regole, indossando caschi, cambiando percorso, lanciano oggetti e petardi.

Qualcosa che Roma consoce bene è che è già accaduta  il 14 novembre scorso dopo una giornata (il 13 novembre) in cui erano già scesi in piazza studenti e sindacati per protestare contro le misure di Austerity del Governo, al mattino con un sit-in in Piazza Sant’Apostoli, terminato alle 13:30, ed al pomeriggio con un corteo diretto a Piazza di Porta San Paolo, conclusosi alle ore 20:30 – quando si tennero manifestazioni in tutta la città:

  1. gli studenti, dalle ore 9 e 30, che partiti da due capi della città diversi (le sedi della Sapienza e di RomaTre) attraversavano tutto il centro;
  2. i Cobas, invece, con partenza da Piazza della Repubblica, alle ore 9:30 ed arrivo a Piazza Sant’Apostoli;
  3. la Cgil con partenza da Piazza Bocca della Verità e diretto per le vie del centro;
  4. numerosi sit-in di protesta tra Viale Trastevere e Montecitorio;
  5. scontri, tafferugli e danneggiamenti sul Lungotevere e sotto il Ministero di Grazia e Giustizia.

I cittadini hanno diritto a riunirsi pacificamente. Gli altri cittadini hanno diritto a non essere coinvolti, se non aderiscono all’iniziativa. Le forze dell’ordine intervengono nel rispetto delle leggi, se i comportamenti ledono qualcuno od inficiano l’ordine pubblico oppure sono dei reati belli e buoni. I trasgressori, chiunque essi siano, vanno processati con rapidità.

Si può organizzare una manifestazione ‘statica’ che permette il confronto tra chi aderisce ed impedisce provocazioni ed infiltrazioni, si può convocare un corteo che, diramandosi per la città, la manda in tilt e si espone alle azioni illegali di alcuni.

Vedremo cosa decideranno le organizzazioni che hanno mantenuto la convocazione romana di sabato venturo. Prevarrà il senso di responsabilità e la capacità di controllare la ‘riunione’ oppure vincerà la voglia di esposizione mediatica e di allargamento del malessere?

Così difficile metterlo in pratica?

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Roma violenta: maxirissa in tribunale

22 Nov

Questa volta la donna violentata era rumena, sedicenne, e gli sturpatori sono italiani; il fatto accaduto nei dintorni di Roma, a Torvajanica nel 2010.

Non c’erano stati clamori di stampa nè comitati civici indignati, come accade quando gli autori del crimine sono rumeni e le vittime italiane, ma la giustizia faceva il proprio corso.

Si individuavano i responsabili, tre maggiorenni, ed, in poco più di un anno, si arrivava a sentenza.

Otto anni e mezzo per ognuno dei tre “bruti”, questa la pena,  per altro prevedibile, visto che si parla di sequestro e violenze contro una minorenne, caricata a forza in auto, imprigionata in un luogo e violata in gruppo.

Una pena giusta, a differenza di altre di cui si sente, purtroppo, raccontare, quando sono le donne a soccombere.

In altri tempi, i responsabili del grave fatto sarebbero stati messi all’indice per il “disonore” che avevano causato. Oggi, invece, accade che i familiari di due dei tre condannati, una ventina di persone, abbiano reagito con violenza alla lettura della condanna, trasformando in un’enorme rissa l’aula del tribunale di Velletri, dove si svolgeva il processo.

Da una parte polizia, carabinieri e funzionari della questura, dall’altra la tribe familiare scatenata:  si sono registrati diversi agenti feriti e medicati al pronto soccorso e 20 arresti, con l’accusa di sequestro di persona, danneggiamento, resistenza e lesioni a pubblico ufficiale.

Italiani, brava gente …

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Ndrangheta: strage di Duisburg, l’ultima beffa

15 Set

La mafia di San Luca è affiliata ad una delle fazioni della nDrangheta più pericolose al mondo: trafficano droga, armi, rifiuti tossici, esseri umani, tangenti, appalti.

Nonostante la pericolosità, per molti anni le nDrine di San Luca vengono minimizzate come “faida” dai nostri media, finchè non accade un fatto eclatante in Germania (con tanto di strage) e l’Italia deve render conto all’opinione pubblica estera.

Pensate che sorpresa scoprire che la stampa tedesca sapesse tutto di questi calabresi che vanno in giro per il mondo a metter vergogna alla loro bella e generosa terra, mentre per i nostri redattori e pubblicisti tutto si riduceva alla sanguinosa lotta di  fazione dei “Pelle-Vottari” contrapposti ai “Nirta-Strangio” in un paesino di mille anime.

Dopo i sei morti della strage di Duisburg, 15 agosto 2007, la Germania aveva preteso che qualcosa accadesse, visto che, tra l’altro, Giovanni Strangio, ritenuto il mandante del massacro, era inspiegabilmente in libertà, dopo che l’anno precedente era stato, addirittura, catturato durante un conflitto a fuoco con i carabinieri.

Così accadde che, nel giro di tre anni, le indagini permisero di arrestare 43 persone in tutto, ovvero i principali esponenti delle due “famiglie” di San Luca più il Gotha della Locride, rimasti imprendibili per almeno un ventennio.

Cosa ne è, oggi, di questi “pericolosissimi” criminali?

Otto di loro sembra siano stati condannati per associazione mafiosa o reati minori in primo grado e sono ancora in carcere.

Tra questi, Francesco Barbaro, il “Re dei sequestri” super latitante per 30 anni, che sta finalmente scontando il carcere alla veneranda età di 84 anni e che chiede clemenza (sic!)  tramite internet, senza però precisare che è lui “U castanu”, il boss della nDrina di Platì, un cartello narcomafioso di rilevanza mondiale, di cui anche le cronache milanesi si sono occupate di recente.

Dieci sono stati assolti in primo grado, tra cui Sebastiano Strangio, Antonio Rechichi e Luca Liotino, che l’accusa ritiene personaggi di spicco delle nDrine.

Altri dodici, condannati per associazione mafiosa in primo grado, sono stati rilasciati per decreto del Tribunale della Libertà: Achille Marmo, Emanuele Biviera, Giuseppe Biviera, Vincenzo Biviera, Michele Carabetta, Giovanni Strangio (classe 1966), Antonio Giorgi, Domenico Pelle, Raffaele Stranieri, Antonio Vottari, Domenico Mammoliti, Giuseppe Pugliesi.

Per la strage di Duisburg, infine, vengono condannati in primo grado: Giovanni Strangio, Gianluca Nirta, Francesco Nirta, Giuseppe Nirta, Francesco Pelle, Sebastiano Romeo, Francesco Vottari, Sebastiano Vottari, Antonio Pelle, Antonio Carabetta, Sonia Carabetta.

E’ di oggi la notizia che Antonio Pelle, fortemente implicato nella strage tedesca, è evaso con particolare facilità, dato che era agli arresti domiciliari in ospedale senza vigilanza 24 ore su 24.

Aveva pianificato la fuga da tempo, imbottendosi di farmaci per calare di peso e spacciandosi per anoressico, ma, ovviamente, dietro un’impresa del genere c’è una schiera di complicità e superficialità: non avrebbe dovuto ricevere quei farmaci e non sarebbe dovuto uscire, ma, soprattutto, un criminale così dovevano piantonarlo.

A conseguenza della strage di Duisburg, annoveriamo 43 arresti (tra cui un tot di superlatitanti), 10 assolti, 31 condanne (di cui ben 24 sotto i dieci anni di reclusione), 12 mafiosi rilasciati, 2 latitanti, 1 evaso.

Poteva essere la volta buona per smantellare una parte delle cosche agroalimentari che affamano  la fertile Locride e che reinvestono altrove i soldi sottratti al Meridione.

Oggi come oggi, neanche in Messico, che è tutto dire,  andrebbe a finire così.

Non ci resta che l’amaro dubbio che, senza le proteste tedesche, quei superlatitanti sarebbero rimasti tali e che si sarebbe continuato a parlare di faida piuttosto che di regolamento di conti.

Il Buccaneer fantasma ed i diritti del Mare

8 Giu
Tutti sanno che i pirati somali tengono in ostaggio 16 marinai, di cui 10 italiani, che compongono l’equipaggio del Buccaneer, un rimorchiatore oceanico di proprietà della Micoperi di Rimini, come affermano i media.
Non tutti, probabilmente, ricordano che dopodomani saranno due mesi che la nave è sequestrata e che i rapiti lamentano un trattamento,certamente non disumano, ma che supera di poco il”pane ed acqua”.Il bello è che il Buccaneer non esiste, è un fantasma.
Potete verificare sui registri navali di mezzo mondo e troverete solo la conferma che la tug ship “Buccaneer” registrata negli elenchi è questa e solo questa.

La cosa mi ha alquanto meravigliato e sono andato a verificare sul sito del proprietario, la Micoperi Marine Contractors, e questa è la loro flotta.

Del Buccaneer nessuna traccia e il battello più grosso è il Sarom VIII, che misura meno di 70 metri, invece che i 75 dichiarati per la nave sequestrata, ed ha due fumaioli caratteristici, che lo rendono inconfondibile.

Avendo trascorso i giorni migliori della mia adolescenza al porto ad ammirare navi, mi sono messo alla ricerca del Buccaneer, visionando centinaia di foto di “tug ships” su Google.
E qui viene il bello.

Ero alla ricerca di una nave gemella, se non del Buccaaneer fotografato in tempi passati.
Da quello che ho capito la grandissima parte dei rimorchiatori oceanici misura meno di 70 metri e più di 55.   Pochi hanno la prua “acuta” come il Buccaneer che vediamo nelle foto, ancor meno hanno la plancia di comando “vintage” che si vede nelle foto e la doppia antennna.

Così, la ricerca si è molto ristretta. Alla fine sono arrivato qui e l’ho trovato.  Stando alla notizia riportata da  Zeelandnet.nl il Buccaneer sarebbe l’ex Smit Lloyd 72, glorioso vascello costruito nel 1981 in Olanda.

Il rimorchiatore oceanico (di cui andrebbe chiarita la denominazione ed il codice IMO, visto che i registri lo riportano ancora con nome “di battesimo”) sarebbe, in realtà, di proprietà della Seacor Offshore Marshall Islands ed è “managed” (un leasing?) dalla Leadership Management di Ravenna e, per tanto, batte bandiera italiana.

La foto pubblicata da sito olandese chiarisce ogni dubbio; la nave è quella e sono bene in vista il tricolore e la bandiera delle Marshall.

Di sicuro, la bandiera delle Isole Marshall è per definizione “di comodo”, ovvero una bandiera di una nazione che viene issata da una nave di proprietà di cittadini o società di un’altra nazione, che, in questo modo, il proprietario della nave può spesso evitare il pagamento di tasse, ottenere una registrazione più facile, trasportare materiali con vincoli minori, contrattare al ribasso con gli equipaggi ( International Transport Workers’ Federation ).

Il Sindacato (unico) dei Marittimi italiani, due settimane or sono, ha scritto una proposta inerente una azione di contrasto verso l’utilizzo delle Bandiere di Comodo, in linea con le indicazioni pervenute dal G20.
Stranamente, nonostante la questione sia molto sentita dalla Gente di Mare e nonostante sia una priorità europea, la risposta stenta a pervenire.

Tra l’altro, anche il Malaspina Castle, nave sequestrata dai pirati lo scorso aprile e rilasciata dopo circa un mese, era di proprietà britannica, battente bandiera panamense e gestita dalla società B Navi di Marina di Carrara.

Dal punto di vista di un marittimo, le bandiere di comodo sono una vera disgrazia, in caso di pirateria.
Infatti, la nave spesso è di proprietà di una Società Anonima (le cosiddette  Ltd. inglesi o Inc. americane), il “proprietario, in realtà la usa come in un leasing e, se va qualcosa storto, paga l’assicurazione.
Se c’è un carico, visto il sequestro, la burocrazia aziendale provvede subito ad un nuovo shipping (invio) e spesso inserisce direttamente l’elenco del carico bloccato tra la merce “perduta”.
Così, accade che il riscatto riguardi equipaggi e passeggeri e che tocchi agli Stati nazionali pagarlo, come ha fatto Sofia per il Malaspina Castle.

Riguardo il Buccaneer, i Somali hanno anche denunciato (il Governo, non i pirati) che la nave aveva scaricato carichi tossici, il nostro Ministero ha negato adducendo a prova le foto che mostrano il naviglio “alto” sulla linea di galleggiamento, ovvero che le stive erano vuote.

Resta da capire cosa ci facessero un rimorchiatore e due bettoline vuote “a spasso” da Singapore a Port Suez e come mai, improvvisamente, l’Italia si ricorda “con affetto” della Somalia e della sua triste sorte, come ci racconta Ukundimana in Jambo Africa.

Ad ogni modo, sappiamo tutti che la Boniver, inviata sul posto, è una persona esperta, che non mancherà di risolvere anche questa “crisi”; ben venga se, invece di riscatti, si inizi a parlare di richieste e di offerte di aiuti.

Resta ancora un punto, sempre lo stesso a dire il vero, visto che sappiamo almeno dove si trova (Google Maps fa miracoli) il Buccaneer fantasma.

Come si chiama la nave e di chi è? Quali garanzie hanno i marittimi italiani imbarcati sul nostro naviglio?

Facciamo una legge sulle “bandiere di comodo”, i paradisi e gli evasori fiscali, di cui parla anche Obama e di cui lamentano i G20, o no?

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